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La responsabilità degli amministratori di società

Il sistema giuridico italiano ha stabilito all'art. 2276, c.c., una sostanziale equi- parazione fra l'opera del liquidatore e quella dell'amministratore, sancendo che gli obblighi e la responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle disposizioni stabilite per gli amministratori.

Sebbene la posizione dell'amministratore in ambito civilistico sia ricondu- cibile per molti aspetti a quella del liquidatore, appare necessario approfondire i proli preminenti di tale gura, in quanto accentratrice di una serie di poteri, diritti ed obblighi da cui dipende il raggiungimento degli obiettivi societari ed il rispetto delle obbligazioni (anche quelle tributarie) di cui la società è soggetto passivo.

L'importanza delle funzioni attribuite all'amministratore traspare dalla chiara e precisa disciplina normativa che il legislatore ha dettato a riguar- do e dalla valorizzazione storica di tale gura, generalmente rappresentata da soggetti dotati di una certa esperienza e preparazione professionale in grado di esercitare i poteri conferitigli. La creazione della funzione amministrati- va all'interno della società risponde innanzitutto all'impossibilità di ada- re la gestione sociale a tutti i soci per garantire una certa tempestività ed immediatezza decisionale.

L'amministrazione non diventa però un organo extrasocietario, anzi dall'e- sperienza risulta che chi riveste la carica di amministratore siano proprio uno

o più soci e, qualora l'atto costitutivo vieti di ricorrere a soggetti terzi, solo ed esclusivamente soci.

La nomina dell'amministratore è determinata inizialmente dall'atto costi- tutivo, mentre successivamente, alla scadenza dei mandati, è adata all'assem- blea ordinaria115. La normativa prevede alcune cause oggettive di ineleggibilità

(art. 2382 c.c.), tra cui l'interdizione, l'inabilitazione, il fallimento o la con- danna a pena che importi l'interdizione anche temporanea dai pubblici uci o l'incapacità ad esercitare uci direttivi. In aggiunta l'art. 2387 c.c. dispone che l'assunzione della carica può essere subordinata al possesso di speciali re- quisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, ai sensi dell'art. 2387, c. I.

La nomina non può durare per più di tre esercizi e scade alla data dell'as- semblea convocata per l'approvazione del bilancio dell'ultimo esercizio della loro carica (art. 2383, secondo comma); gli amministratori sono rieleggibi- li, ma possono essere revocati in qualunque tempo dall'assemblea, anche se nominati dall'atto costitutivo, fatto salvo il risarcimento dei danni per l'ammi- nistratore se la revoca avviene senza giusta causa. Spetta agli amministratori la richiesta dell'iscrizione della loro nomina entro trenta giorni nel Registro delle Imprese, specicando le informazioni di cui al quarto comma dell'art. 2383 c.c..

L'amministrazione della società può essere adata a più persone, che for- mano il Consiglio di Amministrazione; se lo statuto indica solo il numero mas- simo e minimo di amministratori, ma non ne precisa il numero esatto, spetta all'Assemblea determinarlo. Una volta composto, il CdA sceglie un Presiden- te tra i suoi membri, se questo non è nominato dall'Assemblea. Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, gli altri provvedo- no alla loro sostituzione con deliberazione approvata dal Collegio Sindacale: i nuovi amministratori restano in carica no alla data dell'Assemblea successiva. Le deliberazioni del Consiglio sono valide se è presente la maggioranza degli amministratori in carica, se lo statuto non richiede espressamente ulteriori partecipanti e solo se prese a maggioranza assoluta dei presenti, salva diversa disposizione dello statuto; il voto per rappresentanza non è invece permesso.

Gli amministratori compiono le operazioni necessarie per l'attuazione del- l'oggetto sociale e hanno un generale potere di rappresentanza della società, attribuito loro dallo statuto o dalla deliberazione di nomina: i limiti imposti dallo statuto o da decisioni degli organi competenti ai poteri degli amministra- tori non possono essere opposti ai terzi, salvo che si provi l'intenzionalità del danno cagionato dagli stessi alla società.

A anco ai poteri di gestione detenuti dagli amministratori, essi hanno numerosi obblighi cui adempiere, che non verrano però elencati in questa sede,

data la relativa attinenza dal tema oggetto del lavoro.

Ai ni che qui interessano, è invece opportuno focalizzare l'attenzione sulle responsabilità degli amministratori, siano esse penali o civili. Sotto il prolo penale, gli amministratori rispondono innanzitutto di falso in bilancio, fatti- specie che si realizza qualora essi espongano fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettano informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o nanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comu- nicazioni esposte dalla legge, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al ne di conseguire per sè o per altri un ingiusto protto ed in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione (art. 2621 c.c.). Gli amministratori, insieme ai dirigenti preposti alla redazione delle scritture contabili della società, ai sindaci e ai liquidatori, vengono puniti con l'arresto no a due anni. Rispondono inoltre di reati minori elencati agli artt. 2622 e ss., c.c..

Sotto il prolo civile, l'attività degli amministratori può esplicare i suoi eetti nei confronti della società, dei creditori sociali, dei soci e dei terzi.

L'amministratore è responsabile verso la società se non adempie ai doveri imposti dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura del- l'incarico e dalle loro speciche competenze; la responsabilità è solidale per i danni alla società derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori ex primo comme dall'art. 2392, c.c.. In ogni caso, comunque, gli amministratori rispondono solidalmente se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non si sono adoperati adeguatamente per impedire che questi si vericassero o almeno per attenuarne le conseguenze. Unica soluzione per essere immuni da colpa è esprimere il dissenso senza ritar- do nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del Consiglio e comunicare in forma scritta tale dissenso al Presidente del Collegio Sindacale. Possono pro- muovere l'azione di responsabilità contro gli amministratori l'Assemblea dei Soci con apposita delibera, in occasione della discussione del bilancio, oppure il Collegio Sindacale, se la deliberazione è assunta con la maggioranza dei due terzi dei componenti.

Diversa è la responsabilità nei confronti dei creditori sociali che impone agli amministratori di rispondere qualora non osservino gli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale, ai sensi dell'art. 2394 c.c; per l'esperimento dell'azione, resta comunque fermo il vincolo dell'insu- cienza del patrimonio ai ni del soddisfacimento dei crediti. Nei casi di liqui- dazione coatta amministrativa e di fallimento, l'azione può essere esercitata rispettivamente dal commissario liquidatore e dal curatore.

promossa da soci o terzi cui sia stato arrecato danno a causa di atti colposi o dolosi degli amministratori.

In ambito tributario, invece, una particolare ipotesi sanzionatoria degli amministratori è prevista dall'art. 98, D.P.R. n. 602/1973 che obbliga al pa- gamento delle soprattasse o pene pecuniarie, in solido col soggetto passivo o con il soggetto inadempiente, coloro che ne hanno la rappresentanza. Tale norma attrae all'interno della categoria punita gli amministratori di società ed enti, ovvero tutti coloro che coprono tale carica in qualsiasi tipo di società, sia essa personale o di capitali, o in un qualsiasi altro soggetto collettivo, che non abbia forma societaria. Dal testo inoltre risulta che la responsabilità per illecito amministrativo, oltre ad essere imputabile all'autore, può essere estesa anche a terzi attraverso gli istituti della solidarietà e della sussidiarietà. Il primo, che trova origine nella disciplina delle obbligazioni di diritto privato, si estende pure alle obbligazioni di natura tributaria; norma base della soli- darietà in ambito tributario è l'art. 11, l. 7 gennaio 1929, n. 4, la quale dispone la responsabilità in solido al pagamento della pena pecuniaria o della soprattassa, se la violazione della norma delle leggi nanziarie a cui esse sono connesse, è imputabile a più persone. La norma in oggetto ha corrispondenza diretta nell'art. 2055 c.c. che ugualmente dispone la responsabilità solidale al risarcimento del danno, se esso è imputabile a più persone. Indubbiamen- te esistono delle dierenze fra i due settori, quello civile e quello tributario, che scaturiscono dalla dierente posizione dei condebitori con riguardo alla solidarietà tributaria rispetto a quella civile. Mentre l'obbligazione civile è co- struita tra le parti secondo la loro volontà -pur con determinati limiti dettati dall'ordinamento- o alternativamente viene imposta direttamente da una di- sposizione giuridica, con presupposto necessario dell'elemento intersoggettivo che tenga uniti i coobbligati, l'obbligazione tributaria innanzitutto è sorretta dal principio enunciato dall'art. 23 Cost., secondo cui nessuna prestazione (...) patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge, trova la sua fonte in un negozio giuridico e non può perciò essere modicata, limitata o esclusa dalle parti. Nulla impedisce al legislatore, nell'ambito della sua au- tonomia di prevedere la solidarietà tributaria per determinate fattispecie, al ne di conferire maggiori garanzie al creditore e ridurre al minimo i casi di inadempienza. L'estinzione dell'obbligazione tributaria da parte di uno degli obbligati in solido prevede il diritto di regresso di questo nei confronti degli altri per la quota dovuta da questi: il coobbligato dipendente subentra quindi nella posizione del creditore nei confronti degli altri coobbligati, anche se la natura del rapporto in essere fra loro è diversa da quella del rapporto giuridico originario116.

116Si veda a tal riguardo Capolupo, S., La responsabilità scale dell'amministratore, in

Per concludere, occorre richiamare brevemente anche le gure di sostituto e responsabile d'imposta, che a tale argomento sono profondamente connes- se. Il primo comma dell'art. 64 del D.P.R n. 600/1973 denisce il sostituto d'imposta come chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto: egli ha il dovere di esercitare la rivalsa anche se non è diversamente stabilito in modo espresso. Il terzo comma della stessa disposi- zione precisa invece che chi è tenuto al pagamento dell'imposta insieme con altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ha il diritto di rivalsa; si tratta della nozione di responsabile d'imposta, che è da considerare un vero e proprio condebitore d'imposta, anche se non è soggetto passivo ed è estraneo alla si- tuazione di fatto che ne costituisce il presupposto. L'obbligazione che si crea in capo ad esso è un'obbligazione accessoria legata all'obbligazione principale che lega il Fisco al soggetto passivo reale da un vincolo di solidarietà. La gura del sostituto sostituisce - paga in luogo di - il vero soggetto passivo esaurendo il suo debito scale nei confronti dell'Amministrazione Finanziaria interamente, quando la sostituzione è a titolo d'imposta, cioè il sostituto verso l'intera som- ma dovuta e libera così il sostituito da qualsiasi debito, o in parte, mediante la sostituzione a titolo d'acconto, ovvero quando il sostituito continua ad essere soggetto passivo perché il sostituto ha provveduto al pagamento solo di una parte dell'imposta complessiva che egli deve all'erario.

Ricollegandoci al tema principale dell'opera, è da escludere che l'ammini- stratore, ai ni dell'art. 36 del D.P.R. n. 602/1973, possa essere considerato sostituto o responsabile d'imposta, dato che, come spiegato, la responsabili- tà che deriva dalla norma citata ha la sua fonte in un rapporto obbligatorio, autonomo, distinto da quello tributario, che nasce e viene denito dalla legge nella sussistenza di attività nel patrimonio della società in liquidazione e nel- la distrazione di queste da parte dei liquidatori o degli amministratori ai ni diversi dal pagamento delle imposte dovute117.

Il criterio della solidarietà sembra essere escluso innanzitutto per la ragione spiegata sopra, ossia che quando il legislatore tributario ha voluto porre la re- sponsabilità solidale in capo all'amministratore, ha individuato espressamente tale obbligo solidale nel presupposto dell'aver rivestito la carica di rappresen- tante della società (previsione che nella norma all'art. 36 non avviene), e inoltre perché il presupposto d'imposta non può determinare la nascita di due obbligazioni distinte entrambe di carattere tributario, una a carico dell'ente e una dell'amministratore, non spiegandosi in tal caso il motivo per il quale quest'ultimo sia chiamato a rispondere anche per le imposte relative ai periodi precedenti.

È da escludersi anche il carattere della sussidiarietà della responsabilità dato che per poterlo aermare è necessaria la previsione di una preventiva escussione nei confronti dell'obbligato principale, in tal caso la società, che nella disposizione in oggetto invece non è sancita. L'Amministrazione Finan- ziaria può quindi rivalersi verso l'amministratore senza doversi prima rivolgere all'obbligato principale, limitandosi ad accertare l'esistenza di un debito IRES, rimasto insoluto in tutto o in parte, l'esistenza di attività nel patrimonio sociale in liquidazione o scioltasi a prescindere dall'apertura di una formale procedu- ra di liquidazione ed inne la distrazione da parte dell'amministratore di tali attività per nalità diverse dal pagamento delle imposte.