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L’introduzione della “responsabilità amministrativa da reato”

II. LA SICUREZZA NEI CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

2. L’introduzione della “responsabilità amministrativa da reato”

Criteri di attribuzione della responsabilità - a) Criteri di imputazione oggettiva - b) Criteri di imputazione soggettiva - 5. I modelli organizzativi e di gestione - 6. Incidenza del modello organizzativo sul dovere di vigilanza del datore di lavoro.

1. Premessa

Individuati i profili di responsabilità dei vari soggetti-persone fisiche coinvolti nel sistema prevenzionistico, restano ora da considerare i profili di responsabilità ascrivibili alle persone giuridiche.

Invero, nel modello industriale dei nostri giorni (post-moderno) agli imprenditori individuali si sostituiscono sempre più gli imprenditori “spersonalizzati”. L’imprenditore, persona fisica, è sovente surrogato da un ente collettivo organizzato secondo schemi fittizi, ove rilevante è la frammentazione dei centri decisionali. Nella realtà imprenditoriale organizzata in tal senso, la condotta posta in essere dalla persona giuridica trascende da quella dei suoi componenti e, di fatto, diviene complesso individuare la volontà degli atti compiuti dalle persone in essa coinvolti quali soggetti apicali o sottoposti che siano.

Una condizione di tal tipo, di incertezze nell’imputazione della volontà, ha reso possibile ed anzi ha, in certo senso, incentivato la criminalità d’impresa.

Tralasciando ogni considerazione di politica penalistica, non essendone questa la sede, non può sottacersi come la condotta della persona giuridica – quale autonomo centro di interessi e

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matrice di decisioni ed attività dei soggetti che operano in nome, per conto, o comunque nell’interesse della stessa – possa investire anche l’area dei comportamenti penalmente rilevanti260. In altri termini, invertendo il noto brocardo, potremmo dire che la societas

delinquere potest.

Al di là di quelle che sono le realtà imprenditoriali intrinsecamente illecite, (si pensi alle società costituita allo scopo esclusivo di porre in essere attività illegali quali ad esempio il riciclaggio), anche gli enti collettivi costituiti con finalità legittime possono incorrere nella realizzazione di fatti penalmente rilevanti.

Ebbene, tra le ipotesi di reato in cui può rinvenirsi la responsabilità, più o meno ampia, dell’impresa rilevano, ai fini della presente analisi, i delitti di cui agli articoli 589 e 590, comma 3, del codice penale, ossia il delitto di omicidio colposo e il delitto di lesioni personali colpose, commessi in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

2. L’introduzione della “responsabilità amministrativa da reato”

Vale la pena, brevemente, premettere che nel nostro ordinamento, sino all’emanazione dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300 legge 29, recante delega al Governo per la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridica, non era prevista alcuna forma di responsabilità da reato in capo alle persone giuridiche ed anzi, vivo e condiviso era il dogma “societas delinquere non potest”261.

La questione, relativa alla capacità dell’ente collettivo di commettere reati, da sempre oggetto di dibattito dottrinale, veniva risolta nel senso della non configurabilità di una volontà delittuosa in capo all’ente e dunque, conseguentemente, di una sua non punibilità.

I primi segnali di messa in crisi del dogma in parola risalgono, a dire il vero, alla prima metà dell’800 quando, nell’Europa continentale si inizia a percepire sempre più chiaramente la

260 R.RAZZANTE - F.TOSCANO, La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Profili teorici e

pratici connessi all’applicazione del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Giappichelli, p. 2; R. GALDINO,

Responsabilità amministrativa degli enti, in Il nuovo diritto della sicurezza sul lavoro, M.PERSIANI –M.LEPORE

(a cura di), op. cit. p. 737 ss.

261 L’incidenza del principio societas delinquere non potes appare marginale in una società in cui il sistema

economico si basa essenzialmente su rapporti tra persone fisiche. La prospettiva cambia in occasione della rivoluzione industriale, ove al datore di lavoro persona fisica va, via via, sostituendosi il datore di lavoro persona giuridica. Diventa allora essenziale che l’esercizio dell’attività imprenditoriale, anche da parte delle persone giuridiche, si accompagni alla assunzione di una responsabilità sociale nei confronti dei soggetti coinvolti e che tale responsabilità, quand’anche di rilievo penale, non venga circoscritta alla persona fisica. In questi termini: S. M.CORSO, Lavoro e responsabilità d’impresa nel sistema del d.lg.s. 8 giugno 2001, n. 231, Giappichelli, 2015,

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configurabilità di una responsabilità superindividuale che trascende e assorbe quella delle persone fisiche262.

Tuttavia, è sotto la spinta internazionale e comunitaria, che il legislatore italiano ha definitivamente ceduto e rinunciato a qual principio di derivazione romanistica secondo cui societas delinquere non potest.

Il decreto legislativo sulla responsabilità amministrativa delle imprese è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 maggio 2001, in attuazione della delega al Governo contenuta dell’art. 11, della legge 29 settembre 2000, n. 300, di ratifica ed esecuzione, in base all’art. K3 del Trattato sull’Unione europea, di alcune importanti Convenzioni internazionali alle quali l’Italia aveva da tempo aderito263. Così, soprattutto, le esigenze connesse all’unificazione

europea e al processo di globalizzazione economica, che rendevano necessario garantire condizioni paritarie di mercato al fine di favorire la libera concorrenza e le relazioni tra i vari Paesi dell’Unione, hanno condotto anche il nostro ordinamento a sancire definitivamente, in atti normativi, la responsabilità delle persone giuridiche per la commissione di alcune tipologie di reato specificamente individuate.

È, in particolare, dalla ratifica della Convenzione Ocse, firmata a Parigi nel 1997, avente ad oggetto la lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali264, che nasce l’impegno per il legislatore nazionale di prevedere una qualche

forma di responsabilità da reato – diversa da quella civile già prevista – per la persona giuridica.

262 Si veda S.M.CORSO, Lavoro e responsabilità d’impresa nel sistema del d.lg.s. 8 giugno 2001, n. 231, op. cit,

p. 2 ove riporta il caso concreto trattato nel Regno di Napoli agli inizi dell’800 che, benché risolto in senso sfavorevole al denunciante, risulta essere uno dei primi casi di denuncia penale contro “l’amministrazione generale”, ove si chiedeva di risolvere il quesito se “un’amministrazione finanziaria, e in generale, se un corpo morale possa essere accusato criminalmente”. Lo stesso autore, nelle pagine seguenti, riporta anche l’interessante caso risolto con sentenza del 6 agosto 182 dalla Cour de Cassation francese che individua dei “casi eccezionali nei quali i termini di legge permettono di procedere collettivamente”. Nel caso specifico, in applicazione della norma che indica quale presupposto per la repressione della condotta penalmente rilevante l’essere proprietario della miniera la Corte, rilevato che unico proprietario della miniera era una società, riconosce la sussistenza di profili di responsabilità dell’ente collettivo. Dunque, il principio della irresponsabilità dell’ente cede dinanzi a specifiche previsioni legislative. In generale, per una completa ricostruzione storica dell’evoluzione del principio di punibilità delle persone giuridiche si rinvia all’intera opera citata.

263 Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995,

del suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre 1996, del Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee, di detta Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29 novembre 1996, nonché della Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, con annesso, fatta a Parigi il 17 dicembre 1997.

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Impegno a cui è stato dato seguito, con il citato art. 11 della legge 300/2000: primo intervento normativo con il quale è stata colmata una “lacuna” del nostro ordinamento, dinanzi agli ordinamenti di altri Paesi europei che già prevedevano profili di responsabilità per le societas. Peraltro, travalicando le previsioni di cui degli Atti internazionali esplicitamente richiamati nella rubrica della norma, il legislatore nazionale ha colto l’occasione per apportare una riorganizzazione complessiva, sistematica e non settoriale della materia della responsabilità degli enti. La ratifica degli Atti è stata dunque occasione, ma non fine unico delle disposizioni di cui alla legge 300/2000.

Tanto che – come meglio si dirà tra breve – il nostro legislatore si è spinto ben al di là della sollecita difesa degli interessi finanziari della Comunità europea contro i reati di frode, corruzione e riciclaggio ed ha delineato un sistema di responsabilità da reato degli enti collettivi con riguardo ad un numero molto più ampio di reati presupposto, e prima ancora con riguardo alla tutela di beni fondamentali dell’individuo e della collettività. È in tal contesto che, invero, sono state individuate precise forme di responsabilità dell’ente rispetto alla commissione dei reati di omicidio e di lesioni colpose.

3. La prima attuazione della legge delega n. 300/2000 e la successiva estensione