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A qualcuno non piace “che si esca dalle regole”

Nel documento Le riflessioni di Ciro (pagine 31-33)

Capit a sempre più frequentemente, nell’organizzazione dei congressi medici, che gli Infermieri siano invitati a relazionare e ciò avviene non tanto per una bravura dichiarata ed una professionalità manifesta quanto per la necessità di avere un pubblico attento e costante fino alla fine dei lavori.

Infatti le sessioni infermieristiche, anche se valide e con proposte coraggiose, vengono relegate alle ultime ore dell’ultimo giorno congressuale mentre i “finanziatori dell’evento” cominciano a smontare gli stand di rappresentanza e tutti sono troppo stanchi di sentire declamare relazioni assemblate da internet.

In questi mesi mi è capitato di “uscire dalle regole” rifiutandomi di relazionare in condizioni del genere e pretendendo un maggiore risalto allo spirito partecipativo degli Infermieri. Sicuramente è sbagliato parlare in prima persona ma è, sicuramente, sensato affrontare il tema per cercare di capire l’evoluzione (o involuzione?) a cui si vuole delegare i criteri di ghettizzazione della nostra professione.

Alle mie precise richieste di garanzie (trattamento uguale per tutti i relatori ed una partecipazione legata ad impegni effettivi) si riceveva una risposta “stizzata” in cui veniva precisato che l’invito fattomi riguardava un congresso scientifico e “non sindacale”.

Una volta, e non molto tempo fa, quando si voleva zittire qualcuno lo si invitava a “non fare polemica” ritenendo che qualsiasi atteggiamento battagliero fosse controproducente alla crescita ed alla discussione.

Ovvio che, nella maggior parte dei casi, si confondeva (volutamente!) la polemica con l’opinione. E, mentre l’opinione non veniva considerata, si lasciavano crescere i caratteri negativi della polemica.

Polemikòs è una parolina greca che significa “attinente alla guerra”, che esprime un

atteggiamento battagliero in grado di suscitare risposte vivaci ma, nello stesso tempo, stimolanti e, al di la di quello che pensa chi usa tale parola per offendere, è più che legittimo l’uso cosciente della polemica quando l’intento è promuovere un processo di crescita che risulta impossibile o poco credibile in altri modi.

Leggevo su L’Espresso n. 36, anno LIII, del 13 settembre 2006 che il direttore sanitario dell’Ospedale Villa Sofia Cto di Palermo, Salvatore Requirez, pur confermando che la struttura palermitana è l’unica ad erogare trattamenti per la terapia del dolore, non esita a dichiarare alla commissione d’indagine sul SSN presieduta dal Antonio Tomassini (FI) che “costa troppo e va esternalizzata” (pag. 34).

Il mio giudizio negativo sull’affermazione del direttore sanitario è polemica, opinione o è sindacalismo?

La storia, quella vera, ci racconta che i sindacati raccolgono i rappresentanti delle categorie

produttive e, come esistono i sindacati dei lavoratori, esistono anche i sindacati dei datori di

lavoro (per es. la Confederazione Italiana Dirigenti di Azienda dal 1946).

L’uso e abuso di terminologie e la non conoscenza dell’etimologia delle parole abusate fa si che anche i nostri rappresentanti delle organizzazioni infermieristiche si godono il momento gratificante di leggere il proprio nome nelle brochure congressuali e non si rendono conto che il loro compito è altro: essere piuttosto che apparire.

Se il mio fare sindacalismo significa attuare un programma mirante ad organizzare i lavoratori per fare loro assumere la gestione dei mezzi di produzione e distribuzione o, per meglio dire, rivalutare la dignità di chi, fino a qualche anno addietro, veniva chiamato a fare il letto al medico di guardia che doveva “riposare” potrei anche definirmi sindacalista.

Dalle Società di Mutuo Soccorso alle Associazioni Operaie del 1870, dalle Leghe di Resistenza al Movimento cooperativistico (qualcuno ricorda lo sciopero del 1901 per il diritto di organizzazione?) fino alle Leghe Bianche, all’Opera dei Congressi ed alla Confederazione Italiana dei Lavoratori ispirate alle tesi dell’enciclica sociale Rerum

Novarum c’è una storia dei diritti che è cresciuta nonostante gli elementi frenanti

autoproclamatosi “rappresentanti di categoria”.

Quanti di coloro che dovrebbero “degnamente rappresentarci”, specie nelle sedi congressuali, partecipano alla lottizzazione dell’idiozia e della “non conoscenza” per il solo piacere di sapersi gratificati dalle lobby della malasanità?

Il sindacalismo, quello vero e non viziato da infiltrazioni speculative, ha prodotto molto lasciando scie di influenza in letteratura (Ernest Hemingway – Per chi suona la campana), in fotografia (Robert Capa – Miliziano ucciso), nella pittura (Pablo Ricasso – Guernica), nella regia cinematografica (Sergei Mikhailovic Eisenstein – Sciopero) e ha preteso il ricordo di nomi come Hubert Lagardelle, Georges Sorel, Arturo Labriola, Enrico

Leone, Armando Borghi, Giuseppe Di Vittorio.

Il mio comportamento “sindacalista”, attribuitomi da altri, mi inorgoglisce anche se non

sono mai stato iscritto a nessun sindacato. Significa che non basta una tessera a formare

una coscienza, che non è sufficiente appartenere ad un gruppo per caratterizzarsi.

Scorrendo il blog di Beppe Grillo ho catturato la notizia che nel nostro parlamento vi sono molti “onorevoli” indagati di cui 25 condannati definitivamente e, di questi ultimi, solo uno “dimissionato”.

E’ la logica conseguenza che si viene a creare quando si omettono, alla propria coscienza “qualità antiche e medioevali” come il coraggio, l’umiltà, la saggezza, il rispetto e l’onore per lasciarsi andare ai “valori della modernità” intrisi di flessibilità ragionata per il raggiungimento dei profitti, determinazione nell’esautorare i veri professionisti dai processi culturali e una intelligenza che da sociale ed emotiva diventa di comando per l’arricchimento di un altro misero manuale per manager.

E se l’opinione è un giudizio strettamente personale su qualche cosa che attira l’attenzione, che coinvolge catturando il nostro più intimo interesse, cosa dire del comportamento critico? Di sicuro il comportamento critico, o la critica, è un atteggiamento al di sopra delle parti, caratterizzato da una neutralità di pensiero che cerca di appurare il vero attraverso una prima fase di ricerca ed una successiva fase di giudizio, specie nell’esaminare i difetti di un lavoro. In effetti la critica potrebbe essere l’acronimo di Come Rimandare Indietro Tutti I Casini

Altrui impedendo di essere influenzati dalle negatività ad essi correlati.

Nasce da sé che ogni equivoco può solo essere voluto in ragione di scusanti non credibili. Mi hanno ritenuto intriso di offensivo sindacalismo e, improvvisamente, mi sono sentito proiettato al fianco di tanti nomi che hanno lasciato tracce indelebili nella storia non solo del sindacalismo sincero e pulito ma hanno lasciato in ogni Infermiere impronte di umanità e saggezza che nessuna lobby, nessuna multinazionale della farmaceutica e nessun fasullo rappresentante delle “nostre” (?) associazioni di categoria potrà scippare mai.

Al ricordo di tanti colleghi che hanno combattuto per il riconoscimento di un ruolo scientifico e professionale ed alla loro eterna presenza nei nostri percorsi di vita dedichiamo le nostre affermazioni future.

Agli altri lasciamo i loro congressi, il loro modo volgare di mordersi la coda ad ogni rifiuto, i loro bisogni di apparire quale immagine acquisita di una storia incompiuta.

Nel documento Le riflessioni di Ciro (pagine 31-33)