• Non ci sono risultati.

Patrimoni destinati ad uno specifico affare e fallimento

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Patrimoni destinati ad uno specifico affare e fallimento"

Copied!
116
0
0

Testo completo

(1)

INDICE

Introduzione. . . pag. 3

CAPITOLO 1

La novità dell'articolo 2447 bis , lettera a):

i “patrimoni destinati operativi”. . . pag. 6

1.1. La natura giuridica e le esigenze legate alla loro nascita.

1.2. L'organo competente per la deliberazione ed esposizione del contenuto della delibera.

1.2.1. La questione relativa ai vizi genetici della destinazione. 1.2.2. La nozione di “specifico affare”.

1.2.3. Gli strumenti finanziari partecipativi. CAPITOLO 2

Il regime pubblicitario dei

patrimoni destinati operativi. . . . pag. 29

2.1. Le modalità di deliberazione ed attività conseguente: deposito ed iscrizione nel registro delle imprese.

2.2. Il processo camerale di iscrizione della delibera da parte del tribunale. L'opposizione da parte dei creditori sociali; le affinità con il reclamo del decreto emesso dal tribunale e con l'azione revocatoria ordinaria e fallimentare.

2.3. La separazione patrimoniale ed i suoi effetti. CAPITOLO 3

Considerazioni nell'ambito del diritto fallimentare. . . . pag. 50

3.1. Il rendiconto finale.

3.2. L'insolvenza della società ed effetti sul patrimonio destinato. 3.3. (Segue) Peculiarità specifiche sull'attività espletata dal curatore dopo l'apertura della procedura concorsuale a carico della società. 3.4. L'incapienza (insolvenza) del patrimonio destinato.

3.4.1. L'insostenibilità di un fallimento esclusivo in capo alla

(2)

3.4.2. Inquadramento del terzo comma, articolo 156 l.fall.: la violazione delle regole di separatezza.

3.4.3. La liquidazione dei patrimoni destinati in ambito fallimentare.

3.4.4. Uno sguardo al passato: ricostruzione ermeneutica con tentativo di risoluzione dei problemi attinenti alla liquidazione dei creditori particolari.

CAPITOLO 4

Breve panoramica degli ordinamenti stranieri in relazione ad istituti di limitazione della responsabilità. . . pag. 87

4.1. Le affinità con l'E.I.R.L. portoghese.

4.2. La “protected cell companies”. CAPITOLO 5

La restante disciplina dell'articolo 2447 decies c.c.: “i finanziamenti destinati” (Cenni). . . . pag. 97

5.1. La fattispecie.

5.2. La natura del contratto di finanziamento ad uno specifico affare. 5.3. (Segue) Il contenuto.

5.4. Conseguenze in caso di fallimento della società.

(3)

INTRODUZIONE.

Il presente lavoro avrà ad oggetto la trattazione di un fenomeno che da pochi anni è entrato a far parte del mondo giuridico: i “patrimoni destinati operativi”.

Si tratta, sostanzialmente, di una tecnica che consente alla società di destinare una parte del proprio patrimonio per finanziare lo svolgimento di uno o più affari, (specifici, così l'articolo 2447 bis c.c.) evitando di assoggettare il patrimonio sociale a rischi connessi all'eventuale fallimento di quell'attività in cui la destinazione patrimoniale è frutto.

La trattazione verterà inizialmente sull'analisi della situazione vigente nel periodo antecedente alla riforma del diritto societario, cercando di comprendere quale sia stata l'esigenza che ha indotto il legislatore ad introdurre questo istituto.

L'analisi si svilupperà su una serie di linee direttrici che avranno ad oggetto le caratteristiche dei patrimoni destinati operativi, sulla base del nucleo di disposizioni del codice civile (sezione XI del libro quinto, in particolare v. artt 2447 bis – 2447 decies) che individuano diversi profili di particolare importanza, tra cui sicuramente, la deliberazione da parte dell'organo amministrativo della destinazione e il regime di pubblicità della destinazione successivo all'iscrizione della delibera nel registro delle imprese.

In particolare, relativamente alla procedura di iscrizione nel registro delle imprese, verrà sottolineata la sommarietà del processo di iscrizione e la possibilità di un'opposizione al provvedimento conclusivo ( essendo un processo a cognizione sommaria e specificamente un rito camerale il provvedimento sarà un decreto) sotto forma di reclamo con i modi e i limiti stabiliti dall'articolo 739 del codice di procedura civile.

(4)

Verranno considerati gli effetti che si esplicano qualora la separazione patrimoniale abbia effetto, in quanto essa influenza notevolmente le condizioni dei creditori della società, con aspetti concernenti la revocatoria fallimentare.

Le considerazioni che seguiranno affronteranno i profili conclusivi, attinenti in primo luogo al rendiconto finale, elemento fondamentale che da luogo ad una forma di opposizione da parte dei creditori particolari, qualora questi manifestino incongruenze sul piano della loro soddisfazione.

Successivamente la trattazione si sposterà sulla legge fallimentare, all'interno della quale sono presenti due previsioni (artt. 155 e 156 l.fall.) che saranno oggetto di specifica analisi.

Il suddetto lavoro dovrà necessariamente soffermarsi sulla situazione che si viene a creare di fronte all'insolvenza del patrimonio destinato perchè, ad oggi, non è previsto un meccanismo di ripartizione basato sul principio della par condicio creditorum, bensì i creditori sono soddisfatti con le modalità previste per la liquidazione della società di capitali (artt. 2484 e ss); ciò comporta una lesione delle varie posizioni creditorie ed è per questo che l'analisi si soffermerà su questo aspetto, con la ricerca di una soluzione che andrà a contemperare e a bilanciare le esigenze dei creditori speciali.

Il quarto capitolo avrà ad oggetto un'analisi di tipo “comparatistico”, in quanto in esso sono stati posti a confronto due istituti che presentano la stessa caratteristica di fondo dei patrimoni destinati: la limitazione della responsabilità e la separazione patrimoniale.

Il primo è di matrice portoghese, il c.d. “estabelecimento individual a responsabilidad limitada” , disciplinato all'interno del decreto legge portoghese 248/1986.

Il secondo è un modello anglo – francese, in quanto è nato nell'isola di Guernsey: si tratta delle c.d. “protected cell companies”, un istituto

(5)

basato sull' “insurance captive” , cioè un meccanismo assicurativo, che prevede la creazione di una società di assicurazione da parte di una holding, che fa da “contenitore” delle varie “cell” di patrimonio sociale ad essa destinato per far fronte a rischi nascenti dagli investimenti societari.

In ultima analisi sarà trattata l'ulteriore fattispecie nata con la riforma del 2003, i c.d. “finanziamenti destinati ad uno specifico affare” , istituto che presenta similitudini con i patrimoni destinati operativi, ma la cui separazione non è frutto di una destinazione da parte della società ma di un finanziamento ad opera di un terzo, il quale verrà soddisfatto con i proventi dell'affare a cui tale accredito è destinato.

(6)

CAPITOLO 1

La novità dell'articolo 2447 bis lettera a) del codice civile.

SOMMARIO: 1.1. La natura giuridica e le esigenze legate alla loro nascita. 1.2. L'organo competente per la deliberazione ed esposizione del contenuto della delibera. 1.2.1. La questione relativa ai vizi genetici della destinazione. 1.2.2. La nozione di “specifico affare”. 1.2.3. Gli strumenti finanziari partecipativi.

1.1. La natura giuridica e le esigenze legate all'introduzione dei

patrimoni destinati operativi.

Già a partire dalla situazione antecedente alla riforma del diritto societario, si iniziava a parlare di una possibile forma di limitazione della responsabilità patrimoniale della società per azioni, mediante la separazione del patrimonio e la costituzione di un vincolo di destinazione sul patrimonio separato per lo svolgimento di specifici affari.

Ciò comportava un'innovazione di non poco conto, in quanto dava luogo a notevoli agevolazioni per la società che intendeva perseguire particolari scopi, rischiando di influenzare la totalità del patrimonio sociale.

Un primo approccio interpretativo a questo istituto è offerto dalla “Giornata di Studio”, tenutasi presso la Scuola del Notariato «A. Anselmi» il 26 Gennaio 2002, alla quale hanno partecipato notai, professori universitari, magistrati ed altri operatori del diritto per discutere sulla riforma del diritto societario, soffermandosi su questa novità che consente alla società di costituire un patrimonio, separato da quello sociale, dedicato all'attuazione di particolari affari o rami di attività, con la possibilità di emettere strumenti finanziari di

(7)

partecipazione1.

Gli studiosi presenti alla riunione hanno preso in considerazione la legge n. 366 del 3 ottobre 2001 (legge delega per la riforma del diritto societario), la quale all'articolo 4, disciplina questa novità della disciplina della S.p.A. che interessa non solo l'Italia ma anche i paesi europei2 (tra cui il sistema giuridico portoghese che già dal 1986 tratta di una forma societaria che prevede una limitazione della responsabilità patrimoniale e anche il sistema anglosassone, attraverso il trust, che consente di strutturare in vario modo posizione giuridiche basate su legami fiduciari, nell'interesse di uno o più beneficiari o per uno specifico scopo).

La delega al Governo contiene, inoltre, la previsione di adeguate forme di pubblicità della costituzione del vincolo e di un adeguato regime di responsabilità per le obbligazioni riguardanti tali patrimoni (separati, dedicati, vincolati), nonché la previsione di adeguate norme a tutela dei terzi nell'ipotesi di insolvenza o di incapienza dei succitati patrimoni di destinazione.

È chiaro come l'intento del Legislatore fosse quello di evitare la costituzione di una società ad hoc comportando ulteriori oneri (ad esempio l'obbligo di creazione di una nuova sede, un nuovo oggetto, un nuovo organo amministrativo, un nuovo statuto, un nuovo atto costitutivo) che avrebbero contrastato con le esigenze imprenditoriali le quali avrebbero mirato alla realizzazione di una determinata attività.

Per comprendere a fondo la portata innovativa di questo istituto è necessario inquadrare la nozione di patrimonio che si basa sul

1 v. BECCHETTI., “Riforma del diritto societario .Patrimoni separati, dedicati e vincolati”, in Riv. Not. Fasc.1, 2003. p.49

2 FERRO LUZZI. in op.cit, 2002, p.271, il quale parla di novità assoluta nella disciplina generale delle S.p.A.

(8)

complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi, comprensivo anche dei rapporti personali, riferiti ad un soggetto determinato (persona fisica o persona giuridica), nella loro consistenza economica.

L'opinione prevalente non considera il patrimonio un'universalità (come si può considerare, ad esempio, l'eredità), anche se alcune interpretazioni lo riconducono a tale categoria, ossia ad un'entità unitaria la cui titolarità spetta ad un soggetto di diritto. Prenderemo in considerazione la tesi minoritaria3 .

L'unitarietà del patrimonio, infatti, nasce a seguito della morte del soggetto titolare, in quanto la successione fa conseguire in capo all'erede l'unità complessiva dell'asse patrimoniale: solo in questo caso si considera il passaggio come una dislocazione di un'unità complessiva e non di singoli rapporti giuridici.

Inteso in questi termini, esso è idoneo a soddisfare i bisogni del titolare e ad essere considerato come valore di scambio, con la possibilità di alienare i singoli beni che ne fanno parte; ovviamente non sarà possibile cedere l'intero patrimonio con un unico atto ad un unico acquirente, anche se ciò era possibile nel diritto romano con l'istituto della bonorum venditio4.

3 PASSARELLI., “Dottrine Generali del Diritto Civile”, IX ed. Napoli, 1989, p.85 “ed infatti quando è la legge che stabilisce l'unità di un complesso di rapporti giuridici, solo allora si tratta di universalità, benché anche nel compendio ereditario possano nascere distinti patrimoni facenti parte dell'unica eredità”. Trattasi della complessa problematica concernente il rapporto giuridico uni – soggettivo, fattispecie creata da dottrina e giurisprudenza, che appare argomento troppo vasto per essere in questa sede esaurito sufficientemente; tuttavia occorre evidenziare come questa fattispecie potrebbe rilevarsi utile al fine di decifrare, in futuro, ipotesi, come quella di una società che abbia dedicato un patrimonio ad un affare ed attraverso la quale i titolari di strumenti finanziari di partecipazione all'affare si ritrovino , per esempio, ad essere allo stesso tempo creditori della società dedicante e debitori della stessa, di utili pregressi non ancora distribuiti.

4 MESSINEO., Manuale di Diritto Civile e Commerciale (codici e norme complementari), IX Ed., Vol. Primo, Milano, 1957, p. 383, par. 26, che riporta questa procedura la quale prevede la vendita dei beni di un debitore al cosiddetto bonórum émptor, compratore dei beni, che si assume l'obbligo del pagamento dei debiti ai creditori.

(9)

Riprendendo la concezione poc'anzi sviluppata sulla unità patrimoniale, si ritiene utile ed opportuno evidenziare che il patrimonio può essere compreso tra le universalità di fatto e particolare importanza deve essere riconosciuta, entro detti limiti, al patrimonio di destinazione, il cui rilievo è dato dalla strumentalità del vincolo che può influire sulla sua disciplina giuridica.

I patrimoni di destinazione costituiscono il genus da cui discendono ed in cui sono comprese le fattispecie e le nozioni di patrimoni autonomi e di patrimoni separati: la loro caratteristica essenziale è determinata dal vincolo di destinazione specifica che indirizza una serie di rapporti giuridici attivi e passivi a favore di una o di più persone fisiche o giuridiche.

Tale loro precipua funzione dimostra come essi devono essere costituiti in unità e tenuti distinti dagli altri rapporti giuridici attivi e passivi, facenti capo alla stessa persona fisica o giuridica che ne è dominus5.

Ma, nella pratica, quali utilità trarrebbe una società dalla costituzione di un patrimonio separato? E quali sarebbero i risultati pratici di tale costituzione?

In primo luogo verrebbero riservati determinati beni ad uno scopo esclusivo, senza ulteriori fini se non il raggiungimento di quello prefissato.

In secondo luogo nascerebbe una garanzia specifica a favore di un 5 Una parte della dottrina si discosta parzialmente dalla visione del patrimonio di destinazione sopra messa in evidenza, ritenendo che dalla titolarità di detto patrimonio dipenda l'inquadramento dello stesso nell'ambito o della categoria dei c.d. autonomi o quella dei c.d. patrimoni separati. Tale dottrina sostiene che se la titolarità è individuale, ci si trova nel campo dei patrimoni separati, se invece la titolarità spetta a più soggetti ci si trova di fronte ad un patrimonio autonomo; altri ancora ritengono che il patrimonio autonomo sia caratterizzato dall'appartenenza a un soggetto collettivo con incidenza sullo stesso di autonomi diritti ed obblighi

(10)

gruppo di creditori cosiddetti “preferiti” a livello di soddisfazione, con l'esclusione degli altri creditori “non preferiti”, sulla base del fatto che questi ultimi non intratterrebbero rapporti con il patrimonio separato.

Quest'impostazione comporta necessariamente delle conseguenze favorevoli in relazione ai soggetti che contrattano con la società su aspetti (economico-patrimoniali) riferibili esclusivamente al patrimonio separato e conseguenze meno favorevoli per i creditori che risultano invece estranei rispetto all'affare o scopo specifico cui il patrimonio dedicato tendeva originariamente.

Tra le conseguenze favorevoli è importante mettere in evidenza il sistema di autonomia patrimoniale varato dal legislatore, dal momento che ha tenuto conto di quest'impostazione ed ha pianificato per i patrimoni destinati un regime di autonomia patrimoniale perfetta, incrementando una sicurezza a favore dei creditori preferiti che non si sentono intimoriti da eventuali rivendicazioni da parte dei creditori del patrimonio sociale “generale”6.

Inoltre dal punto di vista prettamente civilistico si constata la presenza di una deroga a due importanti norme del codice civile: l'articolo 2740 c.c. e l'articolo 2741 c.c.

La separazione patrimoniale opera, infatti, una limitazione alla garanzia di adempimento con tutti i beni presenti e futuri, in quanto i creditori “non preferiti” vengono soddisfatti esclusivamente con i beni del patrimonio sociale; automaticamente si apre una distinzione a latere creditoris dal momento che si sviluppano due forme di creditori: i creditori del patrimonio destinato e i creditori del

6 Trib. Bologna, 13 novembre 1990, che ha sostenuto l'inesistenza di un imprenditore separato dalla società e dal suo patrimonio in forza della partecipazione societaria dello stesso, sostanzialmente totalitaria; questa sentenza ritiene che laddove non vi sia autonomia patrimoniale perfetta, manchino addirittura i requisiti per poter sostenere l'esistenza di un patrimonio separato.

(11)

patrimonio sociale.

Infine, rimangono due aspetti su cui il legislatore del 2001 si è soffermato: il primo è stato considerato da gran parte della Dottrina7, la quale ha dato rilevanza alla tesi secondo cui il patrimonio destinato deve essere costituito ed amministrato separatamente dagli amministratori in carica che sono anche responsabili degli atti di gestione su di esso compiuti.

Il secondo aspetto attiene alla diffusione nell'ambito dei rapporti societari, in cui si prospetta una possibile forma di pubblicità per tali patrimoni, magari con l'istituto della trascrizione, sia degli atti di costituzione del vincolo, sia degli atti oggetto del patrimonio; è sicuramente necessaria anche la trascrizione nel registro delle imprese della delibera di costituzione, con un previo controllo da parte del notaio.

A questo punto, dopo aver trattato la natura dei patrimoni destinati, bisogna analizzare la loro disciplina, attualizzata dal legislatore il quale, in sede di riforma del diritto societario con il d.lgs del 17 gennaio 2003 n.6, ha inserito nel Titolo V, del Libro V del codice civile la Sez. XI; ci soffermeremo su alcuni aspetti ivi contenuti per tentare di risolvere alcuni problemi che dal punto di vista del diritto fallimentare manifestano delle incertezze sul piano della par condicio creditorum.

1.2. L'organo competente per la deliberazione ed esposizione del

contenuto della delibera.

(12)

La riforma del diritto societario, attuata con il decreto sopra citato, ha innovato profondamente la disciplina delle Società per Azioni; in particolare ha tipizzato nel codice civile i patrimoni di destinazione riservando loro un'apposita sezione (Sez. XI, Tit. V, Libro V c.c.) formata dagli articoli 2447 bis a 2447 decies.

Il legislatore ha individuato due forme di patrimoni destinati: la categoria dei c.d. “patrimoni destinati operativi” cui la sezione XI dedica la maggior parte delle disposizioni, e i c.d. “patrimoni destinati finanziari” o “finanziamenti destinati” riservando per questi ultimi una sola norma, l'articolo 2447 decies.

Riservando l'analisi di quest'ultima fattispecie nell'ultimo capitolo, ora è fondamentale trattare la categoria di cui all'articolo 2447 bis, lett.a), ove si prevede che: “la società può costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare”.

Dalla lettura della norma si evince come la società può costituire anche più patrimoni destinati, con la precisazione data dall'ultimo comma secondo cui questi non possono essere costituiti per un valore che, complessivamente, superi il dieci per cento del patrimonio netto della società, e che comunque non possono essere costituiti per esercitare attività che sono riservate a leggi speciali.

Tale limitazione quantitativa, che per alcuni autori risulta non esaustivamente giustificata8, si fonda sull'esigenza di impedire che la società sottragga una parte rilevante del proprio patrimonio alla

8 Come affermato da LAMANDINI in “Banca Borsa Titoli di Credito”, 2004, p. 30, secondo cui “la limitazione quantitativa impedisce strutture patrimoniali multidivisionali omogenee". Dello stesso avviso è MAFFEI ALBERTI che, nella Relazione al Convegno Paradigma del 3 – 4 aprile 2003 avente ad oggetto “la disciplina dei patrimoni destinati ad uno specifico affare”, afferma che la limitazione è "una sorta di cautela nell'utilizzazione di uno strumento così innovativo che finisce per costituire... una sorta di privilegio su una parte del patrimonio sociale", tanto più che la competenza alla costituzione del patrimonio destinato spetta non all'assemblea ma all'organo amministrativo.

(13)

garanzia dei suoi creditori “generali” (per riservarla a garanzia dei creditori “particolari” degli specifici affari) ed incida sui diritti dei soci, senza la loro deliberazione, in misura troppo rilevante.

Se la società ha interesse a destinare a patrimoni autonomi quote maggiori del proprio patrimonio netto sceglie la via della società per azioni unipersonale9, istituto anch'esso introdotto dalla riforma del 2003.

Tornando al limite quantitativo, è importante stabilire come esso deve essere rispettato al momento di costituzione del patrimonio, perchè non rileva più successivamente: ogni entrata che incrementa il valore del patrimonio destinato o qualsiasi perdita che colpisce il patrimonio netto non comporta la violazione del limite.

Va osservato, peraltro, che non sono previste sanzioni per l'ipotesi di mancato rispetto del limite proporzionale all'atto di costituzione. Sembra possibile affermare, quindi, come la violazione non rileva di per sé ma in rapporto al pregiudizio derivante ai creditori “generali” della società, per effetto della sottrazione al patrimonio di beni di valore superiore a quello consentito.

Consegue, a questo punto, che la violazione del rapporto di proporzionalità sopra menzionato non comporta l'inefficacia della costituzione patrimoniale, ma può rilevare soltanto alla stregua di un motivo di opposizione dei creditori generali ex art. 2447 quater c.c.10 Per costituire il patrimonio destinato è necessario che l'organo amministrativo11, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, emetta

9 COLOMBO., “Banca Borsa e titoli di credito”, 2004, p.30

10 TERRUSI. , “I patrimoni delle società per azioni destinati ad uno specifico affare: analisi della disciplina e verifica degli effetti”, in Giustizia civile, 2005, p.105 11 In ordine alla competenza ad emettere la delibera ci sono delle incertezze in

dottrina sulla possibilità affidata esclusivamente all'organo amministrativo; in particolare v. LENZI, I patrimoni destinati: costituzione e dinamica dell'affare, in Riv. Not., 2003, p.543 ss., a 557, il quale sostiene che la competenza possa essere affidata anche unicamente all'amministratore delegato. Altra dottrina evoca

(14)

la delibera di costituzione, la quale presenta un contenuto variamente articolato e preciso nel descrivere le caratteristiche della destinazione patrimoniale.

L'articolo 2447 ter individua il contenuto necessario della deliberazione; essa deve indicare in primo luogo:

– l'affare al quale è destinato il patrimonio. (lett.a)

– i beni e i rapporti giuridici compresi in tale patrimonio. (lett.b) Dato che il complesso patrimoniale destinato diventa un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici, che, nel rispetto degli adempimenti pubblicitari previsti (nell'art. 2447 quater c.c.) resta separato dalla società fino al suo scioglimento, si può desumere che il patrimonio separato deve dotarsi di una sorta di “denominazione” (si parla infatti di “specifico affare”), che si rende ancor di più necessaria quando all'interno di una società vi siano più patrimoni separati. Devono inoltre essere indicati:

– il piano economico – finanziario da cui risulti la congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dell'affare, le modalità e le regole relative al suo impiego, il risultato che si intende perseguire e le eventuali garanzie offerte a terzi. (lett.c)

– gli eventuali apporti di terzi, le modalità di controllo sulla gestione e di partecipazione ai risultati dell'affare. (lett.d) – la possibilità di emettere strumenti finanziari di

partecipazione all'affare con la specifica indicazione dei diritti che attribuiscono. (lett.e)

Il riferimento alla “congruità del patrimonio” (che si compone, in

addirittura la competenza dell'assemblea; tra i sostenitori di quest'ultima tesi v. BARTALENA., I patrimoni destinati ad uno specifico affare, relazione al Convegno di Prato del 31 gennaio 2003, in Riv. dir. comm., 2003, I, 83 ss., a 88, il quale afferma che la competenza spetterebbe all'assemblea perchè “ la delibera istitutiva incide, modificandola, sulla struttura finanziaria della società, per l'eventuale emissione di strumenti finanziari partecipativi” incidendo sui diritti dei soci.

(15)

primo luogo, del complesso di “beni e rapporti giuridici” di cui alla lett.b)) è da coordinare con la possibilità di ricevere apporti da parte di terzi.

Sembra che, qualora gli apporti dei terzi risultino determinanti per il raggiungimento della soglia di congruità, le relative obbligazioni debbano essere già state assunte (ad esempio, condizionando il finanziamento all'effettiva costituzione del patrimonio separato). La questione si rende più complessa qualora la società intende emettere strumenti finanziari nei confronti del pubblico (lett.e); in tali casi l'unica soluzione può essere quella di collocare tali strumenti con una preventiva assunzione di garanzia da parte dell'intermediario finanziario (es: SIM, società di intermediazione mobiliare).

Problemi particolari possono derivare dal tentativo di individuare la natura degli apporti e degli “strumenti di partecipazione all'affare. Il riferimento alla “partecipazione”, normalmente, individua un apporto a titolo di capitale di rischio.

Non sembra, però, che tali apporti possano entrare a far parte del capitale sociale; infatti dal punto di vista contabile, qualora si producessero utili solo in relazione allo specifico affare, non sarebbe possibile distribuire dividendi, se non in presenza di un utile, calcolato sul bilancio dell'intera società (Abriani).

In questo modo sarebbe preclusa la possibilità di remunerare gli apporti con riferimento esclusivo ai risultati dell'affare.

Un'autorevole dottrina, (Mario Stella Richter) ha notato come questo istituto presenta numerose analogie con l'associazione in partecipazione; anche se è facile comprendere come la possibilità di creare un vincolo di natura reale sui beni destinati ad un determinato affare e l'introduzione di sistemi separati di rendicontazione, ampliano le possibilità di utilizzo di questa novità rispetto a quelle

(16)

dell'associazione in partecipazione.

Ai terzi che effettuano gli apporti, ovvero ai sottoscrittori dei titoli, spetta un potere di controllo sulla gestione e sull'andamento dell'affare; ciò lo si arguisce dall'art. 2447 ter, primo comma lett. d) (“la delibera deve indicare le modalità di controllo sulla gestione e di partecipazione ai risultati dell'affare”) e dall'art. 2447 octies, primo comma, n.1, il quale prevede l'istituzione di un'assemblea per ogni categoria di strumenti finanziari di partecipazione e la nomina di un rappresentante comune per ogni categoria, che controlli il regolare andamento dello specifico affare.

La deliberazione costitutiva deve inoltre contenere:

– la nomina di un revisore legale o di una società di revisione legale per la revisione dei conti dell'affare, quando la società non è già assoggettata alla revisione legale.

– le regole di rendicontazione dello specifico affare.

La necessità di prevedere le regole di rendicontazione è giustificata dalla necessaria adozione di accorgimenti contabili idonei ad evitare la confusione con le altre attività della società.

Tale prescrizione è poi correlata all'articolo 2447 septies, il quale stabilisce che per ogni patrimonio destinato gli amministratori redigono un separato rendiconto allegato al bilancio.

1.2.1. La questione relativa ai vizi genetici della destinazione.

Dopo aver chiarito quali requisiti deve rispettare la delibera costitutiva della destinazione patrimoniale, appare inevitabile notare che non è presente una norma che disciplina la conseguenza attinente all'inosservanza dei criteri dell'articolo 2447 ter c.c.

(17)

soluzione sopra delineata a proposito dell'eventuale violazione, in sede di costituzione, della soglia del 10 per cento del patrimonio netto rispetto al valore del patrimonio destinati; questo perchè il rispetto dei requisiti della norma summenzionata è richiesto non solo nell'interesse dei creditori sociali anteriori ma anche nell'interesse di terzi, potenziali investitori nell'affare.

Una parte della dottrina12 ha tentato di ricondurre l'inosservanza all'invalidità della destinazione; in particolare si è sostenuto che, rappresentando le prescrizioni di cui alle lett. a, b, c, f, e, g dell'art. 2447 ter c.c., i presupposti di validità ed efficacia della destinazione, il mancato rispetto di simili prescrizioni determinerebbe un vizio genetico dell'atto e, di conseguenza, l'inefficacia della stessa destinazione patrimoniale e l'impossibilità di ritenere applicabile il regime di limitazione di responsabilità sotteso al vincolo.

L'effetto che ne deriverebbe sarebbe questo: il creditore sociale, ovvero il creditore particolare del singolo affare, nel caso in cui si vedessero opposti dalla società l'insufficienza dei beni del patrimonio destinato, potrebbero contestare la validità dell'atto di destinazione; inoltre, dove venisse accertata effettivamente l'inosservanza delle disposizioni richiamate, la società risponderebbe con tutti i suoi beni, anche se non indicati nel patrimonio destinato13.

Tale impostazione sembra corretta, però rimangono dei dubbi dal punto di vista della sostenibilità tecnica14. Infatti un'altra dottrina ha opinato questa teoria stabilendo che essa afferma l'esistenza di un principio non tipizzato: il principio della responsabilità integrale per

12 INZITARI., “I patrimoni delle società per azioni destinati ad uno specifico affare: analisi della disciplina e verifica degli effetti”, in Giustizia civile, 2005, p. 299 13 Da notare come questa teoria reintroduce l'applicabilità dell'articolo 2740 c.c.,

sotto forma di sanzione per il mancato rispetto delle norme che caratterizzano la delibera costitutiva. Verrà a breve chiarito come quest'impostazione presenta imperfezioni dal punto di vista tecnico.

(18)

le obbligazioni nate dall'affare, in caso di mancata osservanza delle regole di costituzione.

In particolare si stabilisce che la disapplicazione della disciplina della limitazione della responsabilità va dedotta dalla considerazione secondo cui tale privilegio è direttamente connesso alla disciplina relativa alle regole di identificazione degli atti di esecuzione dell'affare ex art. 2447 quinquies, u.c. c.c.

In realtà, tale ultima disposizione non costituisce una base sufficiente per estrapolare il principio generale di cui sopra.

Per l'appunto la norma si limita a prevede che gli atti compiuti in relazione ad uno specifico affare devono recare espressa menzione del vincolo di destinazione; in mancanza ne risponde la società con l'intero patrimonio residuo.

È facile comprendere come questa norma non presenta alcun profilo che potrebbe interessare l'eventuale vizio della delibera costitutiva. Tale dottrina è in qualche modo riuscita ad operare un ragionamento basato sulla natura della deliberazione costitutiva: essendo una delibera, essa può essere infirmata soltanto con l'esperimento dell'azione volta alla sua impugnazione.

Da ciò consegue che la questione dell'esistenza di una delibera costitutiva presa in violazione del disposto ex art. 2447 ter c.c. è connessa a quella degli eventuali rimedi attivati contro la delibera del consiglio di amministrazione15, con l'alternativa di ritenere il vizio come causa di nullità o come causa di annullamento della delibera

15 In ordine agli strumenti di tutela contro le delibere del consiglio di amministrazione, cfr IRRERA, Le delibere del consiglio di amministrazione, Milano, 2000 p.89 ss.; a titolo esemplificativo v. CAMPOBASSO., Diritto commerciale, II. Diritto delle società, Torino 2002, 358 ss. e 556 ss.; MEO, Gli effetti dell'invalidità delle deliberazioni assembleari, Milano 1998; FERRO LUZZI, La conformità delle deliberazioni assembleari alla legge e all'atto costitutivo, Milano 1993; ZANARONE, L'invalidità delle deliberazioni assembleari, in Trattato delle società per azioni diretto da COLOMBO e PORTALE, III, t. 2, Torino 1993, 187 ss.

(19)

stessa.

Sotto questi aspetti la normativa sui patrimoni destinati presenta molte carenze.

Merita attenzione l'opinione di chi16ha sottolineato che la delibera in questione, se è sicuramente aggredibile dai creditori sociali anteriori, con le forme dell'opposizione ex art. 2447 quater c.c., non lo è, con le stesse forme, da parte dei creditori successivi.

Difatti, secondo l'articolo 2447 quater, secondo comma, c.c., entro due mesi dall'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese, i creditori sociali anteriori possono fare opposizione (vedremo nel prossimo capitolo le modalità dell'opposizione e le affinità di questo istituto con il reclamo contro il decreto emesso dal tribunale con rito camerale, laddove venga invocato il procedimento camerale di iscrizione della delibera nel registro delle imprese, anziché quello ordinario sancito nei primi commi dell'art. 2436 c.c.).

Questo comporta da un lato, che i terzi creditori successivi non sono legittimati ad attivarsi per aggredire la deliberazione costitutiva con l'opposizione e dall'altro lato, un consistente problema tecnico con riguardo alle forme di tutela dei creditori suddetti.

Basti osservare come tale lacuna non è colmabile neanche con l'azione generale di impugnativa delle delibere del consiglio di amministrazione di cui all'art. 2388 c.c., il quale al quarto comma, prevede, per le delibere non conformi alla legge o allo statuto, il potere di impugnativa del collegio sindacale e degli stessi amministratori assenti o dissenzienti, oppure dei soci qualora le deliberazioni siano lesive dei loro diritti.

Sotto quest'ultimo profilo si può chiaramente ravvisare il potere di impugnativa dei soci, dal momento che la costituzione di un

16 BOZZA, I patrimoni delle società per azioni destinati ad uno specifico affare: analisi della disciplina e verifica degli effetti, in Giust.civ. 2005, p.105

(20)

patrimonio destinato è tale da incidere profondamente sui diritti di costoro, da una parte filtrando nuove attività che vengono destinate ad una separata iniziativa e dall'altra limitando i loro diritti partecipativi tutte le volte che sono emessi strumenti finanziari di partecipazione.

Ma è certamente da escludere qualsiasi potere di impugnativa dei creditori sociali successivi alla costituzione.

Anche se non mancano alcune pronunce giurisprudenziali17, che ritengono esperibile l'azione generale di nullità ex art. 2379 c.c. verso le delibere dell'organo amministrativo: tale azione può essere proposta da chiunque ha interesse entro tre anni dall'iscrizione della delibera nel registro delle imprese18.

Purtroppo, anche volendo seguire tale indirizzo, il vizio di cui si tratta non sembra collocabile nell'ambito delle ipotesi di nullità della delibera in quanto non si può parlare né di oggetto impossibile, né di oggetto illecito19.

In particolare, è stabilito che l'oggetto della deliberazione degli organi societari è illecito qualora la decisione si pone in contrasto con norme imperative poste a tutela di interessi indisponibili, oppure con principi di ordine pubblico o di buon costume; cosa che evidentemente non può sostenersi con riferimento alla deliberazione costituiva dei patrimoni destinati, adottata in violazione delle

17 Cass. 25 settembre 1999 n. 10602, in Soc., 2000,306; Cass. 26 novembre 1998 n. 12012, in Giuri. It., 1999, con nota di IRRERA, Vizi di procedimento (ed invalidità) della delibera consiliare e riflessi sulla conseguente delibera assembleare; Cass. 28 marzo 1996 n. 2580, in Foro.it., 1997 con nota di LAROCCA, Le delibere del consiglio di amministrazione di S.p.A. lesive del diritto del socio; Cass. 5 settembre 1995 n. 9314, in Giur. Comm., 1997, II, 145, con nota di SANTAGATA R., Omessa convocazione di uno dei consiglieri ed invalidità delle delibere del consiglio di amministrazione., in Giur. Comm., 2007, p. 156 – 158.

18 Per l'affermazione secondo cui l'art. 2388 c.c., parlando esclusivamente delle delibere difformi dalla legge o dall'atto costitutivo, lascia aperto il problema della nullità, rispetto al quale continuerebbe a valere, in applicazione analogica l'art. 2379 c.c., v. AMBROSINI, L'amministrazione e i controlli nella S.p.A., in Giur. Comm., 2003, p.315

(21)

previsioni di cui all'art. 2447 ter c.c.

Appare chiaro come la violazione rileva al massimo come un intento fraudolento a danno dei creditori, dipendente dall'inesatta raffigurazione dei dati inseriti nella delibera e posti a fondamento della destinazione, cui può ricollegarsi un'eventuale invalidità dell'atto negoziale stipulato dal terzo (sulla base del fatto che tale atto è frutto di errore o dolo), oppure può rilevare come presupposto per l'esperimento dell'azione revocatoria, come si vedrà nel prossimo capitolo.

In questi termini viene da se che il legislatore deve attivarsi al fine di prevedere un meccanismo sanzionatorio nei confronti della delibera adottata in contrasto con l'art. 2447 ter c.c.

1.2.2. La nozione di “specifico affare”.

L'art. 2447 bis lett a) stabilisce che la società può costituire uno o più patrimoni in via esclusiva ad uno “specifico affare”.

Il termine “affare” è stato interpretato estensivamente20 e soprattutto risaltandone i profili economico – aziendali21 in particolare quando, al secondo comma della norma summenzionata, si fa riferimento all' “esercizio di affari attinenti ad attività”.

Nel campo civilistico il concetto di affare è stato utilizzato di rado dal legislatore in varie tipologie contrattuali, tra cui ad esempio il

20 LENZI., I patrimoni destinati: costituzione e dinamica dell'affare; Riv. Not. 2003 p.543, il quale sostiene che la necessità di una specificazione dell'affare cui è destinato il patrimonio, che si evince appunto dal termine «specifico» utilizzato all'art. 2447- bis c.c., si pone l'evidente obiettivo di superare i noti problemi sulla formazione di oggetti sociali piuttosto ampi. L'A. sottolinea peraltro l'attenzione all'effettivo grado di tale specificità; rilevante altresì in riferimento all'eventuale accertamento dell'impossibilità di realizzare l'affare, quale causa di cessazione della destinazione del patrimonio allo specifico affare ai sensi dell'art. 2447- novies, comma 1, c.c

21 INZITARI., I patrimoni delle società per azioni destinati a uno specifico affare: analisi della disciplina e verifica degli effetti; Gius. Civ. 2005 p.105; BOZZA, op,cit, 2005. p.105

(22)

mandato, l'associazione in partecipazione, la mediazione, senza mai fornire una esplicita definizione22.

A livello interpretativo, vi sono numerosi autori che hanno elaborato una concezione del significato di “affare”: può essere condivisa l'affermazione di chi (Bozza) ha sostenuto che “l'affare designa l'operazione economica concretamente programmata nella gestione di un segmento di attività imprenditoriale, per la cui realizzazione è necessaria la destinazione di una parte del patrimonio della società”. Da questa definizione si comprende che l'affare va considerato dal lato economico.

Altri autori hanno sostenuto che per “affare” si allude all'iniziativa progettata dalla società23; in questo senso l'espressione viene utilizzata in alternativa all'ulteriore termine “operazione” che ritroviamo nell'art. 2447 decies, terzo e quarto comma c.c.

Si tratta di un concetto generico che descrive una serie coordinata ed indeterminata di atti che possono manifestarsi nella stipulazione di contratti, nell'assunzione di deliberazioni, nel compimento di attività materiali assumendo una rilevanza spiccatamente economica.

Considerando le interpretazioni sviluppate con riferimento al termine affare, utilizzato nell'ambito dell'associazione in partecipazione, deve ritenersi che lo “specifico affare” non può coincidere con la generale attività di impresa svolta dalla società24.

Esso è invece riferibile anche ad un ramo dell'attività di impresa

22 Per il mandato cfr. art. 1721 e ss c.c.; per l'associazione in partecipazione cfr. art. 2549 e ss c.c.; per la mediazione cfr. artt. 1754 e 1755 c.c.

23 MINUSSI. , “I patrimoni destinati ad uno specifico affare, la nozione di “affare”; http://www.e-glossa.it/wiki/nozione_di_affare_(patrimonio_destinato) 2005. 24 LENZI., “I patrimoni destinati: costituzione e dinamica dell'affare”; Riv. Not. 2003

p.543 dove si afferma che l'affare può anche non avere la caratteristica della novità ma consistere in un affare già esistente da sviluppare con nuove risorse, anche se in ogni caso l'affare non può essere l'unica attività oggetto della società. Cfr. questa tesi con SANTOSUOSSO.,”Il nuovo diritto societario”, in Dir.e Giust., supplemento al fasc.9/2003 p.87 e ss., in ordine all'approfondimento dei contorni della nozione di affare anche al fine della valutazione della “congrua patrimonializzazione”.

(23)

svolta dalla società, con i limiti, sul piano qualitativo, della ricomprensione nell'ambito di operatività dell'oggetto sociale e dell'esclusione delle attività riservate in base a leggi speciali25.

Quindi, sulla base di quanto si è affermato, non sembrano esserci dubbi che l'oggetto concreto dell'“affare” deve poter ritrovare una corrispondenza nelle indicazioni inserite nell'oggetto sociale; anche se occorre osservare come l'ampiezza del riferimento che si riporta negli statuti societari, ad ogni operazione commerciale, sia pure essa da intendersi funzionale al perseguimento dell'oggetto sociale, amplia notevolmente l'ambito di operatività in cui si estrinseca l'affare.

Al contrario esso non potrà esaurire l'oggetto sociale, nel senso che non potrà costituire l'unica attività oggetto della società; questo perchè non si giustificherebbe la separazione del patrimonio della società rispetto a quello destinato al perseguimento dell'affare. Infatti per l'Autore che sostiene questa tesi26 si può logicamente far riferimento alla nozione di ramo d'azienda.

Va sottolineata l'esistenza di un limite all'interno dello stesso art. 2447 bis, ultimo comma c.c., il quale afferma che (oltre al limite del 10

25 LENZI., op.cit.

26 MINUSSI. , “I patrimoni destinati ad uno specifico affare, la nozione di “affare”; http://www.e-glossa.it/wiki/nozione_di_affare_(patrimonio_destinato), 2005, il quale interpretando l'art. 2447 ter lett c) chiarisce come la deliberazione che da vita al patrimonio destinato deve dare indicazioni relativa al "piano economico finanziario da cui risulti la congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dell'affare, le modalità e le regole relative al suo impiego...". Ciò conferma, se ve ne fosse bisogno, che con il termine "affare" si allude ad una realtà complessa e dinamica. Di contrario avviso è GIANNELLI, in “Organizzazioni. Strumenti finanziari partecipativi. Patrimoni destinati”, in Diritto delle società di capitali, 2003 p.92, il quale opinando la teoria del ramo d'azienda, afferma che la necessaria «specificità» dell'affare, come stabilita dall'art. 2447-bis, comma 1, lett. a, c.c., produce due conseguenze di rilievo dal punto di vista pratico: da un lato induce a escludere che il patrimonio destinato possa avere per oggetto la gestione continuativa di un ramo d'azienda ; dall'altro porta a ritenere introdotto , sebbene mediante impiego di una forma di normazione «per implicito» , un limite allo stesso utilizzo dei beni compresi nel patrimonio; nel senso che il patrimonio non può essere utilizzato per attività non inerenti il compimento dello specifico affare

(24)

per cento, già trattato in precedenza) “i patrimoni destinati non possono essere costituiti per l'esercizio di affari attinenti ad attività riservate in base a leggi speciali”.

La norma non chiarisce se il divieto attinente alle attività riservate ha portata generale o deve riferirsi alle sole società che costituiscono il patrimonio destinato e che non siano a loro volta abilitate all'esercizio dell'attività riservata; quindi data la presenza di un'esclusione espressa, fa pensare che il legislatore abbia voluto prevedere un 'applicazione più estesa del divieto27.

Significativo, poi, è l'aggettivo “specifico” , il quale per alcuni Autori28 costituisce un limite affinché il patrimonio non venga utilizzato per attività non inerenti il compimento dello specifico affare; per essi si rende plausibile l'argomentazione secondo cui la società risponde interamente delle obbligazioni contratte con i terzi per atti non pertinenti allo specifico affare, il cui oggetto risulta dalla delibera di costituzione.

È interessante osservare come la specificità dell'affare rileva anche ai fini della determinazione dei poteri di rappresentanza degli amministratori della società ex art. 2384 c.c.; in questo modo l'utilizzo dei beni destinati in operazioni non pertinenti non può ritenersi opponibile ai terzi, se non nei limiti della disciplina del secondo comma dell'articolo succitato.

Sarà, infatti, onere della società fornire la prova dell'azione intenzionale dei terzi a danno della società.

1.2.3. Gli strumenti finanziari partecipativi.

Il patrimonio separato può essere incrementato da apporti di terzi e

27 LENZI, I patrimoni destinati: costituzione e dinamica dell'affare; Riv. Not. 2003 p.543

(25)

ciò risulta possibile mediante l'emissione di strumenti finanziari di partecipazione allo specifico affare, con l'indicazione dei diritti che attribuiscono (art. 2447 ter, comma 1, lett.e).

Se questi strumenti finanziari sono titoli offerti ad investitori non professionali e sono diffusi tra il pubblico in maniera rilevante, la delibera di costituzione deve nominare un revisore o una società di revisione incaricata della revisione dei conti dell'affare, sempreché la società non sia già assoggettata alla revisione legale29.

Gli strumenti finanziari partecipativi sono un istituto inserito anch'esso con la riforma del 2003, per consentire l'acquisizione da parte di soci o di terzi di apporti di natura patrimoniale.

Tali apporti non possono formare oggetto di conferimento e quindi non sono imputabili al capitale sociale, come le prestazioni di opera o di servizi o le azioni a favore dei prestatori di lavoro.

Ciò comporta che esserne possessore non attribuisce la qualità di azionista; inoltre dal punto di vista dei diritti che attribuiscono al titolare presentano delle particolarità.

Infatti possono essere forniti solo di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, con esclusione del diritto di voto nell'assemblea generale degli azionisti.

Tuttavia, su taluni argomenti specificati dallo statuto, possono avere diritto di voto: ad esempio in relazione alla nomina di un componente indipendente30 del consiglio di amministrazione o del consiglio di

sorveglianza (se la società ha adottato un sistema dualistico di amministrazione e controllo) o di un sindaco.

La loro emissione, contemplata dall'art. 2346, ultimo comma c.c., dev'essere prevista dall'atto costitutivo o dall'assemblea

29 v. G. CAMPOBASSO. “Diritto commerciale 2, diritto delle società”, a cura di M. CAMPOBASSO., Utet giuridica, 2013, p. 180 – 181.

30 Tale amministratore rimane comunque soggetto alle stesse norme previste per gli altri componenti dell'organo a cui partecipa. Così, G. CAMPOBASSO. in op cit, p.367

(26)

straordinaria.

È quindi l'organo competente a modificare il contratto sociale a poter incidere su di esso.

In realtà, in relazione alla disciplina dei patrimoni destinati, l'art. 2447 ter attribuisce la competenza a deliberare l'emissione di tali strumenti all'organo amministrativo e non all'assemblea straordinaria.

Da notare che in due ipotesi analoghe il legislatore ha attribuito la competenza a due organi diversi.

Questo contrasto può essere superato, per una certa dottrina31, ritenendo che la competenza dell'organo amministrativo si può spingere fino all'emissione di strumenti finanziari; è importante sottolineare, però, che tali strumenti non possono attribuire diritti diversi dalla partecipazione ai risultati economici del solo patrimonio destinato.

Negli altri casi, subentra la competenza dell'assemblea straordinaria, qualora si intende far assumere a questi strumenti le caratteristiche proprie di quelli dell'art. 2346 ultimo comma c.c.

Un aspetto fondamentale è la presenza di un assemblea (speciale ex art. 2447 octies c.c.) di possessori di strumenti finanziari, la quale delibera su determinati aspetti, tra cui:

– la nomina e la revoca dei rappresentanti comuni di ciascuna categoria, con funzione di controllo sul regolare andamento dello specifico affare, e sull'azione di responsabilità nei loro confronti;

– la costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi dei possessori degli strumenti finanziari e

31 Cfr. NOTARI., “Azioni e strumenti finanziari: confini della fattispecie e profili di disciplina”, Relazione presentata al Convegno “Forum sulla riforma del diritto societario”, Milano 10 – 14 febbraio 2003.

(27)

sul rendiconto relativo;

– la modifica dei diritti attribuiti dagli strumenti finanziari;

– su altri oggetti di interesse comune a ciascuna categoria di strumenti finanziari.

La costituzione dei possessori di tali strumenti in un gruppo organizzato risponde allo scopo di assicurare un'efficace tutela degli interessi dei titolari nei confronti della società.

Inoltre, l'art. 2447 octies secondo comma, stabilendo che a tale assemblea si applica la disciplina dell'assemblea degli obbligazionisti (artt. 2415, secondo, terzo, quarto e quinto comma, 2416 e 2419 c.c.), inserisce una serie di previsioni attinenti alle stesse maggioranze previste per la validità delle deliberazioni emesse dall'assemblea straordinaria.

Inoltre, la presenza del rappresentante comune per ciascuna categoria di strumenti finanziari, consente la sicura esecuzione delle delibere dell'assemblea speciale.

Qualora i possessori intendono impugnare tali delibere, perchè non conformi alla legge o allo statuto, devono redigere un atto di citazione e notificarlo alla società.

La competenza è del tribunale dove la società ha sede.

Inoltre, è possibile presentare un ricorso contestuale al deposito in cancelleria della citazione, chiedendo la sospensione dell'esecuzione della delibera.

In caso di eccezionale urgenza, il presidente del tribunale può provvedere sull'istanza con decreto motivato, che deve anche contenere la designazione del giudice per la trattazione della causa di merito e la fissazione davanti al giudice designato, entro quindici giorni, dell'udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti emananti con il decreto, nonché la fissazione del

(28)

termine per la notificazione alla controparte del ricorso e del decreto. Una volta assegnata la causa al giudice, e sentiti gli amministratori e i sindaci, egli valuta comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dall'esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell'esecuzione della deliberazione; può, inoltre, disporre che i possessori opponenti prestino idonea garanzia per l'eventuale risarcimento dei danni.

Durante l'udienza il giudice può anche esperire il tentativo di conciliazione, suggerendo eventualmente le modifiche da apportare alla deliberazione impugnata, potendo anche rinviare l'udienza.

Qualora il giudice emetta il decreto di sospensione o la sentenza, gli amministratori devono procedere ad iscrivere il dispositivo nel registro delle imprese.

(29)

CAPITOLO 2

Il regime pubblicitario dei patrimoni destinati operativi.

SOMMARIO: 2.1. Le modalità di deliberazione e le attività conseguenti: il deposito e l'iscrizione della delibera nel registro delle imprese. 2.2. Il processo camerale di iscrizione della delibera da parte del tribunale. L'opposizione da parte dei creditori sociali; le affinità con il reclamo camerale e con l'azione revocatoria ordinaria e fallimentare. 2.3. La separazione patrimoniale ed i suoi effetti.

2.1. Le modalità di deliberazione e le attività conseguenti: il deposito e

l'iscrizione della delibera nel registro delle imprese.

Al termine della formazione della delibera costitutiva, si attua quella forma di limitazione della responsabilità patrimoniale di cui abbiamo già trattato precedentemente.

Però è opportuno sottolineare che detta limitazione (intesa come deroga all'art. 2740 c.c.) è un effetto che non può prescindere dalla pubblicità della deliberazione32.

Infatti l'art. 2447 quater primo comma afferma che “ la deliberazione dev'essere depositata ed iscritta a norma dell'art. 2436 c.c.”.

Appare chiaro come il legislatore abbia voluto dare effettività al momento conoscitivo della delibera, prevedendo lo stesso procedimento che si attua per la modificazione dello statuto, potendo affermare che l'oggetto della pubblicità è la nascita del vincolo di destinazione su una massa patrimoniale, senza considerare le successive variazioni; infatti i successivi incrementi e decrementi del

32 Come precisa IBBA., “La pubblicità del patrimonio destinato”, G.comm. 2007, p. 725, la pubblicità è un elemento essenziale nel momento iniziale della

separazione patrimoniale, in quanto non serve solo a far conoscere (e neanche solo a rendere opponibile a terzi) ma serve soprattutto a produrre l'effetto separativo. L'A. aggiunge che la pubblicità dovrebbe rivelarsi essenziale anche nella fase estintiva, essendo necessaria (per simmetria) a produrre il venir meno di quell'effetto.

(30)

patrimonio, di regola non sono soggetti a pubblicità.

La competenza ad emettere la delibera spetta al Consiglio di Amministrazione a maggioranza assoluta dei suoi componenti, anche se lo statuto può prevedere diverse maggioranze o una diversa competenza, ad esempio attribuendo all'assemblea dei soci il potere di deliberare in ordine alla costituzione di patrimoni destinati33.

Per evitare di incorrere nella violazione delle previsioni previste per la correttezza della delibera (le cui conseguenze sono già state oggetto di approfondita analisi nel capitolo precedente) il C.d.A. deve soprattutto verificare il rispetto del limite del dieci per cento e che l'affare a cui è destinato il patrimonio non sia disciplinato da leggi speciali.

Per tale motivo assume rilevanza l'istituto della pubblicità, per dar modo ai terzi di apprezzare la separazione patrimoniale mediante la conoscenza delle caratteristiche dell'operazione che la società intende realizzare.

Il mezzo previsto dal legislatore è , come affermato poc'anzi, quello del deposito dell'iscrizione della deliberazione costitutiva nel registro delle imprese34.

Anche se il campo di regole che ammantano il sistema pubblicitario , sono tre:

1. la deliberazione deve essere iscritta nel registro delle imprese; 2. è necessaria la successiva decorrenza di un termine di sessanta

giorni dall'iscrizione, senza che i creditori sociali abbiano

33 Inoltre la delibera costitutiva, non essendo contemplata tra gli atti non delegabili dal Consiglio di Amministrazione, può essere anche attribuito all'esclusiva competenza del Consigliere delegato o del Comitato esecutivo. Per un maggiore approfondimento cfr. FIMMANO', “I patrimoni destinati ad uno specifico affare”, p. 7 e ss. Cfr con il d.lgs 6 febbraio 2004 n.37 il quale elimina la precedente

competenza alternativa tra consiglio di amministrazione e consiglio di gestione, prevedendo unicamente la competenza dell'organo amministrativo.

34 Con riguardo alla funzione del registro delle imprese cfr. SALANITRO, “Società di capitali e registro delle imprese” , Giur. Comm. 2003, p.678 e ss.

(31)

proposto opposizione ex 2447 quinquies c.c.;

3. gli atti compiuti in relazione allo specifico affare devono recare espressa menzione, come prevede l'ultimo comma della norma summenzionata.

L'art. 2447 quater c.c., richiama il procedimento previsto dall'art. 2436 c.c., suscitando innumerevoli dubbi circa l'intervento di verbalizzazione da parte del notaio, anche se la maggior parte della dottrina è favorevole a quest'impostazione35. Infatti non c'è dubbio

35 Cfr. per tale impostazione, TONDO . “I patrimoni destinati” , Relazione tenuta presso il Consiglio Notarile di Firenze, il 13 maggio 2003; CASTELLANI., in op.cit, p.5 : “la costituzione del patrimonio destinato dovrà risultare da verbale consiliare redatto in forma notarile; MALTONI., “Prime riflessioni in ordine ai patrimoni destinati ad uno specifico affare”, Relazione presentata al Convegno “La nuova disciplina delle società per azioni: prime indicazioni operative”, organizzato dal Consiglio Notarile di Bologna, 6 dicembre 2002,secondo cui il richiamo diretto all'art. 2436 c.c. comporta il necessario ministero del notaio quale verbalizzante; IBBA, “La pubblicità del patrimonio destinato”, Giur. Comm., 2007, p. 725; si veda inoltre quanto statuito dal Ministero delle Finanze in sede di approvazione delle linee direttrici di “Infrastrutture S.p.A.” (I.s.p.a.), la società creata, insieme alla “Patrimonio dello Stato S.p.a.”, dal Ministero dell'Economia per finanziare le grandi opere e volta, fondamentalmente, a reperire risorse finanziarie sul mercato. Cfr. l'art. 8 comma 4. del D.L. 15 aprile 2002, n. 63 convertito, con modifiche, dalla L. 15 giugno 2002 n. 112 pubblicata in Gazzetta Ufficiale – G.U. n. 139 del 15 giugno 2002, secondo cui con uno o più decreti del Ministro

dell'economia e delle finanze sono formulate le linee direttrici per l'operatività della società. Tali linee direttrici si soffermano in particolare sull'utilizzazione dell'istituto dei patrimoni destinati da parte della società “I.s.p.a.: la società può destinare i propri beni e diritti relativi a una o più operazioni di finanziamento al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli e dei concedenti di

finanziamenti mediante i quali la società stessa raccoglie la relativa provvista. I beni e i diritti così destinati costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quelli relativi alle altre operazioni, così come

puntualizza il comma 13 delle linee, il quale prosegue: la destinazione dei beni di cui al presente paragrafo, e al relativa costituzione del patrimonio separato, viene effettuata con delibera del Consiglio di Amministrazione della società a maggioranza assoluta dei suoi componenti e soprattutto il verbale della deliberazione degli amministratori dev'essere redatto da un notaio. Tale ultima affermazione si pone come significativo argomento interpretativo a sostegno della necessità dell'intervento notarile nella verbalizzazione della delibera di costituzione del patrimonio destinato. (cfr. TREMONTI “Linee guida di I.s.p.a.” , Il Sole 24 ore, 2003, p.20; ROMANO. “Infrastrutture S.p.a. aumenta il capitale e diventa operativa”, Milano e finanza, 2003, p.2. ;v. anche in tal senso

DONATIVI,NIUTTA,RUBINO DE RITIS,R.SANTAGATA. Di contrario avviso è COMPORTI, “Pubblicità della costituzione del patrimonio destinato”, p. 981 e ss, il quale argomenta a partire dal principio di libertà della forma. La tesi non è condivisibile perchè riduce il ruolo del notaio solo al deposito dell'atto (cioè della delibera costitutiva del patrimonio) per l'iscrizione nel registro. Rinunciare

(32)

che la rilevanza dell'operazione, , la complessità del contenuto della delibera, così come indicato nell'art. 2447 ter, e la tutela della pluralità di interessi coinvolti, fanno propendere per un'opportuna obbligatorietà della verbalizzazione e del conseguente controllo notarile.

I dubbi sorgono per la mancata esplicitazione nella norma della verbalizzazione notarile ( come fanno, al contrario, a proposito della delibera di emissione delle obbligazioni, l'art. 2410 c.c.; e l'art. 152 l.fall in relazione alla proposta di concordato); ciò nonostante non si può pensare che il deposito per l'iscrizione può prescindere dal controllo notarile di legalità, anche perchè l'ufficio del registro delle imprese è chiamato (dall'art. 2436 secondo comma c.c.) a verificare solo la “regolarità formale della documentazione”.

La funzione di controllo è quindi essenziale e , addirittura, per alcuni autori (Stella Richter) è rimessa sempre al notaio che ha redatto l'atto o che ha verbalizzato la delibera.

Nessun dubbio, sull'intervento notarile, può esservi quando la deliberazione deve essere trascritta, essendo compresi nel patrimonio destinato beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri36.

alla forma dell'atto pubblico per la delibera implica fare a meno del controllo del notaio circa la sussistenza dei requisiti di legge, rimettendo la verifica di legalità solo all'eventuale opposizione dei creditori, che tuttavia potrebbe non solo essere resa più difficile dall'assenza di accertamento notarile circa l'an, il quando, e il quomodo della delibera, ma anche mancare del tutto. Non è che chi non veda come l'eventuale assenza di interesse dei terzi non renda meno

necessaria, o quanto meno, opportuno (soprattutto al fine della trasparenza) una verifica della regolarità dell'operazione.

36 Al riguardo vi sono autori (v. MALTONI. “Prime riflessioni in ordine ai patrimoni destinati ad uno specifico affare”, Relazione presentata al Convegno “La nuova disciplina delle S.p.A.: prime indicazioni operative”, organizzato dal Consiglio Notarile di Bologna, 6 dicembre 2002) che si sono posti l'ulteriore problema, ai fini dell'opposizione, dell'annotazione presso i registri immobiliari della delibera costitutiva qualora siano ricompresi beni immobili nel patrimonio destinato. In particolare, non è dato un preciso termine entro cui compiere quest'annotazione. Considerati i due mesi concessi per l'opposizione della delibera, si ritiene che l'annotazione vada eseguita solo dopo il decorso del termine soprammenzionato (poiché per l'A. succitato si annoterebbe un provvedimento inefficace). Tuttavia, è necessario anche chiarire cosa accade in pendenza del termine anzidetto

(33)

Di diversa opinione è chi critica la dottrina che ammette inequivocabilmente il controllo notarile, contestandole l'erronea valutazione che quest'ultima opera dando per scontato che la deliberazione sia assimilabile alle deliberazioni straordinarie che modificano lo statuto; infatti per i sostenitori della tesi negativa, è stata posta in essere una considerazione non appropriata dell'istituto, dal momento che la portata della deliberazione non determina una modifica dello statuto37.

Sulla base di quanto essi hanno affermato, la delibera risponde alla generale categoria degli atti gestori, dal momento che la competenza è attribuita al consiglio di amministrazione e non all'assemblea straordinaria; inoltre è importante notare che la legge non fa decorrere la destinazione patrimoniale a far data dalla costituzione della società.

Ciò comporta che il riferimento all'art. 2436 c.c. serve solo a rafforzare il regime di conoscibilità a favore di terzi, in relazione alla necessità del deposito e iscrizione nel registro delle imprese, con conseguente inapplicabilità dei commi terzo e quarto dello stesso articolo.

A questo punto è giocoforza stabilire che la mancata pubblicità della delibera preclude l'effetto della separazione patrimoniale38;

qualora un creditore decide di agire esclusivamente sui beni immobili destinati allo specifico affare. È stato sostenuto in questo caso che l'art. 2436 c.c. intende suggerire un'”autonoma valenza” delle due forme di pubblicità: il significato del sistema dev'essere letto nel senso che i creditori successivi all'iscrizione presso il registro delle imprese non possono far valere i loro diritti sui beni separati, salvo che si tratti di beni immobili rispetto a cui non è stata compiuta l'annotazione. 37 Tra gli altri v. TERRUSI., “I patrimoni delle società per azioni destinati ad uno

specifico affare: analisi della disciplina e verifica degli effetti” , Giust. Civ, 2005, p.105

38 Si tratta, pertanto, di pubblicità costitutiva, sia nel senso che la delibera è efficace e può avere esecuzione solo dopo l'iscrizione e la mancata opposizione dei creditori sociali preesistenti, sia nel senso che risulta determinante al fine del prodursi dell'effetto segregativo. Casi di pubblicità di atti sociali con analoga efficacia sono stati introdotti dalla riforma nelle ipotesi di delibere di modifica dell'atto costitutivo redatte con l'intervento notarile (il nuovo art. 2436, comma

(34)

quest'affermazione serve a completare il quadro attinente al regime di validità della delibera costitutiva.

Infatti, oltre all'ipotesi di mancata pubblicazione della delibera costitutiva, anche il mancato rispetto del suo contenuto minimo stabilito nell'art. 2447 ter c.c. configurano l'impossibilità di poter attivare la separazione patrimoniale con le conseguenze a livello interpretativo già esaustivamente esplicate nel capitolo precedente.

2.2. Il processo camerale di iscrizione della delibera da parte del

quinto, c.c. dispone difatti che la deliberazione non produce effetti se non dopo l'iscrizione), e nell'ulteriore ipotesi della cancellazione della società dal Registro delle Imprese (salvo alcune eccezioni), condizione che oggi non è sufficiente per l'estinzione della società. Al riguardo è stato sostenuto che in tal modo il legislatore della riforma ha inteso recepire la crescente tendenza, emergente nella prassi, a riconoscere quali effettive le vicende relative all'impresa solo allorquando trovino un preciso e sicuro riscontro nelle risultanze emergenti dalle visure e dalle certificazioni rilasciate a cura delle Camere di commercio (cfr. in tal senso, TASSINARI., “Il procedimento di iscrizione nel registro delle imprese: prospettive di diritto commerciale”, in Quaderni del notariato, vol. 8, p. 131; cfr. altresì in senso critico verso la riforma, in quanto in taluni casi si vengono ad imporre attese ad oggi non necessarie, RAMPOLLA.,” Le novità in materia di Registro delle Imprese: nuove regole in materia di pubblicità legale”, Relazione presentata al Convegno «Forum sulla riforma del diritto societario», Milano, 10-14 febbraio 2003, p. 5 ) , come risulta, a contrario, dal disposto del primo comma dell'art. 2447- quinquies c.c. L'effetto tipico della costituzione del patrimonio destinato resta dunque subordinato all'adempimento di tutti i richiesti adempimenti pubblicitari. Sembra peraltro utile sottolineare che, mentre l'efficacia costitutiva resta circoscritta all'iscrizione presso il Registro delle Imprese, alle altre forme di pubblicità coinvolte viene assegnata la mera funzione di pubblicità dichiarativa, condizionando esse solo l'opponibilità del fondo nei confronti dei terzi interessati. Al riguardo, alcuni Autori si pongono il problema dell'individuazione delle specifiche categorie di beni attratte

nell'ambito di applicazione della disciplina in esame: ad esempio, si potrà discutere se la norma riguardi le quote di società a responsabilità limitata, nonché le azioni di S.p.a., nell'ipotesi di mancata emissione di titoli; cfr. per la soluzione positiva, RAMPOLLA., “Le novità in materia di Registro delle Imprese: nuove regole in materia di pubblicità legale”, Relazione presentata al Convegno «Forum sulla riforma del diritto societario», Milano, 10-14 febbraio 2003, p. 13-14, il quale specifica altresì che: la questione riecheggia quella di analogo contenuto (per il vero prevalentemente risolta in senso negativo) inerente alla possibilità di assoggettare a fondo patrimoniale le quote di società a

responsabilità limitata; ma ivi le limitazioni oggettive alla composizione del fondo derivano dallo stesso dettato normativo.

Riferimenti

Documenti correlati

Inoltre, per quanto concerne la disciplina dei patrimoni destinati, come indicato dall’art. 2447-septies, comma 4, se nella deliberazione costitutiva del patrimonio destinato dovesse

The SeaBIRD approach is the creation of a data space, called “atomic space”, in which each single data unit is described by a metadata created by a semantic inter- preter,

in occasione della presentazione del trattato Crisi d’impresa e procedure concorsuali diretto da Oreste Cagnasso e Luciano Panzani, WKI Editore, Assago, 2016. 10 marzo 2017,

– in FAIRY, the fusion module uses a multibiometric fusion process based on different subsystems (ear recognition, face recognition and iris recognition modules) that produce their

This is a significant discrepancy between the continuous and the discrete case; such a property can simplify the solvability of discrete boundary value problems associated to

The Chandra X-ray data of the Bullet have been searched for isolated X-ray emission lines out to 10 keV (Riemer-Sørensen et al. 2008c) but here we extend the range to ∼ 80 keV by

Il che, applicato allo specifico della nostra discussione, significa chiedersi quale rapporto si ponga oggi tra il tragico inteso nella sua accezione più ampia di

However, a lack of knowledge about the physiology, ecology, and secondary metabolite production ability of this particular fungus characterized the