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L’utilizzo dell’economia comportamentale per il risparmio italiano

5. Uso dell’Economia comportamentale per aumentare i tassi di risparmio

5.3. L’utilizzo dell’economia comportamentale per il risparmio italiano

In Italia, rispetto agli Stati Uniti, non esiste un problema legato ai risparmi. Infatti, da sempre, la popolazione italiana viene indicata come una fra quelle maggiormente propense al risparmio. Questo possiamo verificarlo in varie indagini eseguite da vari attori del mercato finanziario. Secondo l’indagine della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo e del Centro Einaudi pubblicata a dicembre 2020, gli italiani si confermano un popolo di risparmiatori e, complice anche la pandemia, fanno registrare al momento della pubblicazione, una propensione al risparmio di 20 punti percentuali (l’anno precedente era 11,8 per cento), risparmi che consentono ad una famiglia su due di far fronte alle difficoltà finanziarie.

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Figura 18: Percentuale di risparmiatori e propensione al risparmio del campione intervistato da Intesa San Paolo (2020) Fonte: “Indagine sul Risparmio degli italiani” condotta da Intesa San Paolo e Centro Einaudi

A scendere è anche il livello delle aspettative pensionistiche e la pensione media attesa che si attesta intorno ai €1.182. Dall’indagine emerge anche una sostanziale stabilità della crescita dei fondi pensione fondi pensione (12,7% del campione intervistato ha sottoscritto qualche forma di piano previdenziale integrativo) e questo è un valore analogo a quello del 2011 (12,6%).72

Ciò che invece in Italia non presenta una situazione particolarmente rosea è il sistema pensionistico pubblico. Certamente, dopo la tanto bistrattata riforma Fornero del 2011, massacrata dall’opinione pubblica ma riconosciuta come meritevole ed efficace dagli addetti ai lavori, il sistema

pensionistico ha aumentato la propria sostenibilità dal punto di vista economico, allontanando così il rischio di un collasso (cosa plausibile nel 2011 all’apice della crisi finanziaria).

In particolare, nel nostro paese, ad essere un problema nel sistema pensionistico pubblico è l’entità della pensione che sarà percepita al momento del pensionamento. Tale importo, infatti, in un sistema a ripartizione a contribuzione definita risente dell’influenza di varie variabili. Primo fra tutti, ad influenzare l’importo della rata pensionistica, dobbiamo considerare il tasso di crescita del prodotto interno lordo (PIL): se infatti tale tasso è molto basso, in primo luogo, avremo una ricaduta negativa sulle contribuzioni attuali, in secondo luogo una diminuzione del tasso di crescita farà diminuire l’importo della pensione e quindi il rapporto di sostituzione. In questo modo il rischio di

72 Dati presi da “Indagine sul Risparmio degli italiani” condotta da Intesa San Paolo e Centro Einaudi, link per download disponibile in bibliografia.

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una decrescita dell’economia grava sulle spalle degli attuali assicurati.

Inoltre, un altro elemento da tenere in considerazione, soprattutto nel caso italiano, è la dinamica demografica: nel nostro Paese un’aspettativa di vita che aumenta continuamente, accompagnata da una tendenza delle nascite in discesa, fa diminuire il rapporto fra popolazione in età lavorativa (20- 64 anni) e popolazione in età pensionabile (>65 anni). Stando ai dati riguardanti la media dei Paesi OCSE tale rapporto è in continua diminuzione, passando da una popolazione attiva che nel 1950 era sette volte quella anziana, ad un rapporto pari a quattro intorno al 2010 ed è stimato che tale

rapporto scenderà ancora fino a due intorno al 2050. In questo modo, ci saranno sempre meno persone che pagheranno contributi diretti a finanziare la pensione di sempre più persone anziane. Allo stesso modo, l’importo della rata pensionistica risentirà della dinamica salariale. Infatti, una diminuzione del salario andrà a diminuire i contributi versati e con questi l’importo della rata pensionistica. Inoltre, un altro elemento, rilevante soprattutto per il nostro Paese, è l’incertezza derivante dal rischio politico: in un sistema a ripartizione i lavoratori pagano i contributi per finanziare le pensioni degli inattivi e lo fanno sulla mera promessa che, una volta che loro saranno anziani, i nuovi giovani faranno lo stesso. In un sistema che funziona in questo modo è facile capire l’importanza di uno Stato che si faccia garante di tale promessa, di tale contratto sui generis dove al tavolo delle trattative manca la futura generazione di giovani.

In questo modo, anche secondo il mio parere, si apre la strada per chi ha le facoltà economiche, per integrare la propria pensione pubblica con una contribuzione in fondi pensione. Così facendo si potrebbe risolverebbe il problema di una pensione inadeguata a mantenere un degno standard di vita e che è incerta nell’importo fino al momento della prima riscossione. Inoltre, si potrebbero risolvere i problemi di coloro che si dichiarano desiderosi di aumentare il proprio risparmio ma trovano vari ostacoli nel farlo, tra i quali: tendenza alla procrastinazione, scarsa educazione finanziaria e fiducia verso le istituzioni finanziarie, scarso sviluppo (rispetto agli altri paesi economicamente sviluppati) dei fondi pensione.

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che risparmiare diventerebbe un gioco da ragazzi, ma potremmo dare una possibilità ad uno strumento che ha una grande e dimostrata capacità di indurre i lavoratori a risparmiare una quota maggiore del proprio reddito. Sfruttando le inerzie e i bias cognitivi degli individui, inoltre, le persone vivrebbero con meno preoccupazione l’incertezza di una pensione bassa e probabilmente inadeguata.

5.3.1. Il caso ENPAP73:

Se in Italia non abbiamo implementazioni di Save More Tomorrow da analizzare abbiamo comunque un caso in cui è stata usata l’economia comportamentale per l’aumento dei tassi di risparmio. È questo il caso dell’Ente Nazionale di previdenza e Assistenza degli Psicologi, dove devono obbligatoriamente iscriversi e versare i contributi previdenziali tutti gli psicologi italiani che svolgono un’attività autonoma. ENPAP si basa sul già affrontato sistema contributivo a

capitalizzazione, quindi più contributi vengono versati e più aumenta la pensione futura che sarà percepita. Il problema che si poneva di fronte a tale ente era quello dell’adeguatezza delle pensioni: dopo una prima riforma che comportava la rivalutazione dei montanti degli iscritti con i risultati degli investimenti effettivamente realizzati, si è deciso di agire sulla quota di contribuzione. Ogni anno, a settembre, al momento della dichiarazione reddituale deve essere scelta la propria quota di contribuzione. Fino al 2017 in pochi psicologi sceglievano di contribuire per una quota maggiore di quella di default pari al 10 per cento e le uniche misure che venivano adottate per cercare di aumentare tale contribuzione erano eventi promozionali, campagne social e

comunicazioni. Ma è dal 2018 in poi che l’ENPAP ha deciso di utilizzare i nudge, favorendo scelte virtuose senza imporre obblighi di alcun tipo.

Per aumentare i contributi si è deciso semplicemente di cambiare la modalità con cui si sceglieva il proprio tasso di contribuzione. Fino al 2017 infatti, l’opzione di default preselezionata era quella del

73 L’intero paragrafo si basa sull’analisi e sui dati disponibili dall’ebook pubblicato da ENPAP a dicembre 2018, a cura di Torricelli F. D., Zanon F, intitolato “ENPAP migliora la previdenza con i NUDGE Report sull’incremento dei contributi

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10 per cento e per modificarla lo psicologo doveva scegliere una contribuzione maggiore da un menù a tenda, sostenendo un doppio costo psicologico, il primo era quello di dover cambiare l’opzione preselezionata e il secondo era quello di dover superare la propria avversione alle perdite andando a scegliere una percentuale maggiormente onerosa. Un’architettura delle scelte impostata in questo modo poche volte ha portato un individuo ad aumentare la propria contribuzione. Alla fine del 2017 è stato introdotto un nudge preliminare per preparare il campo alla nuova procedura di selezione del tasso di contribuzione. È stato introdotto un simulatore che, con un’interfaccia simile ad un gioco, permetteva di selezionare la rata di pensione che si voleva ricevere in futuro restituendo a video quanto era opportuno versare, oppure selezionando la propria contribuzione desiderata restituiva la rata pensionistica a cui si aveva diritto in futuro.

Nel 2018 tutto era pronto per l’implementazione dei nudge, ed infatti è stata introdotta la nuova procedura. Per prima cosa si presenta a video un selettore a scelta multipla con la percentuale preselezionata di default pari al 20 per cento e una scritta che invita a selezionare la propria percentuale di contribuzione sul reddito netto che si intende versare. Nel caso in cui venisse selezionata una percentuale inferiore a quella del 20 per cento appare un banner che avverte lo psicologo del fatto che con una contribuzione inferiore otterrà una pensione altrettanto inferiore. Inoltre, veniva indicata con la scritta “guadagno fiscale stimato” la cifra minima di risparmio sull’IRPEF sulla base del proprio reddito dichiarato e della percentuale selezionata.

Con un’architettura delle scelte così impostata l’utente aveva una sorta di esperienza di gaming, che gli permettesse di giocare con le varie possibilità ottenendo vari risultati.

I risultati ottenuti possono dirsi molto soddisfacenti, con un aumento dei contributi volontari aggiuntivi. Infatti, se nel 2017 solamente l’1,79 per cento degli iscritti versava contributi maggiori della quota del 10 per cento, nel 2018 tale numero si è più che decuplicato con il 14,26 per cento degli iscritti che versava più del 10 per cento. Se già questo è un risultato stupefacente, togliendo i redditi troppo bassi e quelli troppo alti vediamo che nella fascia di reddito compresa fra 5.500€ e

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100.499€ la percentuale di coloro che contribuisce in misura superiore al 10 per cento diventa pari ad un quinto degli iscritti (20 per cento).

La raccolta di contributi è aumentata grazie ai nudge di 10 milioni di euro su una raccolta totale di quasi 100 milioni di euro.

Sapendo poi che il contributo medio obbligatorio era pari a circa 1700 euro, vediamo che in media sono stati versati contributi aggiuntivi pari a 1300 euro, per una contribuzione media di 3000 euro. Inoltre, tali misure di nudging hanno colpito gli iscritti in maniera trasversale, senza grosse

distinzioni di età, reddito, genere, regione di residenza o di montante contributivo.

Osservando i dati della tabella 7 e sapendo che gli iscritti totali sono 7710 possiamo vedere che la maggior parte dei contribuenti ha optato per l’aliquota di contribuzione massima.