2.5 La responsabilità di liquidatori ed amministratori: punti d
2.5.1 Poteri e oneri del liquidatore nella distribuzione dell'atti-
soddisfacimento dei creditori sociali
Rispetto alla disciplina vigente prima della riforma del diritto societario av- venuta con il D.Lgs. n. 6/2003, con la nuova normativa è stato attribuito alla gura del liquidatore un potere maggiore sotto molti punti di vista rispet- to a quelli di cui egli poteva godere nel regime precedente. Le competenze e la professionalità del liquidatore vengono maggiormente riconosciute e in vir- tù di tale valorizzazione, allo stesso vengono adate scelte e decisioni molto critiche98.
Secondo la dottrina in parola, tali maggiori poteri incontrano, però, un limite nel principio-cardine dell'esercizio societario dell'attività d'impresa, in base al quale il patrimonio della società è destinato al pagamento dei debiti sorti nello svolgimento dell'attività ed ai soci può essere distribuito solo il risultato netto nale. Tale principio si concretizza in un insieme di regole che mirano alla conservazione dell'integrità del capitale e del patrimonio sociale, che trovano applicazione durante tutta la vita della società ed, in particolar modo, quando essa entra nella fase di liquidazione.
Le tre norme civilistiche espressamente destinate ad assicurare la prelazione degli interessi dei creditori nella liquidazione delle società di capitali, sono gli artt. 2491, 2495 e 2633 del Codice Civile.
Dal contenuto dell'art. 2633 c.c., sopra riportato, si può dedurre che, come per le altre forme di società99, anche nella liquidazione delle società di capi-
tali vale la regola generale secondo cui i liquidatori non possono distribuire la spettante quota di liquidazione ai soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell'accantonamento delle somme necessarie al loro soddisfacimento. Tale norma sembra comportare che, nell'ipotesi in cui sorgano crediti vanta- ti da terzi soggetti a condizione sospensiva, o a contestazione, o meramente eventuali oppure certi, ma di scadenza estremamente remota nel tempo, i liqui- datori non potrebbero sottrarsi dall'eettuare immediatamente il pagamento
98In tal senso Scimemi, E., I poteri dei liquidatori di società di capitali nella distribuzione
dell'attivo, in Le società, 2008, n. 3, a p. 292.
99Per le società di persone, la liquidazione è disciplinata dagli artt. 2272 e ss., c.c., e dalle
norme degli artt. 2308 e ss. per le società in nome collettivo e 2323-2324 c.c. per le società in accomandita semplice.
o dall'accantonare le somme necessarie oppure ancora prolungare la fase di li- quidazione e ritardare la cancellazione della società no alla data in cui risulti eettivamente possibile denire la sussistenza o meno di tali crediti o no alla scadenza degli stessi. In entrambi i casi si avrebbe un danno in capo ai soci, i quali si troverebbero costretti ad immobilizzare per un periodo anche molto lungo il capitale inizialmente investito nella società ed i protti relativi ovvero, nel caso di accantonamenti, le somme necessarie al pagamento dei creditori sociali, senza poter approttare di opportunità di investimento e sopportando i maggiori costi di una procedura prolungata nel tempo100.
La stessa problematica sorge nel momento del riparto nale di una procedu- ra fallimentare: anche in questo caso, infatti, la presenza di crediti sottoposti a condizione o a contestazione può minare il corretto svolgersi o la rapidità del riparto in favore di coloro che ne vantano il diritto e della chiusura della procedura. In ambito fallimentare il legislatore ha però previsto una disposi- zione, l'art. 117 del Regio Decreto n. 267 del 16/03/1942 (cosiddetta Legge Fallimentare), dove ha disposto - al secondo comma - che se la condizione non si è ancora vericata ovvero se il provvedimento non è ancora passato in giu- dicato, la somma è depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perché, vericatisi gli eventi indicati, possa essere versata ai creditori cui spetta o fat- ta oggetto di riparto supplementare fra gli altri creditori. Gli accantonamenti non impediscono la chiusura della procedura. L'intento delineato nel testo della norma è quello di salvaguardare una certa rapidità della procedura al - ne di evitare ulteriori costi che conseguirebbero al suo prolungamento. Inoltre il legislatore sembra privilegiare la correttezza del riparto nale e soprattut- to l'interesse dei detentori di crediti condizionati o soggetti a contestazione, anziché quello dei legittimati a ricevere e reinvestire nell'immediato le somme risultanti dal riparto.
La questione si appalesa più ostica sotto il prolo tributario: non esiste infatti nell'ambito in oggetto, una corrispondente disciplina che regoli espres- samente l'aspetto in discussione. Per ricostruire dunque le possibilità che si presentano al liquidatore, occorre ripercorrere alcune norme civilistiche che arontano tale problematica101.
L'art. 2491, secondo comma, c.c., dispone che i liquidatori non possono ripartire tra i soci acconti sul risultato della liquidazione, salvo che dai bilanci risulti che la ripartizione non incide sulla disponibilità di somme idonee alla integrale e tempestiva soddisfazione dei creditori sociali; i liquidatori possono condizionare la ripartizione alla prestazione da parte del socio di idonee ga- ranzie. Il terzo comma precisa che i liquidatori rispondono personalmente e
100Vedasi Scimemi, E., op. cit., a p. 293.
solidalmente per i danni cagionati ai creditori sociali con la violazione delle disposizioni del comma precedente.
L'interpretazione maggioritaria sostiene che all'art. 2491 si applichi l'art. 2495 c.c. e, quindi, che gli acconti sul risultato della liquidazione, per analogia alle somme riscosse dai soci in base al bilancio nale di liquidazione, siano ripetibili, dopo la cancellazione e l'estinzione della società, ad istanza dei cre- ditori sociali insoddisfatti dal liquidatore. Non rileva a tal proposito la buona fede del socio percipiente l'acconto che si opponga alla richiesta di ripetizione delle somme spettanti al creditore, data anche l'assenza di una norma analoga all'ultimo comma dell'art. 2433 bis, c.c., secondo la quale non sono ripetibili gli acconti sui dividendi riscossi da soci in buona fede.
In sede di liquidazione gli acconti distribuiti ai soci sono suscettibili di ripetizione su richiesta dei liquidatori no al momento della cancellazione dal Registro delle Imprese dell'ente in liquidazione e rimangono quindi provvisori. Anche in seguito all'estinzione della società, il diritto di credito nei confronti della società può essere fatto valere dai titolari verso i soci, entro però lo scadere del termine di prescrizione.
Per quanto riguarda l'ammontare degli acconti, prima della riforma del diritto societario, introdotta dal D.Lgs. n. 6/2003, parte della dottrina102
sosteneva che essi non potessero eccedere gli utili e le riserve a disposizione, non andando così ad intaccare il capitale sociale, ad eccezione dell'ipotesi della riduzione facoltativa di capitale. L'interpretazione contraria103 vedeva e vede
ancor'oggi il riparto nale di liquidazione e gli acconti sulla quota di liquida- zione come operazioni che i creditori sociali potevano liberamente aggredire e considerava il liquidatore personalmente e direttamente responsabile delle stesse verso i terzi. Questo secondo lone di pensiero riutava dunque qual- siasi teoria che prevedesse la distribuzione del patrimonio sociale - come ad esempio la riduzione facoltativa del capitale - poiché in contrasto con l'intento del legislatore che, in primis, intende tutelare la possibilità per i creditori di chiedere ed ottenere la ripetizione di quanto dovuto dai soci.
Invero fa propendere verso la seconda interpretazione l'attuale formulazio- ne degli artt. 2633 e 2626 c.c.: come già detto, il primo, titolato Indebita ripartizione di beni sociali da parte dei liquidatori, dispone, a querela della persona oesa, la reclusione da sei mesi a tre anni per i liquidatori che, ri- partendo i beni sociali fra i soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell'accantonamento delle somme necessario a soddisfarli, cagionano danno ai creditori. L'art. 2626 c.c., prevede, invece, la reclusione no ad un anno per
102Si rinvia sul punto a Rossi, A., in Alberti, M. (a cura di), Il nuovo diritto delle
società, 2005, vol. III, a p. 2258-2261.
103In tal senso, Niccolini, G., Scioglimento, liquidazione ed estinzione delle società per
gli amministratori che restituiscono i conferimenti ai soci o li liberano dall'ob- bligo di eseguirli, fatta eccezione per i casi di legittima riduzione di capitale. Dall'ambito di applicazione della norma sono esclusi i liquidatori, per i quali non sussiste dunque nessun vincolo, fatto salvo l'art. 2633, di non distribuire il capitale sociale.
La distribuzione di acconti prima dell'approvazione del bilancio nale di liquidazione, come espressamente ammesso dall'art. 2491, è possibile solo qua- lora, sulla base dei bilanci di liquidazione, non risulti tale da cagionare danno agli interessi dei creditori dal punto di vista dell'integralità e della puntualità della soddisfazione dei loro crediti. Il legislatore non prevede tra gli oneri dei liquidatori quello di accertare, prima dell'eventuale distribuzione di acconti, l'eettiva attuale disponibilità delle somme di cui la società necessita per il pagamento dei suoi creditori: è suciente che tali somme siano disponibili nel momento in cui i debiti dovranno essere soddisfatti. In tal modo è venuto a crearsi un sistema più essibile che risponde più opportunamente sia alle esigenze dei soci che a quelle dei creditori sociali104.
Data la maggiore importanza della disponibilità delle somme nel momento dell'eettiva restituzione dei debiti, rispetto alla disponibilità delle stesse in se- de di distribuzione degli acconti, prima di procedere a quest'ultima operazione, i soggetti preposti alla liquidazione dovranno eseguire una valutazione previsio- nale degli eetti del riparto anticipato sulla posizione dei creditori sociali. Essi provvederanno, dunque, a testare le disponibilità liquide future dell'azienda, tenendo in considerazione la giacenza di cassa e vericando, attraverso l'analisi dei ussi di cassa, la congruenza dei tempi previsti di incasso con i termini di scadenza dei debiti della società. Se tale accorgimento non viene osservato, i liquidatori sono tenuti a rispondere personalmente e in solido con la società per i danni causati ai liquidatori ex art. 2491 c.c.105.
Nell'ambito in oggetto, si ritiene che la responsabilità dei liquidatori per aver provocato danno ai creditori sociali mediante la distribuzione anticipata di acconti ai soci, sia subordinata al compimento di un atto colposo o doloso, no- nostante il legislatore non si riferisca espressamente al presupposto soggettivo della colpa: i liquidatori quindi rispondono personalmente in tutti i casi in cui essi avrebbero potuto prevedere, secondo la diligenza richiesta dalla professio- ne, che l'avvenuta ripartizione di acconti ai soci avrebbe arrecato pregiudizio ai creditori sociali, ovvero quando la previsione fatta dagli stessi liquidatori pri- ma di distribuire gli acconti sia stata distorta da un'omissione o da un errore di valutazione dei debiti sociali per negligenza o incapacità degli stessi106.
La previsione ex art. 2491 c.c. della possibilità posta in capo ai liquidatori
104Così Scimemi, E., op. cit., a p. 296.
105Si veda ancora Scimemi, E., op. cit., a p. 296.
di distribuire acconti ai soci precedentemente rispetto alla stesura del bilancio nale di liquidazione, non esonera ovviamente gli stessi dalla redazione e dal deposito del bilancio nale e dalla cancellazione della società nell'ipotesi in cui in capo ad essa pendano debiti condizionati o non ancora esigibili.
Contrariamente, nell'ordinamento giuridico è di primaria importanza la rapidità della procedura estintiva delle società al ne di limitare al massimo i costi della fase liquidatoria; si prendano ad esempio gli artt. 2490 e 2494 c.c.: il primo, al comma 6, dispone la cancellazione d'ucio della società dal Registro delle imprese nell'ipotesi in cui per tre anni non vengano depositati i bilanci previsti ex lege durante la liquidazione; il secondo legittima il liquidatore a depositare presso una banca le somme spettanti ai soci non riscosse entro 90 giorni dall'iscrizione dell'avvenuto deposito del bilancio nale di liquidazione, sempre allo scopo di evitare lungaggini inutili nel procedimento di estinzione. L'art. 2494 c.c. trova corrispondenza nel già citato art. 117 l.fall., che dispone, come la norma civilistica, che le somme necessarie ad estinguere even- tuali debiti contestati o soggetti a condizione sospensiva siano depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato per poter essere versate ai creditori o ri- partita fra i soci, una volta passata in giudicato la sentenza che denisce il processo o vericatasi la condizione. Inoltre la norma fallimentare sancisce che gli accantonamenti non precludono la chiusura del procedimento fallimentare. Allo stesso modo quindi, il deposito, previsto dall'art. 2494 c.c., presso un soggetto terzo qualicato, qual è la banca, rappresenta proprio l'accantona- mento che renderà possibile la ripartizione dei beni sociali fra i soci e quindi la chiusura della liquidazione. Appare quindi condivisibile il parere dottrina- le secondo cui è corretto depositare le somme necessarie al futuro pagamento dei debiti scaduti, includendo nell'attivo del bilancio nale di liquidazione una voce ad hoc, mentre al passivo sarà iscritto i debito sociale.
Per quanto riguarda il soggetto terzo cui adare le somme accantonate, pare ragionevole ritenere che esso debba essere la banca, dato che sia i soci che i creditori sociali hanno l'interesse che l'incarico venga adato ad un soggetto qualicato che si impegni ad eseguire il pagamento dovuto a tempo debito. Inne, allo scopo di permettere ai soggetti interessati di conoscere la banca presso la quale sono stati depositate le somme in questione, i dati identicativi di tale istituto dovrebbero essere indicati nel bilancio nale di liquidazione.