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Migrazioni femminili e mediatrici culturali in Italia e nel Friuli Venezia Giulia

5.5 La mediazione culturale nel Friuli Venezia Giulia

In Friuli Venezia Giulia la figura del mediatore culturale ottiene per la prima volta riconoscimento attraverso la Legge Regionale del 9 agosto 2005, n. 18 “Norme regionali per l'occupazione, la tutela e la qualità del lavoro” e la Legge Regionale del 4 marzo del 2005, n. 5 “Norme per l’accoglienza e l’integrazione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati”, che stabiliscono che:

«le Province individuano i Centri per l’impiego presso i quali istituire servizi di mediazione culturale per i destinatari della presente legge, tramite mediatori culturali iscritti all’Elenco di cui all’articolo 25, comma 6, e in possesso della specializzazione in materia di lavoro»231; «è istituito l’Elenco regionale dei mediatori culturali, presso la direzione centrale competente in materia immigrazione. L’iscrizione all’Elenco è

230 Verrocchio A, Tessitori A. (2009), op. cit., p.81.

231 Legge Regionale del Friuli Venezia Giulia del 9 agosto 2005, n. 18 “Norme regionali per

subordinata al possesso di specifica professionalità in materia di mediazione culturale, attestata a seguito della frequenza di corsi di formazione specifici, ovvero conseguita mediante esperienze formative e lavorative»232.

Nonostante l’innovazione soprattutto della legge regionale del 2005, n. 5, presa anche a modello dalle altre regioni italiane, essa è stata cancellata dalla giunta Tondo, contribuendo ad un vuoto normativo. Le esperienze che si sono costruite negli anni con la mediazione culturale nel Friuli Venezia Giulia sono state in ogni caso molto significative nella creazione di un’interculturalità possibile, anche se in evoluzione. Tutto è iniziato negli anni ottanta in cui si è assistito all’ingresso massiccio di persone provenienti dall’Africa e dall’Asia,233 anche se è stato negli anni novanta, con la guerra nei Balcani che la presenza di profughi, kosovari, albanesi, serbi, bosniaci ha fatto sì che ci fosse un’attenzione da parte delle istituzioni per un’accoglienza di emergenza. «Il Friuli Venezia Giulia è stata una delle regioni più esposte a questo esodo, in quanto “territorio di confine” tra l’Europa dell’ovest e quella dell’est.»234 Cresceva in quegli anni anche il numero di immigrati provenienti dall’Africa, soprattutto senegalesi, marocchini, tunisini per lo più rappresentati dalla popolazione italiana, locale e dai media come “vù cumprà” o “marocchini”, oltre che “spacciatori di droga”, criminali. Una rappresentazione quella dell’immigrato-criminale che veniva associata anche ad albanesi e rumeni, percepiti come persone estremamente violente; in generale la popolazione dell’Est Europa veniva mal vista e raggruppata nel nome di “slavi”.

L’idea del Progetto Mediatori Culturali del Friuli Venezia Giulia235 è nata in questo sfondo, cercando di riflettere sugli stereotipi e i pregiudizi associati alla popolazione immigrata, soprattutto con il desiderio di affrontare “la questione dell’integrazione degli alunni stranieri” nell’ambito scolastico, provenienti soprattutto dalla Jugoslavia.

La scuola fino ad allora è sempre stata composta da alunni autoctoni, per la prima volta negli anni novanta gli insegnanti dovevano confrontarsi con alunni stranieri che non parlavano l’italiano e che avevano anche molto spesso vissuto l’esperienza dolorosa

232 Ivi, art. 25, co. 6.

233 ERMI (1999), La voce dell’altro. La mediazione culturale: l’esperienza nel Friuli Venezia

Giulia, Pasian di Prato, Acli puntostampa, p. 12.

234 Malabotta Richter M. (2006) Trieste: mediazione culturale sulla via della cultura della

reciprocità. L’esperienza di Interethnos. In Luatti L (Ed.), op. cit., p. 293.

235 ERMI (1999), La voce dell’altro. La mediazione culturale: l’esperienza nel Friuli Venezia

della guerra nei Balcani. Di fronte a questa realtà gli insegnanti si ritrovarono ad essere del tutto impreparati, vista la mancanza di concezione di una didattica e di una scuola anche solo multiculturali. Sono state le ACLI le prime ad avere sensibilità rispetto a queste tematiche assieme al Provveditorato degli studi di Udine ed il sedici dicembre del novantadue venne costruita così formalmente la commissione che elaborerà in seguito il progetto rivolto alle scuole di primo ordine e grado della provincia di Udine. Un progetto che prevedeva il ricorso esterno dei Mediatori culturali per la promozione dell’educazione interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri previa formazione dei mediatori culturali ed organizzazione di incontri con le scuole.236 Ebbe così inizio la ricerca di stranieri che potevano svolgere il corso per mediatori culturali provenienti da Paesi oltre l’Europa, con una buona conoscenza linguistica del Paese di origine e di accoglienza, un titolo di studio medio - alto, nonché la disponibilità almeno biennale di permanenza nel territorio della provincia e che abbia elaborato l’esperienza di “immigrato” in Italia e nel Friuli Venezia Giulia. I corsi finanziati dall’Ente Regionale per i problemi dei Migranti (ERMI) e gestiti dalle ACLI, ebbero inizio nel novantatrè prevedevano l’approfondimento di conoscenze comunicative, culturali, scolastiche e sull’immigrazione e nel novantacinque l’aggiunta di “elementi di cultura friulana”. Dai due corsi vennero formati in tutto quarantuno mediatori, provenienti da tutti i continenti. La mediazione culturale all’interno delle scuole ebbe inizio dopo il primo corso per mediatori culturali, con il progetto “Mediatori culturali nella scuola”, finanziato dall’ERMI e sottoscritto dal Provveditorato agli Studi e dal Comune di Udine, per la realizzazione di lezioni e conferenze, tenute da mediatori culturali stranieri, soprattutto di nazionalità serba, croata, albanese, vista la maggioranza di alunni provenienti dalla Jugoslavia.237 Un progetto che venne “accolto” con notevoli difficoltà burocratiche e resistenze da parte del corpo docenti, nonostante il ruolo dell’ERMI nel finanziamento degli istituti scolastici di ogni ordine e grado su tutta la regione.

Seguì poi il progetto “I colori del mondo-Mediazione linguistica, culturale, educazione alla mondialità e all’interculturalità”, nel novantotto il progetto di “Mediazione linguistica di prima accoglienza”, una serie di iniziative che contribuirono alla creazione del primo corso di mediatori culturali anche nella provincia di Trieste nel novantasette-

236 Ivi, p. 14.

237 Camilotti S., Sebastianis S. (2006). Definire e promuovere la “mediazione”: il ruolo delle

novantotto.238 Inizialmente la mediazione nelle scuole era intesa come mediazione linguistica, anche se negli anni, con le esperienze dei mediatori e la “graduale caduta delle resistenze” da parte degli insegnanti aveva contribuito a sviluppare sempre di più l’idea di una mediazione culturale che avesse come obiettivo la promozione dell’educazione interculturale. Eppure ci si rendeva conto che la mediazione culturale non poteva limitarsi al contesto scolastico, doveva allargarsi alla sanità e al sociale, visti i crescenti bisogni dei cittadini immigrati nel Friuli Venezia Giulia, tant’è che nel novantotto venne promosso il progetto di Iniziativa Comunitaria denominato “Etnos&Demos-Percorsi e modelli di integrazione diffusa per l’immigrazione, promosso dall’Assessorato alle Solidarietà Sociali della provincia di Udine, finanziato dall’Unione Europea e dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale.239

Nel duemila nacquero, su iniziativa dei mediatori/delle mediatrici culturali l’Associazione Mediatori di Comunità Onlus a Udine, nonché la Cooperativa Sociale di mediatori culturali “Interethnos”, trasformata poi nel duemilatrè in Associazione “Interethnos”.

238 Ivi, p. 229. 239 Ibidem.

Capitolo sesto

Il dialogo con gli attori sociali: interviste alle mediatrici, ai mediatori