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4.5.1

Laboratorio sui geopiani

Per concludere l’attività, sono stati lasciati dei compiti sia in itinere che a fine attività: durante il percorso è stato chiesto di scrivere un resoconto dell’attività passo passo, come se i ragazzi dovessero raccontare il loro vissuto agli studenti di un’altra classe, a fine percorso è stato richiesto di contare e prevedere quali fossero le possibili configurazioni ottenibili da un poligono di 20 lati e, poi, di verificare le loro congetture (e allegare tutto alla relazione). Purtroppo, però, molti ragazzi della classe hanno evitato o fatto con poca cura il compito assegnato.

In ogni caso, i ragazzi della classe hanno mostrato di essere a loro agio con questo tipo di attività, probabilmente perché l’insegnante propone spesso una didattica basata sul laboratorio, e di essere collaborativi e partecipi con l’attività in classe. Qualcuno dei ragazzi ha anche prodotto ottimi elaborati, dettagliati e che fanno notare una profonda comprensione di quanto visto. La maggior parte ha comunque collaborato alla discussione in classe fornendo spunti utili alla discussione e strategie. L’attività di monitoraggio tra i gruppi è stata svolta congiuntamente dalla professoressa e da me, così come quella di coordinazione della discussione nei momenti dedicati ad essa. Va però rimarcato come nei momenti di istituzionalizzazione intervenissero sempre i soliti, anche se si cercavano di spronare gli altri ragazzi.

Nella discussione, comunque, sono anche venute fuori questioni interessanti su come confrontare diversi poligoni stellati partendo dalla stessa tavola guardando gli angoli delle punte e alcune soluzioni interessanti ad alcuni problemi, tipo quella di scomporre il poligono in triangoli e quadrilateri per calcolare gli angoli interni o l’analogia con l’orologio nel percorrere i vertici dei poligoni. Nonostante siano abituati ad attività di laboratorio, però, non è stata sviluppata una tendenza ad argomentare: questo si vede sia dal fatto che non veniva loro naturale motivare osservazioni o strategie sia dal disorientamento di alcuni a richieste di spiegare. Questo può essere attribuito sia alle difficoltà linguistiche di molti che hanno difficoltà a gestire la lingua (anche perché a casa con i genitori non parlano italiano), difficoltà che possono aver portato ad evitare o ridurre sostanzialmente

le richieste di motivare per far sì che si sviluppi una migliore capacità di problem solving, sia al fatto che fossero studenti di prima media e non avessero, di conseguenza, ancora dimestichezza con un livello di formalizzazione diverso rispetto a quello al quale erano abituati. Probabilmente basta che prendano l’abitudine a spiegare ad altri e a loro stessi cosa hanno pensato sistematicamente, alcuni già lo facevano nelle discussioni di laboratorio.

In generale, avevano un atteggiamento corretto ed educato nei confronti dell’altro: ascoltavano gli interventi altrui senza parlarci sopra, parlavano uno per volta e interagivano bene con i responsabili.

Tra tutti gli studenti della classe, tutti i presenti all’attività hanno tenuto un resoconto, almeno in forma abbozzata; purtroppo, quasi nessuno era completo, come se degli aspetti dell’attività fossero stati completamente eliminati; una buona parte aveva riportato solo dati e misurazioni in modo completamente scollegato e non motivato. Tuttavia, un paio di resoconti, per quanto non presentassero certe parti, denotavano una buona partecipazione e un buon livello di comprensione e di competenza: presentavano spiegazioni su più registri, osservazioni venute fuori nella discussione (che, mancando certe altre osservazioni, sembravano fuori contesto) e altre idee anche se non giustificate.

Durante l’attività, gli studenti hanno sempre lavorato a turno, nel rispetto reciproco, con gli strumenti e producendo congetture, misurando, aiutandosi a vicenda.

4.5.2

Laboratorio sulle tassellazioni

A differenza dei ragazzi di prima, non è stato chiesto agli studenti di produrre né passo passo né alla fine una relazione sull’attività, però spesso essi hanno pensato autonomamente a questioni da porre in classe o a possibili soluzioni. Anche in questo caso, gli allievi si sono mostrati a loro agio e abituati con attività laboratoriali, alle quali partecipavano con entusiasmo (a volte troppo!) e collaborazione. Parte del materiale utilizzato in classe comunque non era originariamente parte della mostra, ma è stato incluso nel percorso per fare in modo che sentissero propria una parte della mostra e, quindi, parte attiva. Anche in questo caso, l’attività di monitoraggio è stata seguita in modo congiunto e collaborativo dalla docente e da me e lo stesso si può dire anche per la coordinazione della fase di discussione. Ci sono stati alunni che, nonostante fossero direttamente interpellati o spronati a partecipare, hanno collaborato pochissimo nelle fasi di istituzionalizzazione; gli altri tuttavia si alternavano in modo equilibrato e, di conseguenza, non erano sempre le stesse persone a intervenire.

La discussione ha favorito anche osservazioni e idee interessanti, come ad esempio provare a raggruppare i poliedri in base alle facce o alla quantità di spigoli per vertice o le voci sulle conoscenze pregresse o provare a dividere poliedri che tassellano ritagliandoli. Tuttavia, così come in prima, era possibile notare la mancanza di spontaneità nell’argomentazione: gli studenti motivavano le osservazioni e le loro deduzioni solo se veniva loro richiesto in modo esplicito, a volte in modo preciso, a volte per sommi capi. Alcuni hanno cominciato a produrre giustificazioni spontaneamente durante l’attività. Va comunque osservato che la classe fosse composta anche da studenti con difficoltà linguistiche perché di origine straniera, che hanno comunque prodotto giustificazioni e argomentazioni stringate ma chiare nel corso dell’attività. Tutti gli studenti che

hanno partecipato lo hanno fatto cercando di usare più registri, dal disegno, al conteggio e alla spiegazione orale.

In generale, era possibile vedere un atteggiamento corretto, educato e positivo nei confronti dell’altro così come rispetto reciproco e collaborazione. I ragazzi hanno prodotto anche sia loro elaborazioni personali, sia resoconti di gruppo, sia un diario di bordo di classe, nonostante non fosse stato esplicitamente richiesto, e hanno mostrato questo materiale all’insegnante: questo è contemporaneamente segno che anche gli alunni che sono intervenuti poco nella discussione hanno partecipato all’attività e che relazioni in itinere e finali sono entrati nella prassi didattica del laboratorio, fatto che spinge gli alunni a lavorare dimostrando anche una certa autonomia. Ciononostante, la mancanza di indicazioni esplicite ha fatto sì che molte elaborazioni fossero molto schematiche e non sempre coese. Infine, parte del materiale prodotto, quello più resistente, è stato poi aggiunto a quello della mostra, fatto che gli studenti hanno reputato fonte di soddisfazione e orgoglio.

4.5.3

Laboratorio sulle sezioni del cubo

A differenza delle altre due classi, tutta la realizzazione dell’attività è stata un po’ più difficoltosa del previsto. Per quanto la classe non fosse eccessivamente numerosa (17 alunni), infatti, essa ospitava due studenti portatori di handicap (di cui un audioleso e uno portatore di ritardo medio), uno con DSA e fortemente iperattivo, sei stranieri con notevoli difficoltà linguistiche e otto allievi con BES, anche loro iperattivi, di cui due legati a situazioni di disagio socio-economico- culturale. In classe erano sempre presenti anche almeno tre insegnanti di sostegno, vista la natura della classe. È stato difficile costruire i gruppi di lavoro, vista la configurazione particolare della classe e vista la mancanza di una fascia intermedia di valutazione.

Alcuni studenti non riuscivano ad avere un rapporto con l’insegnante che non fosse conflittuale, ma nei miei confronti si sono sempre posti in modo rispettoso. In ogni caso, la partecipazione all’attività ha coinvolto tutti gli studenti, ma è stata da alcuni intesa più in un aspetto ludico che in un aspetto didattico. Alla discussione e al lavoro a gruppi hanno partecipato tutti gli studenti, ma sempre nel rispetto reciproco dell’altro, cercando di fare osservazioni, motivarle, spiegarle facendo riferimento a più registri (l’oggetto fisico, un suo eventuale sviluppo o una sua rappresentazione su un piano, il calcolo formale, l’analisi del modo in cui il piano tagliava le facce) e aiutandosi a vicenda, nonostante le già citate difficoltà linguistiche. L’insegnante mi ha detto che a intervenire più spesso, paradossalmente, sono stati alcuni tra gli alunni che risultavano più deboli guardando le valutazioni, che hanno apportato molte considerazioni utili nella fase di esplorazione. Vista la natura della classe e visto che in una classe conclusiva un po’ di preoccupazione è rivolta all’esame, è stato scelto di alternare con maggiore frequenza le fasi di esplorazione e quelle di discussione, per cercare di mantenere viva l’attenzione di alcuni studenti della classe. Durante la fase di discussione, la docente faceva in modo che ci fosse equilibrio tra le voci, mentre a me è spettato il compito di istituzionalizzare quanto emerso man mano. Ciononostante, spesso in uno stesso intervento erano coinvolte più persone: in alcuni casi, infatti, uno studente proponeva un’idea (o di esplorazione o di motivazione) in forma molto abbozzata e non spiegata e poi altri studenti cercavano o di spiegare l’idea del compagno o di giustificarla mettendosi nei

suoi panni o di correggerla, cercando per quanto possibile di argomentare la loro posizione. Va tuttavia detto che non sempre l’argomentazione era prodotta spontaneamente, ma era una risposta alle richieste dei supervisori o dei pari.

È stato inoltre assegnato il compito di scrivere un diario di bordo e una rela- zione condivisa di classe su quanto osservato, ma il compito è stato generalmente ignorato. In compenso qualche studente ha prodotto relazioni individuali di cui una sola completa, molto dettagliata e precisa fatta da un’allieva che, per alcuni aspetti, si è anche spinta oltre quanto visto in classe inserendo anche alcuni esperimenti mentali o sue conclusioni su situazioni che in classe abbiamo visto un po’ di fretta o, ancora, particolari osservazioni; la studentessa ha anche cercato di mantenere nel suo elaborato un equilibrio tra i diversi registri (figure, ragionamenti scritti, calcoli, relazioni...). Va, però, detto che ella partecipa da anni alle competizioni Kangourou con entusiasmo e quindi affronta lo studio della materia con passione. Le altre relazioni prodotte sono state, invece, fortemente lacunose: mancavano alcune osservazioni dell’attività, alcune conclusioni erano scritte con un linguaggio poco preciso, in alcune relazioni sono stati allegati dei disegni che più che evidenziare confondevano le idee o venivano presentati solo i risultati, di cui molti senza giustificazione.

La docente mi ha inoltre detto che, in una classe così, il difficile è proprio fare lezione, non solo organizzare attività di laboratorio, ma proprio per la peculiare composizione della classe. Ciononostante, l’attività laboratoriale ha stimolato tutti gli allievi della classe, soprattutto quelli con più difficoltà, e li ha coinvolti in un ambiente di apprendimento collaborativo con strumenti interattivi (come il cubo trasparente con l’acqua) e quindi è stata accolta con piacere dai ragazzi. In classi come questa, quindi, fare laboratorio fa bene perché, anche se magari non ci sono riscontri immediati a causa del fatto che la didattica laboratoriale è basata su tempi lunghi, è un modo di fare matematica che coinvolge gli studenti in prima persona e in modo attivo, quindi anche gli studenti con più difficoltà riescono a partecipare e ad apprendere.

4.6

Modifiche ed adattamenti per diversi livelli