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L’Unione Europea di fronte alla crisi finanziaria

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 99-103)

CPSS fu coinvolto nella gestione dell’agenda che seguì il collasso Barings in relazione alla robustezza dei sistemi di compensazione per derivati negoziati in borsa. All’interno della Banca dei Regolamenti internazionali, il gruppo di lavoro cui venne affidato di produrre una relazione sui sistemi di gestione dei rischi nelle CCP giunse alla conclusione secondo cui: il sistema di risorse finanziarie per coprire le perdite e fare fronte alle pressioni della liquidità a seguito dell’insolvenza erano inadeguate;

mancavano meccanismi di controllo dei rischi intraday, gli accordi di regolamento in moneta erano molto deboli. Il rapporto si concludeva con una serie di raccomandazioni, tra cui quella di eseguire degli stress test di liquidità per fare fronte ai rischi di estremo movimento dei prezzi e quindi permettere un adeguamento più veloce nel calcolo dei requisiti di margini al fine di ridurre i rischi giornalieri. Si trattava di raccomandazioni che considerate individualmente non apparivano così importanti, soprattutto se si considerava che erano iniziative a regolare i mercati dei derivati finanziari e l’industria della compensazione centrale. Viste nell’insieme erano una dimostrazione di come l’industria dei futures, in cui la Barings era impegnata, negli ultimi decenni era notevolmente cresciuta d’importanza139.

L’obiettivo di questo capitolo è di mettere in evidenza la capacità regolatoria dell’Unione europea in risposta alla crisi. Una risposta ampia costruita sulla necessità di guardare al futuro e di tradurre in politiche non necessariamente nuove ma dotate di strumenti nuovi, capaci di durare nel tempo e di evitare che altre crisi nel futuro si potessero verificare. Se anche queste riforme saranno durature come quelle poste in essere dopo la crisi del 1929, solo il tempo e gli eventi potranno confermarlo.

alcuni paesi della zona Euro dal 2010 in poi. La reazione iniziale degli Stati membri (SM) alla crisi finanziaria è avvenuta in modo isolato e secondo scelte spesso contrastanti. In seguito gli SM più direttamente colpiti o interessati al salvataggio d’istituzioni finanziarie hanno elaborato piani per mettere in sicurezza le banche alle prese con forti carenze di liquidità o fondamentalmente illiquide, senza distinguere fra banche sostanzialmente sane da quelle insolvibili. In altri termini senza distinguere fra banche alle prese solo con problemi di liquidità140 da quelle scarsamente patrimonializzate, per effetto di attività in conto proprio (esposizioni in attività speculative) superiori alle proprie capacità, a tal punto da compromettere la solidità dell’istituzione finanziaria medesima, fino all’insolvibilità vera e propria. Inizialmente si è trattato di piani di salvataggi singoli, differenti nella sostanza, anche quando riguardavano la medesima istituzione finanziaria ma con operatività transfrontaliera e sottoposte a autorità nazionali non soggette a seguire le medesime regole. È stato il caso della crisi che ha riguardato la ING NL, con filiali operanti e vigilate negli altri paesi del Benelux. La reazione dei tre governi è stata diversa e non coordinata. La reazione alla crisi dell’ING dimostra chiaramente quanto l’Unione europea fosse poco equipaggiata di fronte a crisi bancarie transfrontaliere e soprattutto dinanzi a intermediari di una certa dimensione, i cui destini avrebbero in ogni caso avuto ripercussioni economiche e finanziarie di grande rilievo per la sicurezza e la stabilità del sistema finanziario di alcuni paesi e in ultimo della tenuta stessa del Mercato Unico.

Dinanzi a questo e ad altri innumerevoli casi d’insolvenze bancarie nella zona Euro come in Gran Bretagna, l’Unione europea si è fatta carico di dare coerenza ai salvataggi bancari nazionali e davanti all’insoddisfacente metodologia - sostanzialmente differente da Stato membro a Stato membro - la Commissione europea e l’Eurogruppo hanno alla fine elaborato un progetto di Unione bancaria nel 2012. Nello stesso tempo la DG Concorrenza della CE ha adattato alla crisi la regolamentazione in materia di aiuti di stato nel settore bancario. Per consentire i salvataggi bancari e soprattutto

140 La crisi di liquidità era dovuta sostanzialmente all’eccessivo indebitamento delle banche e ad una svalutazione dei prodotti finanziari strutturati di cui molti bilanci erano sovradimensionati.

affinché essi avvenissero all’interno della cornice della politica e delle regole della concorrenza su cui si regge il mercato unico.

È opinione diffusa che la crisi finanziaria europea sia stata dovuta al contagio della crisi americana, in altri termini, la mancanza di confini che caratterizza i mercati finanziari, abbia agito da cinghia di trasmissione ad altre parti del mondo. Ciò nonostante, la natura esatta di questo contagio non è stata interamente chiarita. In Europa i fallimenti d’istituzioni finanziarie come l’IKP di Düsseldorf o della Roskilde Bank di Copenaghen o ancora della Northern Rock di Newcastle non erano e non potevano essere consecutivi ai fallimenti d’istituzioni bancarie americane, giacché fra queste banche non esistevano relazioni dirette. Al contrario, secondo Mishkin, la simultaneità degli eventi, renderebbe più idoneo evocare l’immagine di una pandemia dovuta al medesimo virus ma sviluppatosi in regioni del mondo differenti141. Il fatto che nell’Unione europea questa pandemia abbia messo radici, non si spiega unicamente con l’effetto trasmissione, o contagio. Infatti, tra le cause della crisi della zona Euro, un posto importante occupa l’asimmetria esistente fra politica monetaria e politica di stabilità finanziaria, dovuta alla circostanza secondo cui la prima è di esclusiva competenza della BCE mentre la seconda fondamentalmente di competenza degli Stati membri. Quest’asimmetria ha giocato un ruolo fondamentale, poiché ha creato le basi per la formazione di una pericolosa spirale fra bilanci bancari (e quindi inadempienza delle singole banche) e solvibilità degli Stati in cui queste banche operavano. La creazione dell’Unione monetaria aveva avuto il merito di spostare l’attenzione sulla governance dei servizi di pagamento, di compensazione e di regolamento dei valori mobiliari e di accelerare il processo d’integrazione finanziaria, anche se a un certo punto la moneta unica e la mobilità dei capitali avevano creato una convergenza dei tassi d’interesse a un livello molto basso che non rifletteva i differenziali d’inflazione.

Infatti, l’integrazione monetaria era stata anche all’origine di squilibri interni ed esterni di non poco conto, dovuti al fatto che in alcuni Stati membri in modo particolare, la

141 Miskin, F., “Monnaie, Banques et Marchés financiers, traduction et adaptation française éditée par Pearson, 2013

spesa pubblica era finanziata in parte attraverso gli aiuti dei fondi strutturali europei e la mancanza di disciplina di bilanci, nonostante l’esistenza del Patto di stabilità, aveva alimentato il debito pubblico. Pertanto, coperti dall’ombrello virtuoso dei paesi economicamente forti della zona Euro, i debiti sovrani dei paesi erano stati trattati in modo identico dai regolatori e soprattutto dalle agenzie di rating, quando invece il livello d’indebitamento dei paesi della periferia e del centro dell’Eurozona era profondamente diverso.

Infine, ma non ultime per importanza, due altre cause non tipicamente europee, ma che in Europa avevano trovato terreno fertile ancor più che negli Stati Uniti e alimentato la crisi:

1. l’aumento della leva finanziaria da parte delle istituzioni bancarie e particolarmente di quelle dedite ad attività speculative, oltre gli stessi livelli di quelli fatte registrare dalle banche americane, come mostrano i dati dell’OCSE142;

2. l’esposizione eccessiva al rischio di trasformazione che rientra nel più ampio rischio di liquidità.

Diversamente dagli Stati Uniti, nell’Unione europea il sistema delle banche centrali nazionali, la stessa BCE e soprattutto i supervisori nazionali hanno tardato a prendere coscienza che la crisi non era soltanto dovuta alla crisi di liquidità e al mancato rispetto di vincoli patrimoniali, all’eccessivo rischio, e alla creazione di prodotti finanziari strutturati sempre più raffinati e per questo con rendimenti più elevati dei tassi di mercato, che andavano a rimpinguare bilanci bancari sempre meno sotto controllo, o addirittura attraverso la creazione di speciali veicoli appositamente creati (in inglese Special Purpose Vehicle, SPV) che sfuggivano all’ispezione delle autorità di vigilanza.

142Blundell-Wignall, A., Atkinson, P. Se-Hoon, L.,”Dealing with the Financial Crisis and thinking about the Exit strategy”, in: Financial Markets Trends, OCDE, 2009-1.

Al comportamento appena descritto di talune istituzioni finanziarie, si aggiungeva la miopia di numerose autorità di supervisione nazionali, dinanzi a comportamenti non virtuosi d’istituzioni finanziarie transfrontaliere da esse supervisionate, con il fine ultimo di mantenerne puramente e solamente il controllo.

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 99-103)