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La ricezione degli ordini ministeriali: l'apertura dei campi

L'atto di nascita ufficiale dei campi di concentramento provinciali fu il 1° dicembre 1943, giorno in cui le prefetture e le questure della RSI ricevettero la circolare n. 5 firmata dal ministro Buffarini Guidi. Il testo di questa misura di polizia fu annunciato via radio e fu pubblicato sulle pagine dei giornali, nazionali e locali. È interessante notare come questo provvedimento fu presentato in maniera differente sulla stampa. Il principale quotidiano italiano, il «Corriere della Sera», scelse di dare ampio spazio alla notizia nella parte centrale della prima pagina, sotto il titolo L'arresto di tutti gli ebrei15. Nell'occhiello venivano citate le disposizioni di sequestro dei beni a favore dei sinistrati di guerra e la vigilanza degli appartenenti a famiglia mista. L'articolo, che si sviluppava su tre mezze colonne, riproduceva il testo integrale dell'ordinanza e proseguiva con un commento positivo a un provvedimento

15 Cfr. anche M. Forno, La guerra delle parole. Fedeli e traditori nelle pagine del “Corriere”, in S. Bugiardini (a cura di), Violenza, tragedia e memoria della RSI, Carocci, Roma, 2006, p. 64.

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che colpiva i veri nemici della nazione italiana. All'inizio si giustificavano le misure di sequestro:

É alla tribù di Israele che risale la maggior parte delle responsabilità di questa guerra. Impossessatasi delle leve di comando dell'economia mondiale, essa ha premeditato l'aggressione e il soffocamento dei popoli proletari scatenando un conflitto universale il cui scopo è quello di dissanguare l'Europa e dischiudere le porte del potere assoluto alla razza eletta. Che i denari accumulati con ogni mezzo dagli uomini di questa schiatta perversa con l'usura e lo sfruttamento sistematico della nostra gente vadano a sanare le ferite provocate dai terroristi dell'aria, è un atto di umana giustizia più ancora che di legittima ritorsione16.

Questa vera e propria invettiva contro gli ebrei si concludeva con una considerazione su quelli che sarebbero stati gli effetti positivi del provvedimento per il futuro del paese:

Mentre si procederà alle retate e all'isolamento di questi irriducibili nostri nemici, c'è da prevedere una diminuzione non indifferente dello spionaggio e degli atti terroristici. I fili di molte congiure e tradimenti si spezzeranno come per incanto. Il livore e l'oro ebraico avranno cessato di nuocere. E sarà tanto di guadagnato per la patria e le sue fortune17.

Al contrario del «Corriere», «Il Messaggero» di Roma scelse di riservare alla notizia uno spazio molto meno evidente: sempre in prima pagina, all’interno di un articolo sull'istituzione del capo provincia, figurava, tra gli altri argomenti, il testo dell’ordinanza di polizia18. Fatta eccezione per il giornale romano, nel presentare il provvedimento ogni quotidiano si lasciò andare a commenti più o meno violenti. La maggior parte dei giornali pubblicizzò con enfasi soprattutto la scelta governativa di utilizzare i beni sequestrati a favore dei sinistrati: «circa la definitiva destinazione di codesti averi l'odierna ordinanza è quanto mai esplicita: essi serviranno – come giustizia vuole – ad indennizzare i sinistrati dalle incursioni aeree nemiche, epperò anche ebraiche»19. Insistendo su consolidati stereotipi, gli ebrei erano considerati i padroni dell'economia mondiale ed erano accusati di aver provocato il conflitto in corso:

Era logico che essendo gli ebrei considerati nemici venissero inviati ai campi di concentramento e i loro beni sequestrati […] Non vi è chi non riconosca il valore morale e politico di questa destinazione: gli ebrei devono scontare con ciò che a loro sta più a cuore sopra ogni cosa, cioè la loro ricchezza, non importa come da essi

16 «Il Corriere della Sera», 1 dicembre 1943, L'arresto degli ebrei, prima pagina.

17 Ibidem. Il 5 dicembre veniva pubblicato sempre in prima pagina un articolo firmato da Preziosi dal titolo L'ebreo è un nemico più pericoloso delle forze esterne, scritto a Berlino il giorno precedente.

18 «Il Messaggero», 1 dicembre 1943, Unificazione nelle province del comando politico e amministrativo, prima pagina.

19 «La Tribuna», 2 dicembre 1943, Severe misure antiebraiche. Internamento nei campi di concentramento e sequestro dei beni mobili ed immobili a favore dei sinistrati delle incursioni aeree nemiche, prima pagina.

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accumulata, il fio delle loro colpe di antitaliani alleati dei nostri nemici, di quei nostri nemici che nella guerra così vilmente da essi condotta hanno portato il lutto e la distruzione nelle case di cento città italiane, seminando dal cielo la morte e la rovina20.

La stampa nazionale fu generalmente concorde nel presentare il provvedimento come una logica conseguenza del manifesto programmatico di Verona:

Va sottolineato il fatto che il provvedimento di cui diamo notizia si collega direttamente, anzi ne è una conseguenza, al punto VII del manifesto programmatico approvato nella prima assemblea nazionale del Partito Fascista repubblicano, tenutasi recentemente a Verona [citato il testo del punto 7 del manifesto di Verona]. É naturale perciò anche dal punto di vista giuridico che ad essi sia stato riservato per il periodo dell'attuale conflitto il trattamento già applicato ai cittadini appartenenti a nazioni nemiche, verso i quali è necessario prendere misure cautelari per neutralizzare qualsiasi eventuale azione diretta contro gli interessi d'Italia21.

Alcuni giornali utilizzarono toni particolarmente forti nell'esprimere la loro soddisfazione per il provvedimento ministeriale, considerato una misura «atta ad epurare definitivamente il Paese dall'elemento ebraico, che da tempo formava il bubbone cancrenoso nel corpo della nazione»22 e che avrebbe quindi “ripulito” l'Italia dalla «malefica influenza ebraica»23. Soprattutto in periferia, la stampa locale riservò largo spazio alla notizia del provvedimento e, in molti casi, la pubblicazione dell'ordinanza fu seguita, nei mesi successivi, da articoli fortemente antisemiti:24 ritornavano, anche qui, i soliti luoghi comuni, dalla congiura

20 «La Stampa», 1 dicembre 1943, Tutti gli ebrei inviati ai campi di concentramento. L'immediato sequestro dei loro beni che saranno confiscati a favore degli indigenti sinistrati dalle incursioni. La vigilanza di polizia per i nati da matrimonio misto, prima pagina. Lo stesso articolo fu ripetuto anche il giorno successivo.

21 «Il giornale d'Italia», 2 dicembre 1943, Tutti gli ebrei nei campi di concentramento, prima pagina. 22 «La Stampa», 1 dicembre 1943, Tutti gli ebrei inviati ai campi di concentramento cit.

23 «Il resto del Carlino», 2 dicembre 1943, Fino in fondo. Gli ebrei residenti n Italia avviati in campi di concentramento. Confisca di tutti i beni mobili e immobili – Vigilanza di polizia per gli arianizzati, prima pagina. Questo giornale in particolare si attestò su posizioni radicalmente antisemite. Già a novembre il quotidiano bolognese aveva pubblicato un articolo sulla nomina da parte di Badoglio di due sottosegretari di razza ebraica nel nuovo governo, definendo questa scelta «il più recente omaggio del marchese di Caporetto alla sinagoga» (19 novembre 1943, Due ebrei immessi nel nuovo Gabinetto Badoglio, prima pagina). Il 1° dicembre il quotidiano dava spazio a una breve notizia dalla provincia di Gorizia, che informava del ritrovamento, da parte della locale polizia, di un grande quantità di oggetti preziosi nascosti nella sinagoga di quella città, prontamente posti sotto sequestro (1 dicembre 1943, Trenta chilogrammi d'oro sequestrati nella sinagoga di Gorizia, p. 2). Il giorno dopo, il testo dell'ordinanza n. 5 era accompagnato da un articolo di commento quanto mai violento: gli ebrei erano considerati “istintivamente” nemici di ogni paese che li ospitava, «perché legati fra loro da interessi di carattere internazionale […] elementi pericolosi sia nel campo economico che in quello politico, culturale e morale. Tutte le storture dell'arte cosiddetta moderna sono il prodotto del malefico genio ebraico, tutte le crisi e le guerre, le sciagure e le stragi che si sono riversate sul mondo, specie negli ultimi anni hanno origine nella malefica influenza ebraica». Il 5 dicembre, infine, il giornale dava subito notizia dei risultati positivi del provvedimento: con il sequestro dei beni immobili ebraici, nella capitale sarebbero stati presto disponibili 20.000 appartamenti per gli sfollati provenienti dall'Italia meridionale (5 dicembre 1943, I provvedimenti antiebraici. Ventimila appartamenti saranno liberi a Roma, prima pagina).

24 A Bologna fu la questura a inviare alla stampa locale il comunicato sui provvedimenti di «Sequestro beni immobili e mobili degli ebrei della provincia di Bologna»: in realtà il testo contemplava solo la misura concernente il sequestro dei beni ebraici, stabilita il 2 dicembre 1943 dal capo della provincia, e non citava

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mondiale alla guerra giudaica25. Un discorso a parte, invece, merita il quotidiano cattolico «L'Osservatore romano», che prese decisamente una posizione critica rispetto alle disposizioni antiebraiche diramate dal ministero:26

L'ordinanza non è accompagnata dai motivi che l'hanno determinata per modificare così severamente il regime adottato fin qui. Tanto più ragioni di umanità inducono a rilevare che, quali siano questi motivi, a parte le condizioni già create alle persone in causa, così da appartarle da ogni pubblica attività, esistono pur sempre e nella massima maggioranza degli estranei a qualsiasi responsabilità, degli innocenti di qualsiasi colpa: fanciulli, donne, vecchi, malati; i più esposti alle privazioni che un simile provvedimento reca con sé, e specialmente per il rigore della stagione, la scarsità di vitto e di vesti, comunque con l'indigenza comminata per tutti. Ovvie considerazioni d'equità, d'altra parte, sono in particolare favore dei discriminati. Le ragioni per le quali è avvenuta la loro discriminazione, ragioni di fatto, sono passate in giudicato; non sono venute meno; sussistono tuttavia e pertanto la esenzione dalle disposizioni vigenti sin ora, tanto più dovrebbe valere per queste nuove che comportano segregazioni e sequestri27.

L'articolo continuava con un'attenta riflessione sugli appartenenti a famiglie miste, considerati cattolici e quindi da esentare dal provvedimento, e invocava una soluzione meno drastica dell'invio nei campi, quale ad esempio la sorveglianza per tutti28. Ancora il giorno successivo le pagine del quotidiano della Santa Sede ritornavano sull'argomento, in risposta a quelli che erano stati i motivi dell'ordinanza presentati dagli altri giornali nazionali. In particolare, l'«Osservatore romano» non concordava con coloro che volevano presentare il provvedimento quale la logica conseguenza del punto 7 del programma politico di Verona, in quanto nessun manifesto politico aveva mai costituito una fonte giuridica, «soprattutto quando vige una legge fondamentale dello Stato che considera cittadini i nati nel territorio dello Stato da cittadini dello Stato»29. Riguardo il sequestro dei beni, inoltre, si osservava che, a parte gli ebrei, nessun altro cittadino appartenente a nazione straniera e nemica era stato colpito da una

affatto l'arresto delle persone, cfr. AS Bologna, Questura, ABE (Ufficio asportazione beni ebraici), b. 1, fasc. “Ebrei, disposizioni di massima”, “Comunicato alla stampa”.

25 A. Zambonelli, Ebrei reggiani tra leggi razziali ed Olocausto 1938-1945, in «Ricerche storiche», 62-63, settembre 1989, pp. 7-34. Quasi in ogni provincia i giornali locali pubblicarono l'ordinanza n. 5: si veda ad esempio «Il Gazzettino» a Venezia e a Padova, cfr. R. Segre (a cura di), Gli ebrei a Venezia 1938-1945: una comunità tra persecuzione e rinascita, Il Cardo, Venezia 1995, pp. 151-157, o «Cronaca Prealpina» a Varese, cfr. F. Giannantoni, Fascismo, guerra e società nella Repubblica sociale italiana (Varese 1943-1945), FrancoAngeli, Milano 1984, p. 240.

26 Cfr. S. Zuccotti, Il Vaticano e l'Olocausto in Italia, Bruno Mondadori, Milano 2001, pp. 245-263. 27 «L'Osservatore romano», 3 dicembre 1943, Carità civile, prima pagina.

28 Ibidem, «Noi pensiamo che non si possa umanamente, equamente, cristianamente non considerare tutto questo, quando non si vede quale mutamento di condotta e di responsabilità sia intervenuto dopo il regime, le eccezioni e le esenzioni già stabilite e che nulla lascia credere insufficienti; quando si pensi che gli stranieri possono venire allontanati dal territorio nazionale, e che per i nati da matrimonio misto si è stimata bastevole la sorveglianza. La quale può dunque essere efficace per tutti, posto che la responsabilità non proviene dalla nascita, ma dalla volontà e emerge dai fatti»

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simile misura. Anche se il governo voleva cautelarsi contro eventuali azioni rivolte nei confronti dell'Italia, concludeva l'articolo,

non è dunque imprescindibile l'invio in campi di concentramento, specialmente, ripetiamo, per fanciulli, donne, vecchi, malati; e per i discriminati, appunto perché si è riconosciuto che la loro attività non è mai stata volta contro gli interessi d'Italia; e pei cattolici che alle comunità ebraiche non hanno mai appartenuto; non è imprescindibile la confisca degli averi, cioè l'indigenza anche per quando, dopo le sofferenze attuali, sarà a tutti più che mai necessario un sicuro sostentamento30.

L'insistenza sull'importanza delle “discriminazioni”, ribadita più volte dal quotidiano cattolico, fa molto riflettere. Soltanto pochi giorni dopo, infatti, il 10 dicembre, il capo della polizia escluse dall'internamento nei campi proprio le categorie di persone citate nei due articoli: malati, anziani e “misti”, tranne le donne e i bambini. Tale decisione fu giustificata in realtà con motivi di ordine pratico (ovvero per agevolare un invio graduale degli ebrei nei campi), ma rimane il sospetto che sia stata adottata anche sulla scia della presa di posizione del giornale cattolico. In un secondo momento l'«Osservatore» sembrò inoltre fornire un'indicazione generale indirizzata a tutti i religiosi d'Italia: il sostegno della Chiesa era esteso a ogni individuo, indipendentemente dalle sue convinzioni, perché «in casa di un prete romano cattolico, può andare chiunque (anche contrario alle sue idee) – può trovarvi un letto e un pane»31.

L'annuncio diffuso via radio e tramite i giornali di questa disposizione sollevò una certa perplessità da parte di alcune autorità locali, come risulta dalla documentazione consultata. Mossi in questa critica non certo da considerazioni di carattere umanitario, capi provincia e questori lamentarono al ministero che la pubblicità data all'imminente arresto degli ebrei e al loro prossimo invio in campo di concentramento aveva provocato la fuga proprio di coloro che erano i destinatari del provvedimento. Si veda, ad esempio, ciò che disse il capo provincia di Apuania (Massa Carrara) in un telegramma inviato alla Direzione generale di Pubblica Sicurezza a metà dicembre:

In seguito all'annuncio del provvedimento dato qualche giorno prima dalla radio e dalla stampa, tutte le persone valide di razza ebraica si erano segretamente allontanate dalla residenza per ignota destinazione. Al momento dell'azione si poté procedere soltanto al fermo delle seguenti tre donne […]32.

30 Ibidem. Entrambi gli articoli citati sono firmati: «(***)».

31 «L'Osservatore romano», 30 dicembre 1943, Carità cristiana, prima pagina.

32 ACS, MI, PS, Massime (categoria R9 Razzismo), b. 183, fasc. 19 “Ebrei da internare”, il capo della provincia al ministero dell'Interno, Direzione generale di PS, 21 dicembre 1943.

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Anche a Viterbo e a Pesaro i capi provincia, nel riferire al ministero i risultati delle operazioni effettuate contro gli ebrei quei primi giorni di dicembre, aggiungevano che erano in corso le ricerche di coloro che erano fuggiti dopo che la radio aveva reso note le disposizioni33. Non è escluso, naturalmente, che il prendersela con l'annuncio dato dagli organi d'informazione fosse un modo per giustificare i fallimentari esiti che diedero le prime ricerche di ebrei. Proprio nella provincia di Massa, ad esempio, furono arrestate, come detto qui sopra, solo tre donne: la prima incinta, la seconda ottantenne e malata, accompagnata dalla figlia, che risultava essere la terza persona arrestata! Il console tedesco a Roma, Moellhausen, scrive nelle sue memorie che il comunicato relativo alla circolare n. 5 fu trasmesso per radio proprio per volere di Buffarini Guidi, il quale, fattogli presente che ciò avrebbe di certo compromesso lo scopo della disposizione, sembra avesse risposto sorridendo: «Ma ci tieni proprio che li arrestino davvero tutti?»34. Risulta difficile oggi credere a questa testimonianza, sebbene anche il partigiano ebreo Emanuele Artom condividesse la stessa versione dei fatti: «La caccia agli ebrei riesce male […] Credo che Mussolini abbia apposta fatto pubblicare sui giornali la minaccia di provvedimenti antisemiti perché avessimo tempo di prepararci a nasconderci»35. È certo però che la diffusione della notizia permise a molti ebrei che si trovavano nella RSI, già preoccupati per la presenza delle forze d'occupazione tedesche, di allontanarsi almeno dai luoghi dove era possibile essere rintracciati. C'è da notare, inoltre, che in alcuni casi le autorità locali ricevettero dai propri superiori la circolare ministeriale dopo averla appresa dai giornali. A Piacenza, ad esempio, tutto lascia supporre che il capo provincia trasmise l'ordinanza al questore solo il 4 dicembre, due giorni dopo cioè che questa era stata pubblicata sui quotidiani nazionali e locali36.

Da parte loro, le autorità si impegnarono fin da subito nella ricerca di persone da arrestare. Le prefetture e le questure disponevano del resto degli elenchi di ebrei presenti nella provincia, compilati col censimento del '38 e aggiornati nel corso degli anni di guerra. Già prima di dicembre, in molte province si era intensificata la vigilanza sulla popolazione ebraica, in considerazione della situazione di guerra. Da novembre, infatti, il controllo era divenuto ancora più stretto: il 1° erano state ripristinate dal governo le misure di internamento per gli

33 Per Viterbo, ACS, MI, PS, A5G II Guerra Mondiale, b. 66, fasc. 32 “Internati civili pericolosi”, il capo della Provincia al ministero dell'Interno, Direzione Generale Demografia e Razza e p.c. Direzione Generale di PS, Divisione Polizia Politica e Divisione Affari Generali e Riservati, 8 dicembre 1943; per Pesaro ACS, MI, PS, Massime, b. 111, fasc. 16 “Campi di concentramento”, ins. 58 “Internamento ebrei”, fascicoli per provincia, “Pesaro”, il capo della provincia a capo della polizia, 11 dicembre 1943.

34 E. F. Moellhausen, La carta perdente. Memorie diplomatiche 25 luglio 1943 – 2 maggio 1945, Edizioni Sestante, Roma 1948, pp. 317-327.

35 E. Artom, Diari di un partigiano ebreo, gennaio 1940 – febbraio 1944, a cura di G. Schwarz, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pp. 100-101.

36 AS Piacenza, Questura, Campagna antiebraica, b. 1, Fasc. “Norme, leggi, regolamenti, circolari”, Sottofasc. “varie”, il capo provincia Fossa a questore e al consiglio provinciale dell'economia, 4 dicembre 1943.

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stranieri e per coloro che erano considerati pericolosi nella contingenza bellica, mentre numerose richieste erano state avanzate dai tedeschi per avere gli elenchi degli ebrei presenti nelle varie province. A metà del mese, inoltre, si era svolto il congresso del Partito repubblicano fascista a Verona, dal quale era uscita una linea politica decisamente antisemita e orientata a radicalizzare la persecuzione antiebraica. Rimanendo a Piacenza, a inizio novembre il questore ordinò ai comandi territoriali dei carabinieri di vigilare attentamente sulle persone appartenenti alla razza ebraica e di diffidare gli ebrei residenti nella zona a non tenere un atteggiamento ostile allo Stato di Salò:37 le autorità davano per scontato che la maggior parte della popolazione ebraica non appoggiasse il nuovo fascismo e si potesse rendere colpevole di propaganda contro la Repubblica sociale. Il 23 novembre, sempre il questore di Piacenza ordinava che, in attesa di «provvedimenti definitivi», si dovesse ulteriormente intensificare la vigilanza: gli ebrei andavano tenuti «confinati nei comuni ove attualmente risiedono»38. Lo stesso giorno il comando territoriale di Fiorenzuola d'Arda, paese della provincia piacentina, trasmetteva i verbali di diffida di alcune persone di razza ebraica residenti nel territorio sotto quella tenenza e si impegnava a inviare i verbali di quelle persone temporaneamente assenti per ragioni varie39.

La vicenda di Piacenza, come quella di altre province,40 fa capire che, al momento dell'invio dell'ordinanza n. 5, le autorità locali erano già attive nella loro azione di controllo e vigilanza nei confronti della popolazione ebraica, come abbiamo visto anche nel precedente capitolo. A questo si aggiungevano alcuni casi di capi provincia particolarmente convinti della persecuzione. A Vicenza, ad esempio, Neos Dinale, locale prefetto dal febbraio all'agosto 1943 e poi confermato capo provincia di quella zona dal governo della RSI,41 si esprimeva in questi termini:

37 AS Piacenza, Questura, Campagna antiebraica, b. 1, Fasc. “Norme, leggi, regolamenti, circolari”, Sottofasc. “varie”, il questore Alicò ai comandi territoriali dei carabinieri, n. 05971, 8 novembre 1943.

38 Ivi, Fasc. “Campagna antiebraica. Varie”, il questore Alicò ai comandi carabinieri locali, p.c. capo provincia e comando gruppo carabinieri, n. 05971, 19 novembre 1943.

39 Ivi, Fasc. “Norme, leggi, regolamenti, circolari”, Sottofasc. “varie”, legione territoriale dei carabinieri di Genova, tenenza di Fiorenzuola d’Arda (il capitano del comando tenenza), alla questura di Piacenza, risposta al foglio 05971 dell’8 novembre, 23 novembre 1943. Sulla persecuzione antiebraica a Piacenza si veda C. Antonini, Piacenza 1938-1945. Le leggi razziali, Quaderni di Studi piacentini, Istituto storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea, Piacenza 2010, in particolare il saggio G. Zucchini, Da Piacenza ad Auschwitz. Gli ebrei del piacentino tra persecuzione e deportazione, pp. 183-264.

40 Si pensi ad esempio al caso di Mantova, dove le autorità locali risposero puntualmente alla richiesta della Militärkommandatur di Brescia di far pervenire un elenco nominativo di tutti gli ebrei presenti nella provincia, cfr. AS Mantova, Prefettura, Gabinetto, b. 15, la Militärkommandatur di Brescia al prefetto di Mantova, 28 ottobre 1943, o di Ferrara, dove, come abbiamo visto nel precedente capitolo, il futuro segretario locale del PFR