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Gli IAS/IFRS, i principi contabili internazionali derivano da un lungo processo di evoluzione iniziato con la costituzione dello IASC (International Accounting Standards

Committee) nel 1973 a Londra, a opera dell’ IFAC (International Federation of Accountants,

una federazione che comprendeva gli organismi rappresentanti le professioni contabili di 10 paesi tra Stati Uniti, Canada, Australia, Messico, Giappone, Regno Unito, Irlanda, Francia, Germania e Olanda) allo scopo di emanare una serie di principi contabili, denominati IAS attualmente in vigore, la cui denominazione è rimasta invariata nel tempo per poterli distinguere dai successivi IFRS, e per promuovere l’armonizzazione degli stessi44. Successivamente, “nel 2001, venne attuata una revisione della struttura IASC e venne costituita la «IASC-Foundation» che ha sede negli Stati Uniti, la quale ha lo scopo di nominare i membri di IASB, SAC ed IFRIC, monitorare l’attività svolta dagli organismi e di raccogliere fondi per l’operatività degli organismi stessi.”45

Allo IASC, è subentrato poi lo IASB, Internationa Accounting Standards Board che è l’organismo che ha il compito di definire ed approvare i principi contabili internazionali denominati IFRS (International Financial Reporting Standards).

La trasformazione che stanno costantemente subendo i mercati finanziari e il processo di globalizzazione al quale le imprese stanno assistendo, comportano la necessità di avere a disposizione bilanci redatti secondo regole comuni46 in modo tale da poter effettuare eventuali confronti.

Dal punto di vista europeo, il processo di armonizzazione contabile dipende da un rafforzamento avvenuto negli ultimi decenni tra gli Stati appartenenti all’Unione Europea, conclusosi con la diffusione della moneta unica la quale ha causato un’accelerazione nel processo di armonizzazione per soddisfare il bisogno di rendere i bilanci dei vari Paesi,

                                                                                                               

44 aspetto trattato da TETTAMANZI in “Principi contabili internazionali. L’adozione degli IAS/IFRS in Italia.

Una ricerca empirica”, a cura di Tettamanzi P., Milano, 2008, pagg. 18

45 MORO VISCONTI, RENESTO, in “Principi contabili OIC e IAS/IFRS” di Moro Visconti R. e Renesto M.,

Roma, 2009, pagg. 2

comparabili tra loro il più presto possibile cosicché i soggetti interessati all’impresa potessero effettuare le proprie valutazioni e trarre delle informazioni utili.47

“Da tempo l’Unione Europea è impegnata a regolamentare ogni aspetto dell’attività economica d’impresa, anche al fine di assicurare e favorire il regolare svolgimento delle transazioni commerciali tra gli Stati.

Competitività ed efficienza dei mercati dipendono da molti fattori, tra gli altri, dall’elevata qualità, dalla trasparenza e dalla comparabilità delle informazioni finanziarie prodotte dalle imprese medesime.

Un obiettivo da perseguire è diventato pertanto l’adozione convergente di principi contabili con ampio riconoscimento internazionale. Funzionale all’internazionalizzazione delle imprese risulta infatti essere l’uniformità delle norme giuridiche utilizzate per la redazione dei bilanci societari.

Questi rappresentano i documenti formali con i quali le società comunicano a tutti i soggetti, portatori di interessi rilevanti nell’impresa, l’andamento della gestione riguardo all’utilizzo delle risorse e al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Solo bilanci uniformi e comparabili, perché redatti secondo regole omogenee, sono in grado di soddisfare le esigenze informative di chi, imprese o individui, fonda le proprie decisioni economiche e finanziarie sull’analisi, l’elaborazione e il confronto dei dati contenuti nei conti societari.

L’adozione in parola, da effettuarsi sulla base di regole quanto più possibile uniformi nei vari paesi dell’Unione, rappresenta dunque una condizione essenziale per la crescita e lo sviluppo delle imprese intenzionate a operare e reperire capitali al di fuori del proprio paese d’origine e, quindi, sia a livello europeo che internazionale.”48

In questo modo il bilancio fungendo da guida, diventa un mezzo per fornire una serie di informazioni ai vari stakeholder dando vita ad un sistema che generi valore in favore di tutti; al contrario, se ogni paese adottasse regole diverse, in base alle proprie normative, questo potrebbe creare informazioni fuorvianti, generare asimmetrie informative per l’investitore sino a condurlo a prendere decisioni sbagliate, inappropriate e inefficienti, limitando anche l’opportunità di reperire capitali al di fuori del proprio Paese d’origine.

                                                                                                               

47 LACCHINI, in “I principi di redazione del bilancio di esercizio nel paradigma IAS/IFRS” di Lacchini M.,

Trequattrini R., Padova, 2007, pagg. 3

48 TETTAMANZI, in “Principi contabili internazionali. L’adozione degli IAS/IFRS in Italia. Una ricerca

In merito all’applicazione a livello europeo “dei principi IAS/IFRS, essa è subordinata al loro recepimento formale da parte della Comunità Europea. A tal fine è prevista una procedura di omologazione per valutarne la compatibilità con le Direttive Europee, le quali una volta adeguate agli IAS/IFRS, continueranno ad avere validità, soprattutto per le imprese che non sono obbligate alla immediata applicazione dei principi IAS/IFRS.

Ciò significa che tali imprese (le imprese non quotate presenti nella UE) pur seguendo le direttive contabili, dovranno presentare bilanci redatti in linea con le indicazioni internazionali. A tale scopo è stato costituito nel giugno 2001 l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), organismo che dovrà favorire una modifica delle Direttive UE attraverso la valutazione tecnica dei principi IAS/IFRS e delle relative interpretazioni (SIC/IFRIC).”49

Per quanto riguarda il contesto italiano, i principi contabili internazionali, assumono un ruolo rilevante in quanto costituiscono un punto di riferimento nel processo di sviluppo e aggiornamento della normativa contabile, come indicato anche nei paragrafi precedenti relativamente all’impegno svolto da parte dell’OIC nella fase di integrazione e armonizzazione con i principi internazionali; inoltre rappresenta l’unica normativa adottabile per talune tipologie di imprese, tenute alla redazione del bilancio d’esercizio secondo i Principi contabili internazionali.

Le aziende costrette alla redazione del bilancio d’esercizio in linea con i principi IAS/IFRS, sono quelle di grandi dimensioni ovvero che operano sui mercati di capitali; per tutte le altre imprese, che costituiscono la parte maggioritaria nel nostro Paese, il ricorso a tale disciplina è facoltativo o precluso e continuano ad adottare quindi la normativa civilistica o i principi OIC.

È importante comunque ricordare che il processo di rinnovamento al quale sono sottoposti i principi contabili nazionali, è stato attuato anche allo scopo di uniformarli e renderli sempre più compatibili con quelli internazionali.

Il recepimento dei principi contabili adottati dall’Unione Europea nel nostro Paese, per favorire il processo di armonizzazione, può avvenire con due strumenti diversi, o tramite le Direttive o attraverso i Regolamenti. Mentre il regolamento, comporta l’immediata adozione da parte del Paese, la direttiva dev’essere prima recepita e non è vincolante in tutte le sue parti, essa lascia ampio spazio all’iniziativa normativa di ogni stato ma vincola in termini di                                                                                                                

risultati da raggiungere, di obiettivi da perseguire; inoltre mentre il regolamento ha portata generale ed è indirizzato a tutti gli stati, la direttiva può riguardare solo alcuni.

Entrando ora nel particolare e quindi parlando di crediti, possiamo dire che non esiste un principio in particolare che regola la categoria dei crediti e quindi la sua valutazione perché, come affermato in proposito da Moro Visconti, “a differenza dei principi contabili nazionali, che si occupano dei crediti nel documento OIC 15, i principi contabili internazionali non dedicano a questo argomento uno specifico documento, limitandosi a trattare esclusivamente le operazioni in valuta estera nello IAS 21 e i crediti finanziari negli IAS 32 e 39; è comunque possibile trarre qualche indicazione a riguardo negli IAS 1, 18 e 37. I principi contabili internazionali non forniscono una definizione puntuale di crediti: lo IAS 32, par. 5, si limita a sostenere che i crediti, come qualsiasi attività finanziaria, vanno trattati alla stregua degli strumenti finanziari.

In ogni caso, le disposizioni del principio OIC 15 non si discostano significativamente da quanto dettato dai principi contabili internazionali, soprattutto in merito all’utilizzo del fondo svalutazione crediti e all’attualizzazione dei crediti a medio-lungo termine.”50

Lo IAS 32, «strumenti finanziari: esposizione nel bilancio», si rivolge a tutte le tipologie di aziende e si occupa di definire i principi che regolano l’esposizione in bilancio degli strumenti finanziari i quali al loro interno ne comprendono un’ampia categoria.

Questo principio, nella definizione di strumento finanziario, al paragrafo 11, sancisce che vi rientra “qualsiasi contratto che dia origine a un’attività finanziaria per un’entità e a una passività finanziaria o a uno strumento rappresentativo di capitale per un’altra entità.”.51 “Il documento, per effetto delle modifiche ad esso apportate con l’emanazione dell’IFRS, si compone ora di due sole parti: la prima dedicata all’inquadramento delle varie tipologie di strumenti finanziari, la seconda dedicata alla esposizione degli stessi in bilancio.

L’ulteriore parte dedicata alle informazioni integrative prima contenuta nel documento è stata eliminata in quanto oggetto di specifica trattazione nell’IFRS 7.”52

Prendiamo in considerazione esclusivamente le attività finanziarie, in quanto argomento di nostro interesse; lo IAS 32, comprende tra le attività finanziarie le disponibilità                                                                                                                

50 MORO VISCONTI, in “Principi contabili OIC e IAS/IFRS” di Moro Visconti R. e Renesto M., Roma, 2009,

pagg. 235

51 definizione di strumenti finanziari inserita nello IAS 32.

52 RISALITI, in “Gli strumenti finanziari derivati nell’economia delle aziende. Risk management, aspetti

liquide, gli strumenti rappresentativi di capitale di un’altra entità, i diritti contrattuali a ricevere disponibilità liquide (crediti), i diritti contrattuali a ricevere altre attività finanziarie (crediti) e gli strumenti finanziari derivati.

Lo IAS 39: “Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione” ha lo scopo di fornire le regole e le informazioni necessarie per rilevare e valutare gli strumenti finanziari di cui dispone l’azienda. Esso classifica gli strumenti finanziari non in base alla loro natura ma alla destinazione funzionale che gli stessi hanno nell’impresa.

Gli strumenti finanziari, possono essere classificati in quattro diverse categorie:

- attività e passività finanziarie valutate al fair value con imputazione delle variazioni al conto economico (fair value through profit or loss);

- investimenti posseduti fino alla scadenza (held to maturity); - finanziamenti e crediti (loans and receivables);

- attività finanziarie disponibili per la vendita (available for sale).

“Nella trattazione dei crediti, i temi da esaminare concernono la rilevazione iniziale e quella successiva. La rilevazione iniziale dei citati strumenti finanziari va fatta al fair value maggiorato dei costi di transazione.

Giova precisare che nei costi di transazione devono essere inclusi tutti quei costi che possono essere direttamente imputati all’operazione tra cui si citano le commissioni pagate agli agenti, le imposte e tasse relative alla conclusione dei contratti mentre vanno esclusi quelli rimborsati da parte del debitore.

Il criterio da applicare nella fase di rilevazione iniziale è quello del fair value che equivale al prezzo di mercato dell’operazione; se il suddetto prezzo non può essere rilevato in quanto la stessa non è stata eseguita in base al prezzo di mercato si deve applicare un modello di valutazione.

La valutazione successiva deve essere eseguita ricorrendo al criterio del costo ammortizzato applicandovi il tasso di interesse effettivo.

Tuttavia esulano dall’applicazione del criterio del costo ammortizzato i crediti a breve termine.”53

                                                                                                               

“La rilevazione di un credito ha luogo nel momento in cui l’azienda diviene parte delle clausole contrattuali dalle quali esso discende.”54

Il criterio del costo ammortizzato si applica alle attività finanziarie detenute sino alla scadenza, ovvero ai finanziamenti e crediti e infine come eccezione all’applicazione del criterio del fair value, alla valutazione degli strumenti classificati come fair value through profit or loss per i quali non vi sia una quotazione di mercato e il fair value non possa quindi essere individuato in modo affidabile.

“Lo scopo del criterio del costo ammortizzato è quello di distribuire costi o proventi attribuibili allo strumento finanziario lungo la sua durata, attraverso la determinazione del tasso di interesse effettivo di rendimento, cioè del tasso che eguaglia il valore attuale di un’attività al flusso contrattuale dei pagamenti o degli incassi futuri in denaro durante la vita attesa dello strumento. In sostanza il tasso effettivo di rendimento è il tasso che rende nullo il valore attuale netto.”55

Secondo quanto è previsto dallo IAS 39 ad ogni data di chiusura del bilancio l’impresa deve verificare se vi sono delle perdite di valore.

Qualora si verifichi una riduzione di valore dopo la rilevazione iniziale l’impresa deve eseguire l’impairment loss mediante delle regole che sono diverse secondo che si tratti di strumenti al costo ammortizzato e strumenti del fair value in cui il risultato è imputato al patrimonio netto.

Negli strumenti al costo ammortizzato se l’impresa presume che ci sia una perdita di valore deve calcolare l’importo come differenza del valore iniziale e il valore attuale dei flussi finanziari futuri attualizzati in base al tasso d’interesse originario.

Il suddetto importo deve essere iscritto nel conto economico.

Se l’impresa precedentemente aveva rilevato una perdita di valore e l’importo di questa aveva diminuito il valore dello strumento finanziario dopo che è stato eseguito l’imparment loss, lo strumento finanziario può essere condotto al suo valore originario rettificando l’importo della perdita o in maniera diretta o in maniera indiretta riducendo l’accantonamento .

                                                                                                               

54 MILONE, in “Il bilancio di esercizio Normativa civilistica, principi contabili nazionali ed internazionali”,

Milone M., Milano, 2006, pag. 225

Tuttavia, lo IAS 39 prevede che dopo il ripristino, il valore dello strumento non può essere superiore a quello che avrebbe assunto se non avesse mai rilevato la perdita di valore. Il ripristino di valore deve essere iscritto nel conto economico.”56

Come precisato da Dolce, “circa la valutazione, il paragrafo 59 dello Ias n. 39, menziona tra gli altri i seguenti eventi di perdita:

- significative difficoltà finanziarie dell’emittente o debitore;

- violazione del contratto, quale un impedimento o un mancato pagamento degli interessi o del capitale;

- sussiste la probabilità che il beneficiario dichiari bancarotta o altre procedure di ristrutturazione finanziaria;

- dati osservabili che indichino l’esistenza di una diminuzione sensibile nei futuri flussi finanziari stimati per un gruppo di attività finanziarie sin dal momento della rilevazione iniziale di quelle attività, sebbene la diminuzione non può essere ancora identificata con le singole attività finanziarie nel gruppo, ivi incluso:

• cambiamenti sfavorevoli nello stato dei pagamenti dei beneficiari nel gruppo o • condizioni economiche locali o nazionali che sono correlate alle inadempienze

relative alle attività all’interno del gruppo.”57

Se un evento non rientra tra quelli previsti dallo Ias n. 39, non è possibile compiere una svalutazione.

“La stima della riduzione di valore, analogamente a quanto previsto dai principi nazionali, può essere fatta analiticamente, ove esistano singole posizioni creditorie significative, o per gruppi di crediti negli altri casi.

Quando una singola attività viene svalutata singolarmente, essa non deve essere inclusa nei gruppi di attività sui quali l’impairment test viene applicato collettivamente.

….. lo IAS 39 espone sostanzialmente una disciplina coincidente con quella prevista dai principi contabili nazionali se si tiene presente che il criterio del “costo ammortizzato” è assimilabile a quello di presunto realizzo della nostra normativa.”58

                                                                                                               

56 DONZÌ, in “Il bilancio delle imprese alla luce dei nuovi IAS/IFRS”, Donzì R., Milano, 2008, pag. 128 e ss. 57 DOLCE, in “Soggetti Ias adopter e perdite su crediti: cancellazione dipendente da eventi estintivi (art. 33,

L’attualizzazione è un altro aspetto fondamentale nella valutazione dei crediti che lo IAS 39 non trascura, anzi ai paragrafi 9 e 46, stabilisce che “l’attualizzazione dei crediti è sempre richiesta, indipendentemente dalla scadenza dei medesimi, quando la riscossione di disponibilità liquide o equivalenti è differita, il fair value del corrispettivo può essere minore dell’ammontare nominale dei prezzi monetari, riscossi o spettanti.

Quando l’accordo costituisce, di fatto, un’operazione finanziaria, il fair value del corrispettivo è determinato scontando tutte le future entrate utilizzando un tasso d’interesse figurativo. Il tasso d’interesse figurativo è quello più distintamente identificabile fra:

- il tasso prevalente per uno strumento simile di un’emittente con una situazione finanziaria analoga;

- un tasso d’interesse che sconti il valore nominale dello strumento al prezzo di vendita corrente per il pagamento in contanti delle merci o dei servizi.”59

“Per i crediti a breve termine, tuttavia si ritiene che il valore contabile possa essere una buona approssimazione del fair value e che nelle valutazioni successive, possa non essere applicato il metodo del costo ammortizzato previsto dalla categoria loans and receivables, in quanto l’impatto della logica dell’attualizzazione previsto dal metodo del costo ammortizzato sarebbe trascurabile.”60

Ai crediti di breve termine quindi, non si applica il criterio del costo ammortizzato e durante il processo di determinazione per la perdita di valore, non si procede alla loro attualizzazione.

Per quanto riguarda la cessione dei crediti, “i principi contabili internazionali non trattano l’argomento, tuttavia, applicando per analogia i concetti sui quali si fonda lo IAS 18, il criterio stabilito nell’OIC 15 per le cessioni «pro-solvendo» non sembra accettabile ai fini dell’applicazione dei principi internazionali.”61

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

58 MILONE, in “Il bilancio di esercizio Normativa civilistica, principi contabili nazionali ed internazionali”,

Milone M., Milano, 2006, pag. 255

59 MILONE, in “Il bilancio di esercizio Normativa civilistica, principi contabili nazionali ed internazionali”,

Milone M., Milano, 2006, pag. 256

60 QUAGLI, in “Bilancio di esercizio e principi contabili”, Quagli A., Torino, 2006, pag. 221

61 FRIZZERA, in “Guida alla contabilità e bilancio”, FRIZZERA B. (a cura di), Milano, 2007, pag. 322

2.5 NOVITÀ DERIVANTI DAL NUOVO ART.101, comma 5 DEL T.U.I.R., APPROVATO CON D.L. 83/2012 IL COSIDDETTO DECRETO CRESCITA E SVILUPPO, IN MATERIA DI DEDUCIBILITÀ DELLE PERDITE SU CREDITI

Nella redazione del bilancio d’esercizio in materia di analisi recupero crediti, la normativa civilistica non è compatibile con quella fiscale in merito al trattamento delle perdite su crediti; mentre dal punto di vista civilistico ci si affida al principio di prudenza nella determinazione del reale valore di realizzo, indipendentemente dalla presenza di dati certi o prove, dal lato fiscale la deducibilità delle perdite su crediti è possibile solo in seguito al soddisfacimento del vincolo circa la presenza di “elementi certi e precisi” come da art. 101, comma 5 del T.U.I.R.. Lo scopo di questo articolo, è principalmente quello di evitare che un eccesso di prudenza durante l’analisi di recupero dei crediti comporti una sottostima del reddito d’impresa imponibile.

Dato il periodo al quale stiamo assistendo, caratterizzato da forti tensioni sia economiche che finanziarie, non solo a livello nazionale, ma in senso globale, sempre più spesso le imprese, nella veste dell’imprenditore, si trovano ad avere a che fare con debitori falliti, o che hanno proceduto o stanno per procedere ad una ristrutturazione dei debiti. Ecco che nel corso del 2012, in seguito all’approvazione del D.L. 83/2012, il cosiddetto “Decreto crescita e sviluppo”, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 7 agosto 2012, l’art. 101, comma 5, del T.U.I.R., ha subito delle modifiche.

Tale decreto, ha introdotto consistenti novità in materia di deducibilità delle perdite su crediti, estendendo le possibilità di deduzione immediata dal reddito d’impresa, facendo emergere però anche molti dubbi in merito all’applicabilità.

Iniziamo analizzando l’art. 101 comma 5 del T.U.I.R., il quale afferma che “le perdite su

crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi…”.

I requisiti di deducibilità, presenti anche prima dell’introduzione del Decreto crescita e sviluppo, rappresentano le condizioni generali necessarie perché avvenga il riconoscimento fiscale delle perdite su crediti.

Fino al 2011, la perdita su crediti era deducibile dalla società creditrice solo se era possibile dimostrare l’esistenza degli elementi certi e precisi, come richiesto dall’art.101, comma 5, del T.U.I.R.; dal 2012, invece, in seguito alle modifiche introdotte dal Decreto

Crescita e Sviluppo, le perdite su alcuni crediti potranno essere dedotte in via automatica, senza necessità di alcuna ulteriore dimostrazione.

Fiscalmente, possiamo fare due importanti distinzioni in merito all’individuazione delle perdite su crediti; da un lato, troviamo le perdite su crediti deducibili in ogni caso, quindi come fissato dal comma 5 se “il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha

concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art 182-bis del regio decreto del 16 marzo 1942, n.267”. Dall’altro lato, invece rientrano le perdite su crediti

deducibili “in presenza di elementi certi e precisi”.

Le modifiche apportate alla norma preesistente, hanno fatto si che la norma in questo