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41 Ratificata in Italia con la legge 20/03/2003 n. 77.

42 La prima riunione del Forum si è tenuta a Berlino il 4 giugno 2007, in cui è stato approvato un documento in cui ogni singolo Stato si impegna per promuovere l’impegno dell’Unione Europea nei confronti dell’infanzia. MORO ALFREDO CARLO, op. 2008.

La Comunità internazionale ha riconosciuto che il bambino ha dei diritti ma non ha mai specificato la loro natura. Tuttora il dibattito tra gli studiosi, in ambito sia sociologico sia giuridico, in merito all’approccio più idoneo da utilizzare per esaminare il tema dei minori è ancora aperto, infatti, tali diritti, sono variamente intesi proprio a seconda che l’accento sia posto sull’esigenza di protezione o su quella di autonomia del minore stesso.

La rappresentazione dell’infanzia all’interno della società esercita una rilevante e inevitabile influenza sulla concezione dei diritti dei minori. “Se s’intende il bambino come essere in formazione, incompetente, e in procinto di raggiungere l’età adulta, intesa come unica età caratterizzata dalla razionalità e dalla competenza, i diritti dei minori saranno intesi essenzialmente come doveri che gli adulti hanno di proteggere i soggetti di minore età e di provvedere ai loro bisogni fondamentali. Se al contrario, si pensa ai bambini come attori sociali a tutti gli effetti, e come soggetti di diritto, pur nella loro specificità, si pensa ai diritti dei minori, oltre che in termini di protezione e di soddisfacimento dei loro bisogni, anche in termini di diritti di libertà, intesa come partecipazione e come autonomia.”43

Esistono tre visioni fondamentali in merito alla natura dei diritti del minore:

da un lato, i sostenitori del protezionismo, dall’altro la corrente liberazionista e nel mezzo l’orientamento della partecipazione. Secondo i primi, i diritti dei minori rappresentano degli interessi da tutelare mediante norme giuridiche;, mentre per i liberazionisti essi devono intendersi come

“poteri normativi di determinare gli obblighi di altri soggetti attraverso l’esercizio della volontà del titolare del diritto.”44

1.3.1 I protezionisti

43 BOSISIO ROBERTA, Il percorso dell’infanzia nel mondo dei diritti. p. 32 in Viaggio attraverso i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a cura di MAZZUCCHELLI FRANCESCA, Milano, Franco Angeli, 2006.

44 RONFANI PAOLA (a cura di), Diritti e conflitti nella società transnazionale, Milano, Franco Angeli, 2001, p. 44

I protezionisti sostengono che l’autorità a decidere per il bambino è attribuita agli adulti che svolgono un ruolo di cura nei confronti di esso, come genitori, insegnanti, istituzioni, in quanto ritengono che il bambino per la sua innata debolezza, immaturità fisica e intellettuale, non sia competente a prendere decisioni razionali e autonome e quindi necessita di un particolare sostegno, di una protezione sociale da parte degli adulti affinché si compia il suo processo di crescita. La concezione dell’infanzia sottostante a questo modello è quella tradizionale di un’età di transizione dalla condizione di incapacità e incompetenza alla condizione di autonomia e maturità che ne sancirà l’ingresso a pieno titolo nella società.45 È in quest’ottica che le Dichiarazioni sui diritti dell’infanzia del 1924 e del 1959 pongono l’accento sui doveri degli adulti, che hanno il compito di soddisfare i bisogni dei minori, educandoli e socializzandoli in base alle finalità espresse nel documento.

Un sostenitore di quest’orientamento è Onora O’Neill, secondo la quale il concetto di diritti dei minori è molto complesso e problematico, poiché contiene una contraddizione intrinseca. Tale proposito trova formulazione nelle prime righe del suo saggio Children’s Rights, Children’s Lives46: “Se affrontiamo le questioni etiche che concernono la vita dei bambini assumendo la prospettiva dei diritti come qualcosa di fondamentale, l’immagine che ne ricaviamo è parziale e indiretta”47.

O’Neill sostiene che il minore si trovi in una condizione di dipendenza non causata ma naturale e intrinsecamente dovuta alla sua stessa condizione di soggetto in evoluzione, in quanto immaturo e irrazionale non ha la possibilità di rivendicare la sua autonomia e superare la condizione di dipendenza dagli adulti. Contrariamente a quanto è accaduto nel caso di altri

45 Ibidem.

46 O’NEILL ONORA, Children’s Right and Children’s Lives, in “Ethics”, n. 98, 1988, pp.

445-463.

47 Ibidem.

gruppi sociali oppressi in cui tale dipendenza era causata dalla società e pertanto il riconoscimento di diritti specifici a questi, soggetti adulti e razionali, gli ha consentito di potersi liberare dalla condizione di oppressione in cui si trovavano.

O’Neill e Michael King affermano: “l’infanzia è uno stadio della vita da cui i bambini escono e proprio quelli che hanno potere su di loro li aiutano e li stimolano ad uscirne. Chi ha potere sulla vita del bambino di solito è interessato a porre fine alla dipendenza infantile. Gli oppressori di solito hanno un interesse a mantenere l’oppressione di altri gruppi sociali”48.

È in quest’ottica che i diritti dei minori sarebbero da interpretare come interessi, da proteggere e da difendere, il cui esercizio spetta agli adulti, nella veste di fiduciari, ai quali è affidato il compito educativo.

Al pensiero e alla posizione di questi ultimi protezionisti si associa anche la sociologa Iréne Théry, che mette in guardia dai pericoli insiti nel parlare dell’infanzia in termini di diritti, in quanto si rischia di occultare l’infanzia come “fenomeno sociale che comprende dimensioni politiche, economiche e culturali”, per sostituirla con “una rappresentazione mitica del confronto tra dominati (bambini) e dominatori (gli adulti)”49.

Théry parla di una nuova ideologia dei diritti dei bambini nata intorno alla Convenzione dei Diritti del Fanciullo del 1989 dando origine a suo avviso a scopi di carattere puramente demagogico e rischi di manipolazione connessi all’attribuzione al minore della responsabilità della propria protezione. Alla base di questa critica si colloca il problema dell’incapacità di agire del minore, che farebbe sì che i diritti dei minori in realtà siano “pseudo diritti”:

“parole vuote, forse molto piacevoli per orecchie adulte”.50 Théry inoltre

48 KING MICHAEL, I diritti dei bambini in un mondo incerto, Roma, Donzelli, 2004, pp.

64 e ss.

49 THÉRY IRÉNE, La Convenzione ONU sui diritti del bambino. Nascita di una nuova ideologia, a cura di Ministero dell’interno, Direzione generale dei servizi civili, Politiche sociali per l’infanzia e l’adolescenza, Milano, Unicopli, 1991.

50 Ibidem, p. 97.

sottolinea che la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989 non risolve il problema dell’incapacità giuridica del minore, rendendo vano il riconoscimento dei diritti in essa previsti. Di conseguenza, il principio del superiore interesse del fanciullo, introdotto dalla Convenzione, è semplicemente uno spostamento della responsabilità della tutela del minore dalla famiglia allo Stato, realizzando il passaggio dal paternalismo familiare a quello statale. Inoltre, la scarsa valenza pedagogica dell’approccio liberazionista, comporta il riconoscimento al minore di una serie di diritti cui non si accompagnano dei corrispettivi doveri, impedendo al minore di essere educato ad assumersi in prima persona le proprie responsabilità51. 1.3.2 I liberazionisti

I liberazionisti vedono il bambino come interprete competente del mondo e della realtà in cui vive, attribuendogli la piena titolarità di diritti e la conseguente piena capacità di avanzare delle rivendicazioni e di compiere delle scelte in autonomia.

Negli anni Settanta negli Stati Uniti si sviluppò il movimento liberazionista, facendo proprie alcune teorie emerse già negli anni Venti in campo sociologico e pedagogico, nelle quali si sosteneva che il bambino non doveva essere visto come soggetto in crescita, ma come individuo completo, indipendente e separato dall’adulto poiché da lui differente, ma non inferiore, denunciando la discriminazione dei minori realizzata in nome della loro presunta incapacità e irrazionalità che ne giustificherebbe l’emarginazione dalla società e la subordinazione agli adulti, possessori del potere52.

I liberazionisti sono legati a una peculiare concezione del minore rappresentato come soggetto discriminato all’interno di una relazione di potere generatrice di diseguaglianza e di subordinazione, in cui sono gli

51 Ibidem, p. 90.

52 RONFANI PAOLA, op., p. 49.

adulti, i detentori del potere, quelli che stabiliscono restrizioni sociali, politiche, familiari, gravanti sui soggetti minorenni. Inoltre i liberazionisti ritengono che, così com’è stato possibile superare la discriminazione razziale delle donne attraverso i movimenti di emancipazione, la battaglia per l’effettivo riconoscimento dei diritti dei minori dovrebbe partire dall’organizzazione di movimenti di liberazione,53 respingendo l’idea della incapacità di agire come strumento di speciale tutela predisposto dagli ordinamenti giuridici a favori dei c.d. soggetti deboli e quindi rivendicare l’estensione ai bambini e agli adolescenti degli stessi diritti riconosciuti agli adulti. Soprattutto insistono sui diritti politici in quanto strumenti per modificare la loro situazione di soggetti oppressi.

Tuttavia, come afferma Freeman Michael, sostenitore del liberazionismo, riconoscere al bambino la titolarità di diritti propri, e perciò non implica la negazione della sua vulnerabilità, lasciando comunque agli adulti il diritto-dovere di valutare i progetti e le decisioni elaborate da questi54. In modo particolare, Freeman è sostenitore di una forma di paternalismo di tipo non tradizionale in cui il minore è titolare di diritti propri, mentre all’adulto è riconosciuto il ruolo di guida, che impone delle restrizioni all’esercizio di tali diritti con l’obiettivo di permettere al minore di sviluppare le proprie capacità. Ribadisce che l’assunto della dipendenza e l’immaturità dei fanciulli sono dei costrutti artificiali in quanto egli sostiene che: “se la competenza anziché l’età costituisse il requisito per l’attribuzione dei diritti, sicuramente potremmo attribuire il diritto di voto a molti quattordicenni e toglierlo, senza pentimenti, a una larga fascia della popolazione adulta”55.

53 FANLO CORTÉS ISABEL, Bambini e diritti :una relazione problematica, Torino, G.

Giappichelli Editore, 2008.

54FREEMAN MICHAEL, Taking Children’s Rights More seriously, in ALSTON PHILIP et al. Children, Rights and the Law, Oxford, Clarendon Press, 1992.

55 Ibidem p. 58.

Essenza dell’orientamento liberazionista è il riconoscimento delle libertà, dei diritti politici e il diritto di voto fondamento essenziale della partecipazione dignitosa della persona al contesto sociale.

È importante precisare come i due orientamenti non vadano considerati completamente contrapposti, dal momento che spesso l’adesione all’una o all’altra dipende dall’area in questione e vi è dunque l’esigenza di non considerare più la minore età come una categoria uniforme e omogenea, ma un miscuglio di persone dotate di personalità differenti, con diversi gradi di maturità e problematiche.

Inoltre la contrapposizione dei due approcci che rispecchia la direzione con cui sono intesi i diritti dei minori a seconda che l’accento sia posto sull’esigenza di protezione o su quella di autonomia del minore deve essere considerata all’interno delle ambivalenze imprescindibili in qualsiasi realtà sociale che hanno assunto nella società moderna. Le relazioni sociali quotidiane che ogni persona vive, infatti, sono contraddistinte entrambe dal bisogno di protezione e autonomia, dipendenti da innumerevoli fattori che circondano sia il mondo degli adulti sia quello dei minori. “L’ambivalenza nei rapporti tra protezione e autonomia nasce dall’interdipendenza e dalla contrapposizione di base tra individualità e socialità e deve essere riconosciuta, e non negata, come un tratto tipico della complessità sociale”56 e va quindi assunta come caratteristica riflessiva della società non escludendo né l’approccio protezionista e nemmeno quello liberazionista.

1.3.3 Orientamento della partecipazione

Dagli anni Ottanta si è assistito a un proliferare di studi sociali sull’infanzia e l’adolescenza, che hanno contribuito alla costruzione di un vero e proprio movimento, quello dei childhood studies, il cui obiettivo è di introdurre una

56 BELLOTTI VALERIO, op., cit. p. 26.

prospettiva “bambino centrica”, in opposizione a quella “adulto centrica”, dove i soggetti tra gli 0 e i 18 anni sono considerati come attori sociali attivi, che partecipano a pieno alla vita sociale in base alle loro capacità e caratteristiche e non come adulti in divenire, ma come fanciulli La nuova interpretazione dei diritti dei minori, intesi come diritti di partecipazione, sembra aver trovato un bilanciamento fra i due orientamenti del protezionismo e del liberazionismo. In questa nuova prospettiva si mette in luce la posizione sociale del bambino in quanto essere naturale con delle caratteristiche a sé stanti, evidenziandone le capacità interpretative, di discernimento e di formulazione di proprie opinioni. Tale ottica richiederebbe la partecipazione del minore alle scelte che lo coinvolgono e a una corretta ed esaustiva informazione per conoscere e valutare meglio gli eventi che lo circondano e quindi la possibilità del bambino di esprimere il proprio punto di vista in modo consapevole e responsabile essendo informato dei fatti che lo riguardano.

Alla luce del concetto di partecipazione si può leggere la Convenzione dei Diritti del Fanciullo e dell’Adolescente del 1989, al cui centro si collocano il bambino e l’adolescente come persona riconoscendogli specifiche competenze personali, relazionali, affettive e sociali. L’attenzione alla specificità del bambino comporta un mutamento di prospettiva per quanto riguarda la sua tutela, gli artt. 12 e 13 della Convenzione mettono ulteriormente in luce la necessità di un coinvolgimento consapevole del minore informandolo in merito al contesto a cui partecipa e alle implicazioni della sua partecipazione e delle sue decisioni. Di conseguenza, il ruolo svolto dagli adulti in tale processo è di accompagnare il minore, di guidarlo senza mai sostituirsi, incoraggiando e facilitando la partecipazione del minore e l’esercizio pieno dei suoi diritti57.

57 LANSDOWN GERISON, Promuovere la partecipazione dei ragazzi per promuovere la democrazia, Firenze, Centro di Ricerca degli Innocenti,UNICEF, 2001.

L’art. 12, da questo punto di vista, è rivoluzionario poiché presuppone che gli adulti siano disposti a cambiare le proprie opinioni e conseguentemente anche le proprie decisioni sulla base di quanto i bambini hanno da dire. La novità introdotta da questa nuova prospettiva costituisce e costituirà nel futuro una delle principali sfide che possono essere poste al mondo adulto.

Una sfida alla quale la Convenzione dei Diritti del Fanciullo e dell’Adolescente del 1989 ha cercato di dare una risposta, riconoscendo per prima nel suo testo l’importanza dei diritti di espressione e partecipazione del minore, ma che ancora oggi a vent’anni dall’intesa rappresenta l’ostacolo più difficile da raggiungere.

CAPITOLO II: LA CONVENZIONE DEI DIRITTI DEL