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1. La storia agraria medievale in Italia e in Veneto

1.2. Il Veneto

Una riflessione sulla storiografia agraria veneta non può che non partire dall’inganno, come lo definisce Varanini98, rappresentato dall’aggettivo “veneto”.

E’ oramai noto che quel processo di omogeneizzazione che ha permesso di individuare tra gli storici qualcosa di unitario nelle regione99 tende più di recente ad essere collocato dalla storiografia veneta cronologicamente ben oltre all’età della definitiva conquista dei baluardi veneti di terraferma (fine XV secolo)100 e successivo alla nascita delle magistrature veneziane, create durante la prima metà del Cinquecento per il controllo del territorio. Quest’ultima tappa della storia della Serenissima era ritenuta fino a qualche decennio fa momento di svolta nell’atteggiamento veneziano verso la Terraferma. Ancora nella seconda metà del Cinquecento infatti Venezia si trovava a rimodellare continuamente la sua politica sulla scorta delle necessità del momento, consumando in tal modo il fallimento di una qualche politica accentratrice e riorganizzatrice, sul cui proposito Andrea Zannini recentemente ha scritto: «Se lo spazio economico veneto prima di Agnadello può essere inteso come un insieme di distretti basati sul dualismo interno tra città capoluogo e contado e male o poco inseriti entro la cornice di uno Stato amministrativo, questa immagine rimane la stessa se si guarda alla

97

R.CEVASCO, Memoria verde. cit, p. 34.

98

Si fa riferimento alla comunicazione di G.M.VARANINI, Quarant’anni di studi sulle campagne

e sulle montagne venete. Linee per un bilancio esposta durante il recente convegno organizzato

dalla Biblioteca La Vigna dal titolo Storia e storiografia della società contadina in Italia cit.

99

Si veda G.COZZI, Ambiente veneziano ambiente veneto cit.

100

Si fa riferimento all’assoggettamento delle città di Treviso (1339), Vicenza Verona Padova (1404-5), Friuli, Feltre Belluno e il Trentino meridionale (1420 c.), i territori della Lombardia veneta (1428), Ravenna e Crema (1440).

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Repubblica attorno al 1580»101. Una sottolineatura di certi tratti unificanti della civiltà veneta sottovaluta infatti l’estrema varietà caratterizzante il dominio veneto nel secolo precedente e nei decenni successivi alla battaglia di Agnadello, per i quali è invece opportuno uno “sguardo plurale”, in grado di restituirne le diverse peculiarità, sia dal punto di vista istituzionale e ambientale, che delle strutture agrarie e rurali102.

Nel tracciare una sintesi degli studi che si sono occupati di storia agraria per il Veneto medievale occorre quindi tener conto anche di tutta quella produzione di carattere locale, di ambito accademico o divulgativo, che, parallelamente agli studi di taglio generale o regionale, ha ampiamente considerato e documentato singole realtà territoriali. Una produzione, quella denominata comunemente “le storie di paese o di villaggio”, iniziata attorno agli anni Settanta e che, dopo aver raggiunto il suo apice negli anni Novanta, ha perso progressivamente terreno103. Già verso la metà degli anni Sessanta del secolo scorso, Philip Jones ricordava che, sebbene l’economia rurale italiana del pieno e tardo medioevo presentasse aspetti e tendenze comuni al resto dell’Europa occidentale, le linee generali della storia agraria restavano soggette alle variazioni locali e sollecitava lo storico a tener conto di tali differenze. Tuttavia egli riconosceva l’importanza di aprire i risultati delle ricerche oltre le frontiere nazionali in un ottica di profonda comparazione con le più ampie linee di ricerca europea, così da affermare che la tradizione di storia locale italiana: «potrebbe dare risultati di un valore incalcolabile se alleata alla storiografia europea dell’agricoltura medievale»104

.

101

A.ZANNINI, Sempre più agricola, sempre più regionale, in 1509-2009. L’ombra di Agnadello.

Venezia e la Terraferma, Venezia, Ateneo Veneto 2011, p. 141 (pp.137-171).

102

Gian MariaVaranini individua nel “lungo Quattrocento” il momento che dà il via a un «lento itinerario di costruzione di una realtà istituzionale, sociale e culturale “veneta” […]: una costruzione culturale ottocentesca, della quale nei secoli precedenti non si scrivono che le premesse», G.M. VARANINI, La terraferma veneta del Quattrocento e le tendenze recenti della

storiografia, in 1509-2009. L’ombra di Agnadello. Venezia e la Terraferma, Venezia, Ateneo

Veneto 2011, p. 44.

103

Su questa linea, con considerazioni riguardanti soprattutto la prima età moderna: J.S.GRUBB,

L’economia rurale e gli estimi del territorio di Vicenza (1519–1606), in «Annali Veneti. Società,

cultura, istituzioni», I/1 (1985), pp. 97-109.

104

P. JONES, Per la storia agraria italiana nel Medioevo: lineamenti e problemi, in «Rivista Storica Italiana», 76 (1964), 2, pp. 287-347; ora in ID., Economia e società nell’Italia medievale, Torino 1980, pp. 191–247 (p. 199).

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Nella già citata sintesi riguardante gli studi di storia agraria medievale uscita nel 2011 e curata da Alfio Cortonesi e Massimo Montanari105 lo spazio dedicato al Veneto, risulta alquanto ridotto. L’intervento di Zacchigna dedicato agli studi di storia agraria tra Friuli e Veneto è in realtà concentrato prevalentemente sul Friuli e il motivo di questa scelta risulta, come vedremo, ben intuibile. Il motivo che ha spinto lo storico a trattare una sintesi ben articolata sulle terre del Friuli è che quella realtà geografica offre un tessuto di fonti omogennee e comparabili. I rotuli delle grandi aziende aristocratiche ed ecclesiastiche friulane mettono a disposizione di chi li studia numerosi dati per ricostruire la storia delle campagne dal XIV secolo fino al ‘500 inoltrato106

.

Le fonti venete dal XII al XV secolo sono invece estremamente varie e diversificate. Anche lì dove esiste la fonte classica in grado di fornire numerosi dati sulla vita rurale e sull’organizzazione agraria delle campagne, talvolta essa è stata poco utilizzata. Per esempio, le fonti fiscali ed estimali sono quasi del tutto assenti per i distretti di Venezia e Vicenza per il periodo medievale107; mentre per Padova esistono sono fonti estimali poco utilizzate108.

L’ultimo tentativo di dire qualcosa è una breve sintesi di Silvano Collodo109

nel quale si tenta un ragionamento significativo, ma siamo a quasi 20 anni da quel lavoro.

Un percorso comune di ricerca è avvenuto invece verso un altro fronte, offerto in particolare dagli studi condotti sulle ville venete. Incentivate sia dalla volontà da parte di enti locali di valorizzare l’offerta culturale e turistica di determinati siti e contesti della regione; sia perché si imponeva un nuovo filone di studi riguardanti il mondo mercantile, ovvero quell’attività di investimento

105

Medievistica italiana e storia agraria cit.

106

P.CAMMAROSANO, Italia medievale. Struttura e geografia delle fonti scritte, Roma 1991.

107

M. KNAPTON, Capital city and subject province : financial and military relations between

Venice and Padua in the later fifteenth century, Oxford 1978; ID., Il fisco nello stato veneziano di

terraferma tra '300 e '500 : la politica delle entrate, Verona 1982.

108

G.M.VARANINI, Proprietà fondiaria e agricoltura, in Storia di Venezia, V, Il Rinascimento.

Società ed economia, a cura di A. Teneti e U. Tuccci, Roma 1996, pp. 809-810.

109

S. COLLODO, L’Evoluzione delle strutture economiche nel Trecento: l’economia delle

46

fondiario veneziano che dal mare passava alla terra, promotore di un nuovo insediamento nobiliare nelle campagne venete110.

1.2.1. I temi e i diversi approcci: storie generali e storie di paese

Sulla scia di quanto appena affermato, ossia dell’esigenza di una prospettiva plurale nella considerazione del territorio e “dell’ambiente veneto” medievale e di prima età moderna, si sente tuttavia la necessità di imprimere a questa presentazione dei limiti periodizzanti. La storiografia veneziana, già nel trattare l’esperienza di governo durante l’istituzione del Dogado, ha considerato «i rapporti bilaterali come collante primo del sistema»111 nell’ottica del riconoscimento dell’esistenza di “altre venezie” nel labile e caotico “sistema Venezia” dei secoli centrali del Medioevo112. L’impostazione di questi studi viene

riconfermato anche dalla storiografia attenta ad analizzare – per i secoli successivi al XIII, almeno fino al Quattrocento inoltrato – il “rapporto stellare” caratterizzante le relazioni tra la Dominante e le singole città e i territori della Terraferma ad essa sottoposte: «Nel complesso, infatti, Venezia riconobbe molto potere e molte competenze a istituzioni e ceti emergenti del dominio, e – soprattutto nel ‘400 – non attuò né tanto meno progettò grandi processi generali di accentramento»113.

Anche in un ottica più generale, e in un quadro comparativo riguardante i più recenti studi sugli stati territoriali quattrocenteschi italiani, è stata confermata da parte degli storici una maggiore articolazione e variazione delle autonomie

110

Villa. Siti e contesti, a cura di R. Derosas, Treviso 2006.

111

G.ORTALLI, Le modalità di un passaggio: Il Friuli occidentale e il dominio veneziano, in Il

Quattrocento nel Friuli occidentale, Pordenone 2002.

112

E.ORLANDO, Altre Venezie cit.

113

M.KNAPTON, "Nobilta' e popolo" e un trentennio di storiografia veneta, in «Nuova Rivista Storica», LXXXII (1998), fasc. 1, p. 177, ( pp. 167-192).

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istituzionali all’interno del dominio Quattrocentesco veneto rispetto a quelle di altri stati e domini italiani. Si riscontra infatti una «maggiore incisività e presenza della dimensione istituzionale e territoriale nel dominio Veneto di terraferma contro una rimarcata sottolineatura dello svuotamento delle istituzioni e della dimensione “informale” del potere» caratterizzante invece lo stato fiorentino, lo stato visconteo-sforzesco, quello gonzaghesco e napoletano.

Fondamentale per aver traghettato la storiografia verso tali acquisizioni riguardanti il Quattrocento veneto fu inizialmente la monografia di Angelo Ventura dal titolo Nobiltà e popolo nella Terraferma veneta del ‘400 e ‘500 edita nel 1964 e, in un quadro più generale, gli studi condotti a partire dagli anni Settanta sull’origine dello stato moderno in Italia, che vedono nel volume di Giorgio Chittolini, La formazione dello stato regionale e le istituzioni del contado114 uno dei lavori più innovativi per aver proposto «una lettura degli stati tardo medievali che ne sottolinea con forza la complessità e la multipolarità»115.

I riflessi di queste impostazioni sono confluiti nelle ricerche di chi, già con il chiudersi degli anni Settanta, si occupava di territorio veneto a tal punto che, in un ottica di superamento del “mito di Venezia”, la Terraferma veneta iniziava ad interessare in una prospettiva di studio “locale” la storia del territorio116. Secondo questa nuova prospettiva gli studi tendevano a non riconoscere dunque per la Terraferma veneta un terreno politico comune, e gli sforzi della ricerca convergevano verso l’individuazione di una sostanziale peculiarità delle realtà politiche, istituzionali ed economiche periferiche e/o municipali.117

Tali premesse storiografiche hanno dato luogo a comuni indirizzi di studio che, sulla scia degli studi di Luigi Simeoni, di Andrea Gloria e di Angelo

114

A.VENTURA, Nobiltà e popolo nella società veneta del ‘400 e ‘500, Bari 1964, II ed. Milano 1993; G. CHITTOLINI, La formazione dello stato regionale e le istituzioni del contado, Torino 1979.

115 G.M.V

ARANINI, Centro e periferia nello stato regionale. Costanti e variabili nel rapporto tra

Venezia e le città della Terraferma nel Quattrocento, in Società, economia,istituzioni. Elementi per la conoscenza della Repubblica Veneta, vol. I, Verona 2002, p. 77 (pp. 75-98). Per una sintesi

degli studi sullo stato veneziano che hanno avuto avvio dall’opera del Ventura (1964) e per una riflessione sugli sviluppi e sugli assunti storiografici raggiunti al momento della seconda edizione nel 1993 cfr: M.KNAPTON, «Nobiltà e popolo» cit.

116 G.M.V

ARANINI, La terraferma veneta nel Quattrocento, p. 21.

48

Ventura118, sono confluite nelle specializzazioni delle “scuole sub-regionali” venete, interessate ai diversi aspetti istituzionali delle realtà di Terraferma a molti aspetti della cultura materiale della società119.

La tendenza a chiudere entro confini sub-regionali le ricerche di storia del territorio ha contribuito pertanto alla formazione di particolari approcci e prospettive nell’analisi storica delle campagne e del mondo rurale. Le ricerche della scuola padovana, in particolar modo, hanno rappresentato fin dagli anni Settanta un esempio originale di approccio storico alle dinamiche territoriali condotte attraverso una particolare visione dal basso (from below)120 dello studio delle forme di organizzazione del potere locale, di organizzazione sociale ed economica interne alle diverse comunità rurali, analizzate secondo un profondo rapporto e interazione tra l’uomo, lo spazio geografico e l’ambiente naturale.

118

A.GLORIA, Dell’agricoltura nel Padovano: leggi e cenni storici, Padova 1855; L. SIMEONI,

L’amministrazione del distretto veronese sotto gli Scaligeri: note e documenti, Verona 1906; A.

VENTURA, Nobiltà e popolo cit.

119

Sulla valenza di definizioni di tipologie regionali complesse e nell’appoggiare la scelta di «studiare uno specifico territorio come campo d’applicazione di una determinata indagine storica, senza però conferirgli valore emblematico, bensì motivando la scelta di una regione con elementi di eterogeneità o omogeneità, con aspetti sociali e istituzionali differenziati ma con un quadro organizzativo almeno tendenzialmente comune» e contro la micro-analisi storica, nel senso di «una analisi calata completamente in una specifica realtà geografica e temporale, alla mutuazione dall’antropologia di tecniche d’analisi “situazionale”, al disinteresse per i problemi di trasformazione sul lungo periodo» si esprime G.SERGI in Omogeneità delle tendenze e pluralità di

metodi nello studio delle campagne medievali, in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», 79/I

(1981), p. 263 (pp. 257-268).

120

Ricco di spunti riguardanti l’azione politica esercitata delle comunità rurali nella costituzione degli stati regionali in Europa, a cui si unisce un’attenta riflessione sulla necessità di adottare prospettive e visioni dal basso “from below” per lo studio di tali dinamiche è il volume

Empowering interactions. Political Cultures and the Emergences of the States in Europe 1300- 1900, a cura di W. Blockmans, A. Holestein, J. Mathieu, D. Schläppi, MOG Books Ltd, Bodmin,

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1.2.2. L’aspetto sociale: le campagne padovane, trevigiane e veronesi

Nell’insieme degli studi veneti riguardanti ambiti geografici e “ambienti” delimitati (ambiti territorialmente circoscritti) sembra quindi doveroso sottolineare l’importanza e lo sforzo compiuto dalla scuola padovana per aver dato il via a una produzione singolare della storia delle campagne. Il riferimento va in particolare all’impronta lasciata dagli insegnamenti di Paolo Sambin negli studi e nelle ricerche di chi, anche dopo di lui, è riuscito a mantenere vivo un interesse per la storia del Veneto medievale attraverso uno sguardo attento alla dimensione strettamente locale.

I caratteri originali dell’impostazione sambiniana confluiti nelle ricerche dei suoi allievi hanno sostanzialmente determinato una profonda sensibilità per un racconto “dal basso” della storia locale attento al contesto ambientale, inteso sia come ambiente di vita e di lavoro, sia come ambiente naturale, spazio delle campagne e paesaggio agrario. E’ in questo senso che l’ambiente veneto si diversifica in una caleidoscopica visione: dalla fine degli anni Settanta una miriade di contributi su singole realtà rurali, che percorrevano il duplice binario della produzione accademica da una parte e della più divulgativa rievocazione del passato paesano dall’altra, ampliarono le conoscenze della variegata storia locale. In ambito accademico si sono distinti gli studi di Sante Bortolami, ben illustrati da Gian Maria Varanini nelle recenti pagine dedicate in memoria dello studioso padovano e qui riprese in alcune brevi ma significative righe: «… in base ai nomi delle persone e dei luoghi egli è in grado spesso di restituire, per accumulazione di indizi, il quadro convincente o almeno plausibile di una evoluzione ambientale e del progressivo dominio, da parte delle comunità rurali, di una natura ostile»121. Lo studio attento e l’utilizzo incrociato di fonti diverse e di diversa provenienza, unificate tuttavia dal riferimento comune a un determinato ambito socio ambientale, permettono pertanto al Bortolami di ricostruire un quadro chiaro delle

121

G. M.VARANINI, Sante Bortolami e la storia medievale delle campagne e delle montagne

venete, in S.BORTOLAMI,P.BARBIERATO, L’Altopiano di Asiago nel medioevo. Un microcosmo

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campagne padovane: egli indaga l’aspetto del paesaggio e delle opere agrarie che mutarono profondamente l’ambiente nei secoli centrali del Medioevo con estrema attenzione alle dinamiche demografiche e sociali, riservando un’attenzione particolare alla vita quotidiana dei contadini nei piccoli e medi centri del territorio122. Al centro delle sue ricerche vi è un’attenzione particolare all’onomastica, ma anche allo studio degli assetti agrari e dei mutamenti colturali sia in riferimento alle dinamiche di potere tra classi subalterne e potere signorile, sia documentando scontri e ingerenze tra diverse comunità rurali. Queste prospettive di storia del territorio e di storia istituzionale trovano applicazione nei numerosi e importanti saggi che Bortolami ha dedicato non solo ai centri minori padovani123, ma anche alle “quasi città” del Veneto comunale, signorile e poi “veneziano”, come le trevigiane Asolo124

e Castelfranco125. Una presa di posizione a favore di una metodologia storica e di una chiara scelta stilistica che lo stesso Bortolami difende nell’introduzione al suo contributo Signoria cittadina e comuni rurali nel medioevo padovano. San Michele delle Badesse, 1377, scrivendo:

«Il fatto è che credo alla piena legittimità e alla immensa utilità di quella che si usa chiamare ‘storia locale’, ma ritengo che troppe volte e anche oggi la si pratichi per compiacere curiosità di campanile un po’ generiche e facilone. Con questo breve saggio spero di riuscire a dimostrare che essa può invece

122Ibidem. 123 B

ORTOLAMI, Monselice ‘oppidum opulentissimum’: formazione e primi sviluppi di una

comunità semiurbana del Veneto medioevale, in Monselice. Storia, cultura e arte di un centro ‘minore’ del Veneto, a cura di A. Rigon, Canova, Monselice-Treviso 1994, pp. 101-172; ID.,

Monselice medioevale e le sue difese. La città murata, il castello, la rocca, in Monselice. La rocca, il castello, a cura di A. Businaro, Cittadella (Padova) 2003, pp. 19-40; ID., Montagnana nel

medioevo. Nascita di una ‘terra’ murata, in Montagnana. Storia e incanto, a cura di L. Olivato,

E.M. Dal Pozzolo, Terra Ferma, Vicenza 2006, pp. 39-65.

124 Le medioevali ‘pietre’ asolane e la rinascita della “piccola città addormentata”, in Città murate del veneto, a cura di S. Bortolami, Cinisello Balsamo (Milano) 1988, pp. 51-64.

125 B

ORTOLAMI, “Per acresiere et moltiplicare il suo territorio”. Villaggi e borghi di fondazione

preordinata nelle Venezie medioevali, in Castelfranco Veneto nel quadro delle nuove fondazioni medievali, Atti del Convegno (Castelfranco Veneto, 11 dicembre 1998), a cura di S. Bortolami, G.

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avere una risonanza e una dignità assai più vaste, purchè sia coltivata con scrupolo e larghezza d’informazione, e naturalmente…con pazienza»126

.

Comune metodo e intento scientifico per un’analisi storica degli uomini e delle campagne venete nell’età di mezzo sono presenti nei lavori di Giuseppina De Sandre Gasparini che, nell’ambito delle sue ricerche di sociologia religiosa nella società padovana medievale, ha contribuito con il volume Contadini, Chiesa e Confraternita in un paese veneto di bonifica. Villa del Bosco nel Quattrocento a «ricostruire, per quanto si può attraverso una documentazione abbondante ma piuttosto frammentaria, un villaggio di contadini dipendenti in varia misura dal monastero benedettino di Padova (Santa Giustina), in cui la terra, la lotta contro la natura, la convivenza, la religione furono i poli sovente non distinti della vita quotidiana»127.

Dimensione materiale e dimensione mentale emergono e si intrecciano anche nelle ricerche di Silvana Collodo128 condotte principalmente sull’analisi dei mutamenti avvenuti nelle strutture produttive dei contadi padovani nel pieno medioevo. Nei suoi studi riesce a documentare a tutto tondo la realtà produttiva delle campagne riservando un’attenzione particolare anche allo sviluppo delle attività extra-agricole, ai processi di sfruttamento delle risorse ambientali, al mercato. Ma il carattere fortemente innovativo proveniente dalle ricerche della Collodo è l’aver affrontato attraverso l’analisi documentaria il tema dell’autocoscienza e dell’autodeterminazione delle forze sociali e politiche che si configurano e si scontrano in ambito rurale.

La dimensione sociale e ambientale, letta attraverso il denso intrecciarsi di vita contadina, scandita da momenti di aggregazione laicali e di incidenza spirituale e dai tempi della produzione e dei mercati, non toglie, bensì contribuisce

126 B

ORTOLAMI., Signoria cittadina e comuni rurali nel medioevo padovano. San Michele delle

Badesse, 1377, Biblioteca Comunale di Borgoricco, Borgoricco (Padova) 1980.

127

G.DE SANDRE GASPARINI, Contadini, Chiesa e Confraternita in un paese veneto di bonifica.

Villa del Bosco nel Quattrocento, «Fonti e ricerche di Storia ecclesiastica padovana», X, Istituto

per la Storia ecclesiastica padovana, Verona 1987 (I ed. Padova 1979), p. 15.

128

S.COLLODO, Una società in trasformazione. Padova tra XI e XV secolo, Padova 1990. EAD.

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a dare linfa vitale al racconto (dal basso) della quotidianità delle campagne venete medievali. Il fattore umano e la conseguente interazione sociale tra pari e subalterni sono elemento cardine nella gestione agraria e produttiva del luogo. Gli studi sambiniani sembrano quindi rispondere all’esigenza di uno «studio della comunità di villaggio come espressione sociale, culturale e anche politica di un gruppo umano localizzato sul territorio», impostazione metodologica che emerse in misura minore invece per le indagini condotte dalle altre scuole sub–regionali venete.

Per quanto riguarda la storia dell’agricoltura veronese e trevigiana «l’attenzione è stata rivolta soprattutto a indagini condotte per l’epoca moderna, sovente dirigendosi con ottimi risultati al grande tema della bonifica (Campos, Stella, Ventura, Ciriacono ecc.) oppure a quel nodo storiografico che è la villa veneta»129. Tuttavia il fattore documentario ha influenzato notevolmente le ricerche.

Per quanto riguarda gli studi sul Trevigiano, al di fuori di importanti ma settoriali lavori sulle campagne medievali condotte principalmente dagli allievi di Paolo Sambin, come il già ricordato Sante Bortolami o il trevigiano Paolo Cagnin130, sono da considerare i risultati raggiunti dalla ricerca promossa dalla