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L’obbligo di aggiornamento della “valutazione del rischio”

Con la locuzione “valutazione del rischio” si intende fare riferimen-to alla “principale misura generale di tutela” prevista dall’art. 15, lett. a) e disciplinata sulla base di quanto disposto ex artt. 28 (“oggetto della valu-tazione dei rischi”) e 29 (“modalità di effettuazione della valuvalu-tazione dei rischi”) 31. Per adempiere a tale fondamentale obbligo, i vari attori della sicurezza (in specie Datore di Lavoro 32, RSPP, medico Competente alla luce di quanto previsto dall’art. 29) hanno il compito di realizzare una procedura che si articola in più fasi e che, di fatto, richiede la collabora-zione di tutti al fine di avere una valutacollabora-zione complessiva aggiornata e adeguata ratione materiae.

30 L’obbligo di aggiornamento del documento di valutazione dei rischi è, ex se, penalmente rilevante per il Datore di lavoro sulla base di quanto previsto ex art. 55 del t.U.S.L. In questo contesto si inserisce l’art. 29 co. 3 del t.U.S.L. che stabilisce quelli che sono i casi per i quali l’aggiornamento del D.V.R. sarebbe obbligatorio. Nello speci-fico tale disposizione prevede che “la valutazione e il documento di cui al comma 1 deb-bono essere rielaborati, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro significative ai fini del-la salute e deldel-la sicurezza dei del-lavoratori, o in redel-lazione al grado di evoluzione deldel-la tecnica, della prevenzione e della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risul-tati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità”.

31 Con termini simili v. V. torre, La valutazione del rischio e il ruolo delle fonti private, in Sicurezza sul lavoro, cit., 44.

32 Si consideri, peraltro, che l’art. 17 del d.lgs. n. 81 del 2008 prevede, alla lett. a), tra i doveri non delegabili dal datore di lavoro anche “la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28”.

Ciò posto, nell’ambito del dibattito apertosi circa la necessità di aggiornare il documento di valutazione dei rischi in ragione del nuo-vo rischio di contagio da Covid-19 si inseriscono due fondamentali tesi.

Ad avviso di un primo orientamento gli unici rischi che devono essere oggetto di valutazione da parte del Datore di lavoro sono quelli che atten-gono e promanano dall’organizzazione, nonché dall’attività lavorativa svol-ta. Si evoca, in questo senso, la differenza che intercorre tra il concetto di rischio “generico” e quello di rischio “specifico”, nonché quella che sussiste tra la nozione di rischio “esogeno” e quella di rischio “endogeno”, assegnan-do valore unicamente ai secondi: solo i rischi “specifici” ed “enassegnan-dogeni” sono, infatti, implicati dal processo produttivo e dal modo di essere dell’orga-nizzazione; gli altri (“generico” ed “esogeno”) costituiscono, al contrario, dei rischi cui è, in generale, esposta la collettività e solo eventualmente il lavo-ratore, ma mai in quanto tale, bensì quale membro di una comunità di sog-getti non definita in ragione dell’attività lavorativa espletata 33.

Si specifica, d’altronde, come generalmente l’obbligo di valutazione del rischio sia intimamente collegato al fatto che il Datore di lavoro sia il responsabile dell’organizzazione: è a lui e solo a lui – quale detentore di poteri decisionali e di spesa (art. 2, lett. b) d.lgs. n. 81 del 2008) – che spetterebbe, dunque, definire l’organizzazione della propria impresa valu-tandone i rischi per sé e per i propri lavoratori e individuando, nel docu-mento di valutazione (D.V.R.), le misure di prevenzione che dovranno essere adottate al fine di scongiurare la verificazione di infortuni lavorati-vi. È anche vero, però, che in relazione al rischio di contagio da Covid-19 la pubblica autorità, per evidenti ragioni di tutela della salute pubblica, ha avocato a sé quei poteri che normalmente spetterebbero al Datore di lavo-ro. Quest’ultimo è stato, pertanto, nei fatti esautorato dalla possibilità di valutare questo rischio: trattandosi, infatti, di un rischio pandemico imma-nente ovunque, l’eventuale valutazione da parte di ogni singolo imprendi-tore avrebbe rischiato (e probabilmente rischierebbe tutt’ora) di far emer-gere misure di prevenzione inadeguate o comunque non uniformi 34.

33 P. Pascucci, Sistema di prevenzione aziendale, emergenza coronavirus ed effettivi-tà, in www.giustiziacivile.com, 17.05.2020; P. Pascucci, A. Delogu, Sicurezza sul lavoro nella PA nell’emergenza da Covid-19, cit.; D. Castronuovo, F. Curi, S. tordini Cagli, V. torre, V. Valentini, La gestione del rischio Covid-19, cit., 392.

34 P. Pascucci, Sistema di prevenzione aziendale, emergenza coronavirus ed effetti-vità, cit. È risaputo, in particolare, che soprattutto grazie all’influenza delle fonti

sovran-to in ragione del rischio (di contagio da) Covid-19; esso presuppone, al contrario, una specifica valutazione operata “a valle” da parte del Datore di lavoro, in virtù della necessità di adeguamento alle direttive previste “a monte” all’interno dei vari protocolli 37.

nazionali si è, nel settore della sicurezza sui luoghi di lavoro, assistito ad un progressivo abbandono della logica accentratrice del command and control che governava i precedenti testi normativi. tale logica si è, infatti, dimostrata essere, con il passare del tempo, poco flessibile e inefficace a fronte delle diverse esigenze di tutela e prevenzione dei rischi che si potevano (e possono) verificare nei vari ambienti lavorativi. Questo ha, di fatto, indiriz-zato il legislatore di “seconda generazione” verso un sistema di “cogestione” pubblico-pri-vata (della valutazione) del rischio. Si è così giunti ad un sistema di prevenzione azienda-le ispirato alla logica del cd. self-regulation. Per una critica a taazienda-le metodo v. F. Stella, La costruzione giuridica della scienza: sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in Riv. it. dir. proc.

pen., 2003, 55 ss. In senso opposto, v. R. Blaiotta, Diritto penale e sicurezza, cit., 89 s.

In generale, sull’auto-normazione v. C. Piergallini, Autonormazione e controllo penale, in Dir. pen. proc., 2015, 261 ss.

35 D. Castronuovo, F. Curi, S. tordini Cagli, V. torre, V. Valentini, La gestione del rischio Covid-19, cit., 392.

36 S. Dovere, Covid -19: sicurezza del lavoro e valutazione dei rischi, cit., fa l’esem-pio della misura del distanziamento che senz’altro incide sull’organizzazione aziendale.

37 D. Castronuovo, F. Curi, S. tordini Cagli, V. torre, V. Valentini, La gestione del rischio Covid-19, cit., 394. Specifica, d’altronde, D. Castronuovo I delitti di omicidio e lesioni, in Sicurezza sul lavoro, cit., che “La valutazione dei rischi è un obbligo a contenuto dinamico: ne è pre-scritta la immediata rielaborazione in occasioni di modifi-che del processo produttivo o dell’assetto organizzativo in grado di incidere sulla sicurez-za, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica o a seguito di infortuni significativi o quando gli esiti della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità (art. 29, comma 3). Analogo contenuto dinamico riguarda, poi, anche l’obbligo di aggiornamento del-le misure di prevenzione all’esito della rielaborazione della valutazione o in conseguen-za dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche o tecniche”. Nella medesima direzione v.

anche P. Pascucci, Sistema di prevenzione aziendale, emergenza coronavirus ed effettività,

D’altro canto, l’orientamento favorevole all’obbligo di aggiorna-mento fa, in primo luogo, leva su un’interpretazione ispirata alla logica che si ritiene sottesa all’intero d.lgs. n. 81 del 2008, la quale emerge chia-ramente dall’art. 2, comma 1, lett. o), laddove si definisce la salute del lavoratore come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”; nonché, dall’art. 2, comma 1, lett. n), d.lgs. n. 81 del 2008, secondo cui la “prevenzione” è “il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professio-nali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno”; e soprattutto, dall’art. 3, comma 1, a mente del quale “il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio” 38.

Si considera, altresì, quanto previsto dall’art. 28, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008 nella parte in cui dispone l’obbligo di valutare “tut-ti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’at“tut-tività lavora“tut-tiva”. Da tale espressione si profilerebbe, dunque, la necessità di valutare (tutti) i rischi che possono aversi nell’ambiente lavorativo; quindi, non solo quelli che derivano dall’attività lavorativa svolta (rischi che si producono “a causa del lavoro”), ma anche quelli che semplicemente si hanno “durante l’atti-vità lavorativa” 39.

Si evoca, poi, nel medesimo orizzonte, un’interpretazione estensiva dell’art. 267 del t.U.L.S. (“Esposizione ad agenti biologici”). In particola-re, si ritiene che tra i vari agenti che devono essere valutati dal Datore di lavoro debba essere ricompreso anche l’agente biologico Covid-19. Ciò

cit.; P. Pascucci, A. Delogu, Sicurezza sul lavoro nella PA nell’emergenza da Covid-19, cit. Invero, quest’ultimo argomento in parte contraddice quanto detto in relazione all’im-possibilità per il datore di lavoro di valutare il novello rischio in ragione dell’intervento predominante della pubblica autorità.

38 S. Dovere, Covid -19: sicurezza del lavoro e valutazione dei rischi, in www.giu-stiziainsieme.it, 22.04.2020.

39 R. Blaiotta, Diritto penale e sicurezza del lavoro, cit., 108 il quale chiarisce che

“l’aggiornamento del documento potrà avvenire anche nella forma di una nota aggiun-tiva, in tutte le situazioni nelle quali le modifiche nella gestione dei rischi non siano par-ticolarmente importanti”. V. anche R. Guariniello, La sicurezza del lavoro al tempo del coronavirus, milano, 2020, 5 ss.; V. mongillo, Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in tempi di pandemia, cit., 28 ss.; O. Di Giovine, Ancora sull’infezione da sars-cov-2, cit., 11 ss. In giurisprudenza v. trib. matera, Sez. lav., 14.09.2020, n. 1107.

5. Conclusioni

Dall’analisi che precede, già in parte 41, si comprende come i vari attori della sicurezza (e in specie, il Datore di lavoro) non si siano sem-pre trovati nelle condizioni migliori per operare e, al contempo, per assi-curare ai lavoratori un ambiente lavorativo sano e sicuro. Oltre, infatti, ai problemi cui si è già accennato (avendo, in particolare, riguardo all’am-biguità dell’art. 42, co. 2 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 che ha, di fat-to, condotto alla richiesta di uno “scudo protettivo” da parte del mondo imprenditoriale), spesso e soprattutto agli inizi della “seconda fase” – che ha determinato la riapertura delle attività e, quindi, la necessità di ritor-nare al lavoro in maniera sicura e consapevole – si è avuta la sovrapposi-zione di disposizioni e discipline. Sovrapposisovrapposi-zione che potrebbe aver con-dotto (e che, in effetti, ha concon-dotto) ad ulteriori dubbi e incertezze nel mondo della sicurezza sul lavoro 42.

40 Questa argomentazione sembra, invero, contrastare con quanto disposto all’in-terno dell’art. 29-bis che si è visto come ritenga adempiuto l’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. con l’adozione delle misure previste all’interno dei protocolli condivisi anti-contagio.

41 Si tratta invero di un dato che emergerà, in tutta la sua chiarezza, durante l’inda-gine empirica che si è svolta, soprattutto se si considerano le risposte aperte.

42 Più precisamente si è trattato di sovrapposizioni di disposizioni, discipline, non-ché di tecniche di tutela e misure di contenimento. Si pensi, ad esempio, alle confusioni che si sono avute in materia di “sanificazione”, per cui si è assistito alla sovrapposizione dei concetti “sanificazione professionale” e “sanificazione intensiva”. Per un’analisi più appro-fondita v. il prosieguo dello scritto (in specie il capitolo relativo all’esposizione dei risul-tati del questionario rivolto ai Datori di lavoro).

Oltre a ciò, il fatto che le varie disposizioni e/o misure anti-conta-gio presenti all’interno dei supra citati protocolli, abbiano avuto, fin dal principio, una struttura “aperta” e “flessibile”, se da un lato ha portato alla possibilità per le parti politiche e sociali di aggiornare siffatte misure in ragione dell’evoluzione tecnico-scientifica, allo stesso tempo potrebbe aver condotto ad ulteriori incertezze e/o disarmonie in relazione a quelle che erano (e sono) le misure che dovevano (e devono) essere adottate al fine di gestire e prevenire il rischio di contagio.

Nondimeno, occorre considerare le problematiche relative all’ob-bligo/dovere di aggiornamento del documento di valutazione dei rischi.

Si tratta – come si è già accennato nel par. 4 – di un obbligo penalmen-te sanzionato che, laddove non venga adempiuto, potrebbe condurre a delle conseguenze (penalmente) rilevanti diverse da quelle previste ex artt. 29 e 55 del d.lgs. n. 81 del 2008. In effetti, ci si potrebbe chiede-re se la mancata e/o inadeguata valutazione del rischio da contagio pos-sa, al netto di quanto disposto negli artt. 29 e 55, assumere rilievo pena-le nell’ambito dell’imputazione (colposa) di un evento di malattia-infor-tunio, in quanto integrerebbe la violazione della regola cautelare di cui all’art. 2087 c.c. 43 . Si tratta, tuttavia, di un quesito cui, almeno per ora, la dottrina prevalente (e in parte anche la giurisprudenza) risponde in maniera negativa per una serie di ragioni. In primo luogo, si sostiene che attribuire rilevanza alla mancata valutazione del rischio nei casi di verifi-cazione di eventi-infortunio condurrebbe, di fatto, ad una violazione di quanto previsto nell’ambito dell’art. 29-bis della legge 5 giugno 2020, n. 40. In secondo luogo, si specifica che la valutazione del rischio assu-me la funzione e il contenuto di un obbligo pre-cautelare con rilevan-za assai limitata nell’ambito dell’imputazione dell’evento tipico, se non vengono poi, in concreto, individuate specifiche regole volte ad impe-dire o comunque a ridurre il rischio di verificazione dell’evento stesso 44. Infine, si sottolinea la necessità di accertare, sotto il profilo causale, cosa sarebbe successo laddove il Datore di lavoro avesse aggiornato il

docu-43 Per una ricostruzione del dibattito anche a livello giurisprudenziale v. O. Di Giovine, Ancora sull’infezione da sars-cov-2, cit., 11 ss.

44 Con parole simili, v. D. Castronuovo, F. Curi, S. tordini Cagli, V. torre, V. Valentini, La gestione del rischio Covid-19, cit., 394. Facoltà quest’ultima che si è vista preclusa in ragione del fatto che gli enti centrali si siano appropriati dei poteri che gene-ralmente spettano al Datore di lavoro nell’ambito della gestione e valutazione dei rischi.

seguire in ambito aziendale.

Dalla lettura delle varie disposizioni contenute nei vari protocolli si comprende, poi, l’importanza assunta dal Datore di Lavoro, dal Respon-sabile del Servizio di Protezione e Prevenzione (RSPP), dal medico com-petente, nonché infine dal Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) nell’ambito dell’attuazione, nonché implementazione dei vari Pro-tocolli Anti-contagio adottati a livello nazionale. Proprio per tale ragio-ne il Gruppo di Ricerca “Protocovid” ha pensato di confezionare quattro diverse tipologie di questionari indirizzati nei riguardi di tali soggetti, cui se ne aggiunge un quinto rivolto alle Residenze sanitarie per anziani ope-ranti a modena e provincia 46.

45 Sul punto v. Cass. pen., Sez. IV, 24.5.2021 n. 20416. In generale sul tema v.

D. Castronuovo, F. Curi, S. tordini Cagli, V. torre, V. Valentini, La gestione del rischio Covid-19, cit., 394; D. Castronuovo, I limiti sostanziali del potere punitivo nell’e-mergenza pandemica, cit.; O. Di Giovine, Ancora sull’infezione da sars-cov-2, cit., 11 ss.

Sullo specifico problema del nesso di causalità v. anche S. Zirulia, Nesso di causalità e contagio da covid-19, in SP web, 20.04.2022.

46 Come si è già accennato, scopo ultimo dei questionari è quello di “monitorare”

e “valutare” come si sia, nel concreto, intervenuti nel territoriodi modena e provincia sul piano dell’attuazione (ed eventuale implementazione) di tali protocolli.