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I. Il ruolo dei monasteri

I.2. Nuove modalità della registrazione della memoria:

Per comprendere a fondo il principio ispiratore della formazione degli archivi monastici benedettini è forse necessario far riferimento alla stessa regola che ne indicava i fondamenti spirituali ma anche i modi concreti del vivere l’esperienza comunitaria, sia dal punto di vista strettamente religioso che da quello economico- amministrativo. A questo propositopare appropriato recuperare uno dei precetti cardine delle regola di Benedetto tra quelli rivolti al cellerario:

Tutti gli oggetti e tutti i beni del monastero li consideri come vasi sacrati all’altare. Non stimi di cosa alcuna, dar poco conto; non coltivi l’avarizia, né sia prodigo e dissipatore della sostanza del monastero: ma faccia tutto con misura e secondo il comandamento del suo abate293.

E’ in questo precetto che si può individuare uno dei primi fondamenti alla base dell’organizzazione delle carte e della memoria dei patrimoni monastici. Principali attori della penetrazione fondiaria nelle campagne dell’Italia medievale, le comunità benedettine furono impegnate fin dai primi secoli del Medioevo in un costante e crescente sforzo di produzione documentaria atta a certificare i propri privilegi e diritti. Del resto già nel 1330 (15 settembre) il vescovo di Castello Angelo Delfino ordinava alla badessa del monastero di S. Lorenzo di Venezia

«quod inventarium facias de omnibus bonis ipsius monasterii tam mobilius, quam immobilius ac se moventibus, ac juribus, actionibus et obligationibus, ac de omnibus, que tibi vel ipsi monasterio a quiscunque debentur, vel aliis tentaris, aut dictum monasterium vel tu fueris obligata, et qua forma. Quod

293

Regole monastiche d’Occidente, a cura di Enzo Bianchi, Torino 2001, p. 230, F.LANDI, Il

paradiso dei monaci. Accumulazione e dissoluzione dei patrimoni del clero regolare in età moderna, Roma 1996, p. 98

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inventarium usque ad sex menses tuo Capitulo debba presentare in Archivio, in quo alia jura monasterii reponuntur fideliter conservandum»294.

Tuttavia anche le tipologie documentarie e i modi della loro conservazione subirono nel corso dei secoli notevoli cambiamenti e sviluppi. Il processo di evoluzione e la creazione di nuove metodologie finalizzate alla registrazione della memoria dipesero innanzitutto da esigenze di conservazione e trasmissione dell’esistenza dei singoli cenobi, ma anche da dinamiche sociali e culturali che investirono in ugual modo tanto la parte laica quanto quella ecclesiastica dell’organizzazione statuale italiana di età medievale. Per esempio, Daniela Rando (e Paolo Cammarosano in termini più generali) hanno ben definito il dinamismo documentario a cui si dovette assitere sempre in area veneta (la prima studiosa citata, in riferimento soprattutto agli archivi trevigiani) a partire dal XII secolo. L’esplosione documentaria citata dai due storici sembra intimamente legata a dinamiche di tipo socio economico:

«L’aumento quantitativo non è che l’aspetto più immediatamente percepibile del processo di lenta affermazione dello scritto nei diversi campi di attività della società medievale (Verschriftlichung), un processo determinato dallo slancio demografico ed economico e dalla crescente mobilità degli uomini, fenomeni i quali, fra XI e XV secolo, accelerarono la crisi dei rapporti tradizionali che si fondavano sull’oralità»295

.

294

F.CORNER, Ecclesiae venetae cit., decas XIII, 2, p. 120. Antonio Rigon fornisce un’ampia contestualizzazione di questi provvedimenti. Le direttive del vescovo di Castello furono con molta probabilità emanate in attuazione delle deliberazioni del concilio provinciale gradense tenutosi sempre nel 1330, durante il quale si discussero anche i problemi connessi con la vita e l’organizzazione monastica, A. RIGON, I problemi religiosi, in Storia di Venezia, III, La

formazione dello stato patrizio, a cura di G. Arnaldi, G. Cracco, A. Tenenti, Roma 1997, p. 934,

(pp. 933 – 956).

295

D.RANDO, Archivi di monasteri e conventi trevigiani, in Distribuire le scritture e metterle a

suo nicchio. Studi di storia degli archivi trevigiani, a cura di F. Cavazzana Romanelli….Treviso

2007, pp. 79-101 (p. 84). Si veda anche P.CAMMAROSANO, Italia medievale. cit. (in particolare le pp.113-114;238-249; Il termine Verchriftlichung viene ripreso da H. KELLER, Träger, Felder,

Formen pragmatisher Schriftlichkeit im Mittelalter. Der neue Sonderforshungsbereich 231 an der Westfälischen Willhelms-Universität Münster, in «Frühmittelalterlichen Studien», 22 (1988), pp.

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Per quanto riguarda l’ambito monastico lagunare, comunque, il fenomeno della cosiddetta “esplosione documentaria”, proprio dei secoli del pieno medioevo, si ripropose a partire dalla seconda metà del XV, quando la produzione documentale fece un vero e proprio salto di qualità. Da quel momento, e per i secoli immediatamente successivi, è possibile rintracciare nuove e particolari tipologie documentarie utilizzate per una più accurata descrizione dei patrimoni. A nostro avviso, rientra in questa evoluzione qualitativa l’accumularsi tra i fondi monastici veneziani e veneti di disegni, mappe e registri datati alla seconda metà del ‘400. Attraverso queste tipologie documentarie si rileva una evoluzione della capacità tecnica di utilizzo del dato grafico per la descrizione del patrimonio fondiario e una conseguente maggiore abilità nel delineare le caratteristiche naturali del territorio. A questo si aggiunge un’evoluzione dal punto di vista formale, da collocare invece nei secoli XVII-XVIII, che investe completamente anche le tipologie documentarie appena citate come anche quelle più tradizionali.

In stretta relazione con i secoli più dinamici dal punto di vista dell’economia e degli investimenti sul territorio, dunque, anche le carte dei monasteri, di riflesso, si evolvono nella tipologia e nella forma. Le motivazioni di questa ciclica evoluzione della documentazione sembrano quindi provenire da un medesimo principio propulsore: nuove spinte all’investimento fondiario e necessità di tutela dei propri diritti e della memoria patrimoniale.

Sui nuovi modi di registrare la «memoria dei chiostri» (per prendere a prestito il fortunato titolo di un convegno di alcuni anni or sono)296 ha influito non poco anche il clima del variegato e movimentato quadro quattrocentesco di relazioni sociali, sulle quali si strutturava anche l’ambiente monastico. Gli effetti favorevoli della circolazione di idee e di conoscenze sono da rintracciare soprattutto nel forte impulso introdotto a Venezia dalle reformationes (sostituzione, accorpamenti e aggregazioni di sedi monastiche) come sostiene

296 La memoria dei chiostri : atti delle prime Giornate di studi medievali, Laboratorio di storia monastica dell'Italia settentrionale, Castiglione delle Stiviere (Mantova), 11-13 ottobre 2001, a

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Cammarosano297, che ha dato avvio a un intenso scambio osmotico di monaci tra un cenobio e l’altro, favorendo inoltre importanti acquisizioni e contatti a livello internazionale298.

L’eterogeneità delle forme di registrazione patrimoniale che si sedimenta all’interno dei più importanti fondi monastici veneti durante la seconda metà del Quattrocento deve essere necessariamente associata all’interesse di tutelare quelle terre che andavano soggette proprio in quegl’anni a una profonda ridefinizione fisica, colturale e politica. Se da un certo punto di vista non si faceva altro che continuare una lunga tradizione che imponeva una registrazione dei minimi movimenti patrimoniali, fatti di accorpamenti, acquisti, vendite e donazioni di terre; dall’altra, l’elaborazione e l’affinarsi di procedure di descrizione e censimento patrimoniale proprie della seconda metà del XV secolo sembrano avvicinarsi, se non dipendere, anche dalle scelte operate dal governo centrale. Non è un caso infatti che proprio a partire dal Quattrocento Venezia metta a punto i propri strumenti per l’accertamento patrimoniale dei sudditi, al fine di creare una sicura base imponibile su cui ripartire oneri e gravezze, scelta di politica economica che diede vita alla lunga serie degli estimi299. Si riscontra dunque una stringente necessità di controllo amministrativo per la salvaguardia e il consolidamento del proprio patrimonio, che ebbe esiti profondi a tutti i livelli, compreso anche quello della registrazione e della gestione del patrimonio laico e religioso.

La presenza sempre più numerosa di mappe e di libretti contenenti misurazioni accurate dei patrimoni monastici sembra essere stato dunque il

297

«Con le mobilità introdotte dalle reformationes si intrecciarono anche nuove mobilità di persone, e in alcune sedi importanti si realizzò una confluenza di monaci e funzionari abbaziali di provenienze molto disparate», P.CAMMAROSANO, L’Italia Medievale cit., p. 244.

298

F.G.B TROLESE, Ludovico Barbo (1381-1443) e la congregazione monastica riformata di

Santa Giustina: un sessantennio di studi, in Contributi alla bibliografia storica della chiesa padovana, I, Padova 1976, 35-78; C.URBANI, I benedettini di San Giorgio Maggiore di Venezia, in «Alli 10 agosto 1806 soppressione del monastero di S. Giorgio», Atti del convegno di studi nel

bicentenario, (Venezia San Giorgio Maggiore, 10- 11 novembre 2006), a cura di G. Vian, Italia

Bedettina XXXIV, Cesena 2011, pp. 93-114.

299

Si veda in particolare il volume Gli estimi della podesteria di Treviso, a cura di F. Cavazzana Romanelli, E. Orlando, Roma. Ministero per i Beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi 2006.

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riflesso del clima appena descritto. Inoltre, nella gran parte dei casi esaminati, questa documentazione si trova attualmente affiancata fisicamente a quella più tradizionale e cronologicamente distante dei secoli XVI-XVIII, accorpata per l’appunto all’interno dei fascicoli processuali inizialmente analizzati. Tale continuità cronologica risulta funzionale proprio alla necessità di documentare, attraverso il tempo, la lunga proprietà su un dato bene. E’ questa la struttura del classico incartamento processuale, la cui creazione formale è, a nostro avviso, da collegare anche alla successiva tappa archivistica collocabile cronologicamente a cavallo tra XVII e XVIII secolo, ma i cui contorni rimangono ancora assai incerti.

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