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attraverso lo studio di caso della provincia di Bologna

1. La scheda socioanamnestica multidimensionale

Lo strumento si presenta come un elenco di domande che facilitano l’individuazione delle diverse tematiche da affrontare nello svolgimento dell’indagine, per ricostruire, nel corso dei vari colloqui, la storia familiare.

Attraverso una serie di quesiti, spesso posti in forma riflessiva, che orientano lo svolgimento del colloquio ci si propone di costruire, a partire dalle descrizioni fornite dai singoli membri, sia singolarmente che in forma gruppale, la rappresentazione della famiglia, con la sua storia, le fragilità e le risorse, al fine di tracciare il profilo di rischio psicosociale del minore.

1.1 Basi teoriche

L’ottica adottata prende spunto dall’approccio narrativo tipico del costruttivismo sociale (Parton e O’Byrne 2000) e dalla Teoria della Pratica di Bourdieu (2003) ripresa in ambito sociale, con ampi riferimenti alla pratica di servizio sociale da Edda Samory (2004).

Lo strumento richiede una buona conoscenza e consapevolezza d’uso, poiché non deve essere inteso come un elenco di quesiti da sottoporre agli intervistati in maniera standardizzata e sequenziale, bensì è da

intendersi come uno schema che orienti l’operatore nella conduzione del colloquio suggerendo quali aree indagare, senza prescindere «da una scrupolosa cura e attenzione verso la relazione d’aiuto» (Cheli et al. 2011, 12).

1.2 Finalità e scopi

Questo strumento si propone di stimolare la narrazione delle vicende familiari, sostenendo, guidando, riformulando ed elaborando, insieme ai diretti interessati, ipotesi sulle cause dei momenti di difficoltà e di crisi, riflettendo sui possibili cambiamenti e sulle strategie da mettere in atto per il loro superamento. La scheda multidimensionale è stata specificamente pensata e progettata per l’utilizzo da parte dell’assistente sociale, tuttavia è possibile che all’interno di una equipe multiprofessionale lo strumento possa essere condiviso dai vari professionisti, i quali concordino di trattare in maniera approfondita un’area piuttosto che l’altra, con focus specifici anche attraverso l’utilizzo, ad esempio, di testistica mirata quale è uso tipico degli psicologi.

1.3 Utilizzo

Il gruppo bolognese individua due possibilità di utilizzo della scheda socioanamnestica (Cheli et al. 2011):

 Nei casi in cui l'Autorità Giudiziaria richiede al Servizio Sociale una valutazione delle condizioni di vita del minore, con particolare riferimento alle relazioni genitoriali, con l’obiettivo generale, di qualificare la segnalazione all’Autorità Giudiziaria (Cheli e Valdiserra 2008);

 Nei casi in carico, in cui emerge (oppure è segnalata) all’attenzione dell’Assistente Sociale una condizione del minore tale per cui è necessario approfondire e/o ri-valutare il rischio ambientale.

La scheda è suddivisa in sezioni, dedicate a:

 Illustrare il percorso di diagnosi sociale, con particolari riferimenti al contesto valutativo, al metodo e agli obiettivi (ponendo al tempo stesso attenzione anche all’atteggiamento dei vari componenti del nucleo familiare verso l’intervento);

 Raccoglie le informazioni più rilevanti circa la composizione della famiglia, gli aspetti socio- economici e culturali, l’organizzazione dei ritmi di vita, alcune preliminari informazioni sul/i figlio/i;

 Stimolare la riflessione riguardo a diverse aree: la storia familiare, individuale, di coppia e il rapporto tra i diversi familiari con un focus specifico relativo alla relazione con il figlio. Tale area richiede sia all’operatore sia ai vari componenti del nucleo familiare un impegno considerevole

volto a «far emergere gli aspetti relazionali, i significati, i valori e, quindi, a favorire una rivisitazione della propria esperienza di vita» (Cheli et al. 2011, 15).

 Raccogliere informazioni anamnestiche attraverso il colloquio diretto con il minore;

 Concludere l’iter di diagnosi e valutazione stimolando la famiglia a riflettere sul percorso di valutazione e a comprendere se vi sono le condizioni per la risoluzione delle difficoltà, anche attraverso l’intervento diretto e l’aiuto dei Servizi Sociali, qualora si sia riusciti a stabilire una relazione di fiducia e un’alleanza professionale tra operatore e famiglia;

 Restituire alla famiglia gli esiti del percorso di valutazione specificando se tali contenuti saranno inviati all’Autorità Giudiziaria sotto forma di una relazione.

2. Il genogramma

Si tratta di uno strumento molto utilizzato nel mondo anglosassone e ampiamente utilizzato all’interno del programma Every Child Matters, che consiste nel rappresentare graficamente la famiglia attuale e quella di origine, attraverso l’utilizzo di alcuni segni convenzionali.

La rappresentazione simbolica è tracciata dall’operatore sociale in base alle specifiche competenze e alle informazioni relazionali che l’utente fornisce durante il colloquio anamnestico, e solo in un secondo momento lo schema prodotto viene condiviso con l’utenza, al fine di verificare la veridicità delle informazioni e arricchire la rappresentazione, connotando il legame di parentela anche con simboli che ne esemplifichino la qualità di relazione.

2.1 Basi teoriche

Il quadro teorico di riferimento è quello del programma Children in Need (Department of Health et al. 2000) il cui obiettivo principale è fornire strumenti agli operatori sociali per l’assessment delle famiglie vulnerabili. Il genogramma viene proposto come strumento che consente l’organizzazione delle informazioni sul ciclo vitale del nucleo, evidenziando i legami, gli eventi e le separazioni della famiglia attraverso la storia di più generazioni, al fine di consentire una «rapida visione d’insieme delle complesse dinamiche familiari» (Cheli et al. 2011, 17).

2.2 Finalità e scopi

La peculiarità del genogramma è quella di consentire una organizzazione delle informazioni al fine di comprendere quali siano ancora da raccogliere e approfondire, anche attraverso la condivisione della rappresentazione grafica con i vari componenti del nucleo, il funzionamento della famiglia e le dinamiche relazionali interne alla stessa.

Il gruppo di lavoro provinciale lo ha immaginato come uno strumento longitudinale, il cui utilizzo può accompagnare gran parte del processo valutativo «stimolando il coinvolgimento del sistema famiglia nell’intervento che si sta realizzando e nella relazione d’aiuto con l’operatore» (Cheli et al. 2011, 18).

2.3 Utilizzo

Lo strumento può essere utilizzato sin dai primi colloqui di conoscenza del nucleo famigliare, al fine di raccogliere ed organizzare i dati socio-anagrafici dei componenti del nucleo familiare, tuttavia non è auspicabile, in fase iniziale, sollecitare i genitori a dare ulteriori informazioni (ad esempio sulle generazioni precedenti) qualora non emergano spontaneamente, né richiedere che siano descritte, attraverso gli appositi simboli, le relazioni.

Sarebbe invece auspicabile riprendere lo strumento nei colloqui successivi, al fine di condurre con la famiglia una riflessione ed un approfondimento sulla qualità delle relazioni famigliari, consentendo ai vari componenti del nucleo di rappresentare graficamente «non solo le persone e gli eventi più rilevanti, ma anche i legami, i confini, i ruoli all’interno del sistema familiare allargato» (Cheli et al. 2011, 18).