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CAP 4: IL BLACK PANTHER PARTY

4.1 LA NASCITA DEL MOVIMENTO

Finora l‟analisi non ha tenuto conto dell‟esperienza del Black Panther Party, che merita di essere affrontata in un capitolo a parte. Prima però di analizzare i contributi della stampa italiana dell‟epoca sull‟organizzazione radicale afroamericana è a mio avviso fondamentale tracciare la storia del BPP tenendo conto della sua evoluzione politica, delle sue peculiarità, dei suoi limiti e del suo rapporto con le altre organizzazioni del Black power, in particolare lo SNCC.

Come riportato da Ryan Kirkby circolano attualmente tre scuole di pensiero attorno al Black Panther Party: la prima è guidata dal giornalista Hugh Pearson e dal conservatore David Horowitz e prende le mosse dal risentimento contro il BPP maturato negli ambienti conservatori e liberali alla fine degli anni ‟60, arrivando a concepire l‟organizzazione come una banda di teppisti di strada armati e connessi ad una lunga serie di attività criminali. Vi è poi una seconda scuola, affermatasi negli anni ‟90, rappresentata da ex membri del partito e da studiosi miranti ad analizzare aspetti fino a quel momento trascurati come i programmi sociali. Tra questi in particolare alcuni storici come Paul Alkebulan e Andrew Witt, si sarebbero occupati dello studio specifico delle singole sezioni al fine di comprendere il funzionamento delle loro iniziative. Infine Witt cita l‟esistenza di una terza scuola, influenzata dagli studi di Curtis Austin, la quale sarebbe arrivata a vedere il Black Panther Party come un‟organizzazione politica radicale mirante a far collassare dall‟interno il sistema capitalista americano312.

Non è questa la sede per ricostruire il complesso dibattito, ma è necessario a mio parere non trascurare quei contributi americani che permettono di mettere in evidenza i principali elementi caratterizzanti quel gruppo rivoluzionario che in Italia susciterà l‟interesse e l‟entusiasmo soprattutto degli ambienti più radicali.

312

Ryan Kirkby, The Revolution Will Not Be Televised. Community Activism and the Black Panther Party, University of Toronto Press, Toronto 2011, pp. 27,28.

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Innanzitutto comunque bisogna dire che le Pantere Nere avevano maturato sia una posizione fortemente critica nei confronti del movimento antisegregazionista non violento che si era sviluppato nel Sud degli Stati Uniti, sia una visione della questione razziale per molti aspetti alternativa a quella del Black power e più in genere dell‟ala nazionalista del movimento di liberazione nero.

Per Alberto Martinelli infatti il Black Panther Party rappresentava in un certo senso un momento di crescita del movimento e una nuova sintesi nel processo dialettico tra protesta non violenta e teoria del “Potere Nero”: esso infatti partiva dal riconoscimento dell‟autonomia politica e culturale dei neri, principio che avrebbe costituito uno dei nuclei centrali di un partito che si sarebbe posto come avanguardia di un eventuale movimento rivoluzionario statunitense313.

Punto di riferimento di questo messaggio erano poi le comunità afroamericane dei ghetti delle grande città le quali racchiudevano tutti i principali problemi delle masse nere povere. Tali criticità assumevano chiaramente una valenza sociale ed economica che i nazionalisti culturali perlopiù ponevano in secondo piano: le Pantere Nere, al contrario, offrivano una visione critica dell‟intera società capitalistica americana che era accusata di marginalizzare sia gli afroamericani sia i bianchi poveri; in tal senso l‟appartenenza ad una specifica cultura secondo loro non avrebbe dovuto essere sopravvalutata314.

Inoltre del nazionalismo culturale veniva criticata la tendenza, propria anche di organizzazioni come lo US (United Slaves) di Ron Karenga, di sostenere l‟avanzamento e lo sviluppo del già citato capitalismo nero315

. Per Martinelli uno dei meriti principali del BPP sarebbe stato proprio quello di aver affrontato il problema chiarendo da una parte la necessità e dall‟altra i limiti di un‟alleanza tra afroamericani e ceti popolari bianchi e affermando l‟importanza del nazionalismo culturale, ma solo come fase intermedia privata dei suoi aspetti più reazionari.

313

Alberto Martinelli e Alessandro Cavalli, il Black Panther Party, Einaudi, Torino 1971, p. 37.

314

Jeffrey O. G. Ogbar, Black Power. Radical Politics and African American Identity, The Johns Hopkins University Press, Baltimora 2004, p. 195.

315

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Fondamentalmente la rabbia nera che si era rivelata in tutta la sua potenza con i riots urbani316 e che si rifletteva nel concetto Black power necessitava di essere canalizzata ed orientata all‟interno di un‟organizzazione specifica e strutturata che progredisse e ampliasse le proprie funzioni nel tempo: era questo l‟ambizioso progetto del Black Panther Party che però non sarebbe riuscito a raggiungere molti dei propri obiettivi a lungo termine.

L‟organizzazione si proponeva quindi innanzitutto di riconoscere i bisogni specifici della popolazione afroamericana partendo dall‟esigenza dell‟autodifesa in risposta alla violenza dei bianchi, in primis della polizia, e chiamando in causa il diritto all‟autodeterminazione. Un progetto di tale portata tuttavia avrebbe avuto bisogno dell‟elaborazione di una teoria politica funzionale e che riuscisse a tenere insieme i principi del marxismo con quelli dei più radicali pensatori neri, adattandoli alle specificità del contesto americano.

Questo processo, lungi dall‟essere definito con precisione in partenza, fu sottoposto ad un‟evoluzione che portò i suoi esponenti a confrontarsi con varie tematiche come la violenza della polizia, il rapporto con il nazionalismo nero e con le organizzazioni radicali bianche e l‟imperialismo americano. Grazie al BPP dunque il Black power sembrò assumere un carattere politico e rivoluzionario, divenendo l‟espressione concreta di ciò che Malcolm X aveva elaborato teoricamente per anni317. Per Joshua Bloom e Waldo Martin invece la particolarità del BPP risiedeva nel suo carattere ibrido, sviluppatosi nel corso degli anni e basato sul tentativo di tenere insieme nazionalismo, marxismo, avanguardia e fervore rivoluzionario318.

Occorre dire innanzitutto che i protagonisti dell‟iniziativa furono Huey Newton e Bobby Seale, rispettivamente “ministro della difesa” e “presidente” del Black Panther

Party, fondato ad Oakland, in California nell‟ottobre del 1966. Dei due Newton era il

più carismatico ed intraprendente e Seale spesso tendeva a seguire le sue indicazioni; era inoltre molto convinto delle proprie idee, aveva un carattere spigoloso

316 Il BPP non si sarebbe avvicinato ai riots in quanto non vedeva positivamente le rivolte spontanee.

317

Steve Estes, I Am a Man. Race, Manhood, and the Civil Rights Movement, The University of North Carolina Press, Chapel Hill 2005, p. 158.

318

Ronald A. Kuykendall, journal for the study of radicalism, Michigan State University Press, Vol.8, 2014, pp. 109-111.

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ma anche un alto spessore culturale, nonostante le difficoltà nel leggere e nello scrivere319.

Il movimento tuttavia non nacque subito; i due erano convinti che vi fossero già troppe organizzazioni ed inizialmente tentarono di avvicinarsi ad alcune già esistenti, in particolare il RAM, ovvero il Revolutionary Action Movement, nato attorno alla figura di Robert Williams, ex attivista dell‟NAACP e teorizzatore della rivoluzione armata della minoranza afroamericana negli Stati Uniti. Newton e Seale provarono ad affiliarsi proprio ad un gruppo vicino al RAM ma non erano convinti né delle sue implicazioni anticapitaliste320 né della sua struttura improntata alla clandestinità che si traduceva fondamentalmente in una tendenza alla paralisi delle attività.

Inoltre fondamentale sarebbero stati il coinvolgimento dei ragazzi dei ghetti, i cosiddetti “brothers on the block” e il concetto di autodifesa, idee che però non avrebbero trovato spazio e sarebbero state etichettate come utopiche e talvolta suicide da diversi esponenti di altre organizzazioni. Nonostante l‟influenza marxista infatti l‟organizzazione avrebbe mirato ad attrarre non tanto il proletariato nero ma quell‟insieme di persone che si trovavano al di sotto di questa condizione, che non lavoravano o che svolgevano mansioni particolarmente umili. Newton mirava inoltre ad attingere anche tra coloro i quali erano stati in prigione anche se, perlopiù, come ha fatto notare Ogbar, essa sembrava rivolgersi alla vasta categoria del sottoproletariato (lumpenroletariat)321. Per quanto riguarda l‟autodifesa invece il concetto ruotava attorno all‟idea che gli afroamericani fossero in costante pericolo e che, come si vedrà più avanti, le forze di polizia in particolare conducessero una vera e propria azione oppressiva nei confronti della comunità nera.

Anche attorno a queste idee si sarebbe costituita la nuova organizzazione, il cui nome venne preso dal Partito della Pantera nera, nato a Lowndes County nel 1965 e il cui programma si sarebbe basato su dieci punti stilati nel mese di ottobre dell‟anno successivo.

319 Paolo Bertella Farnetti, Pantere Nere. Storia e Mito del Black Panther Party, Shake Edizioni, Milano 1995, pp.

30, 31.

320

In questa fase la componente “anticapitalista” dei due fondatori non era ancora ben definita.

321

Jeffrey O. G. Ogbar, Black Power. Radical Politics and African American Identity, The Johns Hopkins University Press, Baltimora 2004, p. 96.

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Il primo punto riguardava la già citata autodeterminazione della popolazione afroamericana mentre i restanti si occupavano perlopiù di settori specifici a partire dal lavoro: le Pantere Nere infatti ritenevano che la classe dirigente bianca non fosse intenzionata a garantire la piena occupazione e che perciò fosse necessario togliere ad essa i mezzi di produzione. Nel manifesto si chiedevano poi “abitazioni decenti”, un sistema scolastico completamente rinnovato, capace di dare alla popolazione afroamericana una vera e propria coscienza di sé e della propria posizione nella società e l‟esenzione dal servizio militare di tutti gli uomini neri. Ben tre punti poi venivano dedicati al rapporto tra afroamericani e giustizia: il BPP infatti, oltre alla fine della violenza della polizia mirava alla scarcerazione di tutti i neri detenuti nelle prigioni e carceri federali, statali, di contea e municipali e si soffermava sulla necessità di creare giurie formate da persone dello stesso gruppo sociale dell‟imputato secondo quanto garantito dal XXIV emendamento322

.

Un discorso a parte merita di essere fatto per l‟autodifesa, una delle tematiche più controverse e scottanti affrontate dalle Pantere, spesso chiamata in causa dagli afroamericani soprattutto nella seconda metà degli anni ‟60 ma raramente messa in pratica. Un‟eccezione era rappresentata invece dai precedentemente citati Deacons for Defense and Justice che operarono in alcune aree Sud a difesa delle manifestazioni del Civil Rights Movement.

Il tema comunque divenne centrale anche per l‟organizzazione di Newton e Seale, non solo in relazione alla violenza razzista sviluppatasi in seguito alle rivendicazioni degli afroamericani ma anche in opposizione alla violenza della polizia che era spesso malvista dalle comunità afroamericane di molte città; queste infatti si sentivano più minacciate che protette dalla polizia dato che, secondo lo stesso Newton, i neri avevano più a che fare con lei che con l‟amministrazione comunale323

. Da qui scaturì l‟esigenza di un‟autodifesa che si sarebbe presto tradotta nella forma del patrolling, ovvero il pattugliamento della polizia, un‟idea già sperimentata prima della nascita delle Black Panthers ma mai messa in pratica tramite l‟utilizzo di armi. Farnetti ha fatto notare come queste ultime avrebbero dovuto funzionare al fine di

322

Alberto Martinelli e Alessandro Cavalli, il Black Panther Party, Einaudi, Torino 1971, pp. 47-51.

323

Paolo Bertella Farnetti, Pantere Nere. Storia e Mito del Black Panther Party, Shake Edizioni, Milano 1995, p. 39.

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dissuadere la polizia dal commettere atti di violenza; nonostante ciò la strategia venne ritenuta suicida da molte altre organizzazioni come il RAM: le pattuglie di afroamericani infatti, secondo l‟idea di Newton, si sarebbero dovute aggirare armate per il loro quartiere, nonché munite di registratori e di un codice penale, al fine di documentare il comportamento degli agenti non commettendo azioni illegittime che la polizia avrebbe potuto usare contro i loro. Ad esempio quando veniva fermato un ragazzo afroamericano la pattuglia avrebbe dovuto rivolgersi alla polizia tenendo una distanza di sicurezza tale da impedire alla polizia di accusarli di interferire con il loro lavoro324.

Inizialmente secondo lo stesso Farnetti il patrolling, estesosi anche in altre città come San Francisco, Richmond e Berkeley, si dimostrò efficace in più occasioni perché colse impreparati molti poliziotti ma in seguito quest‟ultimi iniziarono a reagire e a rispondere con la forza.

In questo modo tuttavia iniziò ad aumentare l‟interesse della comunità intorno alle Pantere, le quali riuscirono a farsi conoscere anche grazie all‟introduzione di una sorta di divisa composta da baschi neri, giacche di cuoio nere e pantaloni neri. L‟immagine aggressiva rifletteva tuttavia anche la tendenza ad aprire le porte del BPP anche a persone ai margini della società, hustlers e soggetti con problemi con la giustizia325. In alcuni casi questo tipo di atteggiamento coincideva anche con un‟azione diretta e violenta come testimoniato dall‟episodio di San Francisco durante il quale le Pantere presero il controllo di un edifico sottraendolo con la forza ad un gruppo rivale e trasformandolo nella sede del BPP della città.

Il partito tuttavia si fece conoscere a livello nazionale solo nel 1967 quando i suoi membri organizzarono la scorta della moglie di Malcolm X Betty Shabazz, chiamata a tenere un‟intervista, la prima dopo la morte del marito, nella sede della rivista “Ramparts”. In quest‟occasione vi furono dei momenti di tensione tra Newton e la

324

Paolo Bertella Farnetti, Pantere Nere. Storia e Mito del Black Panther Party, Shake Edizioni, Milano 1995, p. 40.

325

Jeffrey O. G. Ogbar, Black Power. Radical Politics and African American Identity, The Johns Hopkins University Press, Baltimora 2004, p. 108.

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polizia326, prontamente riportati dalla stampa che da quel momento avrebbe iniziato a parlare con più frequenza dell‟organizzazione di Newton.

Nell‟aprile dello stesso anno poi uscì il primo numero del giornale del partito, “The Black Panther”, la cui pubblicazione fu intermittente fino al 1969 quando iniziò ad uscire regolarmente ogni settimana, arrivando, l‟anno successivo, a vendere 139.000 copie a settimana327. Il primo numero uscì precisamente il 25 aprile occupandosi in primo luogo dell‟omicidio del giovane afroamericano Denzil Dowell avvenuto a North Richmond ad opera di un poliziotto. Allo stesso tempo si iniziarono a tenere corsi di politica all‟interno della sede aperta in Grove Street ad Oakland328

.

Probabilmente, proprio a causa dell‟espansione del partito, un deputato di Oakland, Don Mulford, presentò una proposta diretta a restringere la libertà dei cittadini privati di portare armi scatenando così la rabbia delle Pantere che decisero, su iniziativa di Newton, di manifestare in assetto ufficiale di fronte al parlamento della California che aveva la propria sede a Sacramento. Tuttavia la protesta, che non avrebbe certamente impedito alla legge di passare, sarebbe divenuta in primo luogo un mezzo per accrescere la popolarità dell‟organizzazione diffondendone il messaggio. Seale infatti lesse un messaggio prima sulle scalinate dell‟ingresso dell‟edifico e poi all‟interno, nella sala antistante l‟assemblea, dove accusò i sostenitori della legge di volere gli afroamericani disarmati in un periodo in cui le aggressioni di polizia erano date in continuo aumento329.

Fu proprio uno scontro con la polizia a segnare profondamente la storia del BPP e del suo leader: il 28 ottobre 1967 infatti Huey Newton venne arrestato con l‟accusa di avere ucciso l‟agente di polizia John Frey, il quale lo aveva fermato e perquisito mentre si trovava in macchina insieme ad un altro esponente dell‟organizzazione, Gene McKinney. Sull‟episodio non venne mai fatta pienamente luce; anche Newton infatti fu trovato gravemente ferito e fu portato in ospedale; ciò che è certo è che

326 Bobby Seale, Cogliere l’occasione! La storia del Black Panther Party e di Huey P. Newton, Einaudi, Torino

1971, pp. 107-113.

327

www.internazionale.it, Il potere delle Pantere nere.

328

Paolo Bertella Farnetti, Pantere Nere. Storia e Mito del Black Panther Party, Shake Edizioni, Milano 1995, p. 47.

329

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Newton avrebbe affrontato un lungo processo e che la sua leadership ne avrebbe in parte risentito.

L‟arresto di Newton segnò uno spartiacque all‟interno del movimento chiudendo così una prima fase incentrata sull‟avvio delle attività di militanza e sull‟espansione del gruppo a livello locale. Il ruolo di quest‟ultimo è stato riconosciuto da molti studiosi come fondamentale nel delineare la visione originaria dell‟organizzazione: in questa fase infatti fu prestata particolare attenzione soprattutto alla necessità dell‟autodifesa, intesa non solo in relazione al rapporto con la polizia ma anche come punto di partenza per il riscatto della popolazione afroamericana.

D‟altronde secondo Newton gli stessi americani colonizzati si erano convinti, prima del 1776, della necessità di ribellarsi alla madrepatria inglese elaborando, una volta vinta la guerra, la Dichiarazione d‟Indipendenza. Il contesto generale negli anni ‟60 tuttavia non era secondo lui così diverso:

“Ora questi stessi bianchi colonizzati, questi ex schiavi, briganti e ladri, negano all‟uomo nero colonizzato persino il diritto di parlare dell‟abolizione di questo sistema oppressivo che gli americani colonizzati bianchi hanno creato. […] Ma il popolo nero può guastare questa macchina dal di dentro. Il popolo nero può far saltare gli ingranaggi della macchina che ha ridotto in schiavitù il mondo330”.

Ecco così l‟autodifesa avrebbe potuto trasformarsi in presa di coscienza, una presa di coscienza data dalle condizioni di vita a cui era sottoposta la popolazione nera degli Stati Uniti:

“La schiavitù dei neri in questo paese è il lubrificante necessario al funzionamento della macchina di guerra con cui l‟America tiene soggiogati i popoli del mondo. Senza questo lubrificante la macchina non può funzionare. Ci troviamo in una posizione strategica vitale per il funzionamento di questa macchina di guerra: noi siamo come l‟albero motore e una volta saltato l‟albero motore tutte le altre parti della macchina devono per forza fermarsi. Rinchiusi nei ghetti d‟America, circondati dalle sue fabbriche e da tutte le altri componenti del suo sistema economico siamo diventati i “dannati della terra”, uomini relegati nella posizione di spettatori mentre i razzisti bianchi portano avanti il loro sporco gioco internazionale sulla pelle dei popoli oppressi. Ci hanno lavato il cervello fino a farci credere che siamo impotenti, che con le nostre forze non possiamo fare niente per promuovere una rapida liberazione del nostro popolo. Ci hanno insegnato che non dobbiamo scontentare i nostri oppressori, che siamo solo il 10 per cento della popolazione, e che quindi dobbiamo accontentarci di tattiche di

330

140

lotta studiate in modo tale da non disturbare il sonno dei nostri aguzzini. […] Il popolo deve opporsi a tutto ciò che l‟oppressore appoggia e appoggiare tutto ciò a cui l‟oppressore si oppone. Se il popolo nero condurrà la sua lotta di liberazione nel modo indicato e promosso dall‟oppressore, ben presto ci troveremo ridotti al rango di abbietti parassiti dell‟oppressore stesso331”.

La popolazione afroamericana dunque a suo parere era l‟unica forza in grado di condurre una lotta dall‟interno che, a sua volta, avrebbe rappresentato la modalità migliore per porre fine al razzismo e all‟imperialismo imputati agli Stati Uniti.

Inoltre Newton dette una propria elaborazione del concetto di “Potere Nero” facendolo coincidere con il potere militare: non potendo rappresentare il potere dei proprietari terrieri in quanto non possedevano nessuna terra e non potendo rappresentare il potere economico ed industriale dato che non possedevano i mezzi di produzione, secondo il fondatore del BPP l‟unica via per ottenere il potere politico sarebbe stata riconoscersi tramite lo specifico potere militare capace di riflettere la condizione degli afroamericani, il “potere di autodifesa”332

.

Come avrebbero fatto tuttavia le masse a partecipare ad una simile battaglia per il potere politico? Newton faceva risalire la risposta al ruolo di avanguardia che avrebbe dovuto svolgere il partito: esso avrebbe dovuto coinvolgere le masse medesime tramite una lunga serie di informazioni e di azioni concrete capaci di far capire l‟importanza e la necessità della lotta.

Il ferimento e l‟arresto di Newton comunque, come fa notare Farnetti, contribuì alla trasformazione del BPP da entità locale a organizzazione attiva a livello nazionale: grazie alla campagna per la liberazione di Newton, denominata “Free Huey” infatti in molti, soprattutto tra i giovani abitanti dei ghetti che fino ad allora si erano dimostrati poco attratti dalla lotta non violenta del Civil Rights Movement, iniziarono ad ampliare le fila del partito.

Oltre a Newton anche Seale finì in carcere a causa della protesta di Sacramento e