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La formazione continua una via per l’occupabilità

Le politiche e gli strumenti per lo sviluppo della formazione continua

1. La formazione continua una via per l’occupabilità

In Europa l’apprendimento lungo tutto il corso della vita è diventato uno degli elementi centrali delle politiche e delle strategie di sviluppo delle risorse umane. Da qui la necessità per gli Stati membri di riorientare i propri sistemi di istruzione e formazione. Tale dinamica è dovuta a diversi fattori, di tipo strutturale e non solo connessi all’andamento dell’occupazione e alla qualità della forza lavoro. In particolare, la qualità del fattore lavoro è una componente importante dell’andamento dell’economia nel lungo periodo in quanto favorisce l’introduzione di innovazioni, aumenta il tasso di partecipazione, allunga la vita lavorativa, consente dinamiche retributive sostenute e favorisce la domanda aggregata. Da questo punto di vista, l’Italia lamenta un gap nei livelli e negli stessi processi di crescita del capitale umano dovuti in parte alle caratteristiche strutturali del sistema produttivo italiano e in parte dalla composizione della forza lavoro per titoli di studio: piccole imprese, che operano su mercati locali e producono beni a bassa intensità di innovazione hanno una bassa propensione all’investimento formativo; allo stesso modo una forza lavoro con una prevalenza di titoli di studio medio-bassi riduce le convenienze – sia per l’impresa sia per il lavoratore – ad investire in formazione.

La formazione continua è stata assunta quale strumento fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo di fondo indicato dal Consiglio Europeo di Lisbona del Marzo 2000: ottenere, entro il 2010, la costruzione di “un’economia basata sulla

conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile, con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. L’investimento in capitale umano rappresenta la chiave di volta per la

creazione di solide basi per il benessere dell’individuo, come cittadino e come lavoratore e in generale della collettività economico-sociale. Costruire un’economia della conoscenza dinamica, competitiva e coesa implica la centralità dell’apprendimento permanente (lifelong learning) con la finalità di offrire al fattore del capitale umano,

migliori chances di occupabilità facilitando la sua integrazione/adattabilità e il mantenimento nel tempo della permanenza al lavoro. Le strategie di apprendimento lungo tutto l’arco della vita, infatti, hanno obiettivi ampi e differenziati. Tutti sono orientati a mantenere nel tempo competenze in grado di rispondere all’evoluzione tecnologica produttiva e di servizio, a consentire adeguati e coerenti sviluppi di carriera e la più efficace corrispondenza fra domanda e offerta di professionalità, a migliorare la qualità e l’efficienza dei sistemi d’istruzione e formazione118.

La positiva correlazione tra capitale umano, occupazione e adattabilità è alla base del principio di lifelong learning in quanto leva fondamentale e determinante per contribuire alla coesione, all’integrazione sociale e all’attuazione delle politiche europee a favore dell’occupazione. Il concetto di lifelong learning trasforma in modo sostanziale il rapporto tra spazio e tempo di apprendimento, eliminando la separazione netta tra acquisizione di saperi e conoscenze ed il loro utilizzo nella vita lavorativa e sociale. La formazione permanente contribuisce a regolare diversamente tutti gli aspetti della vita: famiglia, collettività, lavoro e tempo libero. Ciò suggerisce una revisione profonda: nuove conoscenze e abilità per progettare e rendere accessibili opportunità di apprendimento sempre più vicine alle esigenze degli adulti119.

A partire dal Consiglio Europeo di Lussemburgo del 1997, i capi di stato e di governo hanno più volte ribadito nei loro summit l’importanza di una strategia che favorisse l’investimento in capitale umano nei rispettivi Paesi. Il Consiglio dei Ministri dell’educazione (maggio 2003) ha invitato la Commissione ad individuare degli obiettivi quantitativi comuni da raggiungere entro il 2010 su cui i paesi potessero confrontarsi. Il raggiungimento di questo obiettivo non è vincolante per gli stati membri, ma rientra nella strategia della cosiddetta “pressione tra pari” (peer pressure) che gli altri Stati possono esercitare. In breve, questo metodo è stato introdotto dal Consiglio di Lussemburgo come mezzo per scambiare informazioni sulle “buone pratiche” e raggiungere una maggiore convergenza verso obiettivi comuni.

I pilastri principali che sorreggono la strategia europea a favore degli investimenti in capitale umano sono la rinnovata strategia di Lisbona ed il Patto di Stabilità e Crescita120. Per ciò che riguarda quest’ultimo, nel corso del 2005 è stato modificato per

118 Isfol, I laboratori della Formazione Continua, FrancoAngeli, Milano, 2004.

119 Alberici A., Imparare sempre nella società della conoscenza, Bruno Mondadori, Milano, 2002. 120 Risoluzione del Consiglio europeo relativa al patto di stabilità e di crescita - Amsterdam, 17 giugno

tenere conto della necessità di integrare maggiormente politiche macroeconomiche di stabilizzazione con politiche a favore della crescita economica nel lungo periodo.

Il Consiglio Europeo del marzo 2005 ha poi focalizzato il processo di Lisbona sulla crescita e l’occupazione, definendo dieci aree di azioni, tra cui una (la nona) specifica per le politiche dell’educazione e della formazione.

Più in concreto, nel campo della formazione, il Consiglio Europeo di Barcellona (marzo 2002) ha approvato un programma di lavoro denominato “Educazione e Formazione

2010”, che ha lo scopo di implementare in concreto l’agenda di Lisbona sui temi del

capitale umano. A fronte della razionalizzazione della strategia di Lisbona, anche questo programma di lavoro è stato maggiormente focalizzato, prevedendo, in particolare, un gruppo di lavoro di coordinamento a livello europeo denominato ETCG (Education and

Training Coordination Group).

Il Consiglio Europeo di marzo 2005 ha rilanciato la strategia di Lisbona chiarendone le priorità politiche e precisandone gli strumenti di governance. Tra le priorità politiche, il Consiglio ha affermato che il capitale umano è la risorsa più importante per l’Europa. Tale affermazione è dettata dalla consapevolezza che un capitale umano adeguatamente formato è componente essenziale di una politica di rilancio della competitività.

Un potenziale di crescita elevato e la creazione di nuovi sbocchi occupazionali contribuiranno in modo essenziale allo sviluppo sostenibile e alla coesione sociale nell’UE. D’altro canto, politiche a favore della sostenibilità socio-ambientale dovrebbero contribuire ad un’economia dinamica caratterizzata da un elevato tasso occupazionale, in grado di sviluppare e diffondere le tecnologie in grado di preservare il tenore di vita delle generazioni future. Unitamente al maggior interesse per la crescita e l’occupazione, gli orientamenti integrati per il periodo 2005-2008 hanno creato condizioni di flessibilità tali da consentire agli Stati membri di individuare a livello locale le soluzioni che meglio si adattano alle singole sfide in materia di riforme, promuovendo pertanto la competenza nazionale.

Il rilancio della strategia di Lisbona121 intende offrire risposte adeguate a questi sviluppi,

1997.

mettendo a punto una linea strategica atta a fronteggiare una crescita relativamente debole e una creazione di sbocchi occupazionali insufficiente. Le riforme globali del mercato del lavoro e di quello dei prodotti costituiscono parte integrante di questo approccio: stando alle stime della Commissione, le riforme approntate nella seconda metà degli anni ‘90 hanno comportato un aumento del tasso di crescita potenziale di quasi metà fino a tre quarti di punto percentuale nel medio periodo, il che implica, su un decennio, un incremento del PIL fino al 7-8%.

In questa ottica la realizzazione di una società fondata sulla conoscenza, che faccia leva sul capitale umano, l’istruzione, la ricerca e l’innovazione, è la chiave di volta per rilanciare il potenziale di crescita e spianare la strada al futuro. Una crescita sostenibile richiede inoltre maggiore dinamicità demografica, migliore integrazione sociale e il pieno sfruttamento del potenziale rappresentato dai giovani europei.

Parallelamente al completamento del mercato interno e alla promozione di condizioni leali di concorrenza, allo sviluppo di infrastrutture, alla creazione di un clima propizio alle imprese e di un mercato del lavoro capace di adattamento e inserimento lavorativo, le riforme miranti alla conoscenza sono fonte di crescita economica e di elevata produttività. La loro realizzazione è tanto più probabile nell’ambito di politiche macroeconomiche favorevoli alla crescita.