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Laboratorio per la classe I: geopiani e poligoni

Per quanto riguarda l’attività da proporre in prima, io e la docente ne abbiamo scelta una che si ponesse in continuità didattica con il programma effettivamente svolto di aritmetica e di geometria. La scelta è quindi ricaduta sullo studio delle possibili configurazioni ottenibili utilizzando i geopiani, particolari tavolette di legno sulle quali sono riportati dei chiodi numerati vertici di un poligono regolare, con il filo fissato ad uno dei chiodi. Difatti, è possibile unire i vertici con il filo, o in ordine o saltando sempre lo stesso numero di chiodi, e si ottengono figure di natura diversa. Lo scopo è intuire che si possono ottenere certi tipi di figure se sono soddisfatte determinate relazioni aritmetiche tra il numero di chiodi sulla tavoletta e il numero di chiodi che si sceglie di saltare. Quest’attività è stata scelta perché permette di intuire, mentre la si svolge, delle relazioni tra la formazione di particolari figure geometriche e alcuni concetti prettamente aritmetici e, quindi, mette in luce l’errore, frequente nella prassi didattica, di dividere aritmetica e geometria, che spesso porta gli studenti a pensare che la geometria non faccia parte della matematica.

Il primo giorno entrando in classe una studentessa aveva fatto notare ai compagni e a noi il suo nuovo quaderno di matematica che aveva decorazioni a

stella e io e la professoressa Fusani, per introdurre le attività, abbiamo mostrato lo strumento di esplorazione con cui avremmo lavorato, anche facendo riferimento al quaderno dell’allieva: prima di dividere gli alunni in gruppi da 4, abbiamo mostrato i geopiani, definiti poco sopra.

Per l’attività sono stati predisposti due fogli: uno da dare ad ogni ragazzo per tenere traccia del lavoro svolto e uno, con istruzioni più dettagliate, da lasciare a disposizione dell’intero gruppo. I ragazzi hanno reagito senza stupore davanti alle schede, nonostante un po’ di confusione tipica dell’età, segno che comunque, anche se non abituati, erano già stati avviati ad un tale tipo di didattica. Ai ragazzi è stato subito chiesto di esplorare un po’ il nuovo strumento unendo dapprima tutti i vertici riportati su uno stesso geopiano e confrontando cosa succede usando geopiani con un numero di vertici diverso. Scopo di questa fase dell’esplorazione è quello di rendersi conto che unendo tutti i vertici in successione si forma un poligono regolare con tanti lati quanti sono i pioli, attraverso misurazioni e osservazioni sia su lati che su angoli. È stato inoltre chiesto agli studenti di riprendere le definizioni, date qualche lezione prima, di poligono e poligono regolare, includendo quindi anche una parte di lavoro sulla formulazione di definizioni, dal momento che non tutti gli studenti avevano studiato bene la lezione data. Di conseguenza, una prima fase di discussione ha avuto come scopo formulare tali definizioni, arrivando al risultato che segue. Definizione 1. Si definisce poligono una figura geometrica piana delimitata da una linea spezzata chiusa. I segmenti che compongono la spezzata vengono detti lati del poligono e ogni angolo compreso tra due lati con un vertice in comune è detto angolo interno. Un poligono è convesso se non contiene il prolungamento di qualche suo lato, e concavo altrimenti. Un poligono è detto equilatero se tutti i lati sono uguali, equiangolo se tutti gli angoli sono uguali e regolare se è sia equilatero che equiangolo. Inoltre, si chiama diagonale di un poligono ogni segmento che ha per estremi due suoi vertici non consecutivi.

È venuta in modo naturale la questione di calcolare a priori l’ampiezza di un angolo interno di un poligono regolare, vista l’osservazione che cambiava con il numero dei lati. Come prima osservazione, è stato evidenziato che il problema fondamentalmente si riduceva ad un altro più generale, ovvero quello del calcolo della somma degli angoli interni, al quale risponde il seguente

Teorema 1. In un poligono di n lati, la somma degli angoli interni è pari a (n − 2) angoli piatti.

Tale teorema non è stato dimostrato a lezione, anche perché generalmente alla scuola media i teoremi non si dimostrano, però avevano solo visto che la somma

degli angoli interni di un triangolo è un angolo piatto e uno studente si ricordava dalla scuola primaria che la somma degli angoli interni di un quadrilatero equivale ad un angolo giro ma, invitato a giustificare quanto affermato, si è trovato spaesato. In seguito a questo, un altro studente ha proposto di tracciare una diagonale del quadrilatero convesso disegnato sulla lavagna e, accostatosi al dispositivo, ha cominciato a riferirsi, anche gesticolando, al fatto che la diagonale tracciata divide il quadrilatero in due triangoli e che sommando gli angoli interni di questi due triangoli otteniamo lo stesso risultato che si ha sommando gli angoli interni del quadrilatero, visto che la somma di ciascuna delle due coppie di angoli adiacenti alla diagonale costituisce a sua volta un angolo di quadrilatero. Questa argomentazione ha dato il la affinché arrivassero diverse proposte per il caso del pentagono, che era stato disegnato anche palesemente irregolare alla lavagna da uno studente che, quando i compagni gli hanno fatto notare che il disegno non era quello di un pentagono regolare, ha anche detto "non serve che lo sia". Un’altra soluzione proposta era quella di unire tutti i vertici con un altro punto, levando quindi un angolo giro dalla somma degli angoli dei triangoli perché non era un angolo interno, dato che il vertice dell’angolo in questione non era tra quelli del poligono.

Nella classe in questione ci siamo quindi limitati a verificare il teorema per triangoli, quadrilateri e pentagoni in modo da intuire come procedere negli altri casi, ma questo processo non è ovviamente una dimostrazione formale del risul- tato. Questa parte dell’attività in una scuola superiore potrebbe naturalmente proseguire dimostrando la proprietà in generale e in vari modi.

A questo punto è venuto naturale studiare cosa succedeva non unendo tutti i vertici in successione ma, anzi, lasciandone fuori un certo numero, sempre fisso, osservando cosa accade tra i geopiani con almeno 5 pioli, perché l’esplorazione delle tavole con 3 e 4 chiodi ha fatto vedere che

• partendo da 3 chiodi, o si ottiene un altro triangolo percorso in senso contrario o un punto;

• con 4 invece, o si ottiene un segmento (saltando un piolo, quindi andando di due in due) o un punto o un altro quadrato.

Già queste semplici esplorazioni portano a chiedersi perché a volte otteniamo figure già ottenute: questa è una valida introduzione del concetto di asse di simmetria e di quello di simmetria assiale, che sono concetti geometrici collegati ai poligoni regolari dal seguente

Teorema 2. Sia dato un poligono regolare di n lati. Allora il poligono ha esattamente n assi di simmetria. Se n è pari, questi sono le diagonali e le rette che collegano i punti medi dei lati opposti, mentre se n è dispari, sono assi di simmetria tutte le rette che collegano un vertice al punto medio del lato opposto. Questo quindi lascia presupporre che occorrono meno verifiche del previsto. Ma non è necessario porre l’accento sul concetto di simmetria a questo stadio, può venire fuori naturalmente da osservazioni successive. Nel caso in esame, il teorema non è stato dimostrato ma, tramite l’osservazione e la descrizione delle differenze, è stato enunciato e verificato durante l’attività dagli stessi studenti e poi validato dall’insegnante.

L’attività prosegue aumentando il numero dei chiodi e osservando, tavola per tavola, che a seconda di quanti pioli si saltano ci sono configurazioni finali

diverse, non solo sulla stessa tavola ma anche su tavole con diversi numeri di chiodi: questo ad esempio osservando che saltando due chiodi nella tavola da 5 e nella tavola da 7 otterrò figure di tipo diverso. ma con una caratteristica comune, mentre ciò non succede se nella tavola da 6 si saltano tre chiodi. Ovviamente verrà fuori che, come prima osservazione, si possono saltare al più tanti chiodi quanti ce ne sono sulla tavola e, in seguito, questa limitazione può essere limitata da considerazioni sulle simmetrie al fatto che, per avere configurazioni tutte distinte, il salto può essere al più o uguale alla metà del numero di chiodi, se esso è pari, oppure dalla sua approssimazione per difetto. Le osservazioni a questo punto attese sono diverse a seconda del livello scolastico nel quale è praticata l’attività, però hanno tutte un denominatore comune: si possono ottenere poligoni regolari con tanti lati quanti chiodi, poligoni regolari con meno lati che chiodi o figure ancora diverse "con punte". A questo punto, è possibile descrivere queste figure come "poligoni stellati" e darne la relativa definizione in classe, cercando di capire come si possono scomporre: la descrizione a cui si vuole giungere è quella di un poligono concavo composto da tanti triangoli isosceli tra loro uguali quanti sono i vertici di partenza connessi e un poligono regolare con tanti lati quanti sono i vertici connessi al centro, in modo che i lati del poligono siano le basi dei triangoli isosceli. È interessante notare che due lati non consecutivi si possono intersecare.

Definizione 2. Un poligono stellato è un poligono fatto da una linea spezzata chiusa (eventualmente intrecciata) al cui interno c’è (almeno) un punto che si può unire a ciascun altro punto del poligono in modo che nessun segmento esca dal poligono stesso. Un poligono stellato è regolare se ha i lati uguali e angoli alternativamente concavi o convessi uguali a gruppi, ovvero ha gli stessi vertici di un poligono regolare convesso e si ottiene collegando i vertici saltandone sempre lo stesso numero fino a tornare a quello di partenza.

Esempi di figure di questo tipo sono visibili nella seguente figura, in cui a titolo di esempio sono tracciati solo alcuni segmenti.

Cambiando il livello di sperimentazione ci si può aspettare un cambio del- l’atteggiamento: dagli studenti della secondaria di I grado un approccio più sperimentale, con misurazioni e argomentazioni sul caso particolare, dagli stu- denti invece della secondaria di secondo grado un’argomentazione più sottile e teorica. Il punto di arrivo, però, comune sarà quello di rendersi conto che gli angoli delle punte sono tra loro uguali così come gli angoli delle rientranze tra

due punte consecutive e i lati del nuovo poligono, che quindi sarà anch’esso detto regolare.

Un’altra questione connessa a questa è quella di capire come costruire un poligono stellato a partire da un poligono regolare che però sia quello all’interno, più che altro perché può abituare a lavorare anche all’esterno di una figura. In una classe seconda di una scuola secondaria di secondo grado, lo studio del pentagono stellato può attivare un’attività laboratoriale legata al concetto di sezione aurea, del fatto cioè che il lato del pentagono regolare sia la sezione aurea della diagonale; in una classe con conoscenze di trigonometria si può lavorare sui rapporti tra le diagonali e i lati del poligono regolare in generale.

A questo stadio la sperimentazione ha mostrato che

• dal triangolo equilatero e dal quadrato non si formano poligoni stellati (escludendo i casi degeneri, cioè i punti o le figure formate da segmenti); • negli altri poligoni si possono formare sia poligoni convessi regolari con

tanti lati quanti sono i vertici del poligono di partenza o con meno lati del poligono di partenza sia poligoni stellati regolari con tante punte quanti chiodi o con meno punte che chiodi (escludendo i casi degeneri), a seconda di quanti chiodi si saltano, e si possono fare più giri prima di chiudere la figura.

La domanda che a questo punto è naturale è sulla possibilità di prevedere a priori in quale caso si è. Per rispondere a questa domanda, è stato utile far creare agli studenti sui loro quaderni una tabella con un’intestazione come la seguente

dove, nell’ultima colonna, è stato chiesto o di utilizzare la notazione (n; k) o quella di Schläfli con le graffe al posto delle tonde.

Un esempio di compilazione della tabella è visibile nella seguente tabella in cui compare fino al caso n = 12:

n k numero giri convesso? stellato? Numero punte Nome

3 1 1 sì no 0 (3; 1) 4 1 1 sì no 0 (4; 1) 4 2 1 no no - (4; 2) 5 1 1 sì no 0 (5; 1) 5 2 2 no sì 5 (5; 2) 6 1 1 sì no 0 (6; 1) 6 2 1 sì no 0 (6; 2) 6 3 1 no no - (6; 3) 7 1 1 sì no 0 (7; 1) 7 2 2 no sì 7 (7; 2) 7 3 3 no sì 7 (7; 3) 8 1 1 sì no 0 (8; 1) 8 2 1 sì no 0 (8; 2)

n k numero giri convesso? stellato? Numero punte Nome 8 3 1 no sì 8 (8; 3) 8 4 1 no no - (8; 4) 9 1 1 sì no 0 (9; 1) 9 2 2 no sì 0 (9; 2) 9 3 1 sì no 0 (9; 3) 9 4 4 no sì 0 (9; 4) 10 1 1 sì no 0 (10; 1) 10 2 1 sì no 0 (10; 2) 10 3 3 no sì 10 (10; 3) 10 4 2 no sì 5 (10; 4) 10 5 1 no no - (10; 5) 11 1 1 sì no 0 (11; 1) 11 2 2 no sì 11 (11; 2) 11 3 3 no sì 11 (11; 3) 11 4 4 no sì 11 (11; 4) 11 5 5 no sì 11 (11; 5) 12 1 1 sì no 0 (12; 1) 12 2 1 sì no 0 (12; 2) 12 3 1 sì no 0 (12; 3) 12 4 1 sì no 0 (12; 4) 12 5 5 no sì 12 (12; 1) 12 6 1 no no - (12; 6)

Dopo aver redatto la tabella, infatti, gli alunni possono osservare, nelle notazioni della scheda e con le limitazioni sul salto risultanti dalle considerazioni di simmetria, che

• se n e k sono primi tra loro, si toccano tutti i vertici una volta, anche eventualmente facendo più giri dei vertici, e, quindi, il poligono che viene fuori ha n lati (ed è regolare se si fa un giro solo o stellato altrimenti) mentre ciò non accade se n e k hanno divisori in comune;

• se k è divisore di n, il filo non tocca tutti i vertici e non si autointerseca, perciò da luogo o a configurazioni degeneri o a poligoni regolari convessi con meno lati (e può venire naturale chiedersi quanti lati);

• se k e n hanno divisori comuni non banali ma n non è multiplo di k, il filo continua a non toccare tutti i vertici ma si autointerseca, producendo un poligono stellato con meno di n punte (e può venire naturale sapere se possibile dire a priori quante siano).

Per capire meglio che cosa succede, è stato chiesto ai ragazzi di scrivere la successione dei vertici toccati, mettendo all’inizio il vertice da cui partiva il filo (ovvero il vertice n) e poi i vertici che tocca il filo (contando come 0 il vertice di partenza) fermandosi al ritorno al nodo di partenza, con l’accortezza che ogni giro fatto aumenta il numero che identifica il nodo di n, un po’ come la lancetta delle ore nell’orologio che nell’arco di un giorno, quando indica la stessa ora, la indica con due significati diversi. Scritte le successioni in questo modo, agli alunni è stato chiesto se ci fosse qualche legame tra l’ultimo numero scritto, n e k per far loro notare che l’ultimo elemento scritto è proprio il minimo comune multiplo tra

n e k cercando di giustificare il fatto: è multiplo di k perché con la convenzione stabilita il secondo numero scritto è proprio k e se ne segue la tabellina, è multiplo di n perché il poligono si chiude e quindi il filo torna al vertice di partenza ed è il più piccolo tra i multipli comuni perché il filo si chiude nel primo nodo in cui l’etichetta diventa divisibile sia per n che per k. Alla luce di questo fatto, visto che mcm(n; k) ≤ n · k e vale l’uguaglianza solo se M CD(n; k) = 1. A questo punto, i ragazzi si erano stupiti dei collegamenti tra aritmetica (in particolare divisibilità) e geometria. Ciò permette anche di introdurre la divisione euclidea, l’algoritmo di Euclide e qualche cenno di aritmetica modulare a livelli scolastici opportuni. In origine questa parte dell’attività era preceduta da un problema su un gioco di carte con sette giocatori intorno ad un tavolo, carte numerate assegnate in senso orario senza saltare nessuno, in cui veniva richiesto, sapendo la prima carta data ad un certo giocatore, quali altre carte sarebbero state date a quel giocatore e quali proprietà avessero i numeri scritti su queste carte; per motivi di tempo questo problema è stato saltato, ma avrebbe dovuto suggerire che appunto, se una persona avesse avuto l’idea di scrivere la successione dei vertici, avrebbe potuto scriverla tenendo conto dei giri fatti.

Non abbiamo esplicitamente chiamato il risultato di queste osservazioni "teorema" ma abbiamo comunque riassunto la casistica precedente, evitando il ricorso alle lettere per quanto possibile e al contempo cercando di far scaturire delle possibili risposte ai quesiti tra parentesi. Per praticità di notazione, però, qui riassumo i risultati nella maniera più pratica possibile, nonostante chiami il risultato "osservazione" in coerenza con quanto fatto in classe: userò pertanto n per il numero dei punti e k per il salto anche se, con queste notazioni, i vertici saltati sono k − 1 perché il salto mi dice la differenza modulo n tra l’etichetta del vertice di arrivo e quella del vertice di partenza. Inoltre suppongo che k sia compreso tra 1 e la metà di n se n è pari o di n − 1 se n è dispari, estremi inclusi. Osservazione 1. Dato un insieme di n punti vertici di un poligono regolare di n

lati e assegnato un salto k con le limitazioni dette sopra, allora:

1. si formano poligoni regolari (convessi o stellati) con n lati se e solo se M CD(n; k) = 1 e ho esattamente tanti poligoni diversi quanto vale la metà dei k coprimi con n e maggiori di 1 (stellati) aumentata di 1 (il caso convesso, per k = 1);

2. se n è multiplo di k (ovvero M CD(n; k) = k) ho casi degeneri (segmenti) se n = 2k e ho poligoni regolari convessi con nk lati;

3. se n non è multiplo di k ma hanno divisori in comune (ovvero d := M CD(n; k) 6= 1), ho poligoni regolari stellati con nd lati.

Come conclusione dell’attività, è stato assegnato come compito agli studenti l’analisi del caso n = 20. Nonostante pochi studenti abbiano affrontato questo compito, riassumo comunque i risultati, con le solite convenzioni su k:

• per k = 1 il poligono che si forma è regolare e ha 20 lati;

• per k ∈ {2; 4; 5} si formano poligoni regolari, rispettivamente con 10, 5 o 4 lati;

• per k ∈ {3; 7; 9} si formano poligoni stellati a 20 punte; • per k ∈ {6; 8} si formano poligoni stellati con 10 punte;

• per k = 10 si forma un segmento, caso degenere.

Tirando quindi le fila, è emerso che il concetto di massimo comun divisore è uno strumento che permette di stabilire fatti geometrici sulla possibilità di ottenere poligoni stellati e di contare le possibili configurazioni: ho poligoni stellati con n stelle se k è maggiore di 1 (perché per k = 1 si ottengono i poligoni regolari) e se M CD(n; k) = 1 e quindi ottengo un numero di poligoni stellati diversi pari alla metà di quanti sono i k maggiori di 1 e coprimi con n; questo fatto, se si fa l’attività in scuole secondarie di secondo grado, può servire ad introdurre anche la funzione ϕ di Eulero e alcuni suoi utilizzi combinatorici.

La classe in cui è stata attuata la sperimentazione ha il pregio di non essere una classe "pollaio" (ovvero troppo numerosa) e di essere, allo stesso tempo, un gruppo di culture eterogenee: una metà circa degli studenti sono stranieri e una studentessa in particolare è arrivata in Italia nel mese di Settembre 2016, pochi giorni prima dell’inizio della scuola.

4.3

Laboratorio per la classe II: tassellazioni del-