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2. L'AZIENDALIZZAZIONE DELLE SOCIETA' CALCIO:

2.1 La gestione strategica

“Le squadre sono imprese. La cosa più prossima al calcio è una major che produce pellicole cinematografiche. La partita è una pellicola della durata di 90 minuti, lo stadio è la sala cinematografica. Lo sfruttamento televisivo è praticamente analogo a quello di un film. Attorno allo stesso film vanno poi forgiate attività collaterali: i miei modelli di sviluppo sono la Walt Disney e la Warner. In quel senso io sviluppo il Milan: quando venne acquistata la società nel 1986, la biglietteria rappresentava ben il 90% del fatturato totale. Oggi il marketing mix è così diviso: 60% diritti tv, 25% sponsorizzazioni ed attività commerciali e solamente il 15% dovuto alla biglietteria. Dunque l’85% va conquistato come in qualunque altra impresa.”. L’ex amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, descrive così le società di calcio moderne, sottolineando come negli anni si siano evolute e trasformate in un grandissimo business. Per le società protagoniste del grande show del calcio professionistico, la soluzione preferibile per non cadere in situazioni di squilibrio economico è la diversificazione dei ricavi e la ricerca della minore dipendenza possibile dai risultati sportivi.

Attualmente, in Italia, l’unica società che ha realmente innovato il proprio modello di business adeguandolo a questo calcio moderno è stata la Juventus. L'efficace analogia tra i club di calcio e le major cinematografiche, descritta da Adriano Galliani e riportata poco sopra, fa da apri strada per analisi ulteriori. Come le grandi produzioni cinematografiche mirano ad ingaggiare lo staff migliore composto dai più bravi attori e dai più competenti registi, per attrarre il maggior numero di spettatori possibile, allo stesso modo i club professionistici cercano di ingaggiare i migliori giocatori ed i migliori allenatori rispetto ai

principali competitors, in maniera tale da raggiungere determinati successi che possano catalizzare nuovi clienti-tifosi creando un circolo virtuoso. Come abbiamo visto nel capitolo 1, negli anni c’è stato un progressivo aumento delle somme versate dalle televisioni per l’acquisizione dei diritti televisivi: di conseguenza questo ha garantito alle squadre di grandi dimensioni, la possibilità di investire in maniera importante per rinforzare la propria squadra. Il fine ultimo di queste società, come abbiamo accennato poco sopra, era quello di innescare un circolo virtuoso, ben rappresentato dall’immagine seguente.

Figura 4. Ciclo virtuoso20

Non sempre però le società calcio sono riuscite a innescare questo circolo virtuoso: il rischio è quello di cadere invece in un circolo vizioso come successo alle società calcio negli anni '90, con il conseguente scoppio della bolla venutasi a creare, come visto nel precedente capitolo.

Per capire approfonditamente il modello di business che la maggior parte delle società intende perseguire, bisogna tener presente che l’attenta diversificazione dei ricavi e la ricerca della minore dipendenza possibile dai risultati sportivi

rimane l’unica possibilità, per le società che partecipano al grande circo del calcio professionistico, di rimanere sulla cresta dell’onda.

Per innovare e migliorare la formula imprenditoriale e il modello di business, scongiurando situazioni di deficit, risulta fondamentale la gestione strategica del club.

La gestione strategica deve tenere conto delle competenze della società nel suo complesso, in maniera tale da poter identificare quali di esse possano permettere il raggiungimento di un vantaggio competitivo rilevante rispetto alla concorrenza. E' possibile ricorrere all'analisi SWOT per valutare i punti di forza (Strengths) e le debolezze (Weaknesses) dell'ambiente interno e per valutare le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) del mercato e del contesto esterno.

Solamente una corretta analisi dei propri punti di forza e debolezza, nonché dei vantaggi competitivi che già si possiedono o che si possono possedere, potranno permettere al club di tracciare il giusto percorso per raggiungere non solo successi di carattere sportivo, ma anche economico-finanziari. Tra le fonti di vantaggio competitivo più determinanti nel mondo del calcio troviamo il cosiddetto vantaggio di localizzazione, ovvero una forma di fonte naturale di vantaggio competitivo costituito dalla posizione geografica: più precisamente, un club ubicato in una zona geografica più densamente abitata, ha maggiori probabilità di generare attorno a sé un seguito importante di tifosi. Poi vi sono le competenze, che permettono di acquisire un solido vantaggio competitivo difendibile nel lungo periodo e sono quelle più difficilmente imitabili, come ad esempio reputazione ed organizzazione, asset intangibili che devono essere necessariamente sviluppati all’interno dell’impresa. La reputazione in particolare è una capacità distintiva che il prodotto o la marca guadagnano per effetto della posizione conquistata sul mercato ed è rappresentata dall’esperienza positiva che i consumatori hanno sperimentato sul prodotto stesso o sulla marca; questa fonte di vantaggio competitivo è senza dubbio la più difficile da imitare, essa infatti, a differenza delle risorse strategiche, non può essere acquistata sul mercato, ma

deve essere sviluppata internamente ed in un arco di tempo piuttosto lungo. Per fare un esempio, la reputazione della Juventus deriva dalla sua storia ultracentenaria, dai risultati ottenuti e dalla tradizione coltivata per anni dalla famiglia Agnelli: questo permette oggi alla Vecchia Signora di ottenere contratti con sponsor di primo livello e di attrarre più facilmente i migliori giocatori ed i migliori allenatori.

Un altro vantaggio competitivo è rappresentato dalla struttura organizzativa, ovvero l’insieme di rapporti economici e sociali che l’impresa intrattiene con altre aziende o con i clienti: si tratta di rapporti che vanno aldilà dell’ambito economico, perché includono fattori come la fiducia e l’esperienza personale, che sono di difficile imitazione e rappresentano quindi una competenza distintiva essenziale.

La struttura organizzativa permette frequentemente di produrre profitti elevati a fronti di costi sostenuti; nel mondo del calcio un perfetto esempio di struttura organizzativa, intesa come competenza distintiva, è il Liverpool, dove il forte rapporto tra il club ed i tifosi ha permesso alla società di costruire una lunga serie di successi.

È quindi il complesso di questi vari elementi ad essere in larga misura l'origine del vantaggio competitivo. Non può peraltro sfuggire la peculiarità del business calcistico, che rimane influenzato da una importante componente irrazionale ed emozionale: spesso e volentieri infatti le squadre non rappresentano solo, come detto, mere realtà d’impresa, ma - come risalta ad esempio nel caso del Barcellona - diventano addirittura rappresentanza di un popolo o di una comunità. E' chiaro come questo business venga alimentato dai moltissimi tifosi nel mondo, numero che risulta essere in costante aumento, riuscendo ad attirare attenzioni sempre maggiori a livello globale. Questo crescente amore verso il gioco ed il mondo del calcio si sta sempre più sviluppando ed espandendo grazie alla trasmissione televisiva a livello mondiale delle partite, alle tournée che le squadre fanno nei paesi calcisticamente in via di sviluppo e, naturalmente, grazie

all’ingresso di nuovi ed importanti capitali che provengono da zone come la Cina o dai paradisi del petrolio come gli Emirati Arabi o il Qatar, che stanno mostrando una crescente attenzione al fenomeno del football business.