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La lotta al terrorismo nel quadro delle Nazioni Unite e della Comunità internazionale

5. La ridefinizione della sicurezza nella prospettiva americana

Sul versante della legislazione statunitense, l‟aggressione terroristica del 2001 ha spianato la strada alla emanazione del discusso USA Patriot Act (acronimo di “Uniting

and Strengthening America by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism Act”), provvedimento approvato in soli due giorni di dibattito

parlamentare e quasi all‟unanimità dal Congresso il 26 ottobre 2001.

Lo strumento normativo in questione si caratterizza, com‟è noto, per la consistente ampiezza del testo (160 articoli, per un totale di 184 pagine) e per la particolare eterogeneità dei contenuti in esso sviluppati (dal settore penale a quello del sistema bancario, dall‟apparato dei servizi segreti alla disciplina sulla immigrazione, ecc.), i quali, sia pur non sempre collegati a fattispecie ben delineate, risultano accomunati da una generica funzione preventiva di potenziali attentati, sostanzialmente tradottasi in una rilevante “verticalizzazione” del sistema istituzionale statunitense.

Il testo risulta articolato in dieci Titoli, a loro volta suddivisi in più sezioni, i primi due dei quali attengono a situazioni concernenti la necessaria adozione di incisive misure di investigazione in materia di comunicazioni via cavo e via etere. Sullo stesso piano si collocano le modifiche contenute nel terzo capitolo (“International money laundering abatement and anti-terrorist financing act of 2001”), concernenti la normativa di indagine bancaria in funzione di prevenzione antiriciclaggio.

Le successive disposizioni attengono alla disciplina dell‟immigrazione (Titolo IV) e degli strumenti di polizia e di incentivazione alla partecipazione collettiva alla lotta al terrorismo (quale, ad esempio, quella concernente il pagamento di “taglie”), mentre i capitoli V (“Removing obstacles to investigating terrorism”), VII (“Increased information sharing for critical infrastructure protection”) e VI (“Providing for victims of terrorism, public safety officers, and their families”) disciplinano il coordinamento tra gli organismi di polizia e dei servizi segreti, l‟accesso alle informazioni riservate, gli strumenti di incentivazione economica per le forze dell‟ordine e di indennità per le vittime del terrorismo, le rispettive famiglie ed i loro soccorritori.

Il nono capitolo (“Improved Intelligence”) risulta invece dedicato al rafforzamento dell‟azione di intelligence delle agenzie federali, tra le quali rileva la C.I.A. (Central intelligence Agency). Particolare interesse, ai fini penalistici, suscita inoltre l‟ottava

171 parte (“Strengthening the criminal laws against terrorism”), in cui si procede ad una revisione della definizione del reato federale di terrorismo372.

Nell‟intento di contrastare il fenomeno terroristico, il testo normativo del Patriot Act prevede un ampio apparato di misure di portata eccezionale, tra cui rileva il riconoscimento in capo all‟Esecutivo dell‟opportunità di sottoporre i terroristi fermati (o sospetti tali) al giudizio di appositi tribunali militari, anche al di fuori della operatività delle garanzie ordinariamente sancite in relazione all‟espletamento dei procedimenti giurisdizionali.

In tal senso, assume particolare rilievo l‟inedito potere conferito al Procuratore Generale, c.d. Attorney General, di trattenere in stato di reclusione qualunque individuo straniero dallo stesso identificato come un sospetto terrorista. Nei confronti degli stranieri «suspected terrorists» può essere prevista la detenzione a tempo indeterminato sulla sola base della ritenuta sussistenza da parte dell‟Attorney General d‟un fondato sospetto373 sulla loro implicazione in attività di terroristica374.

Infatti, la Sezione 412 dello USA Patriot Act (“Mandatory detention of suspected terrorists; Habeas corpus; Judicial review”), intervenuta ad emendamento dell‟«Immigration and Nationality Act», subordina l‟applicazione di tale restrizione all‟esistenza di ragionevoli dubbi circa il loro coinvolgimento in attività che mettono in pericolo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti o che risultino “inadmissible or

deportable on grounds of terrorism, espionage, sabotage or sedition”375.

L‟articolo 411 amplia la categoria di immigrati che possono essere espulsi dal territorio americano per motivi di terrorismo.

Ad ampliare ulteriormente la portata fenomenica della nozione di attività terroristica, già genericamente individuata nella violenza premeditata e politicamente motivata,

372

U.S.A. Patriot Act, 2001, Section 808: “Definition of Federal crime of terrorism”.

373 A tal riguardo, è stato sostenuto che quello del «reasonable grounds to believe», criterio in virtù del

quale l‟Attorney General dispone la detenzione di stranieri, sia da far coincidere sostanzialmente con il parametro del «reasonable suspicion», richiesto ai sensi del IV emendamento alla Costituzione federale statunitense, secondo cui: “«Il diritto dei cittadini a godere della sicurezza per quanto riguarda la loro persona, la loro casa, le loro carte e le loro cose, contro perquisizioni e sequestri ingiustificati, non potrà essere violato, e nessun mandato giudiziario potrà essere emesso, se non in base a fondate supposizioni, appoggiate da un giuramento o da una dichiarazione sull'onore e con descrizione specifica del luogo da perquisire, e delle persone da arrestare o delle cose da sequestrare”.

374 A ciò deve aggiungersi, inoltre, che lo stesso Patriot Act attribuisce alla polizia di frontiera ed alle

autorità dell‟Immigrazione (Immigration and Naturalization Service - INS) la facoltà di arrestare e trattenere immigranti per un “reasonable period of time”, senza peraltro precisare cosa debba intendersi per «ragionevole periodo di tempo», né tantomeno rendere conto della decisione di detenzione o di ogni altra particolare procedura (quale quella relativa alla comunicazione i dati personali e la provenienza degli stranieri trattenuti.

375 Cfr. C. BASSU, Libertà personale e lotta al terrorismo: i casi di Canada e Stati Uniti, in Democrazia

172 diretta contro la popolazione civile, contribuisce l‟inclusione, a norma dell‟art. 411 (“Definitions relating to terrorism”), di ogni altro reato che preveda l‟uso di “un‟arma o di un dispositivo pericoloso”. Previsione, quest‟ultima, dalla cui applicazione potrebbe scaturire anche l‟espulsione, in qualità di “terrorista”, d‟un immigrato colto in possesso d‟un coltello o di un‟arma improvvista, ad esempio durante una rissa o una lite.

La formula “engage in terrorist activity” (“prendere parte ad attività terroristiche”), contenuta nella norma, è stata dunque dilatata fino al punto di poter valutare alla stregua di un concreto supporto materiale ad un‟organizzazione di matrice terroristica anche la mera attività di raccolta di fondi destinati a sollecitare l‟adesione di soci, avviata per legittimi scopi sociali, umanitari e politici.

La stessa, inoltre, irrigidendo ulteriormente le condizioni di accesso e di circolazione degli immigrati sul territorio nazionale, introduce un modulo d‟ingresso di ordine ideologico, che prende in considerazione i discorsi di natura politica, in genere protetti dal Primo Emendamento (relativo alla libertà di pensiero e di associazione politica). A questo riguardo, l‟articolo 411, par. 6 proibisce l‟accesso negli Usa ad ogni straniero che, all‟interno d‟un qualsiasi Paese, abbia approfittato della propria condizione di preminenza al fine di “avallare pubblicamente, caldeggiare ovvero indurre il supporto d‟una data organizzazione o attività terroristica”376, nell‟evenienza in cui la stessa

pronuncia sia giudicata dal Segretario di Stato idonea ad attutire gli sforzi della pubblica autorità in vista della contrasto o della soppressione delle attività terroristiche.

Al drastico ampliamento delle ipotesi di espulsione previste dall‟art. 411 con riguardo alla categoria degli immigrati sospettati di terrorismo fa da contraltare l‟accresciuta facoltà del ministro della Giustizia nel comminarne la relativa detenzione. Infatti, la sezione 412 riconduce in capo a quest‟ultimo il potere del tutto discrezionale di optare per la detenzione dello straniero, qualora vi siano “basi ragionevoli per ritenere” che lo stesso sia implicato in attività terroristiche o in altre attività che mettono a repentaglio la sicurezza nazionale.

L‟addebito della violazione della normativa migratoria comporta la detenzione obbligatoria dello straniero, la cui scarcerazione potrà avvenire soltanto in seguito ad espulsione, o fino a che il ministro della Giustizia non abbia deciso sul suo status di

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Par. VI: “[...] has used the alien's position of prominence within any country to endorse or espouse terrorist activity, or to persuade others to support terrorist activity or a terrorist organization, in a way that the Secretary of State has determined undermines United States efforts to reduce or eliminate terrorist activities (omissis)”.

173 terrorista pronunciandosi per il suo rilascio, anche qualora venisse appurata l‟applicabilità dell‟asilo o di altri istituti equipollenti.

Per tutta la durata procedimento legale relativo alla normativa migratoria, in capo ministro della Giustizia incombe l‟onere di sottoporre il giudizio emesso al vaglio del Comitato per l'ordinamento giudiziario della Camera dei Rappresentanti e del Senato nell‟intervallo di sei mesi, senza peraltro essere tenuto informare lo straniero delle prove poste a fondamento della decisione, né di consentirne la contestazione in un procedimento amministrativo.

A ciò deve assommarsi l‟ulteriore previsione contenuta nella Section 412377

, per la quale nell‟ipotesi in cui l‟accertata espulsione dello straniero risultasse “unlikely in the reasonably foreseeable future”, cioè improbabile in un futuro ragionevolmente prevedibile, la detenzione potrebbe venire prolungata per un periodo aggiuntivo di sei mesi, qualora la sua scarcerazione dovesse minacciare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ovvero quella della collettività o di singoli individui.

Alla luce di tali considerazioni, non può sottacersi il fatto che, nell‟autorizzare l‟applicazione nei confronti della categoria degli immigrati d‟una detenzione particolarmente estesa ed, in taluni casi, indefinita, lo USA Patriot Act finisce in qualche modo per contravvenire al principio consacrato nel V378 e nel XIV Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti del 1787, in virtù del quale ogni persona negli Stati Uniti dispone del diritto ad un “giusto processo”, ivi compresi gli stranieri, indipendentemente dalla natura legale, illegale, temporanea o permanente della loro presenza.

Le incongruenze considerate rivelano in tutta evidenza il perfetto allineamento della

ratio sottesa al Patriot Act del 2001 con la tendenza, ormai radicata negli ordinamenti

democratici occidentali, alla normalizzazione dell‟emergenza in vista della salvaguardia del bene supremo della sicurezza.

377

U.S.A. Patriot Act, 2001, Section 412, par. 6: “Limitation on indefinite detention”.

378 In tal senso, il V Emendamento recita che: “Nessuno sarà tenuto a rispondere d‟un reato che comporti

la pena capitale o comunque grave, se non per denuncia o accusa fatta da una Grande Giuria, a meno che il reato non sia compiuto da individui appartenenti alle forze di terra o di mare, o alla milizia, quando questa si trovi in servizio attivo, in tempo di guerra o di pericolo pubblico; né alcuno potrà essere sottoposto due volte, per un medesimo reato, a un procedimento che metta in pericolo la sua vita o la sua integrità fisica; né potrà essere obbligato, in qualsiasi causa penale, a deporre contro sé medesimo, né potrà essere privato della vita, della libertà o dei beni, se non in seguito a procedura legale nella forma dovuta (due process of law); e nessuna proprietà potrà essere destinata a un uso pubblico, senza un giusto indennizzo”.

174 Altra misura amministrativa fonte di aspre contestazioni in ambito internazionale è l‟Executive Order on the “Detention, Treatment and Trial of Certain Non-Citizens in the War against Terrorism”, ossia l‟ordinanza militare penale tacciata di aver revocato i principi dello Stato di diritto, stravolgendo il complesso sistema di garanzie processuali riconosciute dai sistemi di Common law379.

Dalla sottoscrizione del Presidential Military Order, avvenuta il 13 novembre 2001 per mano del Presidente degli Stati Uniti George W. Bush – in qualità di Comandante in Capo delle forze armate – è scaturita l‟introduzione d‟un nuovo diritto penale di guerra al terrorismo. Attraverso l‟istituzione d‟una tipologia di giudice militare del tutto nuova, ossia le c.d. «military commissions», deputate all‟applicazione d‟un diritto penale sostanziale creato ad hoc, il suddetto provvedimento ha infatti segnato un punto di svolta nell‟applicazione delle misure antiterroristiche, specie con riguardo al particolare trattamento riservato nei confronti degli stranieri classificati dallo stesso Esecutivo come «enemy aliens»380. Categoria, quest‟ultima, individuata caso per caso dal Presidente degli Stati Uniti relativamente agli individui sospetti trovati sprovvisti di passaporto USA, sulla base di taluni parametri di valutazione, tra cui: 1) la circostanza di risultare o l‟essere stati membri dell‟organizzazione di «Al-Qaida»; 2) l‟aver aiutato, sostenuto o anche semplicemente progettato di commettere atti di terrorismo internazionale idonei a colpire cittadini americani, ovvero gli interessi economici e politici del Paese, o, ancora, la sua sicurezza nazionale o la sua politica estera; 3) l‟aver consapevolmente offerto rifugio o l‟essersi resi complici di uno o più dei suddetti individui. Ponendosi dunque a mezzo fra la categoria dei prigionieri di guerra, soggetti, com‟è noto, all‟applicazione della normativa internazionale ed, in particolare, alla Convenzione di Ginevra, e quella dei prigionieri comuni, la qualificazione di “nemici stranieri” o “nemici combattenti” finisce per delineare un terza specie di imputazione, relegata alla esclusiva discrezionalità del Comandante in Capo delle FF. AA.381.

379

Peraltro, una simile connotazione può ben evincersi dal dettato della stessa ordinanza, laddove stessa si afferma con chiarezza l‟inapplicabilità dei “principles of law and the rules of evidence generally recognized in the trial of criminal cases in the United States district courts”.

380 Il conio di questa particolare categoria di imputazione è da far risalire all‟anno 1942, quando i giudici

della Corte Suprema, chiamati ad appurare la legittimità di un processo a carico di alcuni sabotatori tedeschi istituito innanzi a «Commissioni militari», conclusero per la propria incompetenza a giudicare sui prigionieri di guerra, coniando tuttavia per gli imputati, non ritenuti prigionieri di guerra a tutti gli effetti, l‟inedita definizione di «combattenti nemici» e pronunciandosi nel merito emettendo una sentenza di condanna.

381

175 L‟attribuzione in capo al Presidente degli Stati Uniti della facoltà di individuare personalmente i soggetti da inquadrare come destinatari di misure restrittive di portata straordinaria manifesta con chiarezza il proposito di risolvere il concorso delle corti distrettuali e delle commissioni militari nella repressione giudiziaria del terrorismo internazionale secondo parametri del tutto “politici”. L‟inapplicabilità degli strumenti di tutela giurisdizionale generalmente garantiti ai cittadini statunitensi riguarda, come già rilevato, esclusivamente gli stranieri ritenuti “nemici combattenti”, non potendo la discrezionalità presidenziale estendersi anche nei confronti dei cittadini americani, aprioristicamente esclusi dalla giurisdizione delle commissioni militari.

Il rischio prospettato da una simile impostazione di giudizio, di stampo prettamente discrezionale ed unilateralistico, risiede quindi proprio nella possibilità di fondare la valutazione circa la reale pericolosità ed incriminabilità delle persone sospettate su evidenze di ordine più “presuntivo” che concretamente oggettivo382

.

L‟11 Settembre ha anche fornito l‟impulso per l‟avvio di numerose iniziative legislative di tenore internazionale, inducendo il coinvolgimento dell‟ONU e di altre organizzazioni internazionali, tra cui la stessa Unione Europea, nel contrasto del terrorismo internazionale.

In un simile contesto si colloca la risoluzione 1373 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 28 settembre 2001, nella quale si dichiara che “gli atti, i metodi e le pratiche di terrorismo sono contrari ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite e che il

382 Sul punto, H. SCHWARTZ, Il trattamento giuridico dei terroristi internazionali da parte degli Stati

Uniti, consultabile in rete al sito sito internet www.associazionedeicostituzionalisti.it :“Il decreto presidenziale istitutivo dei tribunali militari prevede che ai processi in questione non si applicano le garanzie del giusto processo stabilite dalla Costituzione o dalle norme vigenti di diritto internazionale. Il vizio fondamentale dei tribunali militari istituiti dal decreto è che le funzioni di polizia, della pubblica accusa, del giudice e della giuria sono tutte imputate o effettuate sotto il controllo di un solo uomo, il Presidente degli Stati Uniti. Il decreto prevede che qualsiasi non-cittadino può essere detenuto se il Presidente "ha ragione di ritenere" che costui è un "terrorista internazionale", il quale potrebbe compiere o preparare atti volti a "causare danno o effetti avversi" nei confronti di qualsiasi bene virtualmente concernente gli Stati Uniti o il popolo degli Stati Uniti. Questa persona può essere tradotta davanti a tre membri dell‟esercito, che sono subordinati al Presidente, loro Comandante in Capo; può essere costretta ad accettare come proprio difensore un altro membro dell‟esercito; può essere processata sulla base delle regole probatorie stabilite dal Ministro della Difesa; può essere detenuto e condannato a morte se due giudici su tre lo decidano; può appellarsi soltanto al Presidente. Il decreto impedisce ogni riesame giurisdizionale della decisione. Dal momento che la Costituzione americana prevede la sottoposizione della giurisdizione dei tribunali militari a controllo giurisdizionale, rimane ammissibile l‟ipotesi che una corte accerti la titolarità del potere di tali tribunali. Tuttavia, simile accertamento non si estende agli aspetti sostanziali e procedurali del giudizio quali la colpevolezza o l‟innocenza, le regole probatorie o processuali, e la sentenza. E‟ stato affermato che la disciplina citata consentirebbe all‟accusato di avvalersi di un altro difensore oltre a quello militare, e ammetterebbe implicitamente la presunzione di innocenza, il requisito dell‟accertamento probatorio oltre ogni ragionevole dubbio, l‟appello e l‟unanimità dei giudici in caso di sentenza di condanna alla pena di morte. Ma senza la previsione espressa di un controllo giurisdizionale da parte di un giudice indipendente, queste ipotesi rimangono fittizie, poiché ogni significativo aspetto sostanziale e procedurale del giudizio è sotto il pieno controllo dell‟esercito”.

176 finanziamento, la pianificazione e l‟incitamento alla commissione di atti terroristici sono egualmente contrari agli scopi ed ai principi delle Nazioni Unite”383

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Nel sancire il dovere degli Stati membri di provvedere al più presto all‟adozione di tutte “le misure necessarie per prevenire la commissione di atti di terrorismo”384

, anche attraverso l‟adeguamento dei rispettivi apparati legislativi ed esecutivi, il Consiglio ha provveduto ad attivare il meccanismo di sicurezza collettiva disciplinato dal Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, potendo così procedere all‟adozione di decisioni giuridicamente obbligatorie e vincolanti per tutti gli Stati membri.

Il dovere, espressamente riconosciuto dal diritto internazionale, di proteggere ogni individuo dagli atti di terrorismo385 ha dunque permesso al Consiglio delle Nazioni Unite di deliberare che “tutti gli Stati, devono compiere i passi necessari per prevenire la commissione di atti terroristici, anche attraverso uno scambio di informazioni tra gli stessi. Analogamente, il Comitato dei Ministri del Consiglio d‟Europa, nel documento “Direttive sui diritti umani e la lotta contro il terrorismo”, ha riaffermato «il dovere imperativo degli Stati di proteggere la loro popolazione contro i possibili atti terroristici”386

.

Nell‟intento di controllare lo stato di applicazione del suddetto provvedimento ed il regolare espletamento delle misure legislative, amministrative ed esecutive in essa contemplate, il Consiglio ha inoltre provveduto ad istituire contestualmente un apposito comitato, il c.d. Counter-Terrorism Committee, avente il compito di esaminare i

383 La risoluzione 1373 segue il percorso già tracciato nel 1994 dalla Dichiarazione dell‟Assemblea

Generale delle Nazioni Unite sulle misure per eliminare il terrorismo, in cui gli atti, i metodi e le pratiche del terrorismo venivano qualificati quali gravi violazioni degli scopi e dei principi delle Nazioni Unite, come una minaccia per la pace, la sicurezza e le relazioni di amicizia tra gli Stati ed, ancora, come un ostacolo alla cooperazione internazionale in grado di condurre alla soppressione dei diritti umani, delle libertà fondamentali e delle basi democratiche della società.

384 Tali misure si riferiscono, in particolare, alla prevenzione e alla criminalizzazione del finanziamento al

terrorismo e degli altri atti di terrorismo tipizzati negli strumenti universali; all‟obbligo di negare rifugio sicuro ai terroristi, alla in criminalizzazione degli atti preparatori e di pianificazione, al controllo delle frontiere. La stessa risoluzione richiede, inoltre, che gli Stati membri cooperino in un‟ampia gamma di settori: dalla soppressione del finanziamento del terrorismo all‟allerta preventiva, dalla cooperazione investigativa e giudiziaria allo scambio di informazioni su possibili attentati terroristici.

385 Le convenzioni internazionali sui diritti umani impongono un duplice obbligo agli Stati. Il Patto

internazionale sui diritti civili e politici, ad esempio, impone agli Stati membri sia di rispettare che di assicurare i diritti degli individui nel loro territorio e soggetti alla loro giurisdizione. La Convenzione europea dei diritti dell‟uomo fa riferimento al dovere di assicurare i diritti riconosciuti in essa. Perciò gli Stati hanno l‟obbligo, non solo di evitare gli atti che danneggino i diritti dell‟individuo, ma anche di . intraprendere azioni positive idonee a proteggere i diritti delle persone soggette alla loro giurisdizione contro atti di terrorismo che minacciano il diritto alla vita ed alla sicurezza personale.

386

177 rapporti sulla esecuzione della risoluzione periodicamente inviati dagli Stati membri dell‟ONU.

Il proposito di colpire individui ben determinati e gruppi di individui accusati di compiere azioni terroristiche (qual è il caso dei talebani, di bin Laden e dei membri di