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CAPITOLO III: L’ APPLICAZIONE DELLA CONVENZIONE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO E DELL’ADOLESCENTE

NELL’ORDINAMENTO ITALIANO

3.2 La Convenzione e l’ordinamento interno

3.2.3 La problematica dell’ascolto 181

A seguito della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 1989, si è cominciato ad individuare il minore come titolare di un diritto soggettivo ad essere ascoltato in tutti i procedimenti giudiziari e amministrativi che lo concernono.

L’art. 12 della Convenzione che disciplina tale norma ha così fatto nascere un dibattito fra chi ritiene che il giudice sia obbligato ad ascoltare sempre il minore se il procedimento in oggetto lo concerne, e chi invece ritiene che sia discrezione del giudice decidere se convocare il minore durante il procedimento. La controversia nasce principalmente dalla convinzione che l’art. 12 avesse oppure no un’ immediata esecutività. La questione fu risolta

181 Le norme sia civili, sia penali sono tratte da: MORO ALFREDO CARLO, op., 2008 e in AA.VV., (GRUPPO DI LAVORO PER LA CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA), I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 2° Rapporto supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia www.minori.it.

solo recentemente, quando la sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2002 (interpretativa di rigetto) attribuì all’art. 12 della Convenzione natura self-executing, e di conseguenza l’art. 12 ha assunto istantanea applicazione senza alcun intervento legislativo di attuazione.

Nell’ordinamento interno esistono varie norme, sia in ambito civile, sia penale, che prevedono l’audizione e l’ascolto del minore, ma tali adempimenti sono riservati solo a pochi procedimenti giudiziari. Infatti, la attuale normativa italiana in tema di ascolto del minore è “frammentaria, disorganica e talora contraddittoria”182, e manca di una norma generale che orienti tutta la normativa.

Nei procedimenti civili le modalità d’ascolto del minore sono individuate in due aree: le procedure di separazione personale dei coniugi e le procedure di adottabilità, di adozione e di affidamento familiare.

- Procedure di separazione : la legge n. 54/2006, “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”, ha introdotto nel codice civile l’art.155 sexies c.c. “Poteri del giudice e ascolto del minore”, in base al quale il giudice “dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”. La legge n. 54/2006 in tema di separazione coniugale ha introdotto l’audizione del minore nei procedimenti di separazione e di divorzio dei genitori e nei processi per scioglimento, cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. La legge pone una discriminazione in base all’età del minore (12 anni, pur consentendo l’audizione del minore anche di età inferiore ove capace di discernimento), ma nella piena attuazione dell’art. 12 della Convenzione considera il bambino come parte processuale titolare di interesse qualificato in merito al processo di separazione dei genitori, in

182 MORO ALFREDO CARLO, op. 2008, cit. p. 331.

considerazione delle conseguenze che su di lui avranno le decisioni che durante tale processo saranno prese.

- Procedure di adozione : nella legge 149/2001 “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, nonché al Titolo VIII del libro primo del codice civile, viene mantenuto l’obbligo di sentire il minore che ha compiuto dodici anni, o un’età inferiore se capace di discernimento, e viene introdotta l’obbligatorietà che il minore sia assistito legalmente nelle procedure di adozione (ex art. 8 legge 149/2001) e in quelle di limitazione o decadenza della podestà genitoriale (ex art. 37 legge 149/2001), a prescindere dalla capacità di discernimento del minore stesso. La legge 149/2001 ha introdotto forti innovazioni nell’ordinamento italiano stabilendo il diritto del minore ad essere ascoltato e a essere considerato parte del procedimento, attribuendogli di conseguenza il diritto ad essere tutelato da un avvocato. La legge ha modificato gli artt. 330, 333 e 336 c.c. in materia di podestà sui figli, prevedendo oltre all’allontanamento del figlio dalla residenza familiare anche l’ipotesi dell’allontanamento del genitore o del convivente che maltratta o abusa i figli. Inoltre, a livello procedimentale tale legge segnala la significativa innovazione per cui “i genitori e minori devono essere assistiti da un difensore, anche a spese dello Stato, nei casi previsti dalla legge” (art. 336 u.c. c.c.). Il 1°

luglio 2007 è entrata in vigore la legge n.149/2001, dopo numerose proroghe nella speranza di una globale riforma del procedimento minorile, ma tale riforma non è stata varata; per cui la legge 149 è entrata in vigore a scadenza dell’ultima proroga il 30 giugno 2007.

Un’altra normativa in ambito di ascolto del minore nei procedimenti civili merita di essere espressa: la legge 77 del 20 marzo 2003, con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo del 25 gennaio 1996. La legge n. 77/2003 prevede che nel momento in cui il minore ha una capacità di discernimento sufficiente, ha il diritto, nei

procedimenti che lo riguardano, di ricevere tutte le informazioni pertinenti, di essere consultato, di esprimere la sua opinione, di essere informato delle eventuali conseguenze che tale opinione comporterebbe nella pratica e delle eventuali conseguenze di qualunque decisione (art. 3). Inoltre la Convenzione europea obbliga l’autorità giudiziaria, dopo essersi accertata che il minore possieda una sufficiente capacità di discernimento, “di assicurarsi che il bambino abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti al caso”(art.6).

Si è assistito negli anni ad un notevole cambiamento introdotto dalla Convenzione dei diritti dell’infanzia del 1989 nei procedimenti giuridici, riconoscendo al minore il diritto ad essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria che lo riguarda. Tuttavia molto spesso la parola del minore, coinvolto in situazioni di separazione dei genitori o di adozione, viene delegata al legale che lo assiste durante il procedimento. Questo rappresenta un atteggiamento di protezione nei confronti del minore in quanto esso viene escluso ancora una volta (anche se solo per il suo bene) dalle situazioni che modificheranno per sempre la sua vita. Sarebbe invece auspicabile, in linea con la Convenzione, prevedere una reale partecipazione del minore alle situazioni che lo riguardano, e per prevenire disagi dovuti all’estraneità del minore al procedimento, può essere d’aiuto prevedere nuovi professionisti adeguatamente formati per poter seguire il bambino e la sua famiglia nel difficile percorso che stanno per compiere.

Tali considerazioni valgono anche per quanto riguarda l’ascolto del minore nel procedimento penale.

L’ascolto del minore vittima o testimone di reati implica numerose questioni e difficoltà applicative. Durante l’audizione del minore nel procedimento penale, un ruolo decisivo è svolto dal giudice al quale è riservata un ampio margine di valutazione del livello di attendibilità dell’opinione espressa dal

minore. Nel processo penale nei confronti del minore, la normativa prevede un’assistenza affettiva, psicologica e legale al minore imputato (art. 12 del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448). Nel caso dei reati sessuali, la legge 15 febbraio 1996, n. 66 ha ridefinito le norme in materia di violenza sessuale sui minori (artt. 609 bis e ss. c.p.), con particolare riferimento a un’assistenza affettiva e psicologica del minore vittima, alla presenza durante il procedimento dei genitori o di altra persona idonea indicata dal minorenne e all’assistenza dei servizi minorili dell’Amministrazione della giustizia e dei servizi degli Enti locali. Un’importante novità è prevista nella legge sulla violenza sessuale (n. 66/1996), che ha modificato l’art. 392 c.p.p.

stabilendo che durante la fase delle indagini preliminari sia possibile procedere con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di minore di anni 16. Pertanto il legislatore vuole prevenire che la vittima sia costretta a testimoniare durante il processo e analogamente tutelare maggiormente il minore vittima o testimone di reati. Infatti, l’incidente probatorio può essere svolto secondo la forma dell’“audizione protetta”, ovvero la testimonianza del minore avviene a “porte chiuse” per evitare ulteriori turbamenti che il contesto processuale può provocare nel fanciullo.

In particolare, l’art. 398 c.p.p. prevede che l’ascolto del minore possa avvenire presso il domicilio del minore stesso o in altri luoghi ad hoc.

L’incidente probatorio è quindi ammesso (anche alla luce della sentenza n.

114 del 2001 c.c.), oltre che per le ipotesi di violenza sessuale, anche per altre ipotesi di reato, di particolare delicatezza e complessità, quali quelli sanzionati dall’art. 572 c.p. (maltrattamenti in famiglia), dall’art. 571 c.p.

(abuso dei mezzi di correzione o di disciplina), dall’art. 573 c.p. (sottrazione consensuale di minorenni), dall’art. 574 c.p. (sottrazione di persone incapaci) e dall’art. 591 c.p. (abbandono di persone minori o incapaci).

Un’altra forma di tutela del minore è rappresentata dalla nomina del curatore. Questa figura è prevista nei casi di giudizio sul disconoscimento di paternità (art. 247 c.c.); nella presentazione della querela della persona

offesa minore di 14 anni non rappresentata; nei casi di conflitto di interessi (art. 121 c.p.) o nei casi di conflitto di interessi di natura patrimoniale (art.

320 c.c.).

Dall’analisi delle disposizioni evidenziate emerge che l’ascolto del minore è indicato in alcune norme sparse tra i procedimenti civili e penali. Ma nel nostro ordinamento interno manca un’unica norma omogenea che specifichi in modo chiaro i procedimenti da attuare nei casi in cui è chiesto al minore di esprimere le sua opinione.

Il minore, nei procedimenti che lo concernono, non riveste ancora un ruolo del tutto attivo, in quanto è richiesta la sua audizione solo in limitati casi e in tali situazioni la sua opinione è delegata ad un suo rappresentante, che nei casi previsti dalla legge, è l’avvocato o il curatore speciale.

Nonostante ciò, notevoli progressi sono stati attuati per prendere effettivamente in considerazione il minore come titolare del diritto di partecipazione enunciato nella Convenzione dei Diritti dell’Infanzia del 1989, e solamente continuando ad avere come principio base i valori enunciati dalla Convenzione potranno essere compiuti altri miglioramenti nella tutela dei diritti dei minori al fine di garantire un loro un pieno sviluppo nella società.