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La situazione delle scuole enologiche a seguito

Nel documento Annuario 2015-2016 (pagine 56-59)

della riforma Gelmini

La riforma Gelmini in un primo tem- po aveva completamente dimenticato l’insegnamento viticolo enologico tan- to che nelle prime bozze del Decreto di riforma era scomparso il corso ses- sennale come qualsiasi altra proposta di offerta formativa in tal senso, fatta salva una minima presenza di settore enogastronomico a livello di Istituti professionali. Fortunatamente, grazie alla pressione e all’interessamento di alcune organizzazioni professionali e, soprattutto, della rete nazionale delle scuole enologiche, il testo finale ha ri- preso in considerazione l’insegnamen- to viticolo enologico anche se molti aspetti non sono del tutto conformi alle esigenze formative in tale setto- re. Cercherò di seguito di esporre, sia pure sinteticamente, alcune conside- razioni.

In primo luogo il DPR 15 marzo del 2008 prevede, nell’ambito degli isti- tuti tecnici per il settore tecnologico indirizzo per l’agraria, agroindustria e agroalimentare, un’articolazione

L’apprendimento è un tesoro

che seguirà il suo proprietario ovunque (Proverbio cinese)

denominata “Viticoltura ed Enologia” di durata quinquennale. Questo per- corso, che può essere attivato in tutti gli Istituti Agrari e non solo in quelli tradizionalmente enologici, presenta diversi punti di debolezza, e citerò i più preoccupanti:

• sono presenti alcuni insegnamenti totalmente estranei al percorso vi- ticolo enologico tra cui quelli di pro- duzioni animali (tre ore settimanali dal terzo al quinto anno), di genio rurale, di gestione dell’ambiente e del territorio mentre sono total- mente assenti insegnamenti fonda- mentali come la chimica enologica (almeno al quinto anno), la chimica agraria, la meccanica enologica, la difesa della vite. È evidente quindi che un’articolazione “Viticoltura-E- nologia” di durata quinquennale così strutturata non è in grado di formare tecnici preparati per un settore particolarmente specializ- zato come quello enologico. • La possibilità che tutti gli istituti ad

indirizzo agrario possano attivare il percorso è un altro punto debo- le; è ben noto infatti che un corso specifico come questo richiede la presenza di strutture (laboratori, vigneti, cantina) adeguati e soprat- tutto di docenti specialisti. Non mi permetto di entrare nel merito del- la qualità dei docenti degli istituti che attualmente hanno nella loro offerta formativa l’articolazione vi- ticolo-enologica ma, onestamente, visto l’elevato numero di percorsi già attivati in Italia, non credo che tutti i docenti si siano formati e specializzati in così poco tempo. Addirittura sono note situazioni di Istituti in cui uno stesso docen- te abilitato nella classe di concor- so 58/A (che, oltretutto, potrebbe anche avere una laurea in Scienze Forestali) è incaricato della docen- za di viticoltura, enologia, estimo e marketing, biotecnologie agrarie nello stesso percorso.

Fortunatamente il già citato DPR 88 del 2010 ha previsto la possibilità che gli ex Istituti ad ordinamento speciale per la viticoltura ed enologia possano attivare un post-diploma per la for-

mazione dell’enotecnico. Il corso, a cui possono accedere solo i diplomati dal corso quinquennale articolazione

Viticoltura ed Enologia, prevede tutti

gli insegnamenti specialistici oltre ad un cospicuo monte ore di tirocinio pratico e di esercitazioni. In questo caso effettivamente si potrebbe dire che, in un certo senso, la figura del tecnico del vino è stata salvaguarda- ta ed il percorso di specializzazione, anche se perfettibile, è in linea con le esigenze del mondo del lavoro. Tutta- via anche in questo ambito si stanno manifestando alcune questioni che dovranno essere nel prosieguo af- frontate. Mi riferisco soprattutto alla necessità di un chiarimento su qua- li istituti lo possano attivare; come detto infatti, in base al DPR del 2010 solo le 11 scuole enologiche esistenti prima della riforma che potrebbero avere il percorso ma, a causa di un strano meccanismo del tutto italico di sovrapposizione di due norme, sem- bra che le regioni possano concedere anche ad altri istituti agrari la possi- bilità di attivare il corso per la forma- zione dell’enotecnico. In realtà, a mio avviso, ciò non sarebbe nemmeno un problema se, come già detto in pre- cedenza, tali istituti fossero in grado di garantire la presenza di cantina e vigneti, di laboratori adeguati e di do- centi specialisti: ma tutto questo non è nemmeno richiesto come prerequi- sito. La conseguenza potrebbe esse- re quella di una proliferazione incon- trollata di corsi post-diploma con un inevitabile scadimento della qualità formativa e della conseguente prepa- razione professionale della figura di enotecnico a livello nazionale. A que- sto proposito ritengo opportuno riba- dire una proposta che, come Istituto di S. Michele a/A, abbiamo più volte presentato in diversi contesti ed in particolare nell’ambito della rete na- zionale delle scuole enologiche e del- la rete nazionale degli Istituti agrari: riteniamo sicuramente condivisibile l’opportunità che altri istituti agrari possano attivare l’anno post-diplo- ma per la formazione dell’enotecnico a patto che vi sia un ente, un’agenzia super partes riconosciuta del MIUR

(ad esempio Assoenologi) che pos- sa esprimere un parere vincolante dopo aver valutato alcuni aspetti qualitativi tra cui:

• presenza di vigneti

• presenza di cantina adeguatamen- te attrezzata

• presenza di laboratori enochimici e microbiologici adeguati

• presenza di docenti specialisti delle discipline caratterizzanti il corso: ciò è documentabile attraverso la mes- sa a disposizione dei CV degli stessi. Verificate tali condizioni e previo un parere favorevole dell’ente ricono- sciuto, si potrebbe ritenere accetta- bile la possibilità di una nuova atti- vazione di percorso post-diploma. Evidentemente ciò vale anche per le 11 tradizionali scuole enologiche: nel momento in cui non fossero più in grado di rispondere ai sopraddetti requisiti perderebbero la possibilità di gestire l’anno di formazione per enotecnico.

Conclusioni

Dalla breve disamina circa l’evo- luzione storica dell’insegnamento viticolo-enologico in Italia emerge chiaramente un alternarsi di periodi favorevoli e periodi negativi rispetto

alle scelte fatte per questo contesto formativo. Certamente prima dell’ap- provazione della riforma dei piani di studio degli Istituti Tecnici ritengo che sarebbe stato opportuno quantome- no fare una valutazione dei percorsi in essere ed in particolare della spe- rimentazione di S. Michele che certa- mente era in linea con una formazione di tipo europeo e del percorso Cerere. Le soluzioni introdotte dalla Riforma degli Istituti Tecnici, per quanto ri- guarda l’insegnamento viticolo-eno- logico, possono essere accettabili a patto che si rivedano alcuni aspetti ed in particolare le materie del triennio del percorso quinquennale “Viticoltu- ra ed Enologia” che richiedono un’ur- gente revisione mentre, per quanto riguarda il corso post-diploma per la formazione dell’enotecnico, è neces- sario definire precisamente dei criteri vincolanti che permettano ad un Isti- tuto Tecnico Agrario l’attivazione del percorso annuale di specializzazione. Infine, mi preme far notare che nella presente nota non si è voluto apposi- tamente parlare dei percorsi terziari accademici e non accademici in am- bito enologico in quanto la vastità dell’argomento richiede una tratta- zione specifica a se stante.

Nel documento Annuario 2015-2016 (pagine 56-59)