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Il trattamento giuridico delle persone sospettate di terrorismo nella prospettiva della Corte Suprema U.S.

Il sacrificio dei diritti fondamentali in nome della sicurezza

2. Il trattamento giuridico delle persone sospettate di terrorismo nella prospettiva della Corte Suprema U.S.

Gli avvenimenti dell‟11 settembre 2001 hanno segnato la fine della presunta impenetrabilità dei confini della Superpotenza mondiale degli Usa, e coerentemente, di tutti i paesi democratici del mondo. La risposta degli Usa si è concretizzata in una legislazione speciale, volta a fronteggiare una situazione di assoluta emergenza, laddove la sicurezza e l‟ordine pubblico erano state in pochi istanti annientate.

In sostanza, i provvedimenti adottati dagli Stati Uniti hanno puntato a conferire pieni poteri al presidente, producendo una notevole verticalizzazione del sistema istituzionale statunitense. Si è così consentito di interferire in modo generalizzato ed incontrollato nella sfera privata dei cittadini, anche mediante l‟ausilio del web, le intercettazioni della corrispondenza, delle conversazioni telefoniche e delle comunicazioni telematiche, fino a raggiungere un‟estensione più generale dei poteri dei servizi segreti .

L‟approccio adottato dagli USA a seguito degli attentati subiti si è dunque fondamentalmente tradotto nell‟introduzione d‟uno stato di guerra interno ed esterno contro i terroristi, da cui è inevitabilmente sfociata una notevole debilitazione delle garanzie legali e costituzionali esistenti sia a livello interno che internazionale. Pochi giorni dopo l‟11 settembre 2001 venne emanato il già citato Patriot Act, cui fece seguito, il 13 novembre, la firma presidenziale dell‟ordinanza militare introduttiva della disciplina più aspra del nuovo diritto penale di guerra al terrorismo: l‟executive order on

the “Detention, Treatment and Trial of Certain Non-Citizens in the War Against Terrorism”402.

In tale ultimo provvedimento proclamato da G. W. Bush, in qualità di Presidente e di comandante delle forze armate degli Stati Uniti, si stabilisce l‟esistenza d‟uno state of

armed confict contro il terrorismo internazionale e l‟organizzazione di Al Qaida (art.

1)403.

402

Presidential Military Order: Detention, Treatment and Trial of Certain Non-citizens in the War Against Terrorism (da qui in avanti Presidential Military Order), 66 Fed. Reg. 57, 833, 13 novembre 2001.

403 Per la traduzione in italiano del cit. documento v., in appendice, C. BONINI, Guantanamo. USA,

193 La stessa coniugazione dei termini “guerra” e “terrorismo”404

, prevista nello titolo del decreto, risulta evidentemente preposta ad un adattamento selettivo delle dottrine sulla guerra tale da autorizzare, tanto sul piano interno che nell‟ambito del diritto internazionale, delle gravi ripercussioni sul versante delle libertà fondamentali, così da confondere la linea di demarcazione sussistente tra un contesto di belligeranza fra Stati sovrani ed un peculiare fenomeno criminoso.

Di fronte alla opportunità di affidare, come avvenuto in passato, la repressione giudiziaria del terrorismo internazionale alle ordinarie corti distrettuali, ovvero di spalancare le porte ad una giurisdizione di diversa natura, l‟Amministrazione statunitense ha preferito optare in favore di tale ultima soluzione. Se, infatti, con l‟adozione dello USA Patriot del 26 ottobre 2001, il Congresso americano ha provveduto a riformare la preesistente disciplina di diritto comune applicata alle ordinarie corti distrettuali (lasciando intatta la possibilità del processo davanti all‟ordinario giudice federale), per un altro verso l‟emanazione del Presidential Military

Order ha comportato l‟istituzione d‟una nuova specie di giudice militare, le c.d. military commissions (diverse dai tribunali militari o dalle corti marziali previste dal diritto di

guerra), deputate all‟applicazione d‟un nuovo diritto penale sostanziale creato ad hoc. Alle speciali commissioni militari di nuova creazione è stata conferita l‟autorità di giudicare, anche a porte chiuse ed al di fuori del territorio statunitense, qualsiasi presunto terrorista che non sia cittadino americano per aver violato le leggi di guerra o, ancor più genericamente, “altre normative”405

, senza che possano al riguardo applicarsi i principi di legge e le procedure probatorie ordinariamente riconosciute nel sistema penale statunitense. A ciò deve aggiungersi la non previsione della possibilità di appellarsi ad altre corti nazionali ed internazionali, essendo riservata al solo Presidente la formulazione delle accuse e delle conseguenti sanzioni.

La circostanza per cui, con tale ultimo provvedimento governativo, al Presidente degli Stati Uniti sia stato destinato il potere di valutare, caso per caso, la sottoposizione del

404

Nonostante alcuni autori ritengano pertinente ed opportuno intravedere nel terrorismo contemporaneo una nuova forma di guerra (Cfr. A. DI GIOVINE, Guerra e democrazia, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2003, I, XVIII), altra parte della dottrina coglie l‟occasione per denunciare nella commistione fra il diritto di guerra ed il sistema penale, in vista della repressione del terrorismo, una impropria contaminazione (si veda, ad esempio, E. MENDES, Between Crime and War: Terrorism, Democracy and the Constitution, in 14 National Journal of Constitutional Law, 2002, p. 71.

405 In tale senso è opportuno rilevare che, sebbene la competenza delle suddette Commissioni militari

avrebbe dovuto limitarsi esclusivamente al giudizio sulla violazione delle norme del diritto di guerra, nel definire la loro sfera di azione il Miltary Order ha provveduto ad estenderne la competenza di giudizio anche sulle other applicable laws, senza peraltro fornire ulteriori dettagli sulla natura di tali atti.

194 sospetto terrorista al giudizio dell‟autorità civile ovvero a quella militare di nuova introduzione, testimonia il proposito di voler regolamentare il concorso delle commissioni militari e delle corti distrettuali nella repressione giudiziaria del fenomeno terroristico internazionale secondo parametri di ordine squisitamente “politico”406

. Ciò ha comportato, dunque, un problema di connessione tra la legislazione interna e quella provvisoriamente speciale.

Di fatto, nel sistema costituzionale americano il Presidente detiene la guida del Paese, si pone come il rappresentante del potere esecutivo ed il responsabile della sicurezza nazionale, laddove il potere di controllare la tutela diritti della sfera individuale, anche in relazione alle disposizioni sulla sicurezza assunte dall'Esecutivo, rientra nelle competenze del potere giudiziario, organo specificamente deputato ad intervenire in tema di tutela dei diritti407.

L‟esperibilità d‟una simile discrezionalità è stata condizionata al funzionamento di un‟unica limitazione – peraltro, come si vedrà in seguito, sostanzialmente vanificata dalla stessa Amministrazione statunitense – ossia quella della “cittadinanza americana”. I cittadini americani risultano infatti aprioristicamente esclusi dalla giurisdizione delle commissioni militari, prospettandosi invece per quanti non rientrino in tale categoria (c.d. non-citizens) dei canoni di individuazione – oltre che di giudizio – quantomeno ambigui408.

Unitamente a ciò deve rilevarsi che il nuovo processo militare speciale non risulta assoggettato all‟applicazione del diritto penale militare ordinario disciplinante la cognizione giudiziaria delle corti marziali, contenuto nell‟Uniform Code of Military

Justice, trovando invece la sua fonte nell‟ordine esecutivo presidenziale, per quanto

406 Più precisamente, la determinazione unilaterale dello status di terrorista poggia sul presupposto per cui

“vi siano “ragioni per ritenere” che l‟individuo interessato sia stato o risulti essere: a) membro dell‟organizzazione di Al Qaida; b) abbia preso parte, aiutato, sostenuto o progettato di commettere atti o azioni di terrorismo internazionale che hanno provocato, o rischiano di provocare, danni o effetti nocivi agli Stati Uniti ai loro cittadini, alla sicurezza nazionale, alla politica estera o all‟economia; c) abbia consapevolmente offerto rifugio o si sia reso complice d‟uno o più individui di cui alle lettere a) e b).

407 Nonostante parte della dottrina (cfr. T. MACDONNEL, Military Commissions and courta-martial: a

brief discussion of the costitutional and jurisdictional distinctions between the two courts, in The Army Lawyer, marzo 2002, p. 20) e della giurisprudenza (v. Supreme Court, Application of Yamashita, 327 U.S. 1, 1946) considerino la potestà di istituire commissioni militari collocabile all‟interno della categoria dei c.d. “poteri di guerra” (war powers) riconducibili alla titolarità del Presidente degli Stati Uniti, in qualità di comandante in capo delle forze armate, non può sottacersi il netto contrasto dell‟ordinanza militare del 13 novembre 2001 con l‟art. 1 della Costituzione federale, laddove si impone che l‟istituzione di tribunali inferiori alla Corte Suprema compete, non già al Presidente, bensì all‟organo legislativo generale, ossia al Congresso.

408 Sull‟incertezza dei criteri che presiedono alla identificazione degli individui da assoggettare

all‟applicazione della disciplina speciale, si veda, S. D. MURPHY, U.S. detention of aliens in aftermath of September 11 attacks, in American Journal of International Law, vol. 96, n. 2, 2002, p. 472.

195 riguarda i principi applicabili, ed in un military order del Segretario alla Difesa del 21 marzo 2002, relativamente alla disciplina di dettaglio409.

L‟eccessiva genericità della portata normativa concernente il reato di terrorismo internazionale consente di procedere alla punizione, non soltanto del mero collegamento ad associazioni terroristiche (c.d. guilty by association)410, quanto pure di qualunque fatto giudicato, sulla base dell‟insindacabile apprezzamento presidenziale, contrario o lesivo degli interessi della Nazione degli Stati Uniti, prospettando il rischio dell‟instaurazione innanzi a commissioni militari di processi a carico di individui (sprovvisti di cittadinanza americana) semplicemente sospettati di aver programmato o commesso atti terroristici411.

Parallelamente, la disciplina speciale ha previsto la rimessione della determinazione delle sanzioni irrogabili (inclusa la condanna a morte) al mero potere discrezionale dell‟autorità giudiziaria, senza alcun criterio di valutazione prefissato.

Rispetto a quelli tipici dei processi aventi luogo innanzi alle corti distrettuali, nonché a quelli caratteristici del giudizio militare ordinario davanti alle corti marziali, gli

standards garantistici prospettati dal nuovo modello processuale militare risultano

particolarmente ridotti412.

Così, ad esempio, al soggetto condannato da una commissione militare è precluso il diritto di impugnazione della sentenza, risultando quest‟ultima unicamente oggetto d‟una procedura di controllo amministrativo eseguito d‟ufficio, culminante in una decisione presidenziale finale413. Attraverso il Military Order si sono inoltre stabilite

409 Una delle principali novità attinenti alla disciplina speciale riguarda, infatti, l‟attribuzione al Segretario

alla Difesa del potere di disciplinare, attraverso propri regolamenti, il processo che si svolge dinanzi alle commissioni militari.

410 Il reato federale di “guilt by association” era stato già reintrodotto con l‟Antiterrorism Act, 1996,

emanato dall‟Amministrazione Clinton dopo gli episodi di matrice terrorista del World Trade Center, nel 1993, e di Oklaoma City, nel 1995. In ragione di tale reato le persone non sono punite per le azioni commesse bensì per il fatto di avere in qualche modo dato appoggio a gruppi malvisti dal Governo. Se questa norma fosse stata in vigore negli anni ottanta, chiunque avesse finanziato, anche in misura minima, l‟African National Congress di Nelson Mandela avrebbe commesso un crimine perché l‟ANC era compreso nell‟elenco di «terrorists groups» stilato dal Dipartimento di Stato. Si veda, in proposito, D. COLE, J. X. DEMPSEY, Terrorism and the Constitution, New York, 2002, p.118

411

Cfr. D. COLE, Enemy Aliens, in Stanford Law Review, 2002, p. 953.

412 Nel processo penale militare penale non risulta ad esempio prevista l‟applicazione dell‟art. 2 della

Federal Costitution, tendente ad assicurare il controllo sulla legittimità di ogni forma di detenzione da parte del giudice ordinario, così come del Quarto e del Sesto emendamento, rispettivamente accordanti la protezione dell‟individuo da perquisizioni e confische irragionevoli (searches and seizures) ,ed il diritto dell‟imputato ad essere informato dell‟accusa, oltre che ad un giudizio celere e pubblico.

413 Il suddetto meccanismo differisce profondamente dal c.d. “appellate review” contemplato

dall‟ordinamento militare avverso le sentenze di primo grado delle corti marziali. Infatti, i ricorsi giurisdizionali esperibili contro una sentenza della corte marziale possono articolarsi su tre diversi gradi di giudizio, contemplanti l‟esame della Corte degli Appelli Criminali (di cui possono far parte giudici non

196 particolari regole in ordine alla detenzione dei sospetti terroristi i quali, definiti enemy

combatants, o enemy aliens se stranieri, in ogni caso combattenti irregolari (unlawful combatants), possono venire assoggettati ad una carcerazione preventiva

potenzialmente a tempo indefinito.

Tali previsioni hanno costituito una evidente forzatura, oltre che del diritto internazionale414, anche di quanto disposto, il 18 settembre 2001, dal Congresso con l‟Authorization for Use of Military Force contro i responsabili degli attentati terroristici. Infatti, pur autorizzando genericamente il Presidente ad impiegare “tutta la forza necessaria ed appropriata” in vista del perseguimento dei responsabili delle stragi dell‟11 Settembre e la prevenzione di futuri attentati, la Joint Resolution (Pub. Law 107- 40, 115 Stat. 224), espressamente richiamata nel successivo decreto militare presidenziale, non prevedeva alcun riferimento all‟istituzione di commissioni particolari destinate a giudicare i terroristi, così pure alla esercitabilità d‟una detenzione straordinaria nei confronti dei medesimi.

L‟incongruenza di tali previsioni ha finito dunque per prospettare il rischio concreto d‟una ingiustificata incrinatura delle regole istituzionali disciplinanti la separazione dei poteri ed il sistema dei checks and balances415, arrivando riflettersi sulle stesse dinamiche dei rapporti intercorrenti fra le autorità federali e quelle statali, specie in relazione alle detenzioni arbitrarie disposte dall‟esecutivo nei confronti dei c.d. unlawful

combatants. Al centro del discorso si pone, a questo punto, la vicenda relativa alla base

militare di Guantanamo, nell‟estremo sud dell‟isola di Cuba, ed alle reazioni suscitate dal particolare trattamento riservato dall‟Amministrazione americana nei confronti dei “nemici combattenti” terroristi (o presunti tali) in essa detenuti e trasferiti nel corso del conflitto armato in Afghanistan416.

soltanto militari, bensì pure ordinari), quello della Corte d‟Appello per le Forze Armate (costituita esclusivamente da magistrati non militari) ed, per ultimo, quello della Corte Suprema.

414 La definizione unilaterale dei soggetti detenuti alla stregua di “combattenti irregolari”, infatti,

contravviene a quanto prescritto dal Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 e dalla III Convenzione di Ginevra, entrambe contemplanti la previsione di delegare tale verifica ad un tribunale competente in materia.

415 Al tal riguardo, infatti, l‟ordinanza militare del 2001 racchiude in sé tanto le attività riservate al potere

legislativo – prevedendosi l‟istituzione di organi giudiziari, l‟introduzione di nuove fattispecie penali e la modifica di preesistenti norme processuali – quanto al potere esecutivo – relativamente alla disciplina ed alla nomina dei nuovi organi giudiziari – , quanto ancora al potere giudiziario – visto e considerato che viene a essere riservata la funzione di organo di ultima istanza nel procedimento giudiziario a carico dei prigionieri.

416 Per un dettagliato excursus sulla condizione dei carcerati di Guantanamo, si veda, C. BONINI,

197 La prima effettiva e concreta reazione alla politica persecutoria messa in atto dall‟amministrazione statunitense si registrò il 10 novembre 2003, allorché la Corte Suprema, nell‟annunciare di voler stabilire “se le Corti degli Stati Uniti risultino o meno compatibili a sindacare circa la legalità della detenzione di detenuti stranieri, catturati all‟estero, nell‟ambito di ostilità ed incarcerati nella base navale di Guantanamo, Cuba”417

, decise di ammettere il ricorso per habeas corpus presentato per conto di dodici cittadini stranieri detenuti nel suddetto presidio militare. A tale iniziativa conseguì, nel giugno 2004, la pronuncia ad opera della medesima Corte di tre sentenze di notevole importanza, emesse in relazione, rispettivamente, ai casi Rasul v. Bush e di

Al Odah v. United States, Hamdi v. Rumsfeld ed alla vicenda Rumsfeld v. Padilla418. Sebbene soltanto una di esse afferisse specificamente alla condizione dei prigionieri detenuti nella base di Guantanamo (la sentenza Rasul v. Bush), le citate decisioni muovevano dalla comune prospettiva di sottoporre a sanzione l‟impianto normativo strutturato nel decreto penale militare del 13 novembre 2001, che attraverso l‟attribuzione a speciali commissioni militari della competenza a giudicare sugli individui sospettati di terrorismi, ne concretizzava di fatto la relativa sottrazione al sistema giudiziario tanto americano quanto internazionale419.

Più precisamente, i nodi centrali sottoposti al vaglio della Corte riguardavano una serie fondamentale di questioni di legittimità, tra cui quella concernente l‟accesso al sistema giudiziario statunitense da parte dei detenuti, ovvero, coerentemente, l‟osservanza del controllo giudiziario sulle restrizioni della libertà personale imposte dall‟Esecutivo (incarnato dall‟istituto dell‟habeas corpus), ed il rispetto dei criteri procedurali ispirati ed informati dal principio del “giusto processo” (due process clause)420

, implicanti la

417 La conseguente decisione della Corte di ammettere anche le petizioni relative ai casi Rasul et al v.

Bush, Hamdi v. Rumsfeld e Rumsfeld v. Padilla, fece seguito al dichiarato intento di voler sottoporre ad esame il caso Al Odah, avente ad oggetto l‟habeas petition in favore di dodici cittadini kuwaitiani catturati in Pakistan ed Afghanistan. Cfr. M. RATNER, E. RAY, Prigionieri di Guantanamo. Quello che il mondo deve sapere, tr. it., San Lazzaro di Savena, 2005, p. 102 ss.

418 La contemporanea pronuncia di tali decisioni è andata delineandosi attraverso un percorso

caratterizzato da notevoli contraddizioni, emerse non soltanto nel confronto fra le opinioni dissenzienti e quelle di maggioranza, quanto pure rispetto ai pareri espressi all‟interno della stessa Corte, configuranti approcci risolutivi dei singoli casi di contenuto fortemente difforme ed eterogeneo.

419 A. BENAZZO, L‟emergenza nel conflitto fra libertà e sicurezza, Torino, 2005, p.172.

420 La clausola del Due Process of Law garantisce i cittadini dall‟arbitraria privazione della libertà, della

vita, della proprietà, disponendo per tutti il diritto ad un “giusto processo”; il principio è contenuto nel V emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti del 1787, “(…) Nor shall (any person) be deprived of life, liberty or property, without due process of law…” e nel il XIV emendamento “(…) nor shall any State deprive any person of life, liberty or property, without due process of law; nor deny to any person within its jurisdiction the equal protection of the laws”.

198 garanzia dell‟assistenza legale ed il diritto ad essere giudicati in tempi ragionevoli da un giudice imparziale421.

Nella vicenda Rasul, oggetto della tematica sottoposta al vaglio dei giudici della Corte era l‟ammissibilità di taluni ricorsi per habeas corpus presentati congiuntamente in nome di quattordici individui di cittadinanza straniera. Si trattava, in particolare, di dodici cittadini kuwaitiani e di due australiani fermati nel corso della campagna militare in Afghanistan, nel 2002, e trasferiti nella base militare di Guantanamo, i quali rivendicavano l‟assoluta estraneità ai fatti contestati dall‟Esecutivo statunitense, eccependo di aver operato su quel territorio unicamente per scopi di assistenza e sostegno umanitario.

Nell‟affrontare la questione attinente alla validità e la conseguente applicabilità dell‟istituto dell‟habeas corpus nell‟ambito d‟un contesto territoriale come quello Guantanamo, opportunamente individuato dal Governo statunitense nella presunzione che l‟extraterritorialità di tale luogo (nel quale, come testualmente indicato nel Trattato del 1903 fra Cuba e Usa, gli Stati Uniti esercitano completa giurisdizione e controllo, ma non la piena sovranità) consentisse di inibire l‟esercizio della giurisdizione delle corti statunitensi, la Corte ha posto in chiara evidenza la rilevanza del ruolo storicamente esercitato dal suddetto antico principio di common law422.

La soluzione della problematica muoveva dalla preliminare constatazione di irrilevanza del precedente giudiziario costituito dal caso Johnson v. Eisentrager423, appellato dall‟Esecutivo in difesa delle proprie posizioni424

.

Come infatti specificato dai giudici della Corte, diversamente dal caso Rasul, ciò che rilevava nella pronuncia del 1950 – attesa la mancanza di ulteriori indicazioni legislative al riguardo – era esclusivamente l‟insussistenza in favore dei prigionieri di

421 T. E. FROSINI, Lo stato di diritto si è fermato a Guantanamo, in Democrazia e terrorismo (a cura di

T. Groppi), Napoli, 2006, p. 225.

422

In questa sede, la Corte, nella persona del giudice Stevens, estensore della sentenza, ha provveduto a ribadire ciò che costituisce il fine precipuo dell‟habeas corpus – recepito sin dal Judiciary Act del 1789 ed attualmente disciplinato dall‟Habeas Statute (28 U.S.C., § 2241) – ossia rendere possibile il controllo della legittimità degli arresti operati, in contesti sia di pace che di guerra dall‟Esecutivo, risultando azionabile da parte di chiunque, sia che si tratti di cittadini americani sia per mano degli enemy aliens che vengano a trovarsi sul territorio nazionale o nei possedimenti insulari.

423 339 U.S. 763 (1950).

424 In tale vicenda la Corte Suprema decise di escludere taluni cittadini tedeschi, trasferiti in Germania

dopo essere stati catturati in Cina dall‟esercito americano, dalla pretesa di far valere un diritto costituzionale ad adire i tribunali ordinari statunitensi in propria difesa.

199

constitutional entitlements a fronte delle richieste di revisione giudiziaria circa la loro

condizione di detenzione425.

Un ulteriore fattore distintivo sollevato dalla Corte riguardava lo status soggettivo dei ricorrenti. Infatti, mentre nella vicenda Eisentrager ci si trovava di fronte a nemici effettivi, arrestati come prigionieri di guerra e, come tali, processati da una commissione militare sita al di fuori dei confini del territorio americano, nel caso Rasul si trattava invece di cittadini di Stati non in conflitto con la nazione americana426.

Con riguardo infine all‟applicazione extraterritoriale della legge sull‟habeas corpus, occorre rilevare che l‟approccio alla suddetta tematica è stato intrapreso dalla Corte facendo leva su un precedente giudiziario dalla stessa determinato nel 1973.

Si trattava, in particolare, della vicenda Braden427, in relazione alla quale era stato stabilito che, ai termini del riconoscimento e della operatività del diritto soggettivo