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La notizia della destituzione di Mussolini e del crollo del fascismo fu accolta favorevolmente dalla popolazione ebraica, convinta che il nuovo governo avrebbe preso subito delle iniziative intese ad abolire la legislazione razziale5. L’Allied Military Government, appena insediatosi nei territori meridionali della penisola, decretò immediatamente l’abrogazione di tutte le leggi che prevedevano una discriminazione secondo distinzioni di fede, di razza e di colore di pelle6. Tuttavia, il governo Badoglio, come accennato, non si mosse in maniera altrettanto decisa. Il primo atto in favore degli ebrei fu quello di arrestare Le Pera, il direttore della Demorazza, anche se questo ufficio non venne per il momento soppresso7. La legislazione razziale, come detto, non fu abolita, ma furono abrogati soltanto alcuni provvedimenti amministrativi:8 ad esempio i senatori ebrei ebbero nuovamente pieni diritti; il ministero della Cultura popolare chiuse il suo Ufficio studi e propaganda sulla Razza; il ministero dell’Interno abrogò le limitazioni previste dalla Pubblica sicurezza e dalla Demorazza nel concedere agli ebrei le autorizzazioni di polizia e i permessi per esercitare le attività commerciali9. Infine furono prese iniziative per impedire nuovi espropri dei beni ebraici e la vendita di quelli trasferiti già nelle mani dell’EGELI, l’Ente creato nel 1939 per la gestione e la liquidazione dei beni e delle proprietà sequestrate agli ebrei in seguito alle leggi razziali; fu rilasciata inoltre l’autorizzazione agli studenti d'origine ebraica di riprendere l’attività scolastica nell’anno 1943-194410.

L’atteggiamento del governo rimase quindi su posizioni quanto mai “timide”, nonostante anche la stampa si fosse decisamente schierata contro le discriminazioni razziali, chiedendone l’abolizione11. Tra luglio e settembre ci furono contatti tra le autorità governative e l’Unione delle Comunità israelitiche italiane per arrivare all'abrogazione della legislazione razziale, ma

5

R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino 1993, p. 441.

6

M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Einaudi, Torino 2007, p. 92.

7

R. De Felice, Storia degli ebrei italiani cit., p. 441

8

Questi provvedimenti amministrativi, in realtà, avevano avuto un gran peso all'interno della normativa antiebraica adottata dal 1938 in poi, cfr. S. Caviglia, Un aspetto sconosciuto della persecuzione: l’antisemitismo «amministrativo» del Ministero dell’Interno, in «Rassegna mensile di Israel», 1-2 numero speciale 1938: le leggi contro gli ebrei, 1988, pp. 233-271.

9

M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista cit., pp. 247-248.

10

R. De Felice, Storia degli ebrei italiani cit., p. 442; M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista cit., pp. 247-248; M. Toscano (a cura di), L’abrogazione delle leggi razziali in Italia (1943-1987), Roma 1988, p. 31.

11

R. De Felice, Storia degli ebrei italiani cit., pp. 442-443, con un approfondimento nelle pagine successive delle reazioni della stampa del periodo.

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questi non portarono a risultati concreti12. Fallì anche il piano di trasferire nella zona già liberata dagli anglo-americani gli ebrei presenti nell'Italia settentrionale. A inizio agosto, il Congresso mondiale ebraico aveva sollecitato la Santa Sede a intervenire presso il governo italiano affinché fosse messa in atto questa soluzione, condivisa e appoggiata anche dai dirigenti dell’Unione delle comunità italiane. L’unica risposta governativa fu però quella inviata il 12 agosto al cardinal Maglione, della segreteria di Stato vaticana, nella quale si informava che erano state date assicurazioni alle persone interessate e che se ne facilitava lo

spostamento in zone meno pericolose13. Allo stesso tempo, il governo Badoglio e, nello

specifico, il ministero degli Esteri, si impegnò a non lasciare nelle mani dei tedeschi gli ebrei che si trovavano nei territori ancora sotto l’occupazione italiana Gli ebrei italiani in Francia furono autorizzati a rientrare in Italia e una simile ipotesi fu prospettata anche per quelli presenti in Grecia; gli stranieri, invece, per i quali rimaneva il divieto d’ingresso nel Regno, dovevano essere trasferiti nelle zone non soggette all’arretramento dell'esercito14. A proposito della Jugoslavia, ad esempio, nell'agosto 1943, il governo telegrafava al comando della II armata di «evitare di abbandonare gli ebrei croati o di affidarli alla mercé di stranieri» e di garantire la loro permanenza al campo di concentramento di Arbe (sotto giurisdizione italiana); invitava inoltre i militari italiani, dove possibile, a trasferire individualmente in Italia gli internati in quel campo15. In Francia, le autorità italiane non consegnarono ai nazisti gli ebrei di nazionalità germanica, contravvenendo quindi a quanto deciso il 15 luglio dal capo della polizia Chierici16. Sempre in queste zone fu facilitato il trasferimento di tutti gli ebrei a Nizza, da dove sarebbe stato più facile l’ingresso «alla spicciolata» delle persone nel Regno: il ministero dell'Interno avrebbe infatti «chiuso un occhio» su questi clandestini passaggi di frontiera17. L'ebreo Angelo Donati, ex direttore della Banque Italo-Française de Crédit e ex presidente della camera di commercio italiana a Parigi rivestì in questo contesto un ruolo molto importante18. Come intermediario tra le associazioni ebraiche di Nizza e le autorità italiane mise a punto un piano, in accordo con inglesi e americani, per salvare gli ebrei rimasti

12

Ivi, p. 442; M. Toscano (a cura di), L’abrogazione delle leggi razziali cit., p. 31.

13

M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista cit., p. 250; G. Mayda, Storia della deportazione dall’Italia 1943- 1945. Militari, ebrei e politici nei lager del Terzo Reich, Bollati Boringhieri, Torino 2002, p. 71.

14

Nel caso della Grecia dovevano essere trasferiti a Corfù, cfr. M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista cit., p. 249.

15

R. De Felice, Storia degli ebrei italiani cit., pp. 444-445.

16

«Vogliate aderire richiesta Polizia tedesca per consegna ebrei tedeschi», telegramma citato in M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista cit., p. 225.

17

D. Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa (1940- 1943), Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 475-476. Si veda anche ACS, MI, PS, A16 “Stranieri ed Ebrei stranieri”, b. 49, fasc. 59 “Ebrei stranieri – Provvedimenti presi nella zona occupata dalle truppe Italiane in Francia”, rapporto dell'Ispettore di Polizia Guido Lospinoso, 12 agosto 1944.

18

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e che non avrebbero potuto raggiungere l’Italia: 4 piroscafi avrebbero dovuto trasferirli via mare dal porto di Nizza verso le coste dell’Africa settentrionale, in territorio anglo-americano – un’ iniziativa poi fallita a causa della lentezza e della complessità delle operazioni, nonché del sopraggiungere dell’8 settembre19.

Il 27 luglio il nuovo capo della polizia Carmine Senise dispose di scarcerare le persone arrestate per motivi politici e di liberare i confinati «responsabili attività antifascista in genere, offese capo Governo et cessato regime», a esclusione di comunisti e anarchici e coloro che erano stati messi al confino per spionaggio o motivi militari20. In questa prima ordinanza non vi era nessun riferimento agli ebrei internati o arrestati durante la guerra. Due giorni dopo, un nuovo dispaccio telegrafico di Senise estendeva le misure di liberazione anche a coloro che si trovavano in campo di concentramento o in internamento libero nei comuni del Regno, compresi gli ebrei di nazionalità italiana:

Comunicasi che dovranno essere immediatamente liberati anche internati italiani sia campi concentramento sia comuni liberi cui confronti provvedimento è stato adottato per attività politica non ripetesi non riferentesi comunismo et anarchia aut spionaggio aut irredentismo et non ripetesi non trattisi allogeni Venezia Giulia et territori occupati (.) Con analoghi criteri dovranno farsi cessare vincoli ammonizione confronti ammoniti politici (.) Dovranno inoltre essere liberati ebrei italiani internati aut confinati che oltre non avere svolto attività politica come sopra non abbiano commesso fatti speciali gravità (.) Questori competenti per giurisdizione sono pregati comunicare presente circolare et precedente Direttori Colonie Confino et Campi concentramento21.

Nel corso di agosto altre circolari ordinarono la progressiva liberazione di anarchici e comunisti arrestati, confinati o internati,22 e ribadirono l’estensione delle misure anche agli

19

Cfr. R. De Felice, Storia degli ebrei italiani cit., pp. 444-445; M. Michaelis, Mussolini e la questione ebraica, Edizioni di Comunità, Milano 1982, pp. 327-329; K. Voigt, Il rifugio precario cit., pp. 322-334. Su questo episodio e in generale sull'atteggiamento delle autorità fasciste nei territori occupati della Francia si vedano soprattutto L. Poliakov, La condition des juifs en France sous l’occupation italienne, CDJC, Paris 1946; D. Rodogno, La politique des occupants italiens à l'égard des Juifs en France métropolitaine. Humanisme ou pragmatisme?, in «Vingtième siècle», n. 93, janvier-mars 2007, pp. 63-77 e il recente J. L. Panicacci, L'occupation italienne: sud-est de la France, juin 1940 – septembre 1943, Presse universitaire de Rennes, Rennes 2010.

20

ACS, MI, PS, Massime, M4, b. 99, fasc. 16 “Campi di concentramento”, “Liberazione internati”, Dispaccio telegrafico, Capo della Polizia a questori del Regno, dirigenti dell’OVRA e direzioni colonia confino Ventotene Ponza e Tremiti, 27 luglio 1943.

21

Ivi, Dispaccio telegrafico, Capo della Polizia a questori del Regno e dirigenti zone OVRA, 29 luglio 1943.

22

«Dal 27 luglio al 21 agosto ci vollero in tutto ben sette circolari del capo della polizia per giungere al proscioglimento delle varie categorie di internati, confinati e detenuti politici italiani», C. Spartaco Capogreco, I campi del duce. L’internamento civile nell’Italia fascista (1940-1943), Einaudi, Torino 2004, p. 172. Le circolari di agosto relative alla liberazione di arrestati, confinati e internati politici sono presenti in appendice in G. Antoniani Persichilli, Disposizioni, normative e fonti per lo studio dell’internamento in Italia (giugno 1940 - luglio 1943), in «Rassegna degli archivi di Stato», n. 1-3, 1978, pp. 77-96.

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ebrei italiani23. Rimanevano però fuori dai provvedimenti le migliaia di ebrei stranieri Del resto la decisione di continuare la guerra a fianco dei tedeschi portava inevitabilmente a non poter modificare quelle misure d'internamento decise con lo scoppio del conflitto24. Solo il rovesciamento dell’alleanza provocherà un decisivo cambiamento della situazione25.

A fine agosto fu disposta la liberazione degli ebrei stranieri internati nel campo di Ferramonti di Tarsia26. Saranno però motivazioni di carattere bellico a determinare l’ordine di sgombero del campo calabrese, vista la sua vicinanza al fronte di guerra. La decisione fu affrettata da un mitragliamento di aerei alleati il 27 agosto che causò la morte di 4 internati e il ferimento di 11:27

Data attuale situazione è necessario sgombrare subito campo concentramento Ferramonti punto Pregasi pertanto disporre che internati ebrei apolidi già italiani siano liberati et rimpatriati punto Nuclei familiari ebrei stranieri che hanno possibilità sistemarsi altrove per proprio conto, ad eccezione casi speciali, dovranno essere liberati et avviati località prescelte segnalandoli questure competenti per opportuna vigilanza punto28.

I nuclei familiari composti da ebrei non soggetti alla liberazione sarebbero stati trasferiti al campo di concentramento di Fraschette di Alatri, vicino Frosinone (ancora lontano dal fronte di guerra e per questo da non chiudere), insieme alle altre famiglie di stranieri non ebrei. Le donne «isolate» ebree straniere, salvo casi speciali, dovevano essere liberate solo se avessero avuto un posto dove sistemarsi, mentre per le straniere ariane era previsto l’invio sempre al campo di Alatri. «Internati italiani ebrei aut ariani, ottemperanza istruzioni impartite,

23

«[…] Ebrei italiani debbono essere liberati se oltre non essere comunisti aut anarchici non abbiano commesso fatti speciale gravità […]», Dispaccio telegrafico n. 474501, capo della polizia a direttore colonia confino di Ventotene, 2 agosto 1943:, in G. Antoniani Persichilli, Disposizioni, normative e fonti cit., pp. 92-93; «Richiamandosi circolari relative liberazione condannati, detenuti, confinati et internati politici italiani ultime […] avvertesi che disposizioni impartite con suddette circolari debbono essere estese anche ad ebrei italiani punto […]», in ACS, MI, PS, Massime, M4, b. 99, fasc. 16, “Campi di concentramento”, “Liberazione internati”, Copia del dispaccio telegrafico ministeriale n. 49615, capo della polizia a questori regno, ispettorati speciali polizia presso prefetture, direttori colonie confino Ventotene, Tremiti e Pisticci, Ispettore generale di P.S., Gr. Uff. Dr. Giuseppe Gueli presso questura Trieste, 17 agosto 1943.

24

G. Antoniani Persichilli, Disposizioni, normative e fonti cit., p. 86.

25

In generale il capo della polizia Carmine Senise si dimostrò sempre molto prudente durante tutto il periodo badogliano: in considerazione delle possibili reazioni tedesche in un momento in cui la posizione dell'Italia non sembrava del tutto chiara, non fu mai favorevole a iniziative troppo rapide ai danni di coloro che erano stati fascisti e a favore degli antifascisti o degli oppositori del passato regime, cfr. P. Carucci, Il Ministero dell'Interno cit., pp. 52-59.

26

ACS, MI, PS, Massime, M4, b. 124, fasc. 16 “Campi di concentramento”, Ins. 13/10 “Cosenza. Sgombero campo di concentramento di Ferramonti”, Comando XXXI corpo d’armata a Min. Interno, direttore generale di PS, 25 agosto 1943.

27

C. Spartaco Capogreco, I campi del duce cit., p. 244.

28

ACS, MI, PS, Massime, M4, b. 124, fasc. 16 “Campi di concentramento”, Ins. 13/10 “Cosenza. Sgombero campo di concentramento di Ferramonti”, Dispaccio telegrafico n. 51751, capo della polizia Senise a Prefetto Cosenza, Rieti, Frosinone, Parma, Chieti e p.c. direttori campi di concentramento di Ferramonti (Tarsia), Farfa Sabina (Rieti), Fraschette di Alatri (Frosinone), Montechiarugolo (Parma), Tollo (Chieti), 27 agosto 1943.

78

dovranno essere liberati ad eccezione pericolosi aut sospetti attività nostri danni che dovranno essere accompagnati campo concentramento Farfa Sabina (Rieti)»29. È importante sottolineare che, sempre secondo la disposizione, gli internati stranieri jugoslavi dovevano essere trasferiti al campo in Sabina, mentre coloro che appartenevano a nazionalità inglese, francese o russa erano destinati al campo di Montechiarugolo a Parma;30 i cinesi, invece, in un campo in provincia di Chieti31. Stando al contenuto di questa circolare, dunque, risulta che la maggior parte degli ebrei veniva liberata (anche se rimaneva sotto vigilanza), mentre gli stranieri ariani appartenenti a nazioni nemiche in guerra con l’Italia erano spostati da un campo all’altro. Il 5 settembre, a seguito del precedente dispaccio, il capo della polizia comunicava al prefetto di Cosenza la conferma della liberazione o del trasferimento delle persone internate a Ferramonti; lo stesso giorno il direttore del campo procedeva all’apertura dei cancelli32.

Dopo la caduta del fascismo, dunque, il governo italiano non abrogò le leggi razziali, ma si limitò a tiepide iniziative e, secondo quanto affermato dal maresciallo Badoglio, a dare assicurazioni agli ebrei che la normativa del '38 non sarebbe stata applicata33. L’occasione mancata in quei 45 giorni creò in realtà il presupposto per quelli che furono gli “effetti perversi” della legislazione, quale l’aggiornamento delle liste e delle registrazioni anagrafiche, allora non distrutte o fatte sparire34. La presenza degli elenchi degli ebrei negli

29

Ibidem.

30

In realtà il 31 agosto il ministero dell'Interno comunicava alla prefettura di Parma: «Con riferimento alla prefettizia a margine distinta si comunica che è stato disposto lo sgombero del campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia e pertanto il trasferimento degli internati in atto a Scipione qualora non sia avvenuto non dovrà aver luogo», in ACS, MI, PS, Massime, M4, b. 132, fasc. 16 “Campi di concentramento”, ins. 28 “Parma”, sottofasc. “Parma. Direttrici e personale di governo”, ministero dell'Interno a R. Prefettura di Parma, 31 agosto 1943.

31

ACS, MI, PS, Massime, M4, b. 124, fasc. 16 “Campi di concentramento”, Ins. 13/10 “Cosenza. Sgombero campo di concentramento di Ferramonti”, Dispaccio telegrafico n. 51751, capo della polizia Senise a Prefetto Cosenza, Rieti, Frosinone, Parma, Chieti e p.c. direttori campi di concentramento di Ferramonti (Tarsia), Farfa Sabina (Rieti), Fraschette di Alatri (Frosinone), Montechiarugolo (Parma), Tollo (Chieti), 27 agosto 1943.

32

Ivi, Dispaccio telegrafico, capo polizia Senise a prefetto Cosenza, 5 settembre 1943: «Nuclei familiari ebrei stranieri e italiani, ebrei stranieri et italiani isolati (uomini e donne), uomini e donne ariani italiani, eccetto casi sospetti spionaggio ristretti campo concentramento Ferramonti Tarsia dovranno essere liberati e avviati località da essi prescelte e vigilati. Nuclei famigliari ariani aut ebrei italiani e stranieri da non liberare dovranno essere trasferiti campo Fraschette Alatri; isolati stranieri et italiani ariani et ebrei dovranno essere trasferiti campo Farfa Sabina punto Francesi corsi, inglesi, canadesi e russi dovranno essere trasferiti campo Montechiarugolo. Internati e liberati dovranno essere forniti per viaggio vitto e mezzi sussistenza». Il campo fu poi raggiunto dalle truppe anglo-americane il 14 settembre, cfr. K. Voigt, Il rifugio precario cit, pp. 208-209; M. Rende, Ferramonti di Tarsia. Voci da un campo di concentramento fascista 1940-1945, Mursia, Milano 2009, p. 19.

33

«Feci chiamare diversi esponenti ebrei e comunicai loro che pur non potendo per il momento procedere radicalmente all’abolizione delle leggi, queste sarebbero rimaste come inoperanti», P. Badoglio, L’Italia nella seconda guerra mondiale cit., p. 92.

34

L'unico momento in cui il governo fascista diede l'ordine di distruggere documenti segreti presenti nelle prefetture e nelle questure fu poco prima dello sbarco in Sicilia degli Alleati, in previsione cioè di un'occupazione di questi uffici da parte anglo-americana. Tali disposizioni rimasero in vigore anche dopo il 25 luglio e a Parma, ad esempio, furono distrutti proprio gli elenchi degli ebrei censiti, cfr. P. Carucci, Il Ministero dell’Interno: prefetti, questori e ispettori generali, in Istituto veneto per la storia della Resistenza, Sulla crisi del regime fascista 1938-1943, Marsilio, Venezia 1996, pp. 52-59.

79

uffici comunali o nelle questure si dimostrerà un elemento essenziale per le successive persecuzioni perpetrate da nazisti e “repubblichini”, che utilizzarono questi documenti per colpire anche tutti gli ebrei italiani recensiti, non arrestati né internati negli anni precedenti35. Questa inazione, inoltre, per certi versi «contribuì a rinsaldare l’impreparazione con cui gli ebrei italiani affrontarono i tragici eventi successivi all’8 settembre»36. Come detto, iniziative più risolutive furono prese solo dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre. In base agli accordi contenuti al suo interno,37 infatti, il 10 settembre Senise ordinò la scarcerazione e la liberazione degli ebrei stranieri dai campi di concentramento e dalle località di internamento, disponendo nei loro confronti una “generica” vigilanza:

In dipendenza conclusione armistizio, pregasi disporre che gli internati sudditi nemici siano liberati. Internati suddetti che non abbiano possibilità sistemazione per proprio conto, possono essere lasciati campi o comuni di residenza, continuando corresponsione loro favore sussidio giornaliero. In tal caso nei confronti internati nei comuni dovranno essere revocate misure restrittive libertà mantenendo loro riguardi generica vigilanza38.

È interessante notare in questa circolare il ruolo attribuito ai campi di concentramento, intesi non soltanto come un luogo dove scontare una misura di polizia, ma anche come uno spazio dove rimanere in caso di difficoltà. Se si pensa infatti alla “precarietà” degli internati stranieri,39 spesso senza nessun contatto con la popolazione locale o privi di una casa dove andare in una nazione a loro estranea (contrariamente, è ovvio, agli italiani), il campo di concentramento rappresentava per molti la garanzia di un vitto, di un letto, di un alloggio e di un sussidio giornaliero:40 insomma, paradossalmente, di una certa “sicurezza di vita”, per di più assicurata qui da una disposizione ministeriale del capo della polizia. Nella sua testimonianza, il dr. Pollack, medico austriaco profugo in Italia, racconta ad esempio che

35

M. Toscano (a cura di), L’abrogazione delle leggi razziali cit., p. 31; cfr. anche M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista cit., pp. 256-257, dove l’autore cita l’aggiornamento degli schedari a Milano e a Mantova effettuato durante i mesi di Badoglio.

36

R. De Felice, Storia degli ebrei italiani cit., p. 444.

37

Testo dell’armistizio “breve” del 3 settembre 1943, comunicato dal Gen. Ambrosio ai comandanti delle forze armate in data 8 settembre 1943: «3) Tutti i prigionieri e gli internati delle Nazioni Unite saranno rilasciati immediatamente nelle mani del Comandante in Capo Alleato e nessuno di essi dovrà essere trasferito in territorio tedesco», in E. Aga Rossi, L’inganno reciproco. L’armistizio tra l’Italia e gli anglo-americani del settembre 1943, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Roma 1993, pp. 323-325.

38

ACS, PS, Massime, M4, b. 111, fasc. 16 “Campi di concentramento”, Ins 54 “Armistizio, Liberazione sudditi nemici internati”, capo della Polizia a prefetti del regno, 10 settembre 1943; L. Picciotto Fargion, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (1943-1945), Mursia, Milano 2002, pp. 873-874.

39

Secondo il titolo del libro K. Voigt, Il rifugio precario cit..

40

Nella sua testimonianza sul periodo della persecuzione razziale anche Mario Tagliacozzo mette in evidenza questo aspetto: avere contatti nei paesi dell’Italia centrale e settentrionale significava trovare protezione nelle abitazioni di amici o un rifugio presso conventi e istituti religiosi, cfr. M. Tagliacozzo, Metà della vita: i ricordi della campagna razziale 1938-1944, Baldini & Castaldi, Milano 1998.

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quando il direttore del campo di Urbisaglia aprì le porte per far fuggire i prigionieri, «gli internati, senza documenti, senza soldi, senza sapere dove andare, senza lingua italiana se ne andarono in pochissimi. Tornati quasi tutti dentro, dopo circa due settimane di paura», il 30 settembre furono prelevati dai tedeschi41. Del resto, una visione “all’acqua di rose” del campo di concentramento di Urbisaglia, e in generale della quotidianità dell’internamento fascista nella vita degli ebrei,42 la ritroviamo anche all’interno del celebre romanzo di Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, nel quale il gruppo di ragazzi che ruota intorno alla ricca famiglia ferrarese ironizza sull’invio punitivo in questo campo da parte delle autorità di regime43. Osserva Liliana Picciotto Fargion:

Non va inoltre dimenticato che l’unico esempio esplicito di antisemitismo, oltre al quale nessuno pensava si