• Non ci sono risultati.

L’inopponibilità del segreto di Stato alla Corte costituzionale

IL SEGRETO DI STATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

4.4 L’inopponibilità del segreto di Stato alla Corte costituzionale

I commi 7 e 8 del nuovo art. 202 c.p.p. disciplinano una materia assai delicata, vale a dire quella del conflitto di attribuzione fra il Presidente del Consiglio dei Ministri ed altro potere dello Stato ex art. 37, comma 1, della legge 11 marzo 1953, n. 87. L’intento del legislatore di fare chiarezza su una materia che ha determinato nel recente passato numerosi interventi della Consulta, e ciò in virtù della necessità di definire quanto più compiutamente possibile gli esatti ambiti entro i quali iscrivere l'esercizio delle funzioni dei due poteri dello Stato, esecutivo e giudiziario, che si scontrano quando gli

arcana imperii entrano nel processo penale. Formalizzando quanto

oramai consolidato nelle sentenze della stessa Corte, si è, perciò, espressamente previsto il conflitto come possibile esito del contrasto tra poteri circa l'opposizione del segreto di Stato.

120

Il legislatore del 2007 presa contezza che il problema da risolvere verteva sull’individuazione di un meccanismo di risoluzione delle disfunzioni per mantenere il sistema nell’alveo dei principi costituzionali attraverso l’intervento di un soggetto terzo in grado di ristabilire l’equilibrio perduto, individuò nella Corte costituzionale l’organo deputato a risolvere il conflitto in materia di segreto di Stato sorto nell’ambito di un procedimento penale.

Per capire l’esatta portata innovativa‖ dei commi 7 e 8 dell'art. 202 c.p.p., introdotti dall'art. 40 della legge n. 124 del 2007, dobbiamo ricordare che mai è stata messa in dubbio in dottrina la possibilità di sollevare conflitti di attribuzione in presenza di comportamenti abusivi, o, comunque, illegittimi, compiuti, sia dall'autorità giudiziaria che dagli organi politici.

Da una parte, si sottolineava che, su un piano pratico, l'unico rimedio effettivamente disponibile per il capo del Governo qualora il giudice tentasse di forzare‖ le sfere di segretezza era proprio il conflitto di attribuzione.

Dall'altro lato, si rilevava che questo era l'unico metodo utilizzabile anche dall'autorità giudiziaria che ritenesse illegittima l'opposizione del segreto e la successiva conferma del Presidente del Consiglio.

121

Insomma, era pacifico che le patologie del sistema dei rapporti tra esecutivo e giudiziario in tema di segreti di Stato, non potevano avere altro sbocco che il giudizio della Corte Costituzionale.

Se questo lo si poteva considerare un punto fermo, restava, tuttavia, da comprendere appieno quale potesse essere il reale oggetto del giudizio della Corte. Ovverosia, rimaneva tutta da discutere la determinazione dei limiti entro i quali dovevano rimanere le cognizioni della Consulta nella risoluzione dei conflitti medesimi.

Qui, però, le posizioni si facevano significativamente più distanti, anche se sostanzialmente riconducibili a due indirizzi di fondo.

Da una parte, sottolineandosi la necessità di configurare la Corte Costituzionale quale giudice del segreto, al fine di apprestare una concreta ed effettiva garanzia nel quadro del sistema dei rapporti tra potere esecutivo e potere giudiziario nel settore dei segreti di Stato, si affermava che la via del ricorso per conflitto di attribuzione dovesse conferire alla Corte la funzione di giudicare della ragionevolezza del segreto, con una facoltà di sindacato non comprimibile all'interno della sola verifica della legittimità della conferma sotto i profili oggettivi e soggettivi.

122

Nell'affrontare il tema dei poteri istruttori spettanti alla Corte quale giudice dei conflitti in materia di segreto di Stato, una parte della dottrina, giunse alla conclusione, anticipando, così, di decenni la legge del 2007, che il segreto di Stato non potesse essere opposto dal Presidente del Consiglio alla Consulta67.

All'opposto, altri, ravvisando tanto nella legge del 1977, quanto, soprattutto, nella giurisprudenza costituzionale da cui aveva tratto spunto la riforma, una precisa ed esclusiva competenza del Parlamento per quanto riguarda le valutazioni sul ragionevole rapporto di mezzo a fine che deve legare la conferma del segreto di Stato alla necessità di agire per la salvaguardia di supremi ed imprescindibili interessi dello Stato, avevano preso in considerazione il conflitto in una prospettiva sostanzialmente contenuta, anche se con argomenti molto diversificati tra loro.

Vi era, invece, la posizione di chi riteneva che la competenza della Corte Costituzionale in materia di segreto di Stato non potesse riguardare, in alcun caso, altro profilo se non quello relativo ai requisiti estrinseci della potestà di segretazione, risultando

123

inammissibile il conflitto che avesse ad oggetto il merito delle scelte del capo del Governo68.

Di questi diversi orientamenti si deve tener conto per capire la effettiva portata giuridica della legge n.124 del 2007, che non ha introdotto una nuova forma di controllo, né ha provveduto a sostituire quella già prevista nella legge n. 801 del 1977. Infatti, vi è un rafforzamento sia del controllo politico che di quello giurisdizionale- costituzionale, partendo dal corretto presupposto che ciascuno di essi fosse già presente nell'ordinamento. Si nota con evidenza che il vero carattere di innovatività non consiste, quindi, nell'avere affidato al giudizio della Corte Costituzionale il ruolo di valvola di sicurezza dell'intero sistema in materia di segreto di Stato, al fine di prevenire e contrastare gli eventuali abusi perpetrati sia dall'autorità politica, che da quella giudiziaria.

Ciò che conferisce importanza alla riforma operata dalla legge n. 124 del 2007 è la disciplina del conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato innanzi alla Corte Costituzionale, per la netta presa di posizione in termini di poteri istruttori alla medesima conferiti. Sarebbe, però, erronea una lettura dei commi 7 e 8 dell'art. 202 c.p.p., introdotti dall'art. 40 della citata legge 124, tendente ad

124

accreditare la tesi che il sistema precedente sia stato completamente ribaltato, perché, in realtà, si tratta più di un’evoluzione che di uno stravolgimento del sistema precedente, volta a dare maggiore effettività a due percorsi già previsti e praticati, distinti per finalità perseguite, soggetti coinvolti e tipologie di effetti.

Infatti, da un lato, il controllo parlamentare mantiene la sua centralità, quantomeno politica; dall'altro, l'intervento della Consulta viene ora ad essere regolamentato, sia per ciò che attiene agli ambiti di scrutabilità dell'oggetto della controversia, quanto per quel che riguarda l'oggetto del giudizio e i suoi impatti sul processo dal quale ha preso le mosse.

Viene, infatti, esplicitato che l’autorità giudiziaria, di fronte al provvedimento di conferma dell’opposizione del segreto di Stato, può sollevare, nei confronti del Presidente del Consiglio, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato di fronte la Corte costituzionale.

125