“Quei programmi sono tutti affascinanti; le idee dalle quali nascono sono tutte nobili …
Libertà, prosperità e giustizia sono generosamente promesse da tutti e, in teoria, non c’è che l’imbarazzo della scelta del più virtuoso tra tanti partiti tutti ugualmente perfetti. In pratica assistiamo all’ignobile spettacolo di un arrivismo spudorato, al brulicare di una verminaia di ambizioni, a una rissa feroce per conquistare i posti di comando dai quali poter fare il proprio comodo e i propri affari … Non occorrono cameragni (neologismo!) ma un buon ragioniere che entri in carica il primo gennaio e se ne vada al 31 dicembre e che non sia rieleggibile per nessuna ragione ”.
Chi legge potrà pensare che ci siamo soffermati a commentare i risultati elettorali vissuti nelle nostre Aziende dove uomini forti della rudità dei propri gesti ed egoisti al punto giusto cominciano ad elaborare strategie per pensare solo al proprio tornaconto; invece, forti di un po’ di memoria, siamo andati a ripescare un articolo di fondo di Guglielmo Giannini, un altro napoletano onesto, che cercava di presentare la prima edizione del 27 dicembre 1944 della rivista L’Uomo Qualunque.
Diciamoci la verità. Sotto sotto abbiamo creduto che le passate elezioni sindacali potessero essere di stimolo e far “nascere” persone nuove, potessero fare cadere categorie precostituite e togliere quel leggero velo di muffa che cominciava a soffocare, a rendere poco credibile qualsiasi dibattito, proposta o programma schizzati fuori sulla scia dell’entusiasmo. I napoletani, a detta di molti, sono dei buoni, bonaccioni fino all’inverosimile, con un livello di sopportazione che rasenta la rassegnazione e mette in discussione qualsiasi credo e ogni religione; però cominciano a tirare calci quando avvertono la presenza, intorno a loro, di “gente vogliosa solo di essere
deputato od altro in cui la più untuosa e ipocrita falsa modestia esala da moltissimi di questi uomini come un cattivo odore personale” (Guglielmo Giannini).
E’ ovvio che tali comportamenti, dati per scontati, non riescono a sconvolgere la nostra vita e non ci preoccupano affatto mentre siamo costretti a prendere nota ed evidenziare che, nonostante dalle righe di Giannini ad oggi siano passati 63 anni di rivendicazioni vissute, personaggi anonimi tentano di sconvolgere l’umana convivenza con interventi di epurazione di tutt’altra memoria.
Quando si parla di “società” ai limiti della decenza si sottolinea, spesso, che tali gruppi, per poter essere legittimati, devono ricorrere ad un consenso di massa, che non può essere richiesto mediante un iter burocratico o attraverso i mass media, per tentare di rendere il gruppo, tutta la società, colpevole di qualche cosa e, quindi, grazie a questa operazione di colpa collettiva, nessuno risulta essere più colpevole di altri ma ognuno è visto come un garante dell’omertà necessaria.
L’epurazione è il primo passo che si compie nella ricerca del consenso popolare; il secondo e un tentativo di migliorare “il tenore di vita generale”, specie utilizzando risorse non proprie come capita nelle promesse pre-elettorali dove ognuno ripresenta se stesso in una nuova dialettica e con una verginità politica senza precedenti.
Chi deve soddisfare le proprie ambizioni di potere ha necessità di usare la gente anche se quest’ultima, qualunque sia il risultato finale, non potrà beneficiare di alcun vantaggio e, se prima di ogni tenzone elettorale è utile avere uno strumento informativo per veicolare le
più, è dannoso perché veicolare verità sgradevoli non è una buona politica per chi ha già pianificato omertà e connivenze.
E’ il compromesso di sempre per sopravvivere ma arricchito di vecchi trucchi che la pseudo politica rende attuali secondo i percorsi che è costretta ad affrontare.
I “gruppi di controllo” vengono attivati prima dello scontro elettorale per evitare “emorragie”e vengono mantenuti dopo per pianificare il consenso necessario a svolgere il mandato ricevuto con tranquillità, senza interferenze che possano alimentare dubbi sulla perfezione dell’ingranaggio.
Ogni tessera al suo posto ed ogni posto occupato sempre più ricco di un controllo sociale che non ha niente in comune con la volontà popolare di garanzie sociali forti e riconosciute.
Ogni tentativo di rivalsa si scontra con le solite figure che girano per i corridoi delle Aziende in nome di un mandato strappato a chi mantiene alti i livelli di credibilità della struttura che rappresenta con la immancabile e inconfondibile dignità professionale.
Mentre c’è chi pensa di aver ridotto al silenzio la massa dei votanti per il solo fatto di aver concluso lo scrutinio delle schede, la massa silenziosa comincia a realizzare la possibilità di poter essere un movimento di opinione ben visibile e credibile, in grado di scambiarsi informazioni e di elaborare progetti, di essere critico e dinamico, di essere presente.
Nessuna “rivoluzione”, fatta di comportamenti reali, può dichiararsi fallita. Il fallimento è tra chi, pur dichiarandosi partecipe, ne abbandona i principii ed i valori per una traballante poltrona priva di anima pulsante e sogni da realizzare.
Adesso speriamo che si tenti di superare “l’emergenza voluta” con operatività finalizzata; chiediamo impegni seri che lascino da parte le vuote parole elettorali; auspichiamo una vera valorizzazione delle risorse umane e non solo qualche slogan di facciata.
Il problema, quello vero, è che non sappiamo (o, forse, conosciamo troppo bene) chi abbiamo al nostro fianco e quali garanzie possono essere offerte per tenere in piedi la piramide della credibilità in cui “l’uomo qualunque” possa diventare soggetto politico.