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Il segreto di Stato tra legge n.124 del 2007 e Corte costituzionale

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SEGRETO DI STATO

tra

LEGGE N. 124 DEL 2007 e CORTE COSTITUZIONALE

Cap. 1 EVOLUZIONE STORICA E PROFILI COSTITUZIONALI

1.1 Origine del segreto pag. 4 1.2 Il segreto come esigenza della democrazia pag. 7 1.3 Il segreto di stato nell’ordinamento italiano pag. 12 1.4 Fondamenti costituzionali pag. 17 1.5 Legge n. 801 del 1977 pag. 22

Cap. 2 LEGGE 3 AGOSTO 2007, N. 124

2.1 Le principali novità della L. 124/07 pag. 31 2.2 Art. 39 Il segreto di Stato pag. 34

2.3 Regolamento per l’individuazione criteri

di segretazione pag. 43

2.4 Il Presidente del Consiglio unico dominus:

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2.5 COPASIR: composizione, organizzazione e

funzionamento pag. 59

Cap. 3 IL SEGRETO DI STATO NEL PROCESSO PENALE

3.1 Tutela processuale del segreto di stato pag. 70 3.2 I meccanismi della disciplina processuale del segreto:

dall’opposizione alla conferma pag. 79 3.3 I problemi ermeneutici pag. 85 3.4 La sentenza di non doversi procedere pag. 88 3.5 L’esclusione del segreto di Stato: i limiti al segreto

ex art. 204 c.p.p. pag. 90

3.6 La procedura di esclusione pag. 100

3.7 Art. 66 disp.att.c.p.p. : “il convitato di pietra” pag. 101 3.8 Ratio e problematiche dell’art. 66 disp.att.c.p.p. pag. 103

Cap. 4 IL SEGRETO DI STATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

4.1 Il segreto e la Corte pag. 109

4.2 La sentenza n. 86 del 1977 pag. 111

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4.4 L’inopponibilità del segreto di Stato alla Corte costituzionale pag. 118 4.5 La ratio del comma 8 art. 202 c.p.p. pag. 124 4.6 La sentenza n. 106 del 2009: “il caso Abu Omar” pag. 128 4.7 La sentenza n. 24 del 2014: “Abu Omar ultimo atto” pag. 138

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CAPITOLO I

EVOLUZIONE STORICA E PROFILI COSTITUZIONALI

1.1 Origine del segreto

La nozione di segreto e la relativa disciplina hanno subito nel corso della storia un’evoluzione parallela a quella subita dalla dottrina dello Stato.

Fin dall’origine delle prime forme di stato e di governo è possibile riscontrare l’utilizzo del segreto come strumento di gestione del potere. Il segreto è intimamente connesso con il potere, cosi scriveva Elias Canetti1, il segreto può essere considerato un elemento

costitutivo del potere, in quanto disporre della conoscenza esclusiva pone in una condizione di superiorità che attribuisce appunto potere.

L’esigenza di sottrarre al dominio pubblico fatti ritenuti sensibili dall’autorità e perciò non divulgabili non è una caratteristica dei soli moderni stati democratici. Nel corso della storia ogni sovrano ha ritenuto opportuno compiere determinate attività lontano dallo sguardo dei propri sudditi, nella convinzione che determinati interessi

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da perseguire non potessero essere compresi dalla ragione, definita semplice, di coloro che non vivono e si occupano di politica.

Un concetto di segreto si ritrovava già nell’antica Roma, fu lo storico Tacito2 ad usare l’espressione arcana imperii “segreti del potere”,

intesi come instrumentum regnii, ad indicare quelle cose che per ragioni di opportunità politica dovevano rimanere oscure al popolo e dalle quali dipendeva la stessa sopravvivenza di Roma.

Già sul finire del VI sec. a.c., cioè nella fase relativa alla prima espansione di Roma era avvertita la necessità di punire il comportamento di chi avesse rivelato notizie che avrebbero potuto avvantaggiare il nemico, come emerge da due norme contenute nel Digesto. Viceversa una legge dell’età regia prevedeva l’attribuzione della cittadinanza agli stranieri che avessero rivelato una notizia segreta importante per Roma.

Nell’età medievale la segretezza relativa alla sicurezza dello stato è strettamente legata alla volontà del sovrano.

Nella II metà del cinquecento, una nuova locuzione si inserì nel vocabolario politico per poi entrare in quello comune: ragion di stato. Tale formula nata e diffusa grazie soprattutto a Niccolò dei Macchiavelli che, con la sua opera il Principe, descrive quale

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comportamento avrebbe dovuto adottare un abile sovrano per organizzare uno stato ed ottenere uno stabile e duraturo consenso.

La segretezza diviene allora presupposto della governabilità3, il segreto

di stato, nei regimi autocratici diviene, non l’eccezione, ma la regola, l’opacità dell’azione, requisito necessario per garantire la controllabilità, l’arbitrarietà, l’efficacia dell’esercizio del potere. Come contromisura alla reazione delle masse che non potrebbero eccettare tale potere se questo fosse palesemente esercitato, da qui la necessita del mendacio e della simulazione.

Il potere si conquista e preserva con l’illusione e la menzogna, se emergesse nella sua nuda realtà non sarebbe tollerato dai sudditi.

Sarà con l’illuminismo che si svilupperà la teoria che la conoscibilità del potere, l’accessibilità all’informazione in generale, costituiscono il presupposto indefettibile per la formazione e l’espressione del consenso in sede elettorale e soprattutto per il controllo dei propri rappresentanti-governanti4. La sovranità popolare dipende dalla

possibilità di controllare il potere politico attraverso la conoscibilità dei suoi atti. Il segreto, l’occulto è considerato una extrema ratio, un’eccezione alla regola.

3 G. Miglio, Il segreto politico, in Il segreto nella realtà giuridica italiana, Padova,1983 4 U. Scarpelli, in Democrazia e segreto, Cedam, 1963.

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1.2 Il segreto come esigenza della democrazia

Nelle molte riflessioni sulla forme dello stato costituzionale di diritto si afferma che la pubblicità è la regola mentre il segreto è l’eccezione, poiché questo costituisce una sorta di limitazione alla libertà di informazione, uno dei principi fondamentali di uno stato democratico. Tuttavia non si può affermare che qualsiasi limitazione di questa libertà debba essere considerata antidemocratica, perché se è vero che per considerare uno stato democratico occorre che vi sia la possibilità di accedere alle informazioni che riguardano il potere politico, è altrettanto vero che un ordinamento in cui esistono gli arcana imperii non possa essere per questo considerato antidemocratico5. Il punto è

che non esiste un diritto alla notizia, ovvero a sapere di tutto e da tutti, ma semmai una sorta dovere dello Stato al garantire l’accesso alle informazioni di natura pubblicistica, un dovere che può essere disatteso solo in presenza di particolari esigenze e soprattutto non in modo discrezionale.

In uno stato di diritto il segreto di Stato deve trovare fondamento in precisi valori fondamentali, deve essere soggetto al principio di legalità, deve essere ricondotto a quei criteri che ne legittimano la funzione stessa, infatti è uno strumento per limitare la diffusione di certe

5 Significativo il fatto che la Costituzione italiana pur facendo più volte riferimento al principio della pubblicità, non impedisca l’utilizzo del segreto.

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informazioni con il fine di tutelare un interesse superiore ad ogni altro, ossia la conservazione dell’integrità dello Stato.

Per comprendere la necessità del segreto in un sistema democratico può essere utile richiamare le riflessioni di autorevole dottrina in cui si afferma che “immaginare una vita associata in cui tutto sia palese o tutto sia ridotto alla legalità formale è utopia alla luce dell’esperienza.” In tal senso Gianfranco Miglio ricorda il conflitto tra Bellarmino e Gallileo: ciò che il cardinale aveva rimproverato allo scienziato non era di aver scoperto verità scientifiche che scardinavano l’ideologia religiosa, politica e sociale, ma di averle diffuse in una lingua, l’italiano, accessibile a tutti6. Si manifesta così una intrinseca e apparentemente

insuperabile ambiguità: per effetto, da un lato, della forza egalitaria e democratica del divulgare; e, dall'altro, della vis eversiva dell'ordine costituito, connessa al disvelamento di un segreto. In questa impostazione, il segreto non è inteso solo come instrumentum regni, ma come presupposto stesso della governabilità. In particolare, esso è inteso come lo strumento di equilibrio nell'esercizio del potere politico, necessariamente diviso tra la cd. legge formale, reggente i rapporti tra gli individui, e quella materiale della ragion di Stato, posta su un piano di ontologica preminenza giacché regola l'intera convivenza e la sua stessa sopravvivenza.

6 G. Miglio,Il segreto politico, in AA.VV., Il segreto nella realtà giuridica italiana, pag. 171.

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Ed è proprio nella legge materiale della ragion di Stato che il politologo rinviene il fondamento in cui germogliano le istanze di segretezza. Esse, infatti, non rappresentato qualcosa che è inventato dalla classe politica (certo, serve alla classe politica, è ovvio: chi detiene il potere cerca di mantenerlo), ma la questione è che a un certo punto l'intera collettività si ribella all'uso della legalità formale che si traduce in una distruzione della comunità stessa‖. In presenza di situazioni del genere ecco che emerge la inadeguatezza della sola legge formale. Ebbene, dalla necessità di prevenire e/o impedire tale tragico epilogo trova legittimità non solo la teoria della ragion di Stato - ritenuta non la teoria del libero arbitrio in politica, ma la sintesi della concezione dello stato di eccezione come necessità per la

salus rei publicae ma, soprattutto, del segreto politico‖. Questo

rappresenta il mezzo principale attraverso cui dare attuazione a quella legge materiale posta a salvaguardia dell'esistenza medesima del vivere sociale e che giustifica, in nome di un superiore e preminente fine, il travalicamento della legge formale.

Orbene, tale lettura del segreto, offerta da Miglio, rappresenta bene i termini della relativa problematica. In sostanza, ciò che riguarda il politico, che è il governo della cosa pubblica, viene inteso come un

quid che, in virtù della legge formale, non può che essere anche

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necessariamente mantenere uno spazio che va al di là di quella legge formale, permettendo, dunque, che l'eccezione prevalga sulla regola, a meno che non si accetti il rischio che venga distrutta la stessa comunità statale. Secondo questo approccio, quindi, viene riconosciuto uno spazio legittimo agli arcana nell'organizzazione della politica, consentendo di costruire una dimensione costituzionale del segreto, specie con riguardo alla versione più complessa del segreto di Stato.

Infatti, in ogni forma politica è inevitabile ricorrere al segreto: ciò vale anche nei sistemi democratici; la questione, però, è quello di utilizzare il segreto per il conseguimento di un fine superiore, che giustifichi l'eccezione alla legge formale. Pertanto, la riflessione fondamentale relativa a questa categoria politica non riguarda tanto l’opposizione palese-occulto, quanto l’individuazione di una giustificazione del segreto, quale strumento funzionale ad un obiettivo politico fondamentale.

Considerando questo aspetto, riesce agevole distinguere l'essenza degli arcana imperii nelle esperienze politiche autoritarie rispetto a quella che assumono almeno in linea teorica in uno Stato democratico.

Infatti, utilizzando questa impostazione risulta evidente come nelle esperienze più radicali il segreto di Stato non è strumento di potere, ma si identifica con il potere stesso, diventando esso stesso fine

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politico: il segreto per il segreto, ovvero il potere per il potere. La scelta‖ di utilizzare gli arcana è rimessa quasi esclusivamente alla volontà del sovrano, generalmente slegata da fini obiettivi, sottratta in tutto o in parte a regole giuridiche, insuscettibile di controllo da parte di chiunque.

Nel contesto dello Stato di diritto e, soprattutto, nello Stato costituzionale, il segreto di Stato deve, invece, trarre fondamento in determinati valori fondamentali; è soggetto al principio di legalità e, quindi, deve essere regolato positivamente e in maniera organica, sia per ridurre la naturale ampiezza delle valutazioni ad esso inerenti, sia per rendere effettivo il principio di divisione dei poteri in vista della garanzia e della sicurezza del sistema. Delle antiche dottrine della ragion di Stato gli ordinamenti costituzionali hanno conservato l'obiettivo fondamentale della tutela di valori comuni che, con formula sintetica e più moderna, si può rendere con l'espressione sicurezza politica‖.

Il segreto può essere, e spesso è, necessario, ma al cospetto del valore della sicurezza solo come mezzo a fine, anzi, sempre come strumento di realizzazione dell'obiettivo ultimo della difesa di valori comuni, da qualsiasi parte o in qualsivoglia modo minacciati o vulnerati.

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La sicurezza dello Stato non è un concetto oggettivo, ma un concetto oggettivizzabile: il riferimento al mantenimento dell'unità politica spinge in questa direzione. Non un qualsiasi interesse giustifica il segreto, ma solo un interesse così qualificato. La determinazione del bene protetto mediante la decisione sul segreto di Stato rimane pur sempre espressione di un giudizio di valore soggettivo, ma sottoposto agli ineludibili canoni della ragionevolezza e sempre che sia funzionale al bene della sicurezza.

1.3 Il segreto di stato nell’ordinamento italiano

Nell’ordinamento italiano la tutela penale del segreto di stato ha subìto un progressivo sviluppo; nelle codificazioni penali preunitarie la disciplina è riconducibile al modello del codice napoleonico del 1810 ovvero a quello toscano del 18537. Nel primo la logica era quella di

punire il comportamento di chi svelasse notizie segrete al nemico, nell’ambito di una situazione di belligeranza, integrante quest’ultima, una condizione di sussistenza del reato. Nel secondo invece, lo stato di guerra era considerato una semplice circostanza aggravante. Si registra, dunque, un allargamento del concetto di segreto, non più solo limitato al segreto militare ma esteso a ricomprendere anche quello

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politico. Il meccanismo processuale di tutela rimaneva il medesimo: era fatto divieto al Giudice di obbligare a deporre taluni soggetti qualificati che avessero avuto cognizione di fatti segreti8.

Una nuova fase si apre col codice penale Zanardelli del 1889, nel quale la tutela si amplia, a ricomprendere non solo le notizie militari, ma i segreti concernenti la sicurezza dello Stato9, seguirà, poi, il codice di

procedura penale del 1913 che perfeziona l’ambito di tutela con l’introduzione di due norme10; successivamente, alla vigilia del conflitto

mondiale, per la prima volta viene introdotta la delega al governo, ad individuare quali notizie dovessero essere secretate11.

Nel periodo fascista si assiste ad un inasprimento delle pene relative al reato di rivelazione e per tali fattispecie viene attribuita la cognizione giurisdizionale ad un Tribunale Speciale per la difesa dello Stato. Si giunge così ai “Codici Rocco” (1930), che ricomprendevano sia il codice penale che quello processuale. E’ riscontrabile un filo di continuità con il codice del 191312. La disciplina sostanziale è contenuta

8 Art 150, Cod. Regno sardo-piemontese (1847) Art. 274 Cod. proc. Penale 1859

9 Art. 107, Cod. Zanardelli (1889).

10Art. 240 Cod. proc. pen. 1913: «L’Autorità giudiziaria non può acquisire atti,

documenti o altre cose esistenti presso i pubblici uffici, quando attengono a segreti politici e militari concernenti la sicurezza dello Stato»; art. 241: «I pubblici ufficiali non possono essere interrogati sui segreti politici e militari concernenti la sicurezza dello Stato».

11Legge 24 marzo 1915, n. 273, contenente norme relative alla difesa “economica e

militare dello Stato”.

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negli articoli 256-263 c.p.13, attualmente ancora in vigore nel nostro

ordinamento; il codice di rito, invece, regolava la tutela processuale agli articoli 342 e 352 c.p.p., che saranno poi successivamente abrogati dalla legge n. 801/77. Tuttavia nel 1930 sarebbe venuta meno l’identità tra la delimitazione dell’ambito oggettivo della tutela sostanziale con quella processuale, rispetto al precedente codice di rito del 1913. E’ individuabile una distinzione tra notizie segrete in senso proprio (primi due commi dell’art. 256 c.p.) e notizie riservate (terzo comma). Le prime vengono individuate oggettivamente ma con parametri di elasticità, con riferimento all’interesse alla “sicurezza dello Stato” e agli altri ”interessi politici interni o internazionali” dello Stato stesso (notizie contenute anche in atti del Governo non pubblicati); le seconde, invece, sono “notizie di cui l’Autorità competente ha vietato la divulgazione”, diverse dalle prime per la minore pena

13Art. 256 c.p. “ Chiunque si procura notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione da tre a dieci anni. Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, fra le notizie che debbono rimanere segrete nell'interesse politico dello Stato sono comprese quelle contenute in atti del Governo, da esso non pubblicati per ragioni d'ordine politico, interno o internazionale .

Se si tratta di notizie di cui l'autorità competente ha vietato la divulgazione, la pena è della reclusione da due a otto anni. Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.

Art. 263 c.p. “ Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che impiega a proprio o altrui profitto, invenzioni o scoperte scientifiche o nuove applicazioni industriali che egli conosca per ragione del suo ufficio o servizio, e che debbano rimanere segrete nell'interesse della sicurezza dello Stato , è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni e con la multa non inferiore a milletrentadue euro . Se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano, o se ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari, il colpevole è punito con l'ergastolo.”

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prevista, sebbene il bene giuridico protetto (la sicurezza dello Stato) rimanesse lo stesso. Quanto al profilo processuale veniva sancito il divieto per l’Autorità giudiziaria di interrogare una categoria di individui, soggettivamente circoscritta ex lege, (pubblici ufficiali, pubblici impiegati e incaricati di pubblico servizio) tendenzialmente a contatto con documenti e notizie protette dal segreto; questi soggetti avevano il potere-dovere di opporre il segreto all’Autorità giudiziaria. Nel caso in cui quest’ultima avesse dubitato della fondatezza dell’opposizione avrebbe potuto attivare una fase di controllo, tra l’altro marginale ed esterna rispetto al procedimento in corso14,

facendo rapporto al Procuratore generale presso la Corte d’appello, affinché questi informasse il Ministro di grazia e giustizia per l’eventuale autorizzazione a procedere in ordine al reato di falsa testimonianza.

Nel 1941 fu emanato il R.D 1161 che disciplinava due distinte fattispecie di quello che oggi chiamiamo segreto di Stato, una riconducibile alla sfera del segreto militare, e un’altra a quella di segreto politico.

Entrambe le tipologie di segreto avevano come riferimento normativo il codice penale e il codice penale militare, basi queste, che legittimavano il potere esecutivo a tutelare lo stato quando la

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diffusione di determinate notizie poteva provocare un danno alla difesa nazionale, nel caso di segreto militare, e all’esercizio di fondamentali funzioni statali nel caso di segreto politico.

Entrambe le tipologie di segreto erano caratterizzate dal minimo comun denominatore della sicurezza e libertà dello Stato per legittimare la limitazione nell’accesso e nella conoscenza di alcune informazioni, limitazioni che venivano opposte anche al potere giudiziario.

In ogni caso nella legislazione fascista è rilevabile una dilatazione della nozione di segreto di Stato, determinata dall’impostazione anti-democratica e autocratica del regime in ogni sistema totalitario è evidente che il segreto non potrebbe mai costituire l’eccezione, diviene al contrario strumento ordinario e costante per opacizzare l’azione di governo, resa incontrollabile e autonoma.

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1.4 Fondamenti costituzionali

Dal momento che il segreto di Stato si pone come limitazione di alcuni dei principi fondamentali dello Stato di diritto moderno, come la libertà d’informazione (art. 21 Cost.), la tutela giurisdizionale dei diritti (art. 24 Cost.), connessa con l’esercizio indipendente della funzione giurisdizionale (art. 101, 111, e 112 Cost.), si rende necessario individuare in Costituzione un titolo di giustificazione. La Costituzione, tuttavia non contiene nessun riferimento al concetto di segreto di Stato, le uniche disposizioni che trattano la categoria logica del segreto lo fanno attribuendogli in certi casi un significato positivo come a riguardo della segretezza della corrispondenza (art. 16 Cost.), della segretezza del voto (art. 48 Cost.) e della possibilità di deliberare specificamente riunioni in seduta segreta (art. 64 Cost.); in altri negativo, come per il divieto di associazioni segrete (art. 18 cost.), della stampa clandestina (art. 21 Cost.), per la pubblicità delle sedute parlamentari (art. 64 Cost.) e della politica internazionale (art. 80 Cost.).

Per definire lo spazio costituzionale del segreto di Stato la dottrina ha dovuto seguire percorsi ricostruttivi dunque privi di linee predeterminate sul piano costituzionale.

Partendo dal rifiuto di qualsivoglia versione della ragion di stato come causa del segreto nei moderni ordinamenti costituzionali, nonché dal

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rifiuto delle teorie sul valore intrinseco del segreto di Stato quasi tutti concordano nel ritenere il segreto una eccezione necessaria, alla regola della pubblicità secondo il principio tradizionale del governo democratico come potere visibile e trasparente15. Si esclude, di

conseguenza la possibilità di configurare il segreto come valore in sé, trattandosi piuttosto di uno strumento di tutela diretto alla realizzazione di altri beni e valori.

Per quanto riguarda il segreto di Stato, la dottrina ha sostanzialmente individuato tali interessi nella difesa della sicurezza esterna e interna dello Stato, intese come garanzia e difesa, sul piano militare, dell'integrità territoriale dello Stato e tutela dell'ordinamento democratico e delle istituzioni repubblicane da atti eversivi o terroristici; tuttavia, una volta superate alcune tesi minoritarie16, non

unanime è stata l'individuazione delle norme costituzionali di riferimento.

Se, infatti, per quanto attiene alla sicurezza esterna (connessa alla difesa militare), generalizzato appare il richiamo all'art. 52 Cost., maggiori problemi pone la giustificazione costituzionale del segreto in relazione alla tutela della sicurezza interna. Anche per questo, altri

15A. Morrone, Il nomos del segreto di Stato tra politica e Costituzione,2010,pag.11 16 G. Colli, Sulla validità dell’attuale disciplina legislativa del segreto di Stato nelle eccezioni politico militari e di ufficio in Rass. par.,1968, pag. 263 ss. Secondo il quale il fondamento indiretto dell’allora vigente disciplina avrebbe dovuto essere rintracciata nell’art. 82 Cost.

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autori hanno individuato nell'art. 54 Cost. e nel connesso dovere di fedeltà alla Repubblica, il vero fondamento del segreto di Stato, visto come strumento di garanzia dei principi e dei valori democratici che sono a fondamento dello Stato repubblicano e delle sue istituzioni.17

Altri, infine, hanno indicato la necessità di una lettura congiunta di queste ed altre disposizioni, motivo per cui il segreto di Stato troverebbe fondamento sia nel dovere di difesa della patria, sia nel dovere di fedeltà alla Repubblica.18

La giurisprudenza costituzionale, in riferimento all'allora vigente disciplina del segreto militare, ha avuto modo di definire supremo “l’interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalità internazionale, e cioè l’interesse dello Stato-comunità alla propria integrità territoriale, indipendenza e al limite alla stessa sua sopravvivenza. Interesse presente e preminente su ogni altro in tutti gli ordinamenti statali, quale ne sia il regime politico, che trova espressione, nel nostro testo costituzionale, nella formula solenne dell’art. 52, che proclama la difesa della Patria sacro dovere del cittadino”(sent. n. 82/76) . Queste affermazioni, pur dovendo essere contestualizzate rispetto ai giudizi di legittimità da cui sono scaturite, evidenziano come le esigenze della sicurezza siano presenti nell’orientamento dalla Corte, anche se non toccano espressamente la

17 Labriola, Segreto di Stato, voce in Enciclopedia del diritto, 1989, pag. 1032 18 P. Barile, Democrazia e Segreto, Quaderni Costituzionali, 1987, pag. 30.

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complessiva disciplina dell'attività dei servizi di informazione e del segreto di Stato, essendo limitate alla sfera della difesa militare.

Successivamente, in un’analoga occasione(sent.86/77), la Corte ha precisato l'ambito operativo delle esigenze connesse alla difesa e alla sicurezza nazionale, sviluppando ulteriormente il ragionamento di cui alla precedente decisione. Secondo il Giudice delle leggi, infatti, per individuare il fondamento costituzionale del segreto di Stato occorre fare riferimento, non solo al concetto di difesa della Patria di cui all’art. 52 Cost., ma anche a quello di sicurezza nazionale, espressamente previsto “nell’art. 126 della Costituzione ed in numerose altre disposizioni degli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale”19.

Ebbene, secondo la Corte proprio a tali concetti “occorre fare riferimento per dare concreto contenuto alla nozione del segreto politico-militare”, ponendoli però anche “in relazione con altre norme della stessa Costituzione che fissano elementi e momenti imprescindibili del nostro Stato: in particolare vanno tenuti presenti la indipendenza nazionale, i principi della unità e della indivisibilità dello Stato (art. 5) e la norma che riassume i caratteri essenziali dello Stato stesso nella formula di Repubblica democratica (art. 1). Con riguardo a queste norme si può, allora, parlare della sicurezza esterna ed interna

19 Il concetto di difesa della Patria può avere un significato molto ampio e comprendere anche altri aspetti che non possono trovare una protezione che valga a superare altri principi che pur sono ritenuti essenziali nel nostro ordinamento.

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dello Stato, della necessità di protezione da ogni azione violenta o comunque non conforme allo spirito democratico che ispira il nostro assetto costituzionale dei supremi interessi che valgono per qualsiasi collettività organizzata a Stato e che, come si è detto, possono coinvolgere la esistenza stessa dello Stato. In tal modo si caratterizza sicuramente la natura di questi interessi istituzionali, i quali devono attenere allo Stato-comunità e, di conseguenza, rimangono nettamente distinti da quelli del Governo e dei partiti che lo sorreggono”20.

Dunque, un fondamento costituzionale composito, che alle esigenze strettamente militari connesse alla difesa dello Stato affianca gli interessi connessi al concetto di sicurezza nazionale, intesa quale tutela, sul piano interno, da ogni azione violenta di tipo eversivo, contraria allo spirito democratico delle istituzioni repubblicane. Chiaro, in questo senso, l’allargamento prospettico della Corte, che estende le esigenze di tutela della sicurezza anche al profilo interno, sostanzialmente avallando il processo di riforma dei servizi di informazione allora in discussione in Parlamento (e non a caso conclusosi di lì a poco).

20 Secondo la Corte, quindi, “è solo nei casi nei quali si tratta di agire per la salvaguardia di questi supremi interessi dello Stato che può trovare legittimazione il segreto in quanto mezzo o strumento necessario per raggiungere il fine della sicurezza. Mai il segreto il segreto potrebbe esser allegato per impedire l’accertamento difatti eversivi dell’ordine costituzionale”.(sent. 86/77)

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1.5 Evoluzione normativa: legge n. 801 del 1977

Nella seconda metà degli anni settanta il legislatore decise di riformare la disciplina del segreto di Stato, emanando una legge organica in materia che colmava le lacune della legislazione precedente e riformulava i rapporti tra potere esecutivo e quello giudiziario. Era abbastanza evidente come la legge n. 801 fosse, in larga parte, ispirata alla giurisprudenza costituzionale e in particolar modo ai principi sanciti nella sentenza n. 86 del 1977.

La legge n. 801/1977, nel definire le finalità del segreto di Stato (che andava a sostituire le precedenti nozioni del segreto militare e del segreto politico) affermava chiaramente che esso riguardava le notizie la cui diffusione fosse stata “idonea a recar danno alla integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato”21. In questo modo

veniva chiaramente ripresa la giurisprudenza costituzionale in base alla quale il segreto di Stato deve riguardare la tutela di interessi che attengono allo Stato-comunità, in questo senso distinti da quelli

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perseguiti dal Governo o dalle maggioranze parlamentari che lo sostengono.

L’approvazione della L. 801/77 ha segnato in questa ottica un momento veramente importante , poiché dalla nuova normativa si è potuto ricavare la definizione dell’oggetto di segreto di Stato e la forma del rapporto tra autorità giudiziaria ed esecutivo, perseguita attraverso una maggiore conformità ai principi costituzionali e una più esatta corrispondenza tra previsioni sostanziali e processuali.

Per quanto riguarda l’identificazione dell’oggetto del segreto di Stato sono stati individuati i valori fondamentali dell’integrità e indipendenza dello Stato, recependo l’orientamento della Corte Costituzionale che indicava espressamente i fondamenti di costituzionalità del segreto.

L’integrità veniva adottata in un’accezione che superava la tradizionale concezione in funzione esclusiva del dato territoriale, per comprendere tutti quei beni la cui minaccia o lesione potesse comportare un pregiudizio per lo Stato quale soggetto della comunità internazionale e per il suo assetto istituzionale. Per assetto istituzionale è da intendersi l’insieme degli organi di rilievo costituzionale e degli istituti garantiti dal carattere democratico dello stato.

Il valore dell’indipendenza consisteva nella sussistenza formale e sostanziale di una posizione di equiordinazione di natura politica,

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diplomatica e militare dello stato rispetto ad altri soggetti internazionali.

Altra importante novità introdotta dalla l. 801/77 è stata quella di cui al secondo comma dell’art. 12, che recita “ in nessun caso possono essere oggetto di segreto dei Stato fatti eversivi dell’ordine costituzionale”.

Riferimento questo che oggi sembrerebbe quasi un’ovvietà, ma che invece per il tempo è stato un balzo avanti nell’evoluzione del concetto di segreto di Stato.

Con la legge n. 801 del 1977 è stato deciso di attribuire al Presidente del Consiglio dei ministri precise competenze in materia di segreto di Stato : l’art. 1 della normativa disponeva che “controlla l’applicazione dei criteri relativi l’apposizione del segreto di Stato e dell’ individuazione degli organi a ciò competenti” ed “esercita la tutela del segreto”.

L’atto di apposizione è in concreto il provvedimento che individua la singola fattispecie di segreto di Stato. I requisiti formali per la sua validità consistono nel riferimento certo e non equivoco al soggetto che l’ha posto in essere, la data e la riconoscibilità, non sembra necessaria, invece, la forma scritta. L’articolo appena citato, prevedeva in termini quasi espliciti, la possibilità, poi concretamente realizzatasi, che soggetti diversi dal Presidente del

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Consiglio dei Ministri potessero apporre il vincolo del segreto. Fu così che in dottrina si consolidò l’opinione secondo la quale, nonostante le norme non indicassero in base a quali criteri dovesse essere effettuata la ripartizione delle competenze, sarebbe stato possibile ugualmente risalire ai titolari del potere di segretazione, attraverso un’interpretazione sistematica delle norme contenute nella legge. Dovevano dunque ritenersi tali i direttori dei Servizi di sicurezza (S.I.S.M.I e S.I.S.D.E), i Ministri da cui dipendevano i servizi, nonché il Presidente del Consiglio22.

Secondo parte della dottrina l’atto di apposizione avrebbe natura politica, non amministrativa; la stessa Corte Costituzionale nella sentenza 86/1977 aveva affermato che “il giudizio sui mezzi idonei e necessari a garantire la sicurezza dello Stato ha natura squisitamente politica”. In merito tuttavia vi sono anche opinioni discordanti. Secondo altra parte della dottrina l’atto di apposizione avrebbe invece natura amministrativa23; lo stesso riferimento fatto

dalla Corte doveva essere collegato alle direttive che il Presidente del Consiglio impartisce ai sensi dell’articolo 1 primo comma della l. n 801/1977, e non all’atto con il quale materialmente viene imposto il segreto. Tale secondo orientamento trovava sostanzialmente il

22 C. Mosca S., Gambacurta, G. Scandone, M. Valentini, I servizi di informazione e il

segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè, Milano 2008.

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suo fondamento nella notazione che il potere di dichiarare il segreto di Stato non fosse limitato al solo Presidente del Consiglio dei Ministri ma anche ad altri soggetti.

Nonostante la legge non avesse affidato al Capo del Governo l’esclusività del potere di segregazione, gli aveva comunque attribuito un ruolo centrale in materia di servizi d’informazione. Ai sensi dell’articolo 1, primo comma, erano infatti ad esso attribuite “l’alta direzione, la responsabilità politica generale e il coordinamento della politica informativa e di sicurezza nell’interesse e per la difesa dello Stato democratico e delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento”. A loro volta, i Ministri della difesa e dell’interno, dai quali dipendevano per l’appunto il SISMI e il SISDE, erano in ogni caso vincolati alle direttive e alle disposizioni dello stesso Presidente del Consiglio.

A sostegno di tale ruolo preminente, la legge n. 801 istituì inoltre un apposito organo presso la Presidenza del Consiglio, il Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza (CESIS), con il compito specifico di assistere il Capo del Governo nell’esercizio delle sue funzioni in materia di politica informativa e di sicurezza.

L’articolo 3, al comma 2 così recita: “è compito del Comitato fornire al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai fini del concreto

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espletamento delle funzioni a lui attribuite dall’articolo 1, tutti gli elementi necessari per il coordinamento dell’attività dei Servizi previsti dai successivi articoli 4 e 6; l’analisi degli elementi comunicati dai suddetti Servizi; l’elaborazione delle relative situazioni. È altresì compito del Comitato il coordinamento dei rapporti con i servizi di informazione e di sicurezza degli altri Stato.”

Il CESIS era presieduto dallo stesso Presidente del Consiglio, il quale ne determinava anche la composizione; avrebbero dovuto essere chiamati a farne parte anche i direttori dei Servizi.

Con funzioni poi di tipo consultivo, fu costituito un Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza (CIIS). Disciplinato dall’articolo 2 della legge, tale Comitato era composto dal Ministro per gli affari esteri e dal Ministro per l’interno, da quello di grazia e giustizia, da quello per la difesa, da quello per l’industria e per le finanze. Il Presidente del Consiglio avrebbe comunque potuto invitare a partecipare alle sedute altri Ministri, i direttori dei Servizi, autorità civili e militari ed esperti.

L’atto di opposizione è il provvedimento che conferma il segreto nei confronti delle richieste di autorità pubbliche, in particolare quella giurisdizionale, di conoscere le notizie coperte dal segreto di Stato che vi è stato apposto.

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Ai sensi dell’articolo 15 della l. n. 801, che ha, a sua volta, riformulato l’articolo 352 c.p.p., i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di pubblico servizio hanno l’obbligo di astenersi dal deporre e non debbono essere interrogati su quanto coperto dal segreto di Stato. Qualora il giudice nutra qualche dubbio in merito alla dichiarazione di segretezza, interpella il Presidente del Consiglio, il quale, nel termine perentorio di 60 giorni, può opporre il segreto di Stato. Di fronte poi a una conferma del segreto su un elemento essenziale per le indagini, l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto dichiarare il non luogo a procedere per l’esistenza di un segreto di Stato.

L’atto di opposizione è attribuito in via esclusiva al Presidente del Consiglio e all’unanimità è ritenuto un atto politico; l’atto di interpello è posto in essere dall’autorità giurisdizionale titolare dell’azione penale o davanti alla quale pende il processo, non più da “altro giudice”, come disponeva il precedente testo dell’art 352 c.p.p.

Nonostante poi la stessa Corte Costituzionale nella sentenza 86/1977 avesse affermato la necessità che al giudice fossero rese note le «ragioni essenziali» del segreto, al fine di garantire un buon funzionamento dei rapporti fra organi di diversi poteri, la legge di riforma non ha preso in considerazione una simile esigenza. In realtà nell’articolo 16 il riferimento a una «sintetica motivazione

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delle ragioni essenziali» è presente; tuttavia si tratta di una motivazione che il Presidente del Consiglio è tenuto a dare non all’autorità giudiziaria quanto piuttosto al comitato parlamentare di controllo al quale deve comunicare l’atto di opposizione. Sarà poi il Comitato, qualora ritenga infondata l’opposizione del segreto a riferirne a ciascuna camera per le conseguenze valutazioni politiche.

I controlli parlamentari sull’attività di segretazione si distinguono in ordinari e straordinari. La legge n. 801 non si occupa dei primi in quanto sono essi disciplinati dai regolamenti parlamentari. I controlli straordinari previsti invece dalla legge devono essere considerati quindi aggiuntivi e non sostitutivi di quelli ordinari.

Ai sensi dell’art. 11 il Governo doveva inviare ogni sei mesi alle Camere una relazione scritta in merito alla politica informativa e di sicurezza, in cui è compresa anche l’attività di segretazione. L’art. 17 stabiliva poi l’obbligo per il Presidente del Consiglio di dare comunicazione al Parlamento, con la relativa motivazione, di ogni caso in cui viene opposto il segreto di Stato, sia nei confronti dell’autorità giudiziaria, sia nei confronti del comitato di controllo. Lo stesso articolo 11, prevedeva infatti l’istituzione di un comitato parlamentare, il COPACO, composto da otto membri, quattro deputati e quattro senatori e avente quindi natura bicamerale. I membri erano nominati dai Presidenti delle rispettive Camere

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proporzionalmente ai gruppi presenti in Parlamento e aveva il compito di controllare l’applicazione dei principi stabiliti dalla legge.

Il Comitato poteva inoltre richiedere al Presidente del Consiglio e al Comitato interministeriale per le informazioni e per la sicurezza notizie e dati riguardo alle strutture e all’attività dei Servizi e poteva formulare proposte in merito dirette al Governo. A tale richiesta poteva opporsi il Presidente del Consiglio, per esigenze di segretezza. Se tuttavia il comitato riteneva infondato il rifiuto, a maggioranza assoluta dei componenti, poteva deliberare di riferire alle Camere, le quali avrebbero potuto attivare l’eventuale ispezione politica.

Sempre a maggioranza assoluta dei componenti, il Comitato di controllo decideva di riferire alle Camere nel caso in cui non riteneva fondata la conferma dell’opposizione del Segreto di Stato da parte del Presidente del Consiglio nei confronti dell’autorità giudiziaria o di altro pubblico potere.

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CAPITOLO II

LEGGE 3 AGOSTO 2007 N. 124

2.1 Le principali novità contenute nella l. 124/07

La legge 124/07 sul “Sistema di informazione per la sicurezza della repubblica e nuova disciplina sul segreto di Stato” costituisce un importante cambiamento nel quadro normativo in tema di segreto di stato. L’obbiettivo della nuova disciplina è quello di regolamentare tutti i profili propri del segreto di stato, sia ciò che è inerente all’ambito di applicazione della sua nozione, sia per ciò che riguarda le procedure di utilizzo e di controllo.

La legge 124/07 può essere suddivisa in sei parti principali. La prima comprende le disposizioni riguardanti la struttura del sistema d’informazione per la sicurezza della repubblica. L’art. 1 della legge stabilisce le competenze del Presidente del consiglio dei ministri. Tali funzioni oltre ai profili di responsabilità connessi “all’alta direzione e alla responsabilità generale della politica dell’informazione per la sicurezza, nell’interesse e per la difesa della Repubblica e delle istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento” si concentrano sull’assegnazione delle principali prerogative al

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Presidente del Consiglio, ovvero sull’apposizione e tutela del segreto di Stato e sulla conferma dell’opposizione del segreto. Oltre a ciò sono definiti altri importanti aspetti organizzativi, come gli organi che compongono la struttura del sistema d’informazione per la sicurezza della repubblica. Accanto al Presidente del Consiglio troviamo il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, l’Autorità delegata ove istituita, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS in sostituzione del Censis), l’Agenzia informazione e sicurezza esterna (AISE) e l’Agenzia e sicurezza interna (AISI), quest’ultime in sostituzione del SISDE e del SISMI. La seconda parte della disposizione riguarda sostanzialmente il ruolo dell’autorità giudiziaria e i rapporti di quest’ultima con gli organi che formano la struttura. In tal senso risalta l’art. 14 nel quale si stabilisce che il Presidente del Consiglio possa chiedere copia degli atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto se “ritenute indispensabili per lo svolgimento delle attività connesse alle esigenze del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica”. Sul punto anche l’autorità giudiziaria può disporre, nel rispetto delle procedure, l’acquisizione di atti, documenti o altre cose presso tutti gli uffici collegati all’esercizio delle funzioni di informazioni per la sicurezza della Repubblica (art. 15). Nel caso in cui rispetto ai documenti richiesti dall’autorità giudiziaria sia eccepita l’esistenza del

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segreto di Stato viene adottata una procedura speciale descritta dall’art. 16 che prevede la sospensione della procedura fino a quando il Presidente del Consiglio non abbia autorizzato l’acquisizione del documento, oppure abbia confermato la sussistenza del segreto di Stato. La terza parte è dedicata alle garanzie funzionali e lo stato giuridico del personale. Infatti la legge prevede una speciale causa di giustificazione del reato nel senso che l’art. 17 stabilisce non punibile il personale dei servizi di informazione che commettono reati, se tali condotte sono state autorizzate, in quanto finalizzate al raggiungimento degli scopi dei servizi di informazione per la sicurezza e quindi opponibili anche all’autorità giudiziaria. La quarta parte descrive l’importante ruolo di controllo affidato al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, al quale sono state attribuite una serie di funzioni e prerogative volte a valutare che le diverse competenze siano esercitate nel “rispetto della Costituzione, delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della repubblica e delle sue istituzioni”. La quinta parte della legge riguarda proprio la disciplina del segreto di stato, l’art. 39 definisce l’oggetto del segreto di Stato utilizzando come riferimento l’art. 12 della legge 801/77, la durata trentennale del vincolo e le prerogative del Presidente del Consiglio. Invece l’art. 40 è dedicato alla tutela procedimentale del segreto e prevede attraverso la modifica dell’art. 202 c.p.p. l’obbligo di

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astensione dal deporre su fatti coperti da segreto di Stato. Nello stesso senso si disciplina anche il rapporto tra autorità giudiziaria e Presidente del Consiglio nel caso di opposizione del segreto da parte di un testimone in un procedimento. La sesta parte e relativa alle disposizioni transitorie e finali.

2.2 Art. 39 Il segreto di Stato

L’art. 39 della legge n. 124 del 200724 costituisce una delle previsioni

più importanti della legge, ponendosi come la disposizione d’apertura

24 Art. 39:

1. Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, lenotizie, le attivita' e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all'integrita' della

Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, all'indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato. 2. Le informazioni, i documenti, gli atti, le attivita', le cose e i luoghi coperti dal segreto di Stato sono posti a conoscenza esclusivamente dei soggetti e delle autorita' chiamati a svolgere rispetto ad essi funzioni essenziali, nei limiti e nelle parti indispensabili per l'assolvimento dei rispettivi compiti e il raggiungimento dei fini rispettivamente fissati. Tutti gli atti riguardanti il segreto di Stato devono essere conservati con accorgimenti atti ad impedirne la manipolazione, la sottrazione o la distruzione.

3. Sono coperti dal segreto di Stato le informazioni, i documenti, gli atti, le attivita', le cose o i luoghi la cui conoscenza, al di fuori degli ambiti e delle sedi autorizzate, sia tale da ledere gravemente le finalita' di cui al comma 1.

4. Il vincolo derivante dal segreto di Stato e' apposto e, ove possibile, annotato, su espressa disposizione del Presidente del Consiglio dei ministri, sugli atti, documenti o cose che ne sono oggetto, anche se acquisiti all'estero.

5. Il Presidente del Consiglio dei ministri, in attuazione delle norme fissate dalla presente legge, disciplina con regolamento i criteri per l'individuazione delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attivita', delle cose e dei luoghi suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato.

6. Con il regolamento di cui al comma 5, il Presidente del Consiglio dei ministri individua gli uffici competenti a svolgere, nei luoghi coperti da segreto, le funzioni di controllo ordinariamente svolte dalle aziende sanitarie locali e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

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del capo V riguardante il contenuto e i limiti del segreto di stato, le modalità d’apposizione e i tempi legati all’accesso.

Il 1° comma dell’articolo individua, in maniera analoga a quanto fatto anche dall’art.12 della l. 801/77, che come già affermato in precedenza aveva introdotto un’importante innovazione, dal momento che aveva sintetizzato nella nozione di segreto di stato le due tipologie del segreto politico e segreto militare, l’oggetto del segreto di stato “gli atti, i documenti, le notizie, le attività ed ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all’integrità della repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla costituzione a suo fondamento, all’indipendenza dello stato

7. Decorsi quindici anni dall'apposizione del segreto di Stato o, in mancanza di questa, dalla sua opposizione confermata ai sensi dell'articolo 202 del codice di procedura penale, come sostituito dall'articolo 40 della presente legge, chiunque vi abbia interesse puo' richiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di avere accesso alle informazioni, ai documenti, agli atti, alle attivita', alle cose e ai luoghi coperti dal segreto di Stato.

8. Entro trenta giorni dalla richiesta, il Presidente del Consiglio dei ministri consente l'accesso ovvero, con provvedimento motivato, trasmesso senza ritardo al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, dispone una o piu' proroghe del vincolo. La durata complessiva del vincolo del segreto di Stato non puo' essere superiore a trenta anni.

9. Il Presidente del Consiglio dei ministri, indipendentemente dal decorso dei termini di cui ai commi 7 e 8, dispone la cessazione del vincolo quando sono venute meno le esigenze che ne determinarono l'apposizione.

10. Quando, in base ad accordi internazionali, la sussistenza del segreto incide anche su interessi di Stati esteri o di organizzazioni internazionali, il provvedimento con cui e' disposta la cessazione del vincolo, salvo che ricorrano ragioni di eccezionale gravita', e a condizione di reciprocita', e' adottato previa intesa con le autorita' estere o internazionali competenti.

11. In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato notizie, documenti o cose relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell'ordine costituzionale o a fatti costituenti i delitti di cui agli articoli 285, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale

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rispetto agli altri stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello stato”.

Limitandoci alla sola lettura del comma 1 l’oggetto di segreto di stato appare identica a quella dell’art. 12 della l. 801/77, dal momento che risulta costituito da “atti, notizie, attività e ogni altra cosa….”; mentre la corretta individuazione dell’oggetto deve tener conto anche dei commi successivi che introducono profili ulteriori quali “le informazioni” e soprattutto “i luoghi”25.

Dall’analisi congiunta dei commi 1°, 2° e 3° risulta un allargamento dei possibili profili di protezione del segreto di stato, tale valutazione appare avvalorata anche dalla previsione al comma 5° della fonte regolamentare, attraverso la quale “il Presidente del Consiglio, in attuazione delle norme fissate dalla presente legge, disciplina i criteri per l’individuazione delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attività, delle cose e dei luoghi suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato”. Un ulteriore aspetto significativo è rappresentato dal fatto che la previsione del comma 1° riprende l’orientamento della

25 Per quanto riguarda i “luoghi” è da ritenere che tale oggetto sia stato inserito a seguito del conflitto d’attribuzione sollevato dalla Procura di Tempio Pausania contro il Governo nell’ambito del caso denominato “ Villa la Certosa” dove, a seguito dell’ apposizione, da parte del Ministro dell’interno, del segreto di Stato sull’area dove sorgeva l’edificio “allo scopo di prevenire la conoscibilità dei luoghi”, la Procura aveva eccepito che il segreto di Stato non potrebbe essere apposto sui luoghi, non potendosi interpretare in tal senso il riferimento “ad ogni altra cosa” contenuto nell’art. 12 della l. 801/77, perché non sarebbe possibile identificare un luogo come una cosa.

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giurisprudenza costituzionale circa i criteri da seguire per l’individuazione dell’oggetto del segreto di Stato, in tal senso, infatti, la sentenza 86/77 aveva sostenuto che “l’individuazione dei fatti, atti, notizie che possono compromettere la sicurezza dello stato e devono quindi rimanere segreti, costituisce indubbiamente il frutto di una valutazione dell’autorità preposta appunto a salvaguardare questa sicurezza e non può non consistere che in un’ attività ampiamente discrezionale e, più precisamente , di una discrezionalità che supera l’ambito e i limiti di una discrezionalità puramente amministrativa, in quanto tocca la salus rei pubblicae ed è, quindi intimamente legata all’accertamento di questi interessi e alla valutazione dei mezzi che ne evitano la compromissione e ne tutelano la salvaguardia”.

Gli interessi giuridici protetti sono quelli legati alla tutela dell’integrità della repubblica anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla costituzione a suo fondamento, all’indipendenza dello Stato rispetto ad altri stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato. Le riflessioni circa i possibili significati attribuibili al concetto di “integrità della Repubblica” e le differenze con la precedente normativa, in attesa della effettiva applicazione della legge ed in particolare della disposizione riferita al segreto di Stato, lasciano ancora aperta la discussione circa la concreta interpretazione e l’esatta individuazione

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degli elementi costitutivi il segreto di Stato. Sul punto va ribadita, dunque, la sensazione di una ricercata genericità dello stesso dimostrata dalla tecnica legislativa utilizzata per prevederne le diverse fattispecie, la cui corretta individuazione dal punto di vista formale, si basa sulla lettura dei primi cinque commi dell’art. 39.

In buona sostanza il testo non reca grandi novità rispetto alla l. 801/77, dal momento che le uniche differenze risultano il riferimento all’“integrità della Repubblica” in luogo dell’“integrità dello Stato democratico”, e del non più presente richiamo “al libero esercizio delle funzioni degli organi istituzionali”.

Il comma 2° dell’art. 39 dispone rigide limitazioni per i soggetti che possono accedere alle diverse fattispecie coperte da segreto di Stato, individuando anche per i soggetti e le autorità chiamati a svolgere, rispetto ad essi, funzioni essenziali ulteriori obblighi, dal momento che l’accesso a questi atti, documenti, cose e luoghi deve avvenire nelle parti strettamente indispensabili all’espletamento dei compiti previsti per il conseguimento dei fini prefissati. Anche l’ultima parte del comma non fa altro che riaffermare la necessità della tutela da prestare agli atti coperti da segreto, onde evitare che siano soggetti a manipolazione, distruzione o sottrazione.

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Il comma 3° evidenzia i presupposti legittimanti la decisione di apporre il segreto a tutela degli interessi individuati ex comma 1, questi possono essere ricondotti al grado di lesività correlato alla loro indebita conoscenza al di fuori degli ambiti e delle sedi autorizzate, grado di lesività che deve essere grave rispetto alle finalità citate.

Quindi non è sufficiente che la divulgazione non autorizzata determini un rischio non qualificato di ledere interessi giuridici tutelabili, ma viene richiesto che gli stessi siano compromessi in modo grave affinchè si possa parlare di segreto di Stato, poiché negli altri casi saranno sufficienti i meccanismi di tutela amministrativa definiti dalle classifiche di segretezza.

Con il 4° si aprono una serie di commi che disciplinano le competenze del Presidente del Consiglio in materia di segreto di Stato, ad esso infatti spetta l’esclusiva competenza relativa all’apposizione e tutela del segreto, non che di conferma della sua apposizione, inoltre, attraverso il regolamento previsto al 5° comma, determina i criteri per l’apposizione e l’opposizione del segreto ed emana le disposizioni per la sua tutela amministrativa e quelle relative al rilascio e alla revoca dei nulla osta di sicurezza.

Ulteriori novità sono contenute nei commi che vanno dal 7° al 10°, dove viene disciplinato il procedimento della richiesta d’accesso, per

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chiunque vi abbia interesse e decorso un certo termine, alle informazioni, ai documenti, agli atti, alle attività, alle cose, e ai luoghi coperti da segreto di Stato.

Il 7° comma dispone che” trascorsi quindici anni dall’apposizione del segreto o, in mancanza di questa, dalla sua opposizione confermata ai sensi dell’art. 202 del c.p.p., come sostituito dall’art .40 della presente legge, chiunque vi abbia interesse può chiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di avere accesso alle informazioni, ai documenti, agli, atti, alle cose e ai luoghi coperti da segreto di Stato”.

Il dies a quo coincide con la data d’apposizione da parte del Presidente del Consiglio, ovvero dalla sua conferma nei confronti dell’ autorità giudiziaria. Il termine di durata del vincolo è comunque prorogabile per una o più volte per un tempo non superiore ai trenta anni dal Presidente del Consiglio, che entro trenta giorni dalla richiesta d’accesso può con provvedimento motivato, trasmesso al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica disporre una o più proroghe, come affermato dal comma 8°.

Il comma 9° evidenzia ancora più nettamente la natura esclusiva della potestà del Presidente del Consiglio in materia di segreto di Stato, poiché può disporne la cessazione del vincolo indipendentemente dallo scadere dei termini espressi dai commi 7° e 8°, anche se ciò non

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significa che il segreto possa venir meno per l’arbitraria volontà del Vertice del Governo, in quanto questi non ha il potere d’imprimere il carattere di segretezza, ma solo di verificarlo e di notificarlo, e perciò neanche di eliminarlo dove non fossero venute meno le esigenze che ne comportarono l’apposizione.

Un’ulteriore considerazione va fatta in merito alla procedura di desecretazione quando, in base ad accordi internazionali, il vincolo verta su questioni che coinvolgono interessi di Stati esteri o di Organizzazioni internazionali. Il comma 10° dispone che in tale situazione “ il provvedimento con cui è disposta la cessazione del vincolo, salvo che ricorrano ragioni di eccezionale gravità, e a condizione di reciprocità è adottato previa intesa con le autorità estere o internazionali competenti”. La suddetta previsione sembra doversi applicare in quelle situazioni in cui il procedimento di desecretazione dovesse avvenire prima della scadenza dei quindici anni previsti dal 7° comma, ovvero nel caso il Presidente del Consiglio dovesse decidere se prorogarlo, visto che la legge, trascorso il termine dei trenta anni non ammette nessun altro tipo di vincolo alla pubblica conoscenza.

Particolarmente importante risulta essere anche il comma 11°, il quale, anche non introducendo un’assoluta novità, individua alcuni casi d’esclusione all’apposizione del segreto di Stato. La norma sancisce che “in nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato notizie,

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documenti o cose relative a fatti di terrorismo o eversivi dell’ordine costituzionale o a fatti costituenti i delitti di cui agli art. 285, 416-bis, 416-ter e 422 c.p.”. Si ripropone così quanto affermato già dall’art. 12 della legge 801/77 che però si limitava a ritenere illegittima l’apposizione del segreto su fatti eversivi dell’ordinamento costituzionale, mentre nella nuova disciplina vengono specificate altre fattispecie che ostano all’apposizione del segreto di Stato. Gli articoli del codice penale menzionati nel comma 11° si feriscono a reati quali la “devastazione, saccheggio e strage” finalizzato allo scopo di attentare alla sicurezza dello stato , l’associazione di tipo mafioso, lo scambio elettorale politico-mafioso e la strage. Quindi come lo scopo del segreto e quello di impedire la diffusione di atti, informazioni e ogni altra cosa capace di porre in pericolo l’integrità della Repubblica, allo stesso tempo il legislatore ha voluto introdurre, con la presente disciplina, una serie di controlimiti che impedissero la segretazione di reati che pongono in pericolo gli stessi beni alla cui tutela è finalizzato il segreto di Stato.

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2.3 Regolamento per l’individuazione dei criteri di

segregazione

Come previsto dal comma 5 dell’art. 39, il Presidente del Consiglio deve provvedere a stabilire, con regolamento, i criteri per l’“individuazione delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attività, delle cose e dei luoghi suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato”. Il regolamento, emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell’8 aprile 2008, in linea con la stessa l. 124/07, ha un carattere organico e omnicomprensivo, in quanto introduce la novità di separare, almeno per gli aspetti contenutistici il binomio, invero infondato, segreto di Stato e servizi, ritenuto da molti materia inscindibilmente legata.

Il regolamento si compone di un preambolo, di undici articoli e di un allegato. La norma disciplina, nell’ordine: il proprio stesso oggetto (art. 1); il rapporto logico giuridico intercorrente tra segreto di Stato e classifiche di segretezza (art. 2); i criteri per l’individuazione di quanto può essere coperto dallo speciale vincolo (art. 3); i limiti coincidenti con i casi di esclusione del segreto di Stato di cui alla fonte primaria (art. 4); le materie di riferimento, individuate attraverso il ricorso all’ elencazione esemplificativa dell’allegato (art. 5); le procedure e le modalità di apposizione (art. 6); il regime della conservazione del

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segreto di Stato (art. 7); l’individuazione dell’ufficio competente ad assistere il Presidente del Consiglio nelle interlocuzioni con stati esteri ed organizzazioni internazionali in materia di segreto di Stato ai sensi del comma 10 dell’art. 39 (art. 8); le funzioni di controllo ordinariamente svolte dalle aziende sanitarie locali e dal corpo dei vigili del fuoco (art. 9); la materia dell’accesso (art. 10); la data di entrata in vigore ed il coordinamento transitorio con altre previsioni già vigenti che presentano profili di contiguità (art. 11).

Con la norma in commento, il Governo, si è posto la finalità di disciplinare aspetti diversi, pur importanti, oltre a quello che era l’obbiettivo principale, cioè la determinazione dei criteri. Tuttavia ciò che emerge con maggior evidenza è la ripetizione delle norme contenute negli art. 39 e 40 della legge 124 del 2007. Questo è dimostrato dal fatto che l’art. 3, dopo aver replicato la previsione di legge di rango primario, si limita ad affermare che “ai fini della valutazione della idoneità a recare il danno grave di cui al comma 1, si tiene conto delle conseguenze dirette ed indirette della conoscenza dell’oggetto del segreto da parte di soggetti non autorizzati, sempre che da essi derivi un pericolo concreto per lo Stato”. quindi tale indicazione non contiene alcun elemento di specificazione, visto che è la ratio stessa del segreto di Stato ad essere indissolubilmente legata alle esigenze di conservazione dell’ordinamento statale.

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Neanche il requisito della gravità del danno derivante ad uno dei supremi interessi dello Stato sembra così rilevante infatti non vengono esplicitate quali debbano essere le conseguenze dirette o indirette di cui tener conto, ne fornisce i parametri per la qualificazione del pericolo attuale per lo Stato.

Nell’art. 5 del regolamento in esame si disciplinano le procedure di apposizione del segreto, per le quali sono suscettibili di essere coperte da segreto di Stato le informazioni, atti, notizie relative alle materie di riferimento elencate in allegato. Anche in questo caso però non vi è una specificazione di settori precisi visto che la catalogazione copre ambiti piuttosto generici e non offre alcuna indicazione concreta del contenuto di ciò che può essere segretato, tanto che potrebbe sembrare una delega in bianco “che affida alla discrezionalità dell’organo di governo, l’inserimento di una materia tra quelle che possono usufruire della garanzia accordata al segreto di Stato. Tale modalità operativa potrebbe comportare il rischio di discutibili apposizioni.”26

Sintomatico del timore prima accennato risulta essere il punto numero 1 dell’allegato dove si opera un generico e indefinito richiamo alla tutela degli interessi economici, finanziari, industriali scientifici,

26 Paolo Pisa, Segreto di Stato in evoluzione, in Gnois rivista italiana di intelligence, 2008.

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