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Parte II I risultati dell’indagine empirica

Capitolo 5 –L’analisi delle interviste

5.1 Il punto di partenza: la cultura politica del paese di origine

5.1.2 La controversa costruzione della democrazia peruviana

Se fino a pochi anni fa il paese andino rivestiva un ruolo marginale nel contesto sudamericano, oggi la tendenza si sta invertendo in seguito ai progressi che si stanno riscontrando in campo politico ed economico. Il Perù sta attraversando una fase di benessere economico, riscontrabile nella crescita vertiginosa del PIL negli ultimi anni. Persino nel 2009, nonostante la recessione globale, c’è stato un aumento superiore all’1%, mentre il 2010 si è chiuso con un +8,7%. Le motivazioni di questo rapido e stabile sviluppo risiedono essenzialmente nello sfruttamento delle materie

prime, che hanno incentivato l’export e attivato un flusso ingente di investimenti diretti dall’estero (Tentori 1999). I cambiamenti che si sono verificati negli ultimi venti anni fanno del Perù un paese con notevoli potenzialità di sviluppo. La significativa crescita dell’attività produttiva e del benessere sociale sembrano essere connessi al miglioramento dal punto di vista della stabilità istituzionale e della partecipazione democratica.

Da un punto di vista politico, il 2006 è stato fondamentale per alcuni paesi dell’America Latina come il Perù, la Bolivia, il Messico e l’Ecuador in cui si è votato per le elezioni presidenziali e parlamentari. Prima di queste, nel marzo del 2006 gli indicatori di soddisfazione e di appoggio alla democrazia peruviana erano i più bassi della regione. I dati del Latino-barometro mostravano che il 70,5% dei peruviani sosteneva di essere in un sistema politico democratico, ma che funzionava male, il 24,4% dichiara di non vivere in un paese democratico e solo il 5,5% che in Perù esiste la democrazia ed è efficiente (PNUD 2006). Qualche mese dopo le elezioni, i livelli di soddisfazione dei cittadini peruviani sono quasi raddoppiati, passando dal 13% al 23%, tuttavia la fiducia nei confronti del governo è stata segnalata solo dal 37% della popolazione. Se si analizzano i tassi di partecipazione effettiva alle elezioni, ovvero l’88,7%, i risultati precedenti appaiono paradossali, tuttavia l’alta partecipazione è giustificata dal fatto che in Perù il voto è obbligatorio dai diciotto anni fino ai settanta. Coloro che non partecipano alle elezioni incorrono in una sanzione pecuniaria stabilita sulla base del reddito (Romero 2007).

La sfiducia nei confronti delle istituzioni e la scarsa consapevolezza democratica sono conseguenze imprescindibili della politica degli ultimi decenni. La guerra interna degli anni Novanta, con gli attacchi terroristici del Sendero Luminoso e del Movimiento Revolucionario Tupac Amaru, congiuntamente alla crisi economica che ha investito il paese sono elementi che hanno in un certo senso aperto la strada alla costituzione di un governo autoritario, differente rispetto alle tradizionali dittature militari che sono nate nell’America Latina. Il Governo Fujimori non ha cercato di costruire un apparato politico organico, se non mediante la frammentazione delle solidarietà politiche. Il disegno politico di Fujimori era indirizzato ad assicurarsi una base elettorale senza il costo e i rischi associati al funzionamento di un partito politico, che ha avuto come esito la sparizione dei partiti e dei sindacati dall’arena politica peruviana per quasi dieci anni.

cultura politica peruviana negli anni Novanta ha messo in evidenza che in quel periodo la politica era caratterizzata da una separazione fra il sistema politico e l’espressione degli orientamenti tramite il sistema elettorale; il cittadino non si sentiva rappresentato dai partiti, bensì dai sindacati e dai movimenti. Inoltre, nell’orientare il voto giocavano un ruolo di maggiore influenza il sistema di comunicazione personale tra gli individui piuttosto che i mass media (Monzón Arribas, Roiz Célix e Fernández Antón 1997). L’analisi sull’atteggiamento politico dei cittadini peruviani nei confronti del sistema politico ha evidenziato la scarsa fiducia nel sistema partitico che appare subordinato alla presidenza della Repubblica, ai militari e agli imprenditori. Pur riconoscendone un ruolo fondamentale nella democrazia, i partiti non sono considerati come portatori di elementi positivi al buon funzionamento delle istituzioni.

L’assenza di questi attori collettivi fondamentali per il funzionamento degli apparati politici si riflette tutt’oggi sulla fragilità strutturale e la scarsa incisività che li caratterizza. Durante il Governo Fujimori furono introdotte in Perù, come in altri paesi in via di sviluppo, le cosiddette politiche pubbliche demand driven. Il passaggio da politiche pubbliche di stampo universale a iniziative basate sulla differenziazione delle domande provenienti dai diversi settori della società ha avuto delle conseguenze evidenti nelle forme di partecipazione civica e politica della popolazione peruviana. Le istituzioni locali intervengono nella relazione tra cittadini e Stato centrale e nascono delle forme di identità locali basate sul genere, sull’etnia in merito a temi di carattere locale. Questa condizione è in contrasto con quello che accadeva negli anni Ottanta quando i temi che spingevano i cittadini a mobilitarsi erano di carattere nazionale. Vi è una riscoperta della dimensione locale, così come avviene nei paesi europei. Al termine del Governo autoritario di Fujimori, lo scenario politico e sociale è caratterizzato da una riforma delle amministrazioni locali, che assumono un ruolo politico più forte rispetto a prima, una diffusione di nuove forme identitarie di stampo locale e un orientamento delle politiche pubbliche alla differenziazione (Huber, Hernandez Asensio e Zuniga 2011). L’emigrazione del Perù ha avuto inizio dai primi anni del XX secolo, caratterizzata da una connotazione sia politica, sia economica. Inizialmente, la migrazione era soprattutto interna, in cui gli uomini lasciavano le proprie famiglie per lavorare presso le miniere, i latifondi e le grandi città. Solo in seguito, si sono registrati spostamenti verso i paesi confinanti e gli Stati Uniti. La forte crisi economica e politica degli anni Ottanta, le politiche

restrittive adottate dagli Stati Uniti sugli ingressi regolari, la fine del boom del petrolio in Venezuela: sono tutti fattori che hanno spinto le migrazioni verso altri continenti, in particolare, verso l’Europa mediterranea. La principale meta di destinazione dei flussi è stata la Spagna, per i legami derivati dalla lingua e dalla storia coloniale, per poi indirizzarsi verso l’Italia, con una migrazione caratterizzata da una significativa femminilizzazione. Con la sedentarizzazione dei progetti migratori femminili e i conseguenti ricongiungimenti familiari, si è consolidato il modello di migrazione a catena che tuttora rappresenta uno dei maggiori canali di impulso e di connotazione dell’emigrazione peruviana. Infatti, la società peruviana è fondata sul concetto di famiglia e la struttura sociale è sostenuta dai legami di reciprocità, che tendono poi a ricrearsi nelle società di accoglienza attraverso la creazione di associazioni (Caritas-Migrantes 2011).

5.2 La prima socializzazione politica e le forme di attivismo nel paese di

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