Parte II I risultati dell’indagine empirica
Capitolo 5 –L’analisi delle interviste
5.3 La prima fase del progetto migratorio: vincoli/opportunità di inserimento nel contesto locale
La fase iniziale del progetto migratorio incide sul processo di inclusione socio-politica nel territorio. I principali attori che giocano un ruolo chiave nel momento dell’arrivo si riferiscono a tre dimensioni sociologiche: micro, macro e meso. Le modalità in cui entrano in relazione tra loro comportano una struttura differenziata del progetto migratorio. La dimensione micro è composta dall’individuo, dalla sua cultura e dal tipo di cittadinanza di cui è in possesso. La società di accoglienza, che racchiude le norme e i meccanismi di inclusione/esclusione nei confronti dei non nazionali rientra nella dimensione macro della migrazione. Tuttavia, vi è un ulteriore elemento, meso-sociologico, che può favorire o ostacolare l’integrazione nel tessuto sociale, politico ed economico della società di accoglienza, ovvero l’eventuale presenza di una rete relazionale. Il possesso di una rete relazionale forte (Granovetter 1998) di tipo etnico può, infatti, incidere sulla capacità dell’individuo di integrarsi nel nuovo contesto. Il capitale sociale di cui si dispone nella fase iniziale della progettazione della migrazione, i racconti e le esperienze dei propri connazionali già emigrati in un luogo possono influenzare l’azione e concorrere nell’orientare la scelta del luogo. Le ricerche sulle migrazioni mettono in evidenza che fra le principali motivazioni alla mobilità, vi è la
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Entrambe le motivazioni, lavoro e famiglia, emerse dalle interviste ai cittadini tedeschi trovano corrispondenza con i dati rilevati da una nota ricerca sugli europei mobili (Santacreu, Baldoni, Albert 2009).
speranza di migliorare la propria condizione, dunque non vi è una preferenza specifica del luogo in cui raggiungere questo obiettivo. La consapevolezza che, almeno nella fase iniziale del progetto migratorio, si può contare sull’aiuto di partecipanti alla propria rete relazionale è senza dubbio un fattore incentivante in grado di orientare la scelta di quel paese e di quel contesto locale. Successivamente, nella fase di stabilizzazione, la propria rete di connazionali può supportare sia nell’acquisire conoscenze relative al contesto socio-normativo del luogo in cui si è emigrati sia nella ricerca di un settore lavorativo in cui indirizzare la propria ricerca di un impiego. Il capitale sociale etnico può dunque svolgere un ruolo significativo di aiuto e sostegno e favorire la realizzazione di un percorso migratorio di successo.
Secondo Ambrosini (2001), i fattori che spiegano la diversa efficacia delle reti etniche sono individuabili, innanzitutto, nella numerosità dei partecipanti. Gruppi troppo estesi o troppo ridotti rendono più difficile la realizzazione di reti etniche efficaci. Influisce anche il momento storico in cui si affronta la mobilità e la composizione socio-professionale degli altri appartenenti alla rete sociale. Le ricerche su questo aspetto, mostrano che i gruppi dotati di una minore istruzione incontrano delle difficoltà oggettive nella costruzione di reti in grado di sponsorizzare i propri connazionali. Il possesso di un capitale sociale etnico caratterizzato da legami più o meno forti può portare a due esiti diversi dal punto di vista politico: disincentivare l’attivazione nella società di accoglienza o favorire un tipo di attivismo di tipo etnico e collettivo, rivolto alla propria comunità di connazionali.
I cittadini peruviani sono la comunità, fra quelle considerate, che mostra una maggiore tendenza alla creazione di un capitale sociale etnico (Caritas-Migrantes 2011). Fra gli intervistati, tutti i residenti di Alicante sono emigrati per la possibilità di un posto di lavoro, grazie alla presenza di un parente residente già da tempo in grado di sostenerli nella fase di inserimento nel tessuto economico, e l’attitudine a frequentare connazionali. Sebbene gli intervistati a Firenze abbiano dichiarato di avere delle conoscenze internazionali, è nota la tendenza anche in questo territorio a creare occasioni di incontro a livello di comunità. Contrariamente a quanto si possa pensare, nessuno ha segnalato grosse problematicità di inserimento nel mercato del lavoro, anche se si sono ritrovati a svolgere delle mansioni inferiori rispetto alle proprie credenziali educative.
Diametralmente opposta la configurazione dei progetti migratori della collettività comunitaria. I tedeschi mostrano una spiccata tendenza a strutturare dei progetti migratorio singoli e con scarsa attitudine a ricreare dei collettivi di connazionali. Solo una cittadina tedesca di Alicante dichiara di aver fondato un’associazione ispanico-tedesca per far conoscere la propria cultura agli abitanti della società di accoglienza. Non sono molti coloro che frequentano altri connazionali nel nuovo paese, ma tendono a crearsi un capitale sociale internazionale, soprattutto composto da autoctoni. I cittadini tedeschi residenti a Firenze ed Alicante non hanno avuto grosse difficoltà di inserimento nel contesto sociale ed economico, al pari dei cittadini peruviani. Solo una cittadina tedesca residente a Firenze e una ad Alicante hanno avuto alcune problematiche in merito al permesso di lavoro e di soggiorno, entrambe arrivate nel 1981.
Io ero cosciente di essere in Europa però diritti all’epoca non ce li avevamo avevo il permesso di soggiorno annuale (…). È stato una tragedia ho pianto tutte le volte in questura mi hanno trattato malissimo e lavoravo già all’università è stato un incubo non lo farei mai più piuttosto tornerei in Germania. Avevamo pochi diritti come oggi quelli che vengono dalla Nigeria. Non c’era neanche il voto. Avevamo contratti precari di 11 mesi bisognava aspettare per sapere se veniva rinnovato bisognava aspettare fino a dopo Natale, come oggi insomma. In Germania il posto fisso è stato abolito da tempo. Io mi son laureata con la coscienza di essere nel mercato del lavoro in modo molto flessibile [cittadina tedesca residente a Firenze].
Differente la condizione iniziale dei cittadini romeni, che evidenziano maggiori difficoltà nell’accesso al mercato del lavoro. La principale problematicità riguarda il riconoscimento del titolo di studio. Coloro che non hanno avuto particolari difficoltà sono i cittadini entrati nel mondo universitario, anche se, nel caso di una cittadina residente ad Alicante, nella fase iniziale di inserimento nel tessuto economico, ha lavorato a nero come insegnante di romeno. Sette su dieci sono arrivati nel paese di accoglienza avendo dei contatti nel territorio, soprattutto provenienti dalla cerchia amicale più che familiare. Tre intervistati su cinque di Firenze hanno intrapreso la mobilità singolarmente alla ricerca di un lavoro per essere poi raggiunti dalla famiglia, gli altri due avevano un familiare precedentemente emigrato a Firenze. Nel caso dei residenti alicantini, tre sono emigrati singolarmente, due dei quali si sono poi sposati con un autoctono.
Dunque, appare evidente la distanza esistente tra i tre diversi collettivi considerati per quanto riguarda la prima socializzazione politica, il capitale sociale, le motivazioni alla base dell’emigrazione e la fase iniziale del progetto migratorio. Se da un lato i cittadini tedeschi tendono a integrarsi in modo significativo nel tessuto socio economico di accoglienza, per i cittadini peruviani e romeni vi sono maggiori difficoltà inziali per l’accesso al mercato del lavoro ed una maggiore tendenza a tenere relazioni con i propri connazionali. I diversi elementi analizzati influenzano inevitabilmente il tipo di attivazione politica delle tre comunità.
5.4 Socializzarsi a un nuovo sistema politico: l’attivazione nel paese di