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LA RICLASSIFICAZIONE DEI DOCUMENTI DI BILANCIO: STATO PATRIMONIALE E CONTO ECONOMICO

RICLASSIFICAZIONE DEI CREDITI SECONDO LA NORMATIVA CIVILISTICA, I PRINCIPI CONTABIL

3.2 LA RICLASSIFICAZIONE DEI DOCUMENTI DI BILANCIO: STATO PATRIMONIALE E CONTO ECONOMICO

Per procedere con l’analisi di bilancio, come visto nel paragrafo precedente, ci sono delle fasi da rispettare. Qui ci occuperemo della seconda fase, quella della riclassificazione di bilancio con la quale si può procedere, solo dopo aver accuratamente letto e analizzato i documenti di cui si dispone per valutarne la veridicità e il rispetto delle norme secondo le quali devono essere redatti.

“La riclassificazione si applica allo stato patrimoniale e al conto economico dell’azienda oggetto di indagine. Essa consiste nell’esporre secondo una data struttura i valori contenuti nelle due tavole di sintesi. L’ipotesi su cui si fonda detta tecnica è che esistano schemi in cui far confluire valori di bilancio più adatti di quelli legali a mostrare il sistema degli equilibri patrimoniali, finanziari, monetari e reddituali dell’azienda indagata.”96

Teodori, in merito alla riclassificazione ha precisato che “consiste nell’attribuzione di un diverso e specifico ordine di inserimento degli elementi in un documento in modo da ottenere informazioni atte a meglio soddisfare gli obiettivi di analisi.”97

Se vista come fase indispensabile che precede poi la successiva analisi attraverso gli indici allora, quest’ultima “richiede una fase preliminare di preparazione dei dati contenuti nei prospetti di conto economico e stato patrimoniale, necessaria al fine di individuare particolari aggregati in grado di fornire sintomi e indizi in merito alle politiche gestionali in essere dell’impresa esaminata.

La determinazione di tali quantità di sintesi avviene per mezzo di un processo di riclassificazione dei valori di bilancio, attuato secondo criteri idonei a favorire l’analisi economico-finanziaria del sistema di operazioni che compone la gestione aziendale, la quale viene indagata astraendo dalla sua unitarietà rispetto al tempo e rispetto allo spazio.”98

Quindi la riclassificazione di bilancio è uno strumento che può essere molto importante, se ben gestito dagli analisti, il quale può fornire numerose informazioni relative                                                                                                                

96 CAMERAN M., in “Bilancio Valutazioni, lettura, analisi” (a cura di) Provasoli A., Viganò A., Milano, 2007,

pag. 371

97 TEODORI, in “ L’analisi di bilancio” Teodori C., Torino, 2008, pag. 39

allo stato in cui versa l’azienda e si ottiene riorganizzando le varie voci che compongono il bilancio a seconda delle esigenze e delle intenzioni di chi la effettua.

Da tenere presente che, come precisato da Facchinetti, “la riclassificazione dei valori di bilancio non modifica, i due risultati di sintesi del bilancio di esercizio, ma tende a riesporre i valori in modo più utile per le successive rielaborazioni.

Le voci di bilancio, al fine di aumentare le informazioni ritraibili dal bilancio stesso, vanno riesposte in raggruppamenti sintetici omogenei rispetto a determinati criteri.”99

Per poter completare questa seconda fase dell’analisi di bilancio, è necessario procedere con la riclassificazione dello stato patrimoniale e quella del conto economico.

La riclassificazione dello stato patrimoniale, consiste nel riorganizzare e riallocare le poste dell’attivo e del passivo per ottenere informazioni più precise rispetto a quelle fornite dal bilancio redatto a fine esercizio.

Sono due le tipologie di riclassificazione di stato patrimoniale più diffuse, il criterio finanziario e quello funzionale.

“Riclassificare i componenti dello stato patrimoniale in chiave finanziaria significa evidenziare le caratteristiche di liquidità o di esigibilità di ognuno di essi. Per liquidità si intende la diversa propensione a generare mezzi di pagamento, per esigibilità la diversa propensione a richiederne.

Il parametro utilizzato per la valutazione dell’attitudine delle diverse poste patrimoniali a trasformarsi in cassa e a divenire esigibili è il tempo di smobilizzo che, per convenzione, corrisponde alla durata del periodo amministrativo annuale.”100

Con il metodo finanziario, le varie poste che compongono l’attivo e il passivo, vengono riorganizzate a seconda della loro attitudine a trasformarsi in liquidità o a diventare esigibili entro un certo periodo di tempo, convenzionalmente fissato intorno ai 12 mesi; se si convertono in liquidità o sono esigibili entro un termine inferiore a tale limite saranno di breve periodo, viceversa se lo supereranno, saranno di lungo periodo.

“L’utilizzo di questo lasso di tempo convenzionale potrebbe apparire fin troppo «breve» per alcune tipologie di imprese, come ad esempio quelle impegnate in appalti                                                                                                                

99 FACCHINETTI, in “Analisi di bilancio”, Facchinetti I., Milano, 2008, pag. 67

100 PESCAGLINI A., PESCAGLINI R., in “Ragioneria Generale Contabilità generale, bilancio e analisi di

pluriennali (cantieristica navale, edilizia, ecc.). La dimensione temporale, tuttavia, non è scandita sulla base dei mesi o degli anni richiesti per realizzare un output, ma in funzione delle scadenze previste per il pagamento dei fornitori.”101

La riclassificazione dello schema patrimoniale secondo il criterio finanziario, consiste quindi nel suddividere gli impieghi e le fonti in gruppi a seconda che essi siano correnti o non correnti.

Gli impieghi, vengono suddivisi in due categorie troveremo le attività correnti nella quale rientrano le disponibilità immediate e gli investimenti destinati a trasformarsi in liquidità entro 12 mesi, ovvero le attività non correnti e quindi quelle che diventeranno moneta solo trascorsi i 12 mesi. Le attività correnti sommate a quelle non correnti, danno il capitale investito dall’azienda.

Le fonti, sempre con riferimento ai 12 mesi come arco temporale, vengono riclassificate anch’esse in relazione alla durata, individuando così, tre gruppi: il patrimonio netto, le passività correnti rappresentate da finanziamenti di lungo periodo e le passività non correnti date dai finanziamenti di breve periodo. Ecco che il patrimonio netto dell’azienda rappresenta i mezzi propri, mentre le passività correnti e quelle non correnti, i mezzi di terzi.

L’altro criterio, qui preso in considerazione a proposito dello stato patrimoniale, è quello funzionale.

Con questa metodologia, la riclassificazione delle voci che compongono il bilancio avviene valutandole e riportandole all’area gestionale alla quale sono riconducibili secondo una logica di spettanza102, con l’intenzione di separare gli elementi appartenenti alla gestione caratteristica, la gestione tipica dell’impresa, ovverosia quelli che la distinguono dal resto.

Questo criterio tende ad essere utilizzato principalmente da analisti interni in quanto per l’analista esterno può risultare molto più difficoltoso valutare se una determinata voce può rientrare o meno nell’ambito della gestione caratteristica.

                                                                                                               

101 FAZZINI, in “Analisi di bilancio Metodi e strumenti per l’interpretazione delle dinamiche aziendali”, Fazzini

M., 2009, pag.38 e 39

102 come affermato da FAZZINI, “L’analisi dello stato patrimoniale secondo il criterio funzionale si fonda sulla

riclassificazione delle poste contabili, tenendo conto dell’area gestionale a cui esse possono essere ricondotte in base a una logica di pertinenza.” I“Analisi di bilancio Metodi e strumenti per l’interpretazione delle

L’altro documento che fa parte del bilancio e richiede di essere riclassificato è il conto economico.

“La riclassificazione del conto economico per aspetti distinti della gestione, permette di passare da un’interpretazione “contabile” ad una “gestionale” dei valori. In particolare, la finalità prioritaria da perseguire è comprendere il contributo offerto alla formazione dell’utile (o perdita) dell’esercizio dai singoli gruppi omogenei di operazioni svolte durante il periodo amministrativo…”103.

“La riclassificazione dei valori contenuti nel conto economico richiede interventi meno marcati rispetto a quelli esaminati per lo stato patrimoniale. Gli schemi solitamente utilizzati (dal civilistico a quello contenuto nell’OIC, a quello indicato dagli standard IFRS) non si discostano troppo dai modelli che la dottrina e la prassi economico-aziendale hanno identificato come maggiormente significativi ai fini dell’analisi di bilancio.

La riclassificazione del conto economico, è essenzialmente tesa a suddividere le aree della gestione in base alla loro pertinenza gestionale.”104

I due metodi più comuni che andremo ad analizzare sono quelli della riclassificazione a costo del venduto e quella a valore aggiunto.

La riclassificazione del conto economico a costo del venduto, richiede un insieme di informazioni aggiuntive rispetto a quelle normalmente offerte dal bilancio e proprio per questo motivo, dev’essere svolto da un analista interno.

Questo schema riclassificato, mette in relazione i ricavi netti di vendita con il costo complessivo sostenuto per la produzione venduta; ecco che “il riclassificato a ricavi netti e costo del venduto evidenzia il contributo che le diverse gestioni hanno dato alla formazione del risultato dell’esercizio. In tal modo è possibile capire quali sono state le determinanti del risultato prodotto e formulare un giudizio su quali di dette determinanti sono da ritenersi permanenti, vale a dire che potranno verificarsi nuovamente in futuro, e quali temporanee.”105 In questo modo, con questa tipologia di riclassificazione, è possibile capire come si è giunti al risultato operativo caratteristico, dopo aver coperto grazie ai ricavi, tutti i costi che sono stati necessari per realizzare il prodotto o servizio venduto.

                                                                                                               

103 TEODORI, in “ L’analisi di bilancio” Teodori C., Torino, 2008, pag. 39

104 FAZZINI, in “Analisi di bilancio Metodi e strumenti per l’interpretazione delle dinamiche aziendali”, Fazzini

M., 2009, pag.75

105 CAMERAN M., in “Bilancio Valutazioni, lettura, analisi” (a cura di) Provasoli A., Viganò A., Milano,

“Lo schema in esame consente di vedere immediatamente il «peso» delle diverse funzioni sul fatturato aziendale, consentendo in tal modo di evidenziare quanta parte dello stesso è «assorbito» per coprire via via i costi di produzione, di commercializzazione e di amministrazione dell’impresa.”106

La riclassificazione del conto economico a costo del venduto, come già intuibile da quanto detto, si attua sottraendo dai ricavi netti di vendita i vari costi sostenuti per la realizzazione del prodotto venduto, quindi i costi industriali del venduto, quelli commerciali e quelli amministrativi e si ottiene così il risultato operativo caratteristico.

Come precisato da Teodori, “il costo del venduto (CDV) è l’insieme dei costi operativi netti sostenuti dall’impresa per il raggiungimento del fatturato. Disponendo delle informazioni analitiche, il costo del venduto dovrebbe essere scomposto nelle singole funzioni aziendali: ad esempio costi produttivi, commerciali, generali ed amministrativi, di ricerca e sviluppo. Qualora ciò non fosse possibile (come nelle analisi esterne), anche il valore complessivo è da considerarsi espressivo per la fase interpretativa.”107

Infine, l’altra tecnica di riclassificazione del conto economico, l’ultima che viene qui considerata è quella a valore aggiunto.

La riclassificazione a valore aggiunto, “parte da una classificazione dei costi per natura (es. materie prime, personale ecc.) ed opera un’ulteriore distinzione tra costi esterni (es. materie prime e servizi) e costi interni (es. personale).

I principali risultati intermedi che si possono mettere in evidenza sono i seguenti: - valore aggiunto

- Margine operativo lordo o EBITDA; - Margine operativo netto;

- Risultato operativo (EBIT); - Risultato corrente

- Risultato ante imposte; - Risultato netto.”108

                                                                                                               

106 GIGLI, TIEGHI, in “Gli strumenti per le analisi del bilancio di esercizio” di Gigli S. e Tieghi M., Bologna,

2009, pagg. 37 e 38

107 TEODORI, in “ L’analisi di bilancio” Teodori C., Torino, 2008, pag. 43

108 DEVALLE, PISONI, in “Analisi di bilancio: la riclassificazione del Conto economico “a valore aggiunto””,

L’ammontare del valore aggiunto, è il primo risultato intermedio che si ottiene da questa tipologia di riclassificazione del conto economico e si consegue sottraendo dai ricavi, i costi sostenuti dall’impresa dall’esterno, come le materie prime, i servizi.

“Il valore aggiunto mette in evidenza, quindi , il valore che l’impresa, con i propri fattori, aggiunge a quello delle risorse periodicamente ottenute dall’esterno.”109

Il secondo punto intermedio, che si ottiene è rappresentato dal MOL margine operativo lordo o EBITDA (earnings before interests, taxes, depreciation and amortization); “è il risultato economico operativo espresso in termini finanziari e quindi, in sostanza, l’autofinanziamento della gestione caratteristica.”110

Il MOL viene considerato un dato molto diffuso nell’analisi di bilancio perché innanzitutto non tiene conto dei costi non monetari, di cui si parlerà successivamente, e “esprime il valore che l’impresa genera prima delle politiche di bilancio relative agli ammortamenti e alle svalutazioni. Le valutazioni di bilancio relative alle svalutazioni e agli ammortamenti possono essere utilizzate dalle imprese per migliorare le loro performance economiche. ... Inoltre il MOL è molto utilizzato in quanto approssima la capacità dell’impresa di creare risorse finanziarie attraverso il core business dell’impresa (generalmente denominato cash flow operativo) proprio perché non è influenzato dai costi non monetari.”111

Dal MOL, vengono poi sottratti tutti i costi non monetari, come nel caso dei beni materiali o immateriali per i quali si ha un pagamento anticipato, il cui costo grazie al principio di competenza, viene poi ripartito, attraverso l’ammortamento, tra i vari esercizi fino a completa obsolescenza del bene ovvero al termine prestabilito, quindi al suo limite. L’ammortamento ecco che figura come un costo non monetario che sottratto dal MOL, mi determina il MON, margine operativo netto.112

Possiamo quindi concludere dicendo che, come affermato da Antonelli e D’Alessio, “non esiste uno schema di riclassificazione del conto economico in assoluto preferibile rispetto a                                                                                                                

109 TEODORI, in “ L’analisi di bilancio” Teodori C., Torino, 2008, pag. 60 110 FACCHINETTI, in “Analisi di bilancio”, Facchinetti I., Milano, 2008, pag. 91

111 DEVALLE, PISONI, in “Analisi di bilancio: la riclassificazione del Conto economico “a valore aggiunto””,

in Il fisco, Devalle A., Pisoni P., n. 14/2013, pag. 2061

112 in proposito FAZZINI: “Il capitale umano rappresenta un costo diell’esercizio avente natura monetaria; ciò

significa che esso comporta, alle scadenze prefissate un esborso di denaro.

Il costo per l’acquisizione di assets immateriali e materiali ha invece una manifestazione finanziaria anticipata e, in virtù del principio della competenza, partecipa a più cicli nei limiti della sua obsolescenza e/o scadenza; in altre parole esso è ripartito in più esercizi sotto forma di ammortamento. Si tratta quindi di un costo che ha natura non monetaria, in quanto esso è stato integralmente corrisposto al momento dell’acquisto.” in “Analisi di bilancio Metodi e strumenti per l’interpretazione delle dinamiche aziendali”, Fazzini M., 2009, pag.84

tutti gli altri, ma si dispone di svariati modelli i quali, più che alternativi, sono tra loro complementari verso il comune fine della migliore conoscenza dell’andamento economico del sistema aziendale.”113

3.3 LA RICLASSIFICAZIONE DI BILANCIO SECONDO LA DOTTRINA

La riclassificazione di stato patrimoniale e conto economico, che viene effettuata durante l’analisi di bilancio, può essere considerata, a parere di chi scrive, un’operazione “variabile”; abbiamo infatti visto che non è possibile individuare un modello universale applicabile da qualsiasi tipologia di analista, sia esso interno all’azienda ovvero esterno, a qualsivoglia realtà aziendale, perché ogni impresa, a seconda delle dimensioni e del settore in cui opera, presenta le proprie esigenze e caratteristiche.

Anche dal punto di vista dottrinale, non si è giunti a un accordo comune in materia di riclassificazione perché, anche in questo caso, analizzando opere di autori diversi, possono emergere differenze sostanziali.

Proviamo ora in questo paragrafo, per non discostarci troppo dal tema centrale della tesi, a valutare se in merio ai crediti, alle perdite su crediti ovvero alle svalutazioni, emergono differenze di trattamento tra vari autori. Si tiene a precisare, come affermato anche da Facchinetti, che “qualsiasi sia lo schema di stato patrimoniale utilizzato dall’azienda le voci dell’attivo devono essere assunte al netto delle poste di rettifica eventualmente iscritte nel passivo.”114

Iniziamo con la riclassificazione di tipo finanziario dello stato patrimoniale, questo schema, come visto nel paragrafo precedente mira a ripartire gli investimenti ed i finanziamenti, ovverosia l’attivo e il passivo, in base alla loro scadenza, distinguendo quelli di breve periodo da quelli di medio lungo periodo.

Ricaveremo quindi uno schema di stato patrimoniale riclassificato a cinque zone, rappresentato qui in modo molto sintetico:

                                                                                                               

113 ANTONELLI, D’ALESSIO, in “Analisi di bilancio”, Antonelli V., D’Alessio R., Santarcangelo di Romagna

(RN), 2012, pag. 68

Questo schema è stato facilmente rappresentabile perché tutti gli autori erano concordi relativamente a questa tipologia di struttura.

Nell’attivo a breve, rientreranno tutte le attività, che si trasformeranno in liquidità entro i 12 mesi, viceversa nell’attivo a lungo quelle che diventeranno liquidità oltre il limite convenzionalmente stabilito.

In merito alle passività, esse si distinguono in tre categorie, il passivo a breve che identifica i finanziamenti che scadranno entro 12 mesi, il passivo a lungo quelli il cui termine supererà i 12 mesi ed infine il patrimonio netto.

Questi macro aggregati che abbiamo individuato grazie a questa tipologia di riclassificazione, devono essere suddivisi a loro volta in altre categorie che presentano caratteristiche tra loro omogenee.

In questa ulteriore classificazione, Teodori115, suddivide le attività a breve in: - liquidità immediate;

- liquidità differite, le quali possono essere suddivise in crediti di funzionamento, crediti finanziari e altri crediti;

- disponibilità.

Anche Avi,116 compie un’ulteriore classificazione ma più dettagliata rispetto a quella di Teodori, aggiungendo oltre alle disponibilità l’attivo a breve patrimoniale e gli anticipi a                                                                                                                

115 TEODORI, in “ L’analisi di bilancio” Teodori C., Torino, 2008, pag. 66 e ss. 116 AVI, in “Financial Analysis”, Avi M. S., 2011 pag.31 e ss.