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La valutazione dei crediti secondo quanto previsto dalla normativa civilistica, i principi contabili nazionali e internazionali

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale

(ordinamento ex D.M. 270/2004)

in Amministrazione Finanza e Controllo

Tesi di Laurea

La valutazione dei crediti

secondo quanto previsto dalla

normativa civilistica, i principi

contabili nazionali e

internazionali

Relatore

Ch. Prof. Maria Silvia Avi

Correlatore

Ch. Prof. Carlo Bagnoli

Laureando

Alessia Volpato

Matricola 806759

Anno Accademico

2012 / 2013

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Ai miei genitori, A Riccardo,

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INDICE

INTRODUZIONE ………... III

CAPITOLO PRIMO

IL BILANCIO D’ESERCIZIO:

FUNZIONI E NORMATIVE CHE NE REGOLANO LA STESURA ……….. 1

CAPITOLO SECONDO

LA VALUTAZIONE DEI CREDITI ……….. 9

2.1 EVOLUZIONE DEI PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI: DAL CODICE

CIVILE AI PRINCIPI OIC ………...……….. 11

2.2 LA VALUTAZIONE DEI CREDITI SECONDO IL PRINCIPIO CONTABILE

OIC 15: “I CREDITI” IN VIGORE DAL 2005 ………... 16

2.3 IL NUOVO OIC 15 “I CREDITI”: MODIFICHE INTERVENUTE IN

SEGUITO AL PROCESSIO DI REVISIONE A CUI SONO SOTTOPOSTI I

PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI ……… 27

2.4 LA VALUTAZIONE DEI CREDITI SECONDO GLI IAS/IFRS ……….. 33

2.5 NOVITÀ DERIVANTI DAL NUOVO ART.101, comma 5 DEL T.U.I.R., APPROVATO CON D.L. 83/2012 IL COSIDDETTO DECRETO CRESCITA E SVILUPPO, IN MATERIA DI DEDUCIBILITÀ DELLE PERDITE SU

CREDITI ……….. 41

CAPITOLO TERZO

RICLASSIFICAZIONE DEI CREDITI SECONDO LA NORMATIVA CIVILISTICA, I PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI ED INTERNAZIONALI E LA DOTTRINA

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3.1 L’ANALISI DI BILANCIO ……… 51 3.2 LA RICLASSIFICAZIONE DEI DOCUMENTI DI BILANCIO: STATO

PATRIMONIALE E CONTO ECONOMICO ……….. 59

3.3 LA RICLASSIFICAZIONE DI BILANCIO SECONDO LA DOTTRINA …… 65

3.4 LA RICLASSIFICAZIONE DI BILANCIO SECONDO IL CODICE CIVILE, I

PRINCIPI OIC E GLI IAS/IFRS ………. 73

3.5 PROBLEMI E LIMITI CHE POSSONO INFLUIRE SULL’ANALISI DI

BILANCIO ………... 80

CAPITOLO QUARTO

LA GESTIONE DEI CREDITI COMMERCIALI ALL’INTERNO DELL’AZIENDA E LA FIGURA DEL CREDIT MANAGER

4.1 IL CREDITO COMMERCIALE ED I RISCHI AD ESSO LEGATI ………… 85

4.2 IL CREDIT MANAGER ……….. 92

4.3 COME POSSONO AFFRONTARE IL PROBLEMA DELLA GESTIONE DEI

CREDITI LE AZIENDE ……….. 99

4.4 L’IMPORTANZA DEL CREDIT MANAGEMENT PER LE AZIENDE: I

RISULTATI DI UNA RICERCA EFFETTUATA DA CRIBIS D&B-FORMAT .. 105

CONCLUSIONI ……….. 111

INDICE BIBLIOGRAFICO PER AUTORE ……….. 117

(7)

INTRODUZIONE

Questa tesi, come si può intuire dal titolo, si pone l’obiettivo di valutare com’è svolta la valutazione dei crediti, siano essi di tipo commerciale piuttosto che finanziario, nel rispetto della normativa civilistica, dei principi contabili nazionali OIC e di quelli internazionali IAS/IFRS ma anche prendendo in considerazione le modifiche intervenute dal punto di vista fiscale all’art. 101 comma 5 del T.U.I.R..

La scelta è ricaduta in questo tema perché, in seguito al periodo di crisi che il nostro Paese, come molti altri stanno vivendo, il credito ha assunto un ruolo particolarmente centrale tramutandosi in un problema per le aziende, le quali si trovano di fronte a clienti che non riescono a far fronte ai propri impegni provocando ritardi, che possono diventare anche mancati pagamenti.

Questo fatto non riguarda solo clienti di nuova acquisizione ma, al contrario, colpisce persino clienti storici, con i quali si collabora da molti anni e con i quali si è instaurato un determinato rapporto di fedeltà che non avevano accennato ad alcun tipo di problema in precedenza e si trovano a loro volta coinvolti nella medesima situazione.

Contemporaneamente, per adeguarsi all’evoluzione che il sistema economico sta subendo, la normativa in tema di redazione di bilancio è sottoposta a un processo di revisione allo scopo di uniformare il più possibile le regole attualmente vigenti, sempre più in linea con gli standard nazionali ed internazionali, così da ottenere bilanci uniformi e veritieri, facilmente confrontabili anche se relativi ad aziende appartenenti a Paesi diversi.

Dopo aver effettuato una panoramica in tema di bilancio dando delle definizioni, indicando i principali documenti che lo compongono, ovverosia lo Stato Patrimoniale, il Conto Economico e la Nota Integrativa, e individuando le norme che ne disciplinano la redazione (civilistica, principi contabili nazionali ed internazionali), si è passati al fulcro di questo operato e si è andati ad analizzare il procedimento necessario per la valutazione dei crediti.

Il primo aspetto affrontato riguarda l’analisi del principio OIC 15: I CREDITI, il quale ne da una definizione, li classifica all’interno dello stato patrimoniale, individua i principi di

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valutazione e rappresentazione, stabilendo che vanno valutati in base al valore di presunto realizzo, al netto di eventuali fondi rettificativi, e qualora i termini di pagamento siano piuttosto lunghi, è necessario sottoporli ad un processo di attualizzazione.

L’analisi è poi continuata approfondendo le differenze che emergono in seguito al processo di revisione a cui sono sottoposti i principi OIC, sia dal punto di vista strutturale che della valutazione; principi non ancora in vigore in quanto non si è ancora conclusa la fase di aggiornamento.

Per quanto riguarda la normativa civilistica, essendo molto carente, è semplicemente stato precisato che nulla dice in più rispetto a quanto già affermato dai principi contabili nazionali i quali tra i vari compiti hanno anche quello di colmare eventuali vuoti o carenze tralasciate dal Codice Civile.

Si è passati poi a quanto previsto dagli IAS/IFRS i quali non dedicano, come gli OIC, un principio in particolare ai crediti ma, rientrando nella categoria degli strumenti finanziari, devono essere applicate le regole ad essi riservate.

Infine, si è conclusa la parte relativa alla valutazione evidenziando le novità apportate dal D.L. n. 83/2012, il cosiddetto Decreto Crescita e Sviluppo, all’art. 101 comma 5 del T.U.I.R. in tema di deducibilità delle Perdite su Crediti.

Il capitolo successivo si occupa invece della riclassificazione di bilancio quale primo step per poter poi svolgere accuratamente l’analisi di bilancio, oltre che a fornire una serie di informazioni utili ai vari stakeholder.

Ci sono vari modi per poter fare la riclassificazione di bilancio, per quanto riguarda lo stato patrimoniale i più utilizzati sono quello finanziario e quello funzionale, mentre per il conto economico quello a costo del venduto o quello a valore aggiunto.

Essendo difficilmente possibile individuare un metodo universale per poter compiere la riclassificazione, ci si è concentrati sui vari contributi offerti dalla dottrina nonché sulle regole previste dal codice civile piuttosto che dai principi contabili nazionali e internazionali, ognuno dei quali prevedeva strutture e metodi diversi tra loro, nessuno dei quali compatibile con quelli sopra citati.

L’ultimo tema affrontato riguarda la gestione dei crediti commerciali all’interno dell’azienda, analizzando i possibili rischi che possono emergere in seguito al mancato pagamento da parte del cliente, alle eventuali politiche che l’azienda può adottare per farvi fronte o addirittura prevenire il verificarsi di tali eventi negativi.

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In questo contesto assume un ruolo fondamentale la figura del credit manager il quale non ha, come inizialmente, solo il ruolo di intervenire in caso di mancato pagamento da parte dei clienti ma all’interno del sistema organizzativo, può assumere posizioni diverse.

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- CAPITOLO PRIMO -

IL BILANCIO D’ESERCIZIO: FUNZIONI E NORMATIVE CHE

NE REGOLANO LA STESURA

Il Bilancio d’esercizio è uno strumento essenziale, che svolge un ruolo piuttosto rilevante all’interno dell’azienda e proprio per questo motivo è bene dare delle definizioni che meglio permettano di capire l’attività da esso svolta.

Una definizione di bilancio può essere considerata quella data da Miloni il quale lo definisce come “un modello, ossia una rappresentazione semplificata, della dinamica gestionale dei valori economico finanziari, verificatasi nell’esercizio trascorso, pur racchiudendo al suo interno valori determinati sulla base di prospettive future.” A questo poi aggiunge che “… il bilancio di esercizio può essere inteso con due accezioni leggermente diverse.

Il primo significato, più ampio e comprensivo del secondo, intende il bilancio di esercizio come il sistema di dati periodicamente elaborati (cioè ogni esercizio amministrativo), raccolti in un unico «package» informativo, volto nel suo complesso a illustrare lo svolgimento della vita aziendale. In questo senso entro il bilancio possono essere sintetizzate grandezze diverse, ottenute con logiche di determinazione sensibilmente differenti, ma il cui scopo comune sia quello di informare sugli esiti della gestione trascorsa.

La seconda accezione, più tradizionale, vede il bilancio come la sintesi di periodo del sistema di contabilità generale, fondata sull’impiego del conto economico come strumento elementare di rilevazione della evoluzione di singole grandezze relative alla dinamica finanziaria ed economica dell’azienda. Della contabilità generale il bilancio rappresenta una sintesi, finalizzata a rappresentare le risultanze di periodi discreti (i singoli esercizi amministrativi).”1

Un’altra definizione altrettanto interessante può essere quella di Ferrara, secondo il quale, “il bilancio di esercizio è documento a contenuto tecnico; costituisce modello economico-finanziario che, esprimendo in modo sintetico e sistematico le operazioni di gestione, permette di dimostrare il risultato economico conseguito nell’esercizio e, nello stesso tempo, la composizione quali-quantitativa del capitale di funzionamento.

                                                                                                               

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Su tali presupposti il bilancio di esercizio permette di conoscere lo status e l’andamento dell’azienda.”2

Anche Balducci si è espresso in merito sottolineando che “il bilancio d’esercizio rappresenta il cardine dell’informativa economico-aziendale e la normativa civilistica ne sottolinea le prerogative di strumento di comunicazione della posizione aziendale all’ambiente esterno e ne enfatizza il ruolo di documento dalla cui lettura sono derivabili conoscenze sufficienti per la formulazione di un giudizio sulla capacità dell’impresa a perdurare in condizioni di equilibrio dinamico.

Il bilancio d’esercizio assurge per ogni azienda a prioritario strumento di informazione, di carattere economico, patrimoniale e finanziario, della gestione in atto, in grado di canalizzare e veicolare all’esterno elementi conoscitivi a favore del più generale sistema ambientale.”3

Il bilancio di esercizio è, quindi, un documento di sintesi costituito da più prospetti, che gli amministratori delle aziende devono redigere al termine di ciascun esercizio amministrativo per rappresentare la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, ovvero il risultato economico derivanti dalle operazioni di gestione.

La redazione del bilancio è un’operazione abbastanza rilevante, che deve essere svolta con particolare cura e attenzione per fornire una rappresentazione veritiera e corretta della realtà aziendale sia dal punto di vista economico che patrimoniale.

Da queste varie definizioni sopra citate, come fatto intendere dai vari autori, possiamo evincere che il bilancio svolge una funzione molto importante, ovverosia quella di fornire una informazioni dirette a varie tipologie di soggetti anche diversi tra loro, non necessariamente operanti all’interno dell’azienda, legate all’andamento della gestione aziendale.

In merito, sono individuabili due finalità: “ una conoscitiva interna all’impresa e una informativa verso l’esterno.

Conoscere il reddito e il capitale di funzionamento alla fine dell’esercizio è un’esigenza fondamentale dei soggetti che guidano l’impresa, come gli amministratori, i soci di maggioranza, il top management. Nel bilancio d’esercizio, infatti, essi trovano le principali informazioni per valutare l’andamento della gestione e – quindi – i risultati delle politiche gestionali adottate.

Tuttavia le performance dell’impresa non interessano solo i soggetti che la gestiscono. Vi è una serie di soggetti “esterni” all’impresa (nel senso che non ne possono definire le scelte                                                                                                                

2 FERRARA, Che cosa è e come si legge il bilancio, Ferrara L., Milano, 2012, pag. 3

3 BALDUCCI, Il bilancio d’esercizio. Principi contabili nazionali e internazionali IAS/IFRS, Balducci D.,

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gestionali, anche se in molti casi possono condizionarle) che sono altrettanto interessati ad avere informazioni sul reddito d’esercizio e sul capitale di funzionamento. Tra questi soggetti ricordiamo i soci di minoranza attuali o potenziali, i finanziatori a titolo di credito, i fornitori, i clienti, i dipendenti, l’amministrazione finanziaria.”4 ; ecco che il bilancio svolge due ruoli distinti, a livello esterno comunicando ai vari interlocutori i risultati economici e le informazioni patrimoniali ottenuti nell’ultimo esercizio; a livello interno verificando l’efficacia delle politiche aziendali adottate e l’efficienza della gestione effettuata durante l’esercizio, nonché l’operato di amministratori e manager.

“L’informazione aziendale, risorsa di importanza strategica sia per il management che per gli attori che intrattengono normali relazioni economiche, anche competitive, incontra nel bilancio d’esercizio naturale funzione di evidenziazione e trasmissione sintetica, ma sistematizzata, dei dati e dei valori coordinati e correlati, dalla cui conoscenza discendono, per gli organi decisori, una serie di scelte, di importanza a volte addirittura vitale, per il miglioramento della gestione aziendale, specie in ordine all’entità dei risultati economici ed alle modalità di controllo, e dal cui recepimento si concretano comportamenti che anche i vari agenti esterni possono modulare in conseguenza di tali indicazioni.

… L’obiettivo primario del bilancio di esercizio consiste nel circolarizzare un’informativa trasparente e veritiera sull’andamento dell’attività aziendale, mettendone in luce aspetti economici ma anche patrimoniali e finanziari, a tutti i soggetti a vario titolo interessati alla conduzione attuale e prospettica dell’impresa: il documento è diretto ad una molteplicità di destinatari (stakeholder), la cui estensione è peraltro direttamente dimostrativa della sua portata informativa, quali soci (di maggioranza, di minoranza e semplici investitori), creditori sociali (in essere o potenziali), partecipanti agli utili, istituti di credito, terzi finanziatori, clienti, fornitori, dipendenti, collaboratori, organizzazioni sindacali, associazioni di categoria, consumatori / utilizzatori, risparmiatori, concorrenti, organi di vigilanza, analisti e ricercatori scientifici, amministrazione finanziaria, organi di governo, opinione pubblica e altri portatori di interessi.”5

In merito, Allegrini ha esplicitamente dichiarato che: “il bilancio di esercizio è un importante strumento di informazione che ha anche un rilievo sociale: rappresenta, infatti, il principale

                                                                                                               

4 SòSTERO, in Contabilità e bilancio, Cerbioni Cinquini, Milano, 2006, pag. 245

5 BALDUCCI, Il bilancio d’esercizio. Principi contabili nazionali e internazionali IAS/IFRS, Balducci D.,

Milano, 2007, pagg. 26  

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strumento utilizzato dall’azienda per informare gli stakeholder sul proprio andamento economico e finanziario.

Sul bilancio di esercizio si vengono così a creare una serie di interessi non sempre convergenti che necessitano di essere tutelati.”6

Dato che tale prospetto non è indirizzato esclusivamente ai soci, agli amministratori o ai manager dell’azienda ma ad una molteplicità di soggetti interni ed esterni, deve essere il più trasparente possibile e fornire una serie di informazioni fedeli, autentiche ed attendibili, evitando di trarre in inganno fornendo informazioni “di comodo”.

Appurata la molteplicità di soggetti ai quali si rivolge e costatato l’importante ruolo informativo che ottempera, è indispensabile tutelare i vari stakeholder i cui interessi convergono nell’attività dell’impresa, attraverso una serie di norme, regole, principi e postulati.

Nel nostro Paese, il ruolo principale è svolto dalla normativa civile affiancata poi dai principi contabili nazionali (Principi OIC) e dai principi contabili internazionali (IAS – IFRS) che hanno lo scopo di andare a colmare eventuali lacune o vuoti normativi o ad integrarli ove carenti.

Il bilancio è regolato in primo luogo dal Codice Civile che stabilisce i principi di redazione, la struttura, il contenuto dei prospetti e i criteri di valutazione.

All’art. 2423 c.c. fissa un punto fondamentale: il bilancio “… deve rappresentare in modo

veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.” Attorno a questa condizione necessaria ruotano poi una serie di

principi che regolano le modalità di stesura del bilancio stesso:

- artt. 2423-bis e 2423 -ter c.c. : si occupano dei principi di redazione e delle regole per la stesura dei prospetti;

- artt. 2424 - 2425 - 2427 c.c. : riguardano rispettivamente il contenuto dello Stato Patrimoniale, del Conto Economico e della Nota Integrativa, (mentre art.2428 - 2429 c.c. della Relazione sulla Gestione e della Relazione dei sindaci e del soggetto incaricato dal controllo contabile.)

- art. 2426 c.c. : sancisce i criteri che devono essere osservati nelle valutazioni.

Per quanto concerne i postulati, il codice civile all’art. 2423-bis individua quelli che devono essere rispettati nella redazione del bilancio, in particolare:

                                                                                                               

6 Allegrini, in Bilancio civilistico e imponibile fiscale. Principi contabili nazionali ed internazionali, Allegrini

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- prudenza (n. 1, 2 e 4) ha un significato molto ampio e Quagli afferma che “molto sinteticamente, potrebbe essere definita come la regola «asimmetrica» secondo la quale gli utili soltanto sperati non debbono essere inviati al Conte Economico ad influire sul reddito di esercizio … mentre i costi anche non effettivamente sostenuti ma soltanto temuti, … devono invece trovarvi collocazione.

Ma il richiamo alla prudenza assume un significato più ampio, nel senso che tutte le voci in bilancio si tratta di presentare delle stime, di formulare delle ipotesi di valutazione, si deve sempre scegliere, a parità di rappresentazione veritiera e corretta, quella più prudente.”7 ;

- prevalenza della sostanza sulla forma (n. 1) ossia rileva maggiormente l’aspetto economico delle operazioni piuttosto che quello formale;

- prospettiva di continuazione dell’attività (n. 1) intende che il bilancio si riferisce ad un’azienda con l’idea di proseguire la propria attività e non di cessarla;

- competenza (n. 3 e 4) si intende che i costi e i ricavi vanno compresi nell’esercizio al quale appartengono, assumendo quindi rilevanza la parte economica della rilevazione piuttosto che la data del pagamento o dell’incasso;

- valutazione separata degli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci (n. 5); - costanza dei criteri di valutazione (n. 6) si intende che i criteri di valutazione non

possono essere modificati da un esercizio all’altro per evitare di alterare i valori e per dare quindi una rappresentazione veritiera e corretta.

I principi contabili nazionali ossia i Principi OIC sono delle regole, sorte inizialmente su iniziativa di associazioni professionali il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e il Consiglio Nazionale dei Ragionieri, che vanno ad integrare le norme trattate parzialmente o non considerate dalla normativa civilistica; successivamente questi principi hanno subito e stanno tutt’ora subendo un processo di revisione da parte dell’Organismo Italiano di

Contabilità (OIC) che è appunto subentrato a queste associazioni professionali.

All’interno dei principi OIC possiamo distinguere quelli emanati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dal Consiglio Nazionale dei Ragionieri, che hanno mantenuto la precedente numerazione nonostante le modifiche subite, da quelli emanati dall’OIC con nuova numerazione, in modo tale che il lettore li possa distinguere.

                                                                                                               

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I principi contabili internazionali, infine, sono degli standard contabili, di cui si occupa lo IASB (International Accounting Standard Board) che vanno ad integrare eventuali lacune dei Principi OIC e devono essere obbligatoriamente adottati da alcuni tipi di imprese per le quali non vigono più i Principi OIC e la normativa civile. Anch’essi si distinguono in due tipologie, gli IAS (International Accounting Standard) ancora in vigore ma precedentemente emanati dallo IASC (International Accounting Standard Committeed) dei quali continua ad occuparsi lo IASB e gli IFRS (International Financial Reporting Standard) ossia i nuovi documenti emanati direttamente dallo IASB.

In relazione alla composizione del Bilancio d’esercizio, esso è costituito8 da tre documenti obbligatori, lo Stato Patrimoniale, il Conto Economico e la Nota Integrativa e di altri complementari ovvero sia la Relazione sulla Gestione e il Rendiconto Finanziario (quest’ultimo richiesto solo alle aziende che intendono emettere titoli in mercati regolamentati).

La struttura del bilancio, si articola in quattro livelli di voci, ordinate gerarchicamente dove con le lettere maiuscole si individuano le “macro classi”, con i numeri romani le “classi”, le “voci” rappresentate con numeri arabi ed infine le “sotto voci” con lettere minuscole.

Lo Stato Patrimoniale, disciplinato dall’art. 2424 c.c., ha lo scopo di informare sulla composizione del patrimonio dell’impresa sia dal lato delle fonti di finanziamento, proprie o di terzi necessarie per lo svolgimento della propria attività, che da quello degli impieghi effettuati nel breve e medio-lungo periodo. Lo schema di stato patrimoniale, è a sezioni divise e contrapposte, da un lato troviamo nell’attivo i fabbisogni e dall’altro, nel passivo, le fonti e il patrimonio netto.

Il Conto Economico permette di determinare il risultato di esercizio, utile o perdita, attraverso la contrapposizione dei relativi ricavi, costi e rimanenze sostenuti durante il periodo amministrativo. L’art. 2425 c.c. stabilisce che deve essere redatto in forma scalare, possiamo così distinguere9 diverse aree di attività:

- la gestione ordinaria data dalle macro classi A) Valore della Produzione e B) Costi della Produzione e rappresentata dall’attività normalmente svolta dall’azienda e che può essere a sua volta scomposta in gestione caratteristica e gestione accessoria; - la gestione finanziaria determinata dai punti C) Proventi e oneri finanziari e D)

Rettifiche di valore di attività finanziarie e si occupa di rintracciare i mezzi finanziari                                                                                                                

8 Come previsto dall’art. 2423, 1° c. Codice Civile.

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utili per lo svolgimento dell’attività di impresa e dell’impiego delle risorse in eccedenza;

- la gestione straordinaria, E) Proventi e oneri straordinari

- la gestione tributaria per le imposte dirette che gravano sull’imponibile fiscale d’esercizio.

La Nota Integrativa, regolata dall’art. 2427 c.c. ha lo scopo di fornire una serie di informazioni descrittive, complementari, esplicative che vanno ad integrare, perfezionare i dati e i valori sintetici contenuti all’interno di stato patrimoniale e conto economico. Non è previsto un particolare schema per la stesura ma gli amministratori, al momento della redazione, sono tenuti ad inserire una serie di informazioni obbligatorie previste dal legislatore.

La Relazione sulla gestione, è un documento informativo redatto dagli amministratori che viene poi allegato al bilancio; la sua funzione è quella di fornire ulteriori informazioni andando ad integrare quelle già presenti all’interno dei tre prospetti.

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- CAPITOLO SECONDO -

LA VALUTAZIONE DEI CREDITI

Prima di iniziare con la valutazione dei crediti, può essere importante dare delle definizioni e vedere in base a vari elementi, quali categorie di crediti possono esistere.

Le definizioni date dai vari principi contabili, sia nazionali che internazionali, sono le seguenti: in base all’OIC 15, quello attualmente in vigore, “I crediti rappresentano il diritto

ad esigere ad una data scadenza determinati ammontari da clienti e da altri. Nelle imprese mercantili, industriali e di servizi, tale diritto deriva di solito dalla vendita di prodotti, merci e servizi. I crediti includono anche gli ammontari che devono essere incassati per la vendita di beni diversi da quelli che costituiscono le normali giacenze di magazzino, i prestiti a dipendenti, a clienti ed altri.”10; i principi contabili internazionali, invece, non danno una particolare definizione di crediti, non trattandoli nel particolare, e infatti si limitano a dire che come qualsiasi altra attività finanziaria vengono esaminati in base alle norme previste per gli strumenti finanziari.

Un'altra definizione, data dalla dottrina in questo caso, è quella di Giordano, il quale sostiene che i crediti “rappresentano ciò che l’azienda deve ancora incassare da clienti o da terzi e costituiscono, in generale, una scrittura che permette di imputare la manifestazione economica già avvenuta, e di rinviare quella finanziaria che avverrà in futuro”11.

Ciò che possiamo trarre da queste definizioni è che l’ammontare, la scadenza e i soggetti a cui si riferiscono, clienti o altri, sono tre elementi fondamentali e in assenza di uno di questi possiamo dire di non essere in presenza di crediti.

A seconda del criterio in base al quale vengono identificati, possiamo individuare varie tipologie di crediti.

La prima importante distinzione da fare, riguarda l’origine del credito e ci permette di individuare i crediti commerciali o di funzionamento e i crediti di finanziamento. I primi riguardano la gestione caratteristica dell’impresa, sono quelli che derivano dai ricavi ovvero                                                                                                                

10 Definizione di crediti data dal Principio OIC 15 del 2005 attualmente in vigore.

11 GIORDANO, in Manuale delle scritture contabili, Giordano S., Sant’Arcangelo di Romagna (Rn), 2013, pag.

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sia quelli che le aziende concedono alla clientela cedendo i propri beni, servizi o prestazioni in cambio di un pagamento posticipato, dilazionato o differito nel tempo, in un’epoca successiva, rinunciando quindi ad una liquidità immediata.

I secondi che si distinguono dai precedenti per non derivare dai ricavi, sono quelli riconosciuti dagli intermediari finanziari, relativi alla gestione patrimoniale che hanno per oggetto il trasferimento temporaneo di somme di denaro; attraverso i crediti finanziari, un soggetto (il creditore) conferisce a titolo di prestito un certo ammontare ad un altro soggetto (il debitore) il quale si impegna ad onorarlo entro una certa data prestabilita, corrispondendo quindi al termine il capitale e gli interessi maturati nell’arco di tempo considerato.12

I crediti si distinguono anche in relazione ad altri due criteri di classificazione, a seconda della natura del debitore e della scadenza.

Per quanto riguarda la natura del debitore, i crediti possono essere suddivisi in:

- Crediti verso clienti: sorgono in seguito alla cessione di beni, servizi o prestazioni svolti dall’impresa nei confronti dell’acquirente;

- Crediti verso consociate: sorgono tra società dette appunto consociate ossia imprese controllanti, imprese controllate, imprese collegate e imprese che si trovano sotto comune controllo;

- Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti: crediti che sorgono al momento della sottoscrizione del capitale da parte dei soci nei confronti della società ma non ancora completamente versati.

- Crediti verso altri: tutti quei crediti che non rientrano nelle precedenti categorie, come ad esempio quelli nei confronti dell’erario o dei dipendenti nel caso di anticipi.

In relazione alla scadenza, infine, possiamo distinguere i crediti a breve termine da quelli a medio lungo termine. I primi sono quelli la cui scadenza prevista, rientra in un arco temporale inferiore all’anno, per i secondi invece il termine per il pagamento supera l’anno. Questa distinzione viene fatta essenzialmente allo scopo di fornire ulteriori informazioni sulla situazione finanziaria nella quale versa la società.

                                                                                                               

12 Come evidenzia M.G.R. PAGLIACCI, in La politica del credito commerciale nella gestione aziendale, Mario

G.R. Pagliacci, Milano, 2007, pagg. 25 e seguenti: “Fra le differenze più rilevanti, il fatto che la concessione di prestiti rappresenta una delle attività caratteristiche degli organismi finanziari, mentre per le aziende dell’economia reale concedere credito alla clientela assume un valore “strumentale”, finalizzato a conseguire obiettivi di maggiore o migliore profittabilità nell’attività commerciale. … Con la concessione di credito, l’azienda che vende rinuncia ad una liquidità immediata ed accetta di procrastinare l’incasso, nella aspettativa di avviare, espandere, consolidare i rapporti con la clientela, onde conseguire una maggiore profittabilità dell’attività commerciale, duratura nel tempo. D’altro canto, l’acquirente sarà interessato a ricevere credito da parte del suo fornitore, allo scopo di ottenere e mantenere una fonte di finanziamento integrativa - difficilmente alternativa tout court – dei prestiti finanziari necessari a coprire il proprio fabbisogno.”

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2.1 EVOLUZIONE DEI PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI: DAL CODICE CIVILE AI PRINCIPI OIC

I principi contabili nazionali, sono intesi come un insieme di regole da seguirsi nella redazione del bilancio di esercizio, per ottenere documenti attendibili e veritieri, rappresentativi della situazione aziendale, in modo da cercare di uniformare il più possibile il complesso normativo attualmente in vigore.

Tali principi, “sono interpretabili come regole tecnico-contabili, che assolvono ad una triplice funzione:

- «interpretazione» e «chiarificazione» dei concetti giuridici contenuti nelle disposizioni legislative e regolamenti sulla contabilità ed i bilanci;

- «integrazione» della disciplina giuridica del bilancio laddove le norme di legge risultino insufficienti;

- «sostituzione» delle norme giuridiche sul bilancio, nei rari casi in cui sia lecito operare la deroga obbligatoria di cui all’art. 2423, 4° domma, c.c., e quindi, sostituire il precetto di legge, considerato inapplicabile, con il precetto tratto dai principi contabili.

I principi contabili, sono quei principi, ivi inclusi i criteri e i metodi di applicazione, che stabiliscono l’individuazione delle modalità di contabilizzazione degli eventi di gestione, i criteri di valutazione e quelli di esposizione dei valori di bilancio.”13

Balducci nella definizione di cosa sono i principi contabili, ha affermato che “rappresentano regole di carattere tecnico-convenzionale che sovrintendono all’intero processo di formazione del bilancio d’esercizio, dalla fase della rilevazione contabile delle operazioni di gestione, a quella della redazione dei modelli di bilancio (stato patrimoniale e conto economico) e della valutazione delle attività e delle passività componenti il patrimonio aziendale.

I principi contabili si concretano in criteri tecnico-ragionieristici, elaborati ed aggiornati dalla dottrina più autorevole, ed emessi da organismi professionali, la cui autorevole fonte garantisce un’ampia base di consenso, condivisione, diffusione ed applicazione omogenea.”14                                                                                                                

13 MORO VISCONTI, RENESTO, in Principi Contabili OIC e IAS/IFRS, Moro Visconti R. Renesto M., Roma,

2009, pagg. 4

14 BALDUCCI, in Il Bilancio d’Esercizio Principi contabili nazionali e internazionali IAS/IFRS, Balducci D.,

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Nel panorama nazionale italiano, le prime regole relative al bilancio si possono far risalire al 1942 con l’emanazione del Codice Civile, attualmente in vigore e sottoposto a notevoli aggiornamenti, il quale definisce tuttora le regole generali nella redazione del bilancio di esercizio.

Successivamente, “l’esigenza di statuire regole volte a garantire una maggiore attendibilità al bilancio di esercizio e una maggior uniformità internazionale alle prassi contabili, si è avvertita in Italia verso la fine degli anni Sessanta. In quegli anni, il crescere per numero di dimensioni delle aziende e la più intensa rete di relazioni delle imprese con l’esterno suscitava la richiesta di una più articolata tutela informativa del terzo. Di fronte a tali cambiamenti gli orientamenti giurisprudenziali si mostrarono improntati a una maggiore rigidità e, quasi unanimemente concordi nell’individuare nel bilancio di esercizio un

documento di interesse generale. La legittimazione di questa nuova concezione nasce con la

legge 216/1974 che, integrando la normativa civilistica in materia di bilancio di esercizio e istituendo la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), introdusse la certificazione obbligatoria dei bilanci delle società quotate. (…) Nello stesso anno ebbe inizio anche il processo di standardizzazione di norme tecniche sul bilancio di generale accettazione da parte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti che, insieme al Consiglio Nazionale dei Ragionieri (CNR), istituì la Commissione Paritetica per la Statuizione dei Principi Contabili.”15

Un altro passo in avanti è stato fatto con il D.Lgs. 9 aprile 1991, n.127, con il quale il legislatore ha recepito due direttive europee, “la n. 78/660/CEE del 25v luglio 1978 e la n. 83/349/CEE del 13 giugno 1983 compiendo un passo significativo per un’armonizzazione dei comportamenti pragmatici, almeno a livello formale nella redazione, dei bilanci di esercizio e consolidati delle società di capitali. Si fissavano le nuove strutture dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico e si ridefinivano i precetti valutativi, “nasceva” la Nota Integrativa.”16

La Direttiva recepita con il D.Lgs. 9 aprile 1991, n.127 “mirò ad armonizzare a livello comunitario le norme che disciplinavano la formazione e la redazione dei conti annuali delle società, al fine di consentirne la comparabilità, aspetto di grande interesse per i mercati finanziari. In questi, il crescente aumento dei movimenti di capitali, delle imprese e delle persone, abbattendo le barriere politico-ideologiche e doganali, tendeva a dar vita ad un unico                                                                                                                

15 SERINI, in Financial Accounting Costruire e leggere il bilancio secondo i principi contabili internazionali e

nazionali, a cura di, Bocchino U., Chirico A., Serini F., Milano, 2009, pagg.22

16 PONTANI, in “Il bilancio di esercizio delle società di capitali non quotate nei mercati regolamentati. Le

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grande mercato nel quale si avvertiva la necessità di poter disporre di un’informazione economico-finanziaria ampia, caratterizzata da dati che possono essere confrontati con riferimento alle singole realtà nazionali.”17

È opportuno sottolineare che la redazione del bilancio d’esercizio, non avviene solo ed esclusivamente rispettando quelle che sono le regole dettate dagli artt. 2423 e seguenti del codice civile, perché nonostante gli importanti miglioramenti avvenuti in seguito all’adozione della IV direttiva CEE, risulta comunque piuttosto sintetico e generico ed è quindi necessario operare un processo di integrazione con altre regole che vanno ad interpretare e perfezionare la norma ove risulti carente.

“Nello scenario tecnico i principi contabili nazionali vedono la luce con l’attività della Commissione Nazionale dei Dottori Commercialisti; il primo principio viene emesso nel 1975, in stretta coerenza con la, e subordine alla disciplina del 1974. Il primo aggiornamento dei principi contabili è stato realizzato, a seguito del D.Lgs. 1991/127, a cura dei Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri.”18. Essi hanno emanato una serie di regole maggiormente dettagliate rispetto al Codice Civile, con l’intenzione di perfezionare le disposizioni già presenti e integrarle con ulteriori argomenti non trattati dal Codice.

Queste associazioni durante il loro operato, hanno pubblicato 30 documenti relativi ai principi contabili, 21 attualmente in vigore, dei quali oggi si occupa l’Organismo Italiano di Contabilità.

L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC), è una fondazione, costituitasi il 27 novembre del 2001, con lo scopo di definire una serie di regole nazionali per la redazione del bilancio d’esercizio. È sorto dall’esigenza, proveniente dalle principali parti private e pubbliche italiane, di dar vita ad uno “standard setter” nazionale in grado di esprimere le istanze nazionali in materia contabile.

Fanno parte di questa fondazione, in veste di Fondatori: per la professione contabile , l’Assirevi, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e quello dei Ragionieri; per i preparers, l’Abi, l’Andaf, l’Ania, l’Assileia, l’Assonime, la Confagricoltura, la Confapi, la Confcommercio, la Confcooperative, la Confindustria e la Lega delle Cooperative; per gli users, l’Aiaf, l’Assogestioni e la Centrale Bilanci; per i mercati mobiliari la Borsa Italiana. I

                                                                                                               

17 MILONE, in IL BILANCIO DI ESERCIZIO Normativa civilistica, principi contabili nazionali ed

internazionali, Milone M., Milano, 2006, pagg. 21

18 PONTANI, in “Il bilancio di esercizio delle società di capitali non quotate nei mercati regolamentati. Le

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Ministeri della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze ovvero le Autorità Regolamentari di Settore, Banca d’Italia, Consob e Isvap, si sono espresse in senso positivo a tale progetto.

L’OIC, ha lo scopo di emanare i principi contabili per la redazione dei bilanci di esercizio e consolidati per quelle aziende per le quali non è prevista l’applicazione dei principi contabili internazionali, andando così ad integrare la normativa civile ove carente ed imprecisa. Inoltre funge da supporto al legislatore nazionale per l’emanazione di norme in materia contabile e connesse, dando suggerimenti per uniformare la normativa vigente in materia di bilancio, con le direttive europee e i principi contabili internazionali approvati dalla Commissione Europea.

In riferimento agli “standard setter” europei, come ad esempio lo IASB, fornisce il supporto tecnico per l’applicazione nel nostro Paese dei principi contabili internazionali e delle direttive europee in materia contabile, persegue quindi l’obiettivo di armonizzazione tra i principi contabili nazionali e quelli internazionali. Infatti, come sottolineato da Serini, “i principi contabili, da patrimonio offerto ai fini dell’applicazione di norme di legge, hanno assunto in Italia il carattere di norme con forza di legge attraverso l’espresso richiamo degli IAS/IFRS nel Regolamento comunitario 1606/2002, e la relativa, prima elencazione nel regolamento comunitario 1725/2003.

Tale processo ha inoltre favorito una razionalizzazione della normativa in materia contabile e ha legittimato la nascita nel nostro paese dell’Organismo italiano di Contabilità (OIC), soggetto dotato di ampia rappresentatività a cui la legge attribuisce, nella materia contabile, la funzione di standard setters e la rappresentanza delle istanze nazionali a livello comunitario.”19

Infine cerca di promuovere la cultura contabile e il progresso al quale sono sottoposti la prassi aziendale e professionale attraverso la pubblicazione di ricerche, documenti e l’organizzazione di convegni, seminari e incontri di studio.

Per quanto riguarda i principi contabili nazionali, si possono individuare due serie, una nella quale troviamo i principi di nuova numerazione, di cui il primo è l’ OIC 1 e l’altra individua quelli emanati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dal Consiglio nazionale dei Ragionieri, attualmente in vigore dal numero 11 al numero 30; distinzione fatta per poterli distinguere più agevolmente.

                                                                                                               

19 SERINI, in Financial Accounting Costruire e leggere il bilancio secondo i principi contabili internazionali e

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I principi contabili nazionali, si caratterizzano per una forte e continua mutazione dovuta ai macrocambiamenti economici, all’evoluzione della dottrina ragionieristica e della legislazione civilistica, nonché, fattore fondamentale, l’introduzione nell’ordinamento del nostro Paese dei principi contabili internazionali emanati dallo IASB20, in modo tale che il bilancio possa essere compreso, valutato, interpretato e confrontato, in un’ottica globale, anche da coloro che appartengono a Stati diversi. Questo obiettivo non può però considerarsi ancora concluso, attualmente infatti i principi contabili stanno subendo dei processi di aggiornamento e integrazione, per raggiungere un determinato livello di armonizzazione dovuto alla costante e continua crescita alla quale stiamo assistendo tra i vari Paesi dal punto di vista internazionale.

Come è noto, il nostro Paese si contraddistingue per la forte presenza di aziende di piccole e medie dimensioni; mentre le grandi imprese e le società quotate, dal 2005 sono tenute a redigere il bilancio in base ai principi contabili internazionali, la maggior parte delle nostre realtà aziendali, opera ricorrendo a quelli nazionali. Proprio per questo motivo, nel 2010 l’OIC ha attuato un progetto di aggiornamento e revisione dei principi contabili attualmente in vigore, i quali avevano già subito un adeguamento nel 2005, allo scopo di fornire a queste piccole realtà aziendali, in quanto effettivi utilizzatori, una serie di norme più esaustive che vanno ad integrarsi sempre più con i modelli internazionali, così da considerare l’evoluzione che ha subito la materia contabile dall’ultimo aggiornamento avvenuto nel 2005 ad oggi.

Dato che, come sopra descritto, obiettivo fondamentale del bilancio è fornire informazioni chiare ed esaurienti ai propri stakeholder, l’attenzione si concentra soprattutto sulla revisione e sull’aggiornamento dei principi attualmente vigenti.

Come indicato nel sito della Fondazione OIC, “anche la Commissione Europea ha promosso una serie di progetti per la rivisitazione delle direttive contabili europee nella prospettiva – tra l’altro – di semplificare la disciplina ivi contenuta, soprattutto a livello di informativa per le

                                                                                                               

20 Pensiero condiviso con Balducci in Il Bilancio d’Esercizio Principi contabili nazionali e internazionali

IAS/IFRS, Balducci D., Milano, 2007, pagg.97 il quale sostiene che: “I principi contabili nazionali detengono

un basso indice di rigidità e staticità, mutandosi nel tempo in funzione dei microcambiamenti economici, dell’evoluzione della dottrina ragionieristica e della legislazione civilistica. Un importante fattore modificatore, che in futuro porterà a variare ulteriormente regole consolidate e prassi invalse nella formazione dei bilanci d’esercizio, è costituito dall’introduzione, nell’ordinamento nazionale, dei principi contabili internazionali emanati dallo IASB (International Accounting Standard Board), istituzione che ha sostituito lo IASC (International Accounting Standards Committee), per l’elaborazione dei principi contabili denominati IAS/IFRS.

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piccole e medie imprese, allo scopo di realizzare una riduzione degli oneri amministrativi per tali imprese”.

Ciò che risulterà da questo processo di rinnovamento, saranno delle regole che avranno una struttura più semplice e quindi di più chiara comprensione e più agevole per i futuri aggiornamenti, nonché un format molto simile a quello utilizzato per i principi contabili internazionali IAS/IFRS.

I documenti interessati e sottoposti a questo progetto, sono complessivamente 24 ed entreranno in vigore solo dopo che sarà terminata la fase di consultazione, ecco che attualmente vengono utilizzati quelli rinnovati nel 2005.

2.2 LA VALUTAZIONE DEI CREDITI SECONDO IL PRINCIPIO CONTABILE OIC 15: “I CREDITI” IN VIGORE DAL 2005

Il documento OIC 15: “I CREDITI”, nella versione del 2005, ovverosia quella tuttora in vigore e che tale rimarrà fino al completo compimento del processo di revisione attualmente in corso, esalta come i principi contabili concedono una notevole interpretazione delle norme civilistiche piuttosto sintetiche in molti punti. L’OIC 15, ci permette di capire quale valore esprimere in bilancio e come determinarlo.

Il principio sopra citato, ha dato una definizione di crediti: “rappresentano il diritto ad

esigere ad una data scadenza determinati ammontari da clienti e da altri. Nelle imprese mercantili, industriali e di servizi tale diritto deriva di solito dalla vendita di prodotti, merci e servizi. I crediti includono anche gli ammontari che devono essere incassati per la vendita di beni diversi da quelli che costituiscono le normali giacenze di magazzino, i prestiti a dipendenti, a clienti ed altri.”

Questo principio ha l’intenzione di fornire delle regole per la contabilizzazione, la valutazione e la rappresentazione dei crediti nel bilancio.

La valutazione dei crediti, richiede un’attenta analisi sulle capacità del debitore, di adempiere agli impegni assunti, sui rischi ad essa legati, nonché i successivi oneri che si dovranno affrontare in seguito all’adozione di eventuali azioni di recupero; la consistenza del rischio infatti, dipende da molti fattori legati non solo al debitore ma anche ad eventuali crisi economiche che investono un determinato settore, piuttosto che un Paese o addirittura possono essere a livello globale.

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“È necessario, quindi, uno screening dei crediti da iscrivere in bilancio, in modo da individuare quelli per i quali la riscossione non presenta rischi di sorta essendo di certo realizzo, e gli altri per i quali fondate ragioni, derivate da eventi già manifestatisi ovvero temuti o latenti, lasciano intravedere un’inesigibilità totale o parziale e conseguenti perdite.

I principi di prudenza e di competenza, dettati dal legislatore per la redazione del bilancio, impongono agli organi di governo dell’impresa di far gravare le perdite per inesigibilità nell’esercizio in cui possono essere ragionevolmente previste e non negli esercizi in cui le stesse si manifesteranno.”21

Il criterio utilizzato nella valutazione dei crediti dai principi contabili nazionali, è il valore di presunto realizzo; ciò sta ad indicare che ciascuna voce dei crediti va iscritta, partendo dal loro valore nominale, al netto di eventuali rettifiche dovute a svalutazioni come ad esempio, perdite per inesigibilità, resi e rettifiche di fatturazione, sconti ed abbuoni, interessi non maturati e altre cause. Questo perché i crediti sono caratterizzati spesso dalla presenza di problemi legati all’inesigibilità, alcuni dei quali al momento della redazione del bilancio possono essere già totalmente o parzialmente emersi mentre per altri non si ha alcuna informazione sulla capacità del debitore di adempiere ai proprio obblighi; ecco perché anche il documento n.15 sottolinea l’importanza di tenere un’aggiornata lista di anzianità dei crediti scaduti che permette alle aziende di effettuare valutazioni sul rischio di inesigibilità.

Pontani, nella sua recente opera, ha precisato che “la definizione del criterio di valutazione è una questione di fatto; il rinvio alle regole del prudente apprezzamento è sempre riconducibile al caso per caso e, quindi, in relazione a circostanze che, in quanto solo in parte oggettivamente misurabili, risentono pur sempre di una “ragionevole” discrezionalità soggettiva, che non può, comunque, trascendere nell’arbitrio.”22

Il valore nominale dei crediti deve essere rettificato attraverso un fondo svalutazione crediti che deve essere sufficiente (adeguato ma non eccessivo) a coprire:

- sia le perdite per situazioni di inesigibilità già manifestatesi;

- sia quelle per altre inesigibilità non ancora manifestatesi ma temute o latenti.

Deve inoltre coprire le perdite che si potranno subire sui crediti ceduti a terzi per i quali sussista ancora una obbligazione di regresso.

                                                                                                               

21 MILONE, in IL BILANCIO DI ESERCIZIO Normativa civilistica, principi contabili nazionali ed

internazionali, Milone M., Milano, 2006, pagg. 295

22 PONTANI, in “Il bilancio di esercizio delle società di capitali non quotate nei mercati regolamentati. Le

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“Non è accettabile che tramite il fondo si miri a distribuire le perdite sui crediti nei vari esercizi al fine di stabilizzare i risultati d’esercizio.

Il fondo verrà utilizzato per lo storno contabile dei crediti inesigibili nel momento in cui tale inesigibilità sarà ritenuta definitiva. In tal modo le perdite per inesigibilità non graveranno sul conto economico degli esercizi futuri in cui si manifesteranno, ma, in ossequio ai principi della competenza e della prudenza, devono gravare sugli esercizi in cui le perdite si possono ragionevolmente prevedere.”23

Quindi il fondo svalutazione previsto dall’OIC 15 in sede di valutazione, nella determinazione del valore nominale, serve a far fronte alle perdite, nonché ai rischi ad esse legati; l’incertezza connessa alla determinazione della perdita, implica il ricorso a criteri di svalutazione prudenziali che genereranno valori adeguati ma non eccessivi.

I principi contabili, riconoscono due diversi metodi di determinazione del valore di presunto realizzo, il primo, quello preferibile, è il procedimento analitico mentre il secondo è quello sintetico, al quale si tende a ricorrere o in presenza di numerosi crediti di modesta entità o eventualmente in aggiunta del primo metodo, per creare quindi un quadro più completo.

“Con il procedimento analitico, i crediti sono valutati singolarmente, uno per volta. Per ciascun credito è operata una stima del rischio di insolvenza che considera, come detto, non solo la situazione di inesigibilità già manifestatasi, ma anche quelle probabili esistenti alla data del bilancio. Al riguardo, utili elementi di giudizio possono essere: la natura del credito; la durata; il grado di anzianità dei crediti scaduti; eventuali contenziosi in atto; l’affidabilità del debitore, determinata in base alle condizioni economiche del settore, dell’azienda e al rischio del paese.

Con il procedimento sintetico, i crediti sono valutati nella loro globalità. Il rischio di insolvenza è determinato complessivamente, in genere in base a una certa percentuale delle vendite o dei crediti medesimi. La determinazione di tale percentuale si dovrebbe avvalere dei risultati che emergono dalle statistiche aziendali elaborate impiegando i dati di insolvenza storicamente registrati.”24

Quindi, come detto da Milone che “nella pratica il procedimento analitico è utilizzato per i crediti di dubbia esigibilità o inesigibilità, mentre quello forfettario per la massa dei crediti

                                                                                                               

23 SANTESSO, SOSTERO, in I principi contabili per il Bilancio d’esercizio Analisi e interpretazione delle

norme civilistiche, Santesso E., Sostero U., Milano, 2011, pagg.463

(29)

che si ritengono esigibili alla luce delle condizioni economico-finanziarie del debitore, della situazione del settore o ancora del rischio paese in cui opera il cliente.

I principi nazionali, con riferimento alle formule impiegate nel procedimento sintetico, raccomandano di non trasformare le stesse in una regola.

Esse sono ritenute solo uno strumento pratico, la cui validità deve essere monitorata assiduamente e devono essere variate al mutare delle condizioni sulle quali le formule usate si basano.

In definitiva, quindi, le stesse si ritengono accettabili se consentono di raggiungere gli stessi risultati del procedimento analitico descritto dinanzi.” 25

Come sollevato dalla dottrina, sia il codice civile che il principio OIC 15 non entrano nel merito di come determinare il presunto valore di realizzo, forniscono esclusivamente delle regole generali. È stata allora avanzata una proposta operativa nella determinazione di tale valore da parte di un gruppo di docenti dell’Università di Torino, secondo i quali è possibile determinare il corretto valore di realizzo dei crediti con un altro procedimento, più semplice rispetto a quello che prevede l’analisi di ciascuna posizione di credito ma non per questo meno preciso. Questo metodo prevede che “i crediti vengano suddivisi in tre gruppi:

- crediti verso clienti nei confronti di imprese per le quali sono già emerse situazioni di inesigibilità, indipendentemente dal fatto che siano o meno scaduti: devono essere analizzati in modo analitico, in quanto l’amministratore per ciascun credito è in grado di stabilire il presunto valore di realizzo;

- crediti verso clienti non scaduti: vista la situazione, non devono ovviamente essere svalutati, ma è riconosciuta la possibilità di effettuare una svalutazione minima, di modesto importo qualora, grazie all’esperienza maturata, si è in grado di determinare una certa percentuale di perdita anche se si tratta di crediti non ancora scaduti;

- crediti verso clienti scaduti e non incassati: valutati attraverso un processo sintetico che analizza classi di crediti uguali circa l’arco di tempo decorso dal momento in cui il credito è scaduto; quindi, secondo gli autori, se i crediti scaduti vengono analizzati nel modo ante descritto, il risultato in termini di presunto valore di realizzo, non sarà qualitativamente diverso rispetto a quello conseguito ricorrendo al processo di valutazione analitico e quindi credito per credito.

                                                                                                               

25 MILONE, in Il bilancio di esercizio, Normativa civilistica, principi contabili nazionali ed internazionali,

(30)

Una volta, suddivisi i crediti in queste tre categorie, si deve procedere con la determinazione della percentuale di svalutazione che verrà poi applicata ai saldi contabili delle singole categorie omogenee. L’individuazione della percentuale di svalutazione da applicare poi ai saldi contabili, non è questione particolarmente semplice e deve rispettare il vincolo secondo il quale il decorrere del tempo dal momento della scadenza del credito comporta un incremento della percentuale di svalutazione da applicare, dovuto alla minor probabilità di incasso del credito.

Gli autori per la determinazione di tale percentuale, rimandano quindi all’OIC 15, il quale fornendo le regole generali, stabilisce che l’amministratore deve tenere conto delle esperienze maturate in passato e quindi da queste prendere spunto per valutare a distanza di tempo qual è l’importo dell’ammontare effettivo che l’impresa è stata in grado di raggiungere limitatamente alle singole categorie omogenee di crediti scaduti. Dall’applicazione delle percentuali alle tipologie di crediti, si ricaverà il valore del saldo complessivo del fondo svalutazione crediti. Quindi, relativamente alla svalutazione da annotare in conto economico, la potremo ricavare dalla differenza tra l’ammontare del fondo svalutazione crediti alla data di chiusura dell’esercizio (ante rettifiche) e il valore del fondo svalutazione come sopra determinato.”26

Ci sono, come sopra annunciato, altri motivi che non permettono di incassare totalmente i crediti, oltre alle perdite per inesigibilità. Spesso accade che alla data di bilancio vi siano resi di merci o di prodotti e rettifiche di fatturazione, in quanto difettosi, eccedenti le ordinazioni, dovuti a ritardi nella consegna o all’ applicazione di prezzi differenti rispetto a quelli concordati.

Se questi fatti si manifestano sistematicamente o sono di ammontare abbastanza rilevante, bisogna tenerne debito conto rilevando uno stanziamento specifico nel rispetto del principio di competenza.

Un altro fatto di cui tenere conto nella determinazione del valore di presumibile realizzo, sono gli eventuali sconti e abbuoni che possono essere concessi al momento non della fatturazione, ma dell’incasso; per quanto concerne quelli natura finanziaria, questi possono essere rilevati al momento dell’incasso.

                                                                                                               

26 BAVA, BUSSO, DEVALLE, PISONI, in “La valutazione dei crediti verso clienti in bilancio” in Contabilità

Finanza e Controllo RIVISTA DI GESTIONE AZIENDALE, 2/2012 pagg.93 e seguenti e in “Il trattamento contabile delle nuove ipotesi di deducibilità fiscale delle perdite sui crediti alla luce del D.L. n. 83/2012” in Il Fisco n.10/2013 pagg. 1427 e seguenti.

(31)

Infine in merito agli interessi non maturati inclusi nel valore del credito, l’OIC 15 afferma che non rappresentando ancora un’attività per l’impresa, non vanno riscontati.

ATTUALIZZAZIONE

L’OIC 15 al punto D.III, tratta il problema dell’attualizzazione dei crediti di natura commerciale che prevedo termini di pagamento lunghi, per i quali è richiesta una valutazione particolare.

I crediti commerciali sono quelli che derivano dalla vendita di beni e servizi ai clienti e misurano il conseguente ricavo. Se il periodo che intercorre tra la cessione del bene o servizio e il pagamento tende a prolungarsi molto nel tempo, ci troviamo di fronte ad un credito di lungo periodo che comporta quindi per l’impresa una rinuncia alla disponibilità immediata che avrebbe ottenuto qualora il cliente avesse pagato subito in contanti.

Questo che possiamo definire come un “servizio” che l’impresa offre al cliente, può comportare dei costi per il debitore e quindi il pagamento di un interesse relativo al periodo di indisponibilità della moneta.

L’interesse può essere di due tipi, esplicito o implicito, il primo sia ha nel caso in cui venditore e compratore si accordano e negoziano l’interesse da applicare al credito per ottenere la dilazione di pagamento e che sarà quindi separato dal valore del bene o della prestazione del servizio; essendo chiaramente evidenziato, non crea alcun tipo di problema perché l’interesse viene rilevato e rappresentato per suo conto in bilancio.

Al contrario, se l’interesse è implicito, significa che è nascosto nel prezzo di vendita, lo contiene al suo interno è quindi parte del ricavo del credito commerciale. Come sottolineato da Pisani, “a questa distorsione deve aggiungersi quella derivante dal fatto che l’interesse attivo non è interamente di competenza economica dell’esercizio in ci è rilevato, ma è di competenza dei diversi esercizi interessati dalla dilazione.

È evidente, pertanto, che la rilevazione contabile operata non consente di rappresentare con chiarezza e in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società, né il risultato economico dell’esercizio.

Confondere due distinti valori in uno e trascurare la competenza economica non sono certamente azioni con cui si dipinge un “quadro fedele” delle condizioni economiche di un’impresa.”27

                                                                                                               

(32)

Ecco perché l’OIC 15 prevede che per fornire un quadro fedele, sia necessario scorporare dal ricavo la quota che rappresenta l’interesse per la dilazione di pagamento, esprimendo quindi il credito al suo valore attualizzato e successivamente ripartirlo ad un tasso costante, tra i diversi esercizi di competenza. L’interesse andrà quindi scorporato in deduzione al ricavo registrato in seguito alla vendita e per competenza rinviato agli esercizi futuri attraverso i risconti passivi così da andare a costituire i redditi successivi grazie alla maturazione degli interessi.

Il processo di attualizzazione, si concretizza in tre fasi, la prima consiste nell’individuazione di quali crediti devono appunto essere attualizzati, la seconda quale tasso di interesse adottare e infine l’ultima per quanto tempo deve essere applicato.

Nella prima fase, di ricerca dei crediti da attualizzare, si possono identificare tre diverse situazioni, la prima quella dove l’interesse è esplicito ed è sufficiente addebitarlo all’anno, o eventualmente anche ai successivi, di competenza fino alla scadenza del credito; la seconda nella quale l’interesse è implicito e si riferisce ai crediti di media/lunga scadenza e deve allora essere attualizzato e infine quella nella quale l’interesse è esplicito ma di ammontare sensibilmente inferiore rispetto a quello che dovrebbe essere opportuno.

Nel caso in cui l’interesse sia implicito o inferiore rispetto a quanto appropriato, si deve individuare quale tasso applicare, teoricamente dovrebbe essere circa uguale a quello al quale si ricorrerebbe nel caso in cui due parti negoziassero un’operazione similare, con l’opzione di pagare un prezzo a pronti o a termine e il tasso applicato in questo caso, fosse quello di mercato; praticamente ci si rifarà a quello prevalente nel mercato per i crediti con dilazione alla data dalla quale il credito sorge.

In caso di mancanza o insufficienza di un mercato similare, si ricorre ad un tasso realistico, utilizzato comunque da imprese con vendite la cui dilazione è prolungata nel tempo, come nel caso in cui ci si affida a terzi per ottenere finanziamenti da utilizzare nell’azienda per lo svolgimento della gestione tipica o caratteristica.

Quanto al capitale, l’interesse deve essere calcolato proporzionalmente al credito, alla sua durata e ad un tasso costante sul credito residuo fino al completo incasso dello stesso; il valore del credito non deve quindi variare nel tempo, fino alla scadenza, a meno che non incidano dei fattori che vanno a compromettere l’inesigibilità.

“È opinione unanime che il regime di capitalizzazione degli interessi sia quello composto e dunque le quote interessi saranno, a parità di arco temporale di riferimento (il periodo

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