Lo scavo è stato ripreso tra ottobre 2006 e giugno 2007, interessando finalmente l’intera superficie dell’area 1.
Nelle fasi iniziali del lavoro la porzione dello scafo della nave A già conosciuta è stata liberata dalla terra di riporto posta come copertura in occasione dei precedenti interventi e, in un secondo momento si è proceduto alla ripulitura dell’area di scavo da tutti i depositi alluvionali formatisi nell’ultimo decennio (6010-6017) e da elementi residuali (6018-6028) di pregresse attività di scavo.
L’indagine archeologica, estesa inizialmente su tutta l’area, è stata successivamente ridotta alla sola superficie occupata dallo scafo della nave per motivi di conservazione dei legni stessi. All’interno dello scafo si è quindi effettuato uno scavo suddiviso in quattro settori che ha permesso, subito dopo lo svuotamento dei depositi archeologici, di intervenire in ognuno con la copertura provvisoria dei legni. Al termine delle operazioni archeologiche la nave è stata totalmente interrata.
Una successiva indagine sul campo è stata compiuta negli ultimi mesi del 2007 e ha interessato l’area immediatamente a sud dello scafo della nave.
Fase Va166. Affondamento della nave A
La nave A (US 6060: dimensioni parte visibile: lunghezza m 19 circa; larghezza max m 7 circa), una oneraria romana di medio-grandi dimensioni, è tagliata diagonalmente dal palancolato metallico, di conseguenza è stata riportata alla luce soltanto la poppa e parte delle fiancate, il resto dello scafo è collocato fuori dalle originarie delimitazioni dall'area del cantiere. Presenta orientamento NE/SW con la poppa ad occidente e la prua rialzata verso NE. Lo scafo è stato parzialmente intaccato dal mezzo meccanico soprattutto lungo la parte superiore della fiancata destra, oggi visibile per almeno metà della sua totale estensione; dell'imbarcazione si conserva in ottime condizioni di leggibilità tutta la parte inferiore della
166 Si utilizza per comodità la divisione in fasi proposta per lo scavo dell’area 4 e dell’area 5 negli anni 2004 e
struttura, dalle fiancate alla chiglia. Ha subito un cedimento strutturale evidente lungo la fiancata sinistra in prossimità della poppa, dove il fasciame si è completamente aperto verso l'esterno.
La nave è realizzata con tavole giustapposte assemblate con mortase e tenoni fissati da cavicchi (distanziati di 20-21cm): del fasciame interno si conservano alcune tavole e almeno otto corsi longitudinali fissati alle ordinate da robusti chiodi di ferro disposti alternativamente nella parte bassa e alta della tavola (distanza compresa fra 45-49/58- 60cm e 70/80-82cm). Le ordinate sono fissate al fasciame esterno per mezzo di cavicchi posti ad una distanza di 10 cm ca., sono dotate di madiere ed alternate a mezze ordinate; queste ultime sono ben visibili nei settori 1 e 2 e consentono di ipotizzare un loro utilizzo soltanto in corrispondenza delle estremità inferiori dello scheletro della nave.
Probabilmente, in occasione di un evento alluvionale, la nave avrebbe urtato violentemente contro la sponda N del fiume Auser e proprio in seguito all’urto la fiancata sinistra si sarebbe sfasciata, soprattutto in corrispondenza della poppa; la fiancata destra avrebbe invece conservato la sua integrità perché sostenuta dai depositi alluvionali (sabbiosi e detritici) accumulati al di sotto del fasciame, forse con la parte superiore parzialmente fuori dal pelo dell’acqua. Lo scavo parziale dell’imbarcazione e soprattutto l’impossibilità di osservare i depositi al di sotto dello scafo non escludono per ora anche una seconda ipotesi, e cioè che l’insabbiamento potrebbe anche essere avvenuto in modo graduale dopo l’alluvione, e la fiancata destra sarebbe stata sorretta per inclinazione dal suo stesso peso. Lo scavo delle stratificazioni presenti al di sotto dello scafo chiarirà senza dubbio le modalità di deposizione.
Le imponenti dimensioni della nave fanno inoltre supporre che, dopo l’affondamento, essa sia rimasta sostanzialmente arenata tra il fianco della sponda ed il fondale; la pressoché totale mancanza delle tavole del fasciame interno fanno supporre che, una volta placata la violenza del fiume, siano state effettuate operazioni di recupero, anche parziale, del carico e forse di porzioni dello scafo probabilmente riutilizzabili.
Il guscio del relitto arenato sulla sponda e privo di buona parte del fasciame interno, creò una sorta di “conca” artificiale con il punto più profondo in corrispondenza del settore 1; qui gli strati sabbiosi deposti dalla violenta alluvione (6087, 6088, 6089, 6097, 6098) presentano uno spessore più rilevante e tracce di materiale vegetale decomposto (6087). Spessori più consistenti sono stati osservati inoltre tra le lacune del fasciame sia ad ovest del relitto (6098) sia a nord (6089), dove erano presenti anche frammenti ceramici di
dimensioni maggiori. Soprattutto all’interno dei settori 1 e 2 risulta ben visibile come gli oggetti siano stati trattenuti nella parte più profonda dello scafo dalla tavola lignea Z529 che, adagiata sulla parte bassa delle ordinate della fiancata destra, ha creato una sorta di barriera fisica consentendo l’accumulo degli oggetti in uno spazio esiguo.
I materiali consentono di datare questo evento tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C.: sono state rinvenute anfore di Forlimpopoli, di Spello (Z567, Z572), Gauloise 4 (Z568), Almagro 51C e terra sigillata africana A (coppa Lamboglia 2b).
Nel successivo periodo di limitata corrente fluviale, si è depositata una serie di sottili strati limo-argillosi alternati a sabbie di esiguo spessore (6100, 6099, 6096, 6095, 6094, 6093, 6092, 6091, 6090, 6084, 6085, 6086). Questi strati, individuati anche presso la poppa dove la loro estensione è molto limitata, presentano dimensioni maggiori e spessori più consistenti sempre in corrispondenza del settore 1, ossia della parte centrale dello scafo, dove la loro pendenza da sud a nord risulta anche più accentuata (6091). Gli strati conservano accumuli di fogliame misto a limi finissimi, soprattutto negli avvallamenti tra le ordinate (6084, 6085, 6093, 6090, 6086); gli strati argillosi in particolare tendono a seguire il profilo delle strutture sottostanti, accentuando le concavità già presenti tra un’ordinata e l’altra e assumendo forme anche irregolari e ramificate se deposti sul fondo dello scafo (6086, 6090).
Questi strati hanno restituito altre porzioni del carico della nave rimasto incastrato tra le ordinate (anfora africana Ia: Z559, anfora di Forlimpopoli: Z573, terra sigillata africana A e D).
Si sottolinea che lo scavo dei settori situati a NE del relitto della nave D (area 5, settori 4, 9, 10: us 5255, 5303, 5305, 5253, 5276, 5407) ha individuato, nei livelli più profondi raggiunti, un deposito di anfore da trasporto pressoché integre, già allora interpretato come parte di un carico “affondato nel canale e disperso dalle correnti”: le tipologie di questi contenitori sono riconducibili in toto a quelle presenti nel carico della nave A, ossia anfore Gauloise 4, di Spello, di Forlimpopoli e Dressel 20. Questi dati forniscono l’immagine di un contesto estremamente articolato, risultato dall’iterazione e sovrapposizione di più fenomeni, dall’azione di correnti di differente intensità all’apporto di elementi per eventi più casuali. L’analisi dell’insieme dei reperti, in particolare di quelli conservati integralmente, e la presenza di fasciame e di altre parti lignee che al momento non furono analizzate nella loro essenza, spingono ad ipotizzare che questo contesto fosse
parte del carico della nave A, spostato dalle correnti poco più a ovest, al di fuori del relitto, in prossimità della navi D ed I.
Fase Vb. Successivi eventi alluvionali.
Una successiva e più sostenuta attività fluviale ha poi provocato il deposito di sabbie a granulometria fine e media (6073, 6081, 6082) interpretabili come un momento di maggiore intensità della corrente piuttosto che come una vera e propria alluvione. Le correnti hanno trascinato o spostato, forse da breve distanza, alcuni oggetti spesso interi che durante il dislocamento sono rimasti “intrappolati” nelle maglie delle ordinate della nave A ancora emergenti: infatti anfore (Spello: Z532, Z563; Almagro 51c: Z533; Empoli: Z544; Gauloise 4: Z547, Z548, Z556; africana classica: Z571), oggetti d’uso comune (tegame: Z546; brocchette: Z549, Z550, Z554; bottiglia: Z555), monete (Z552, Z553) e addirittura un bauletto in legno (Z522) sono stati rinvenuti negli interstizi delle ordinate a volte proprio al di sopra di quel fogliame a cui si è accennato in precedenza. I materiali, ma soprattutto le monete contenute all’interno del bauletto (Z522), sono databili intorno alla metà del III secolo d.C.: è probabile quindi che oggetti pertinenti ad altre imbarcazioni più recenti di qualche decennio si siano mescolati alla parte più superficiale del carico della nave A, smosso dalla dinamica della corrente.