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CAPITOLO IV: EDUCAZIONE E DIRITTI

4.2 Educatore: promotore della Convenzione

4.2.1 La figura dell’educatore

L’educatore è “un operatore che, in base a una specifica formazione professionale di carattere teorico e tecnico-pratico e nell’ambito di servizi socio educativi ed educativo-culturali extra-scolastici, residenziali o aperti, svolge la propria attività nei riguardi di persone di diverse età, mediante la formulazione e l’attuazione di progetti educativi caratterizzati da intenzionalità e continuità, volti a promuovere e contribuire al pieno sviluppo delle potenzialità di crescita personale e di inserimento e partecipazione sociale, agendo, per il perseguimento di tali obiettivi, sulla relazione interpersonale, sulle dinamiche di gruppo, sul sistema familiare, sul contesto ambientale e sull’organizzazione dei servizi in campo educativo”191.

Per il perseguimento di tali obiettivi, il lavoro educativo si differenzia per una varietà e diversità d’interventi che dipendono da numerosi fattori rilevabili dalla tipologia del problema e dalla relazione educativa che si instaura tra l’educatore e la persona a cui è indirizzato il suo lavoro.

190 GARDELLA ONORINA, L’educatore professionale. Finalità, metodologia, deontologia, Milano, FrancoAngeli, 2007, pp. 25 e ss.

191 Definizione data dall'Associazione Nazionale Educatori consultata nel sito www.anep.it il 15/05/2010.

Le azioni sono rivolte ai singoli, alle famiglie, ai gruppi, al contesto ambientale e territoriale, nell'ambito delle istituzioni e dei servizi sociali, sanitari ed educativi, e solitamente sono indirizzate a persone che nella grande maggioranza dei casi sono in difficoltà, persone a rischio o in situazione di disagio: minori in stato di abbandono, di incuria o di abuso, minori a rischio di devianza, minori e adulti disabili di diversa gravità, tossicodipendenti, malati psichiatrici, stranieri con difficoltà di integrazione, mamme che richiedono aiuto, carcerati…., ma anche a soggetti in condizioni di normale benessere fisico, sociale, psichico che hanno bisogno di socializzazione, svago, gioco, di un servizio più elastico di quello scolastico o solamente di un supporto durante situazioni particolari di vita (gravidanza, malattia, anzianità)192. In tutti gli interventi appena citati, in cui viene instaurato un progetto educativo, l’educatore deve conoscere e far conoscere i diritti che tali situazioni o provvedimenti includono; per cui anche la promozione della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza può essere un intervento attuato dall’educatore per

“contribuire al pieno sviluppo delle potenzialità di crescita personale e di inserimento e partecipazione sociale”.

Nonostante questa differenziazione interna ai vari interventi vi sono due elementi che distinguono la professione di educatore: la finalità e la metodologia193.

La finalità che l’educatore persegue nel suo agire è il cambiamento intenzionale da parte dell’educatore stesso, ma anche da parte del soggetto.

Tra i due soggetti coinvolti nella relazione educativa deve esserci un

“contratto educativo” per sottolineare la corresponsabilità al proprio cambiamento. Il lavoro educativo per il cambiamento è sempre una relazione, composta da due persone diverse da loro che nella loro unicità si confrontano e si scontrano per giungere ad un punto di equilibrio in cui ogni

192 GARDELLA ONORINA, op., p. 32 e ss.

193 Ibidem.

componente della relazione dà e riceve qualcosa dall’altro. “Aprire la strada al cambiamento significa allora in quest’ottica accogliere la storia, essere il luogo dove temporaneamente l’altro deposita la sua storia, diventare testimone attivo che custodisce e conserva la memoria. Così si apre la possibilità di riprendere in mano, rileggere e ricostruire un percorso interpretativo di sé”194.

L’educatore deve conciliare l’azione di aiuto con il principio educativo della promozione dell’autonomia dell’altro, accompagnandolo nella costruzione di un proprio percorso di vita, attraverso il reciproco rispetto, ascolto e interesse. Esso è colui che è chiamato a camminare a fianco delle persone (educazione dall’etimo e-ducere significa “condurre fuori”), per aiutarle e guidarle a essere pienamente titolari delle loro vite.

Un esperto della relazione dunque, ma anche un professionista che agisce nella quotidianità e che deve sapere innescare un processo di elaborazione autonoma, autoriflessiva della propria e altrui storia, per trovare il giusto equilibrio nella relazione e agire senza condizionamenti nel perseguire il benessere del soggetto cui è rivolta la sua attenzione195.

Talvolta il cambiamento è fonte di ansia, “portatore di un dislivello, di uno scarto tra il prima e il dopo, tra un lasciarsi alle spalle e guardare avanti, tra una fine e un inizio, tra una perdita e una conquista, tra un abbandono e un incontro”196. Pertanto l’educatore deve conoscere i propri e altrui timori e paure, attuando degli interventi finalizzati al reciproco cambiamento, e tali azioni non sono sequenze lineari di attività costituite da unità separate, ma operazioni complesse e strettamente collegate tra loro come una “ragnatela”

dove la competenza riflessiva non è composta solamente da conoscenze tecniche o teoriche ma assume la forma indefinita di una “conversazione

194 Ibidem, cit. p. 35.

195 STEFANOVICHJ SONIA, L’educatore professionale, una risorsa e una sfida, in Viaggio attraverso i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (a cura di) MAZZUCCHELLI FRANCESCA),Milano, FrancoAngeli, 2006, pp. 205-212.

196DEMETRIO DUCCIO, Educatori di professione. Pedagogia e didattiche del cambiamento nei servizi extrascolastici, Firenze, La Nuova, 1990, cit. p. 60.

con la situazione” che richiede una costante ridefinizione dell’agire197. Pertanto l’educatore nel corso dell’azione deve riflettere e integrare al suo sapere e alle sue esperienze l’altro, come persona diversa ma ugualmente titolare di caratteristiche esclusive. “La riflessione nel corso dell’azione […]

non è un evento raro. In verità, per qualunque professionista riflessivo, essa costituisce il fulcro della pratica. […] Molti professionisti, chiusi nell’idea di essere degli esperti tecnici, non trovano alcunché nel contesto della pratica che sia occasione di riflessione, sono diventati troppo esperti di tecniche di disattenzione selettiva, scarto di categorie e controllo delle situazioni; tecniche che essi usano per preservare la stabilità delle loro conoscenze nel corso della pratica”198.

L’altro elemento che caratterizza il lavoro educativo, oltre la finalità, è la metodologia. I metodi e gli strumenti che l’educatore ha a disposizione variano di volta in volta, in base alla situazione, alla relazione instaurata e agli obiettivi fissati. Lo strumento principale in possesso dall’educatore è la relazione educativa (già nominata come finalità al cambiamento). Tale relazione esprime un incontro di esperienze di vita che legano l’educatore e i soggetti che si trovano in momenti particolari di crescita, ma anche in condizioni di criticità, marginalità, esclusione o malattia. In questo incontro si instaura un “patto” in cui entrambi i soggetti si impegnano a rispettare delle regole e dei principi per raggiungere gli scopi del progetto educativo e per sviluppare al pieno le potenzialità di crescita personale.

La relazione educativa è costituita da vari elementi, i principali sono l’ascolto, il rispetto reciproco, la fiducia, l’autorevolezza e mai l’assolutizzazione della relazione. Per cui tali qualità richiedono un’esperienza e una preparazione teorica e pratica, ma soprattutto l’educatore deve riflettere sul suo e altrui agire. La relazione educativa può

197 DE MENNATO PATRIZIA, op. p. 14.

198 SCHÖN DONALD A., Il professionista riflessivo: per una nuova epistemologia della pratica professionale, Bari, Dedalo, 1993, pp.76 e ss.

diventare pericolosa ogni qualvolta l’equilibrio costruttivo viene oltrepassato, o il confine tra l’educatore e l’altro viene valicato. Per cui il rispetto dell’individualità dell’altro, malgrado l’intensità del rapporto e il legame di dipendenza, è la regola entro la quale si definisce la relazione educativa e si organizza la sua metodologia. Se la relazione è stata efficace e l’educatore sarà stato in grado a far rispettare i limiti, anzitutto dei confini personali, il legame avrà raggiunto il giusto equilibrio e l’educatore sarà pronto a farsi da parte quando il soggetto avrà recuperato la sua autonomia.

Un’altra metodologia usata dall’educatore nell’intervento è la continuità dello stesso. Le regole e la continuità costituiscono le basi per la costruzione di un ambiente educativo. Le regole organizzano il contesto fisico, mentre le attività attribuiscono i limiti entro cui devono svolgersi le relazioni educative affinché non diventino pericolose. La continuità, invece, si riferisce alla storia del soggetto, alla sua evoluzione nel tempo. Il progetto educativo pertanto deve tenere in considerazione ciò che il soggetto era prima, durante e dopo l’intervento e perseguire la progressiva acquisizione di autonomia. Inoltre, la stessa formazione dell’educatore deve rispettare il principio di continuità, cioè il lavoro dell’educatore non si esaurisce con il raggiungimento delle mete stabilite nel singolo intervento ma è indispensabile una solida base di formazione ed una continua e permanente attività formativa ed auto formativa. La stessa formazione dell’educatore non può essere conclusa dopo aver conseguito la laurea, in quanto ciò che l’università fornisce è un bagaglio di principi teorici, ma è solo l’esperienza e la riflessione su essa a costruire un sapere educativo.

Il lavoro di rete è un’altro strumento dell’educatore. “La relazione tra persone diverse, così come tra culture diverse comporta la rinuncia, dunque, a una pretesa di universalità per proporre a ogni individuo, a ogni cultura, la via del pluralismo”199. L’intervento educativo, quindi, deve saper valorizzare

199 DE MENNATO PATRIZIA, op. cit. p. 24.

e sostenere le diverse relazioni formali e informali che ogni persona ha.

Ogni individualità contribuisce a costruire la pluralità, per cui il lavoro dell’educatore deve prendere in considerazione non solo il soggetto a cui è rivolto l’intervento, ma anche le relazioni e le persone che lo circondano. E allo stesso modo la professionalità dell’intervento dipende da una pluralità di figure professionali che contribuiscono attraverso un confronto genuino alla crescita personale e professionale dell’educatore, confrontarsi con i colleghi è un mezzo per valutare e supervisionare la propria professionalità.

Il lavoro educativo svolto in équipe permette la supervisione e il confronto tra i diversi stili educativi e garantisce un equilibrio nell’azione educativa. È importante riconoscere che l’educatore da solo non è onnipotente, ma solo attraverso la collaborazione con i colleghi, la famiglia e la comunità può perseguire il pieno sviluppo delle potenzialità di crescita del soggetto e la sua partecipazione nella società.