• Non ci sono risultati.

L’esuberanza del colore

Nel documento La fotografia off-camera (pagine 91-94)

Dagli anni Settanta a ogg

1 Scrittura di luce

1.4 L’esuberanza del colore

Fin verso la fine degli anni Sessanta l’unico colore a poter vivacizzare le composizioni off-camera era il blu della cianotipia. La diffusione su larga scala di rullini e carte fotografiche a colori spinse fotografi e artisti a confrontarsi con il nuovo mezzo espressivo. Sfumature e tonalità diverse hanno iniziato a caratterizzare in modo massiccio la cameraless photography intorno agli anni Settanta, permettendo ai fotografi non solo di colorare i propri soggetti ma anche di comunicare usando unicamente il colore.

L’opera di Garry Fabian Miller (n. 1957) si fonda proprio sulla forza del colore e sulla capacità comunicativa. Il suo primo contatto con la fotografia senza macchina fotografica nacque dal desiderio di indagare i processi naturali indotti dalla luce e dal tempo. Partendo dalla semi-trasparenza di foglie, petali e canne, utilizzò tali elementi naturali come se fossero negativi posizionandoli alla luce dell’ingranditore. In Reed

with Eight Cuts (1985) le tre immagini di una canna catturate in estate, autunno e

inverno, documentano con straordinaria verosimiglianza lo scorrere del tempo e della vita. Allo stesso modo Breething in the Beech Wood, Homeland, Dartmoor, Twenty-four

Days of Sunlight, May 2004 mostra come le foglie mutino colore – dal giallo acceso al

verde scuro – nell’arco di soli ventiquattro giorni (Fig. 64).

Ma fu negli anni Novanta che Miller abbandonò foglie e fiori spostando la propria ricerca in una direzione sempre più astratta e indipendente dalla concretezza di oggetti reali. Utilizzando fasci di luce, recipienti di vetro riempiti da liquidi di diverso colore e sagome ritagliate nel cartoncino, il fotografo inglese iniziò a realizzare immagini disegnate unicamente dalla luce. A seconda della distanza dei recipienti dalla carta fotografica, della tipologia di liquidi al loro interno e delle sagome con cui si ostacola il passaggio della luce, forme e colori diversi si depositano sul supporto creando apparizioni luminose che si stagliano violentemente sullo sfondo nero. L’idea di 57 D. A. Mellor, By the Light of the Fertile Observer, in Under the Sun. Photographs by Christopher

Bucklow, Susan Derges, Garry Fabian Miller, and Adam Fuss, a cura di J. Fraenkel, Fraenkel Gallery, San

un’energia insita nella natura e le forme che richiamano fortemente immagini di stelle e pianeti sono una costante nei lavori dell’autore.

I luminogrammi delle serie Year One e Year Two (2007 e 2008), ottenuti unicamente modulando e proiettando fasci di luce sulla carta fotografica, rappresentano la sintesi di oltre venticinque anni di ricerca nell’ambito dell’off-camera. Composte da opere realizzate quotidianamente nell’arco dei due anni, indagano la luce, le forme e i colori in maniera scientifica (Fig. 65).

L’artista americana Ellen Carey (n. 1952) ha reso il colore il simbolo della propria opera. La sezione della ricerca della Carey intitolata Struck By Light, raccoglie diverse serie off-camera realizzate tra il 1992 e il 2015 in cui il colore riveste il ruolo da protagonista. Servendosi di biglie di vetro, puntine da disegno, torce a stilo e altri oggetti “non artistici”, la Carey deviò la traiettoria luminosa o ne descrisse personalmente il percorso. Se da un lato Dings & Shadows indaga la ruvidità della carta stropicciata e la sua interazione con la luce colorata (Fig. 66), Push Pins si sofferma sulla modalità della luce di attraversare il supporto forato da puntine da disegno (Fig. 67). Mentre Penlights offre alla vista un nodoso intreccio di luce generato dal movimento di una torcia per mano dell’artista (Fig. 68), in Neo-Ops e in Ray Bands fasce di colore ordinatamente giustapposte rivestono la carta. Con Blinks la Carey dà una propria rappresentazione del meccanismo scientifico della visione, mentre in Light Struck si lascia trasportare dall’apparente casualità dei fasci luminosi.

Esteticamente simili ai lavori della Carey sono le opere di Walead Beshty (n. 1976). Impiegato in numerosi ambiti tra cui il video, la pittura, la scultura e la fotografia tradizionale, Beshty offre un importante contributo anche all’off-camera. Tra il 2006 e il 2007 creò Transparencies, immagini ottenute posizionando carta fotosensibile nel proprio bagaglio a mano ed esponendola ai raggi x dei controlli di sicurezza in aeroporto. Sfondi azzurri, verdi, rosa e grigi sono solcati da leggere linee di tonalità diverse che ricordano le scie lasciate dagli aerei in cielo (Fig. 69).

Le potenzialità del colore emergono in tutta la loro esuberanza nella serie Curl (a partire dal 2006). Impiegando fogli di carta fotografica di grande formato (più di due metri di lunghezza), Beshty espone alla luce ciano, magenta e giallo porzioni di emulsione fotografica arrotolando e srotolando la carta stessa. La sovrapposizione delle luci di diverso colore dà vita al verde, al blu e al rosso, donando ai luminogrammi un arcobaleno di fasce orizzontali. I Curls possono essere considerati blind drawings58

(disegni realizzati alla cieca) in quanto vengono realizzati nel buio della camera oscura senza la possibilità di dirigere in qualche modo il risultato (Fig. 71).

Ugualmente dominati dal colore sono i Chemical Folds, luminogrammi ottenuti piegando i fogli di carta fotografica in forme tridimensionali ed esponendo ciascuna 58 Ne parla in questi termini Eva Respini, una delle curatrici di New Photography 2009, mostra ospitata al MoMA in cui furono proposte alcune opere di Beshty. http://www.moma.org

faccia a un fascio di luce di colore diverso. Riaprendo il foglio, si osserva un pattern di colori i cui contorni si mescolano insieme, mentre le pieghe sulla carta attribuiscono all’opera la sembianza di forme caleidoscopiche.

A metà tra pittura e fotografia sono, invece, i fotogrammi di Nicki Stager (n. 1978).

In camera oscura dipingo con la luce. Non c’è la fotocamera; raramente ci sono negativi. Nel corso degli ultimi dieci anni ho realizzato immagini che si collocano sulla soglia tra la

fotografia e la pittura, esplorando la luce definita da linea, spazio, forma e colore.59

Sulla carta fotografica si alternano tratti calligrafici a corpuscoli molecolari, forme geometriche a fluide chiazze di colore. L’opera della Stager supera il limite del fotogramma astratto e offre un contributo inedito alle potenzialità del colore nella

cameraless photography.

Su un piano diverso si colloca da ricerca di James Welling (n. 1951), non unicamente legata alla realizzazione di immagini astratte e fortemente dipendente dalla realtà materiale. Tra i primi fotogrammi ottenuti dall’artista compaiono immagini per contatto di fiori e piante che ricordano i lavori di Talbot e della Atkins. Nonostante il richiamo alle origini dell’off-camera sia forte, la procedura messa in atto dal fotografo americano è diversa: dopo aver ottenuto i fotogrammi per contatto, li espose sotto la luce di un ingranditore filtrata da vetri e pellicole colorate. Le immagini ottenute sono quindi positivi in cui le piante ricordano apparizioni spettrali su sfondi bianchi60. La

serie Flowers (2004-07) è riuscita a combinare la tradizione della fotografia per contatto di specie botaniche con quella – a metà tra scienza e pseudoscienza – di catturare tracce di radiazioni immateriali (in questo caso la luce colorata) (Fig 70).

La serie Screens (2004) consiste in luminogrammi ottenuti proiettando luce attraverso tende e tessuti colorati. Welling esplorò le diverse consistenze, le sfumature di colore e i pattern dei vari materiali ottenendo grandi immagini in cui i colori si alternano in strisce orizzontali. L’indagine sui colori proseguì nella serie Water (2009-2012) in cui fogli di carta fotografica a colori vennero disposti in bacinelle d’acqua e illuminati da fasci di luce colorata mentre la mano dell’artista scuoteva dolcemente il contenitore. In alcuni casi piccole bolle, ottenute versando acqua frizzante, complicano i motivi disegnati dall’acqua. La sinuosità tattile delle forme unita alle diverse tonalità di colore, creano un’opera d’arte complessiva in cui ciascun fotogramma assume importanza in quanto parte di un tutto (Fig. 72).

59 N. Stager, dichiarazione relativa alla propria opera. http://www.nickistager.com

60 J. Higgins, La decostruzione in fotografia, in Fotografia. La storia completa, a cura di J. Hacking, At- lante, Bologna, 2012.

Nel documento La fotografia off-camera (pagine 91-94)