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La struttura delle fonti: Incartamenti processuali e catastici

I. Il ruolo dei monasteri

I.1. La struttura delle fonti: Incartamenti processuali e catastici

Direttamente connesso alla gestione e all’organizzazione dei patrimoni è, come abbiamo appena osservato, il tema della documentazione prodotta da ciascuna comunità monastica286 La base documentaria di questa ricerca è costituita dai dossiers appartenenti al fondo delle Corporazioni Religiose Soppresse, di provenienza veneziana e in padovana287. In particolare sono stati oggetto della presente ricerca i fondi inediti di alcuni enti monastici veneziani e in ridotta parte padovani, titolari per tutto il Medioevo e per l’epoca moderna di beni patrimoniali sparsi nel territorio soggetto a Venezia. Le fonti utilizzate per questa ricerca riguardano le carte del monastero di San Giorgio Maggiore di Venezia, conservate presso l’Archivio di Stato di Venezia nel fondo delle Corporazioni religiose soppresse; quelle di San Cipriano di Murano (poi Mensa Patriarcale di Venezia),

286 In riferimento all’uso di fonti di provenienza ecclesiastica e in particolar modo monastica per lo

studio del rapporto uomo - ambiente nel Medioevo in Italia, mi limito a segnalare solo alcuni contributi: B.ANDREOLLI, Boschi, fiumi, paludi e confini tra alto e basso Medioevo cit., pp. 73-94; R.COMBA, Metmorfosi di un paesaggio rurale. Uomini e luoghi del Piemonte sud occidentale fra

X e XVI secolo, Torino 1983; A. CORTONESI, Ruralia. Economie e paesaggi nel medioevo

italiano, Roma 1995; Incolti, fiumi, paludi. Utilizzazione delle risorse naturali nella Toscana medievale e moderna, a cura di A. Malvolti, G. Pinto, Firenze 2003; F.LANDI, Un’accumulazione

senza sviluppo. La vita economica delle grandi abbazie ravennati in epoca moderna, Lugo 1979.

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Gli archivi delle corporazioni religiose conservati presso l'AS Venezia provengono in grande prevalenza dai fondi degli istituti religiosi soppressi sia in epoca veneta che durante il regime napoleonico. I provvedimenti di soppressione messi in atto dalla repubblica di Venezia nel quadro delle iniziative di regolamentazione delle istituzioni e del patrimonio ecclesiastico culminate nel decreto del senato del 7 sett. 1768, Cfr.alla voce Corporazioni religiose soppresse (voce curata da A. Schiavon), in Guida generale degli archivi di stato, Archivio di Stato di Venezia, a cura di F. M. Tiepolo, Roma 1994, pp. 1102-1103.

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la cui documentazione risulta in parte conservata nel fondo appena citato, mentre la documentazione relativa alla Mensa patriarcale è conservata presso l’Archivio Storico del Patriarcato di Venezia; i documenti del monastero di Santa Giustina di Padova conservati presso l’Archivio di Stato di Padova. La ricerca tuttavia si è servita di materiali provenienti da ulteriori fondi dei monasteri benedettini conservati nell’archivio veneziano, come ad esempio: S. Andrea della Zirada, S. Lorenzo; S. Zaccaria, Ss. Ilario, Gregorio e Benedetto, S. Maria della Celestia, S. Nicolò del Lido.

La scelta di utilizzare questa tipologia di testimonianze “processuali” risponde a un criterio molto pragmatico che ora cercheremo di spiegare, iniziando proprio dall’analisi del costituirsi di tale tipologia documentale.

In via del tutto generale si può constatare che l’organizzazione delle carte nei casi esaminati segue due particolari vie. Se la maggior parte dei fondi si presentano strutturati nelle classiche serie “atti”, “pergamene” e “catastici”, vi sono però dei casi in cui la strutturazione delle carte segue la suddivisione in “processi” e “catastici”, come nel caso dei fondi di S. Lorenzo di Castello, di S. Nicolò del Lido, di S. Zaccaria e di S. Giorgio Maggiore.

La serie “Catastici”, comprende quei registri manoscritti relativi alle diverse materie gestite dal monastero. E’ possibile riconoscere due tipologie di catastici, diversi a seconda dall’epoca in cui furono realizzati i registri. Come vedremo, esistono catastici coevi alla documentazione medievale del fondo e, in linea di massima, essi furono creati allo scopo di garantire una più oculata registrazione degli affari riguardanti il cenobio: dall’annotazione relativa alla gestione economica a quella spirituale. Questa tipologia, attestata fin dl XII secolo, è usualmente denominata “Catastici delle scritture”, dal momento che in essi si registrava (attraverso la trascrizione o la regestazione di documenti) gli atti man mano prodotti o riguardanti l’ente. Esempi dei più antichi catastici si ritrovano nei fondi monastici di San Zaccaria (fin dal XII secolo). Solitamente questi catastici risultano già compilati entro il XV secolo, tuttavia vi furono stesure anche succesive a quella data, come risulta per il cenobio di S. Lorenzo di Castello, dove negli anni Cinquanta del Quattrocento fu affidato a una monaca il compito di

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trascrivere tuti gli atti in un grande catastico (1452); l’operazione fu ripetuta successivamente nel 1526, questa volta però dal notaio Gerolamo Maffei288. L’altra tipologia di catastici fu invece prodotta tra XVII e XVIII secolo, in un periodo in cui i condizionamenti eruditi e probabilmente le avvisaglie provenienti da Roma e da Venezia sulle imminenti sorti che avrebbero portato alle soppressioni dei cenobi, imponevano di recuperare memoria di quella che era stata, fino ad allora, la gestione economica e fondiaria degli enti religiosi289. Anche in questa seconda tipologia non manca una registrazione accurata di tutte le scritture riguardanti il monastero, tuttavia – per gli stessi motivi che portarono alla loro creazione – risulta preponderante la descrizione della situazione patrimoniale dell’ente.

Al fine di organizzare le carte pertinenti a un unico affare o “scrittura” per la compilazione dei catastici, la documentazione fu assemblata in fascicoli processuali, la cui natura documentale risulta eterogenea ma essenziale per provare e accertare i diritti su determinati beni. E’ infatti possibile servirsi della generale suddivisione per materia degli incartamenti processuali, per poi trovare al loro interno le più svariate forme di documenti (pergamene, libretti dei conti, fascicoli di documenti in copia prodotti dalle magistrature e così via) a cui si aggiunge un notevole apparato grafico. Si conferisce quindi una diversa veste formale alla documentazione accorpandola per processo: consolidandola nel suo

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Per queste informazioni si veda S.CARRARO, Società e religione nella Venezia medievale cit, pp, 1-2. Una cronologia tarda è rilevabile anche per la stesura del catastico del monastero di Santa Maria della Celestia risalente al secolo XIV. Per quanto riguarda S. Zaccaria si veda Le carte

monselicesi del monastero di S. Zaccaria di Venezia (1183-1256), Introduzione, a cura di Gionata

Tasini, Viella 2009 (Fonti per la storia della Terraferma veneta, 25), pp. XIV-XX. Il catastico del monastero di S. Lorenzo è conservato in ASVe, C.R.S., S. Lorenzo, b.1; il catastico di S. Maria della Celestia in ASVe, C.R.S., S. Maria della Celestia, b. 1

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Sulla natura e le vicende dei fondi monastici veneziani si veda F. CAVAZZANA ROMANELLI,

Archivi monastici e illuminismo: catastici e ordinamenti settecenteschi in area Veneziana, in Studi

Veneziani, n.s., XX (1990), pp. 133-162. Si fa qui riferimento alle soppressioni messe in atto nel quadro delle iniziative di regolamentazione delle istituzioni e del patrimonio ecclesiastico culminante nel decreto del senato del 7 settembre 1768 e di quelle messe in atto a più riprese dalla Repubblica a partire dal 1656 per contribuire con i proventi ricavati agli oneri della guerra contro il Turco. In fine ai successivi dereti con cui la legislazione napoleonica aveva provveduto a sopprimere i monasteri (23 marzo 1806). Si veda: E. BOAVA, La soppressione innocenziana dei

piccoli conventi in Italia, Roma 1971; L’Archivio di Stato di Venezia, III, Corporazioni religiose,

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assetto formale entro una sorta di cartella al cui interno si trova una generale uniformità tematica delle carte. L’organizzazione delle carte in processi era funzionale al trasferimento di quelle stesse scritture sui fogli dei grandi tomi. Tuttavia, la composizione dei fascicoli processuali si limitava solamente ad una pura questione formale?

A differenza degli inventari delle scritture coevi alla documentazione prodotta, i catastici sei e settecenteschi riportano anche una serie di scritture raggruppate in “Carte ad lites” o “Processi”290. L’organizzazione delle carte in

processi dimostra quindi di avere una duplice valenza. Se da una parte essa risponde alla necessità di conferire alla documentazione una certa uniformità delle scritture per rendere più diretto il collegamento con la compilazione dei catastici, dall’altra sembra in alcuni casi dare forma a un vero e proprio fascicolo o incartamento giudiziario. Il fascicolo processuale in questo caso riporta in forma di exempla tutta la documentazione raccolta in occasione delle dispute giudiziarie sui beni a cui i monasteri erano interessati in quanto diretti proprietari o perché i beni in questione confinavano con le loro proprietà. Ottimi esempi di questo procedimento sono i catastici del fondo della Mensa patriarcale redatti da Giovanni Bragadin, patriarca di Venezia tra 1764-1770. La documentazione risulta in essi organizzata per Armaro a cui corrispondono le diverse Villa. Vi è poi un indice dei luoghi e dei capitoli. Per ogni luogo, i capitoli sono suddivisi in “acquisti”, “livelli”, “affittanze”, “carte ad Lites”.

Un’accurata descrizione del costituirsi di tale documentazione è stata offerta da Francesca Cavazzana Romanelli e da Ermanno Orlando nelle pagine dedicate agli archivi dei monasteri trevigiani medievali, la cui documentazione sembra condividere molti tratti in comune con la stessa documentazione veneziana291.

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Ne sono un buon esempio i catastici della Mensa Patriarcale redatti dal patriarca Giovanni Bragadin attorno agli anni Sessanta del XVIII secolo e conservati presso l’Archivio Storico del Patriarcato di Venezia, ASPVe, Mensa patriarcale, bb. 1-4.

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F. CAVAZZANA ROMANELLI, E. ORLANDO, L’archivio del monastero di Santa Maria di

Mogliano e San Teonisto di Treviso, in Mogliano e il suo monastero. Mille anni di storia. Atti del convegno di studi. Abbazia di Santa Maria di Mogliano Veneto (Treviso) (6-7 giugno 1997), a

cura di F. G.B. Trolese, Cesena 2000, pp. 173-194. .

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Altrettanto significativa è la presenza di un’analoga organizzazione delle carte presente nel fondo del monastero di santa Giustina di Padova292.

Viceversa, è necessario riconoscere anche i limiti di questa tipologia documentaria: è da tener ben presente che il fascicolo interessa solitamente una determinata pratica giudiziaria riferibile quindi ad un solo bene in oggetto. Questo rende difficile il recupero di informazioni inerenti ad ambiti territoriali ampi e rende rischiosa la formulazione di valutazioni, anche statistiche, riferibili a scale territoriali diverse da quella locale.

Nel particolare caso rappresentato dal fondo del Monastero di San Giorgio Maggiore, l’organizzazione delle carte tende a rendere spinoso il percorso di ricerca. Ciò è dovuto alla mancanza di un inventario che rende ancor più complicata la ricerca, dato che una volta rintracciata la corrispondenza tra processo e busta, la documentazione si offre ben organizzata e molto corposa. Per tale motivo si è dato un assaggio in appendice dell’organizzazione della documentazione per processi ricreata sulla base della consultazione di alcune buste [Cfr., Appendice I; 1]. L’organizzazione delle carte di San Giorgio è il frutto di un’opera di ricondizionamento archivistico operata attorno agli anni Settanta del Novecento da Luigi Lanfranchi. Tale operazione fu condotta con l’intenzione di riportare le carte alla loro struttura originaria, seguendo la sedimentazione della documentazione in “processi” (o fascicoli processuali).

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Lorenzo Casazza ha offerto una interessante descrizione delle diverse tipologie documentarie presenti nel fondo del monastero di Santa Giustina di Padova, la cui documentazione è stata in parte analizzata anche nel presente lavoro. Cfr. L.CASAZZA, Il monastero di Santa Giustina di

Padova, in La memoria dei chiostri, a cura di G. Andenna, R. Salvarani, Atti delle prime giornate di studi medievali. Laboratorio di storia monastica dell’Italia settentrionale, Castiglione delle Stiviere (Mantova) 11-13 ottobre 2001, Brescia 2002, pp. 205-212.

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