3.3. L'incapienza (insolvenza) del patrimonio destinato.
3.4.3. La liquidazione dei patrimoni destinati in ambito fallimentare.
La ricostruzione fino ad ora delineata, comporta un ulteriore analisi, che si inserisce nei casi di fallimento della S.p.a. istituente il patrimonio destinato, la quale concerne la liquidazione secondo regole diverse rispetto a quelle dettate in ambito fallimentare.
In primo luogo va subito affermato che la liquidazione può avvenire sia nel caso in cui il curatore non voglia o non possa proseguire l'attività (oppure qualora non ceda a terzi il compendio ex secondo comma articolo 155 l. fall.), sia nel caso di incapienza del patrimonio
114 v. sul punto COSSU, “I patrimoni di destinazione nella liquidazione coatta amministrativa: la (parziale) svolta della giurisprudenza di merito”in Banca, Borsa e titoli di credito, 2003, 2, p.302 e ss.
destinato.
La dottrina ha rilevato come il fenomeno liquidatorio, sia strettamente connesso al rapporto contrattuale considerato singolarmente: nel senso che la liquidazione consiste nel “rimedio che la legge concede al singolo creditore in relazione al singolo rapporto e che, tuttavia, finisce con produrre un effetto espansivo nei confronti dell'intero patrimonio destinato laddove esso sia tale da incidere sull'esito dell'affare”115.
Sostanzialmente, la liquidazione nasce come finalisticamente collegata al rapporto obbligatorio nella sua singolarità, in quanto produce un effetto sulla totalità del patrimonio destinato.
Qualora la società fallisca, come abbiamo già visto nei capitoli precedenti, giunge al termine l'affare, ma non si produce la cessazione della separazione, in quanto si è detto che il patrimonio destinato è privo di autonomia e soggettività e si apre la fase della liquidazione, secondo le regole dettate per le società di capitali in quanto compatibili.
L'articolo 2447 novies, c.c., considera l'aspetto secondo cui, qualora lo specifico affare è portato a compimento o diventa impossibile, oppure nei casi di cessazione previsti dalla delibera costitutiva, gli amministratori (o il curatore se la società è fallita) devono redigere il
115 LOCORATOLO., “Patrimoni destinati e insolvenza”, Napoli, 2005, dove prevede che la legge ha inteso fornire del patrimonio destinato e della società che lo costituisce una rappresentazione per cerchi concentrici: il microsistema del patrimonio destinato, cui afferisce un proprio limitato sistema di definizione del momento patologico, rappresentato dalla possibile liquidazione e, tuttavia, dotato di requisiti di generalità in relazione alla “classe” di creditori particolari; il macrosistema della società, sottoposto alle regole generali tanto nella fase fisiologica dei rapporti quanto in quella patologica della crisi di impresa, con l'ordinaria applicazione della legge fallimentare nella sua integrale previsione.
rendiconto finale, accompagnato da una relazione dei sindaci e dell'incaricato della revisione contabile116.
Di particolare importanza è l'aspetto informativo, già considerato in relazione alla trattazione del rendiconto finale, in quanto non è prevista l'iscrizione della cessazione, ma il mero deposito del rendiconto presso il registro delle imprese117.
Il legislatore ha, nella disciplina in questione, previsto una costruzione di un sistema di tutela per i creditori particolari diverso da quello contemplato per i creditori sociali in sede di costituzione del patrimonio destinato.
Non esiste, infatti, alcun potere di impugnativa o di opposizione al rendiconto, con ciò attribuendo al curatore (o agli amministratori della società, qualora questa fosse in bonis) ogni decisione in ordine alla cessazione dell'affare, sulla base di un preventivo parere del comitato dei creditori ed una autorizzazione del giudice delegato. La norma che prevede il deposito, al posto della pubblicità, conferma che il legislatore non ha voluto ricollegare a questa situazione l'applicazione di regole societarie tradizionali, optando per regole diverse.
Ciò si evince anche dalla regola secondo cui, in ambito fallimentare, occorre la relazione unica dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione contabile, la quale dev'essere depositata presso l'ufficio del
116 FIMMANO'., cit, il quale ritiene che l’intervento del revisore è necessario laddove la società sia già soggetta alla revisione contabile ovvero abbia emesso titoli sul patrimonio diffusi in maniera rilevante ed offerti ad investitori non istituzionali.
117 VINCRE, “Patrimoni destinati e fallimento”, Giur. Comm., 2005, 1, 129 ha osservato che tale deposito, in caso di fallimento, andrebbe effettuato, a norma dell'articolo 14 l. fall., anche presso il tribunale competente per la dichiarazione di insolvenza, unitamente al deposito delle scritture contabili.
registro delle imprese, risolvendosi in un controllo di mera regolarità118.
Come già affermato precedentemente, la cessazione della destinazione, a norma dell'art. 2447 novies, c.c., si ha non al momento del deposito del rendiconto, ma al momento della scadenza del termine, infruttuosa, concesso ai creditori particolari per la notifica della richiesta della liquidazione.
Questi soggetti hanno, qualora non sia stato riparato il loro credito, la possibilità di impedire, con l'invio di una lettera raccomanda alla società entro tre mesi dal deposito del rendiconto119, il venir meno della destinazione, mediante la richiesta di liquidazione del patrimonio, alla quale vengono applicate le regole sulla liquidazione della società.
Dovrebbe, perciò, essere compatibile l'art. 2487 c.c., relativo alla nomina e alla revoca dei liquidatori, di competenza dell'assemblea straordinaria, alla quale compete la redazione dei criteri di svolgimento della liquidazione120.
118 Grazie ad un'interpretazione letterale della legge si può concludere che si tratta di una sola relazione (BOZZA, cit). Se, invece, fossero stati differenziati i poteri di questi due organi si sarebbero dovute chiedere due relazioni ed il richiamo comporta che è richiesto l'intervento di chi è deputato al solo controllo contabile, senza che occorra il controllo sugli aspetti gestionali dell'operazione.
L'intervento del soggetto incaricato della revisione non necessariamente deve essere un esterno, poiché, nei casi in cui la società non ha l'obbligo di nominare una società di revisione, la revisione può essere esercitata dal soggetto che ordinariamente svolge l'attività all'interno della società, e tale ultimo soggetto, nel caso di cui all'art. 2409 bis, ultimo comma, c.c. coincide con il collegio sindacale. (v. anche COMPORTI, cit.).
119 POLLIO, “La liquidazione dei patrimoni destinati ad uno specifico affare”, in BARTOLOMUCCI, MANDRIOLI, POLLIO, VIOTTI, “Scioglimento e liquidazione delle società di capitali”, Milano, 2004, in cui si prevede che la richiesta della liquidazione del patrimonio separato altro non è che lo strumento diretto col quale i creditori particolari chiedono alla società di gemmazione di liquidare i beni sociali destinati allo specifico affare, quali risultanti dal rendiconto finale, e con le somme ricavate ottenere l'adempimento dei crediti da loro stessi vantati. 120 MIGNONE, “Il nuovo diritto societari”, a cura di COTTINO BONFANTE,
CAGNASSO, MONTALENTI, sub art. 2447 bis, art. 2447 nonies, il quale è a favore della competenza dell'assemblea straordinaria. Di contrario avviso è FIMMANO',
In caso di inerzia degli organi sociali nella designazione dei liquidatori, il secondo comma della norma summenzionata, prevede un intervento giudiziario per la convocazione dell'assemblea e l'adozione di decisioni (con decreto, dunque un rito camerale) in luogo di essa.
Un'altra norma che si applica nell'ambito della liquidazione l'art. 2487 bis, c.c., in relazione all'iscrizione della nomina dei liquidatori, e dei relativi poteri, presso il registro delle imprese e consegna agli stessi dei libri e delle scritture contabili relative al patrimonio destinato121. Ancora, l'art. 2489, c.c., sui poteri, obblighi e responsabilità dei liqidatori.
Infine, gli artt., 2490, 2492, 2493, 2496 c.c., rispettivamente per il bilancio in fase di liquidazione, per il bilancio finale di liquidazione, per l'opposizione tacita del bilancio e per il deposito dei libri contabili.
Nel caso in cui la società manifesti un'insufficienza delle risorse dedicate a far fronte ai debiti particolari, l'applicazione di un sistema ordinario anziché concorsuale, dimostra come l'ordinamento rinuncia all'inserimento di una procedura fallimentare apposita, consentendo, contrariamente a quanto prevede la disciplina fallimentare (articolo 51 l. fall.), la possibilità di iniziare azioni esecutive e cautelari individuali.
Quest'impostazione deve fare i conti con le difficoltà che si aprono a fronte della necessità di coordinamento e di sovrapposizione di tali azioni da parte dei creditori.
Non si applicano, inoltre, le altre norme fallimentari che disciplinano
cit, in quanto afferma che l’operazione è meramente gestionale e non v’è dubbio che la liquidazione del patrimonio spetta agli amministratori, o in caso di fallimento della SpA al curatore fallimentare della società.
121 MANES., “Patrimoni destinati ad uno specifico affare”, Zanichelli, 2013; IBBA, “La pubblicità del patrimonio separato”, Giur. Comm., 2007, 1.
gli effetti a carico dei creditori e gli effetti sui contratti pendenti e sugli atti pregiudizievoli ai creditori, salvo l'art. 67 bis, l. fall.