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Osservazioni relative ad una visita alla mostra a Pisa

Ho deciso anche di spendere qualche parola sull’osservazione di una classe di scuola media in visita alla mostra di via Possenti a Pisa che mi è parso interessante

studiare durante la visita.

Durante il colloquio con le professoresse Sebellin e Bausani nella parte di visita alla mostra, ho notato che a parlare erano sempre i soliti studenti, mentre gli altri parlavano solo se interpellati, nonostante il fatto che molti di loro fossero coinvolti nella sperimentazione manuale già durante la visita guidata. Inoltre, dalle domande poste durante la visita, sono emerse alcune misconcezioni molto diffuse in ambito geometrico, come per esempio il fatto che ogni triangolo avesse una sola base (e che, in particolare, appoggiando la figura su diversi lati, nessuno degli altri lati veniva chiamato base) o che le altezze cadano all’interno del lato (quindi né sugli estremi né sui prolungamenti dei lati) o che, raddoppiando il raggio di un cerchio, raddoppiava la sua area. Riporto questi a titolo di esempio, ma ne sono venuti fuori anche altri e in altri ambiti. Tali misconcetti sono stati anche interessanti spunti di discussione durante la visita, per superarli in modo da far capire quali fossero gli errori e le contraddizioni cui questi portano attraverso il confronto tra pari, con l’insegnante e con le guide, attività che sia gli studenti, sia la loro docente sembrano avere gradito.

È infatti questo confronto a rendere la visita un interessante momento di laboratorio matematico, di messa in discussione per superare una costruzione di significato errata e per mettere le basi di una nuova appropriazione. Ciò può avvenire solo tramite il dialogo e il confronto, tramite l’argomentazione e il rispetto delle posizioni altrui: le persone che hanno la funzione di guida possono sfruttare gli interventi dei visitatori, se rivelano misconcetti, per metterli in discussione in modo che siano loro stessi a rendersi conto di possedere un significato errato o incompleto e quindi a sentire la necessità di ricostruire correttamente i significati fonte di misconcezione, in modo da rendere la visita un momento di insegnamento-apprendimento.

Alla visione del materiale, segue una parte di sperimentazione con esperienze diverse a seconda delle classi in visita, più manuale e coinvolgente per gli studenti (che hanno, sì, fatto esperienze durante la visita ma soprattutto mentali) che ora si trovano a dover gestire sul campo un problema collegato a quanto hanno visto. Eventualmente possono essere divisi in gruppi e fare esperienze differenti, per poi raccontarle al resto della classe. Anche il percorso della mostra in sé è adattabile a diversi livelli scolastici, in quanto parte del materiale preparato può essere incluso o escluso dal percorso a seconda del livello della classe e di eventuali richieste del docente, originando diversi itinerari possibili.

La classe in questione era una seconda di scuola secondaria e gli alunni hanno fatto esperienze collegate alle pavimentazioni (ovvero alle tassellazioni del piano) e alle decorazioni stellate, divisi in gruppi. Devo ammettere, anche se ovviamente durante la mostra non ha avuto luogo la fase di istituzionalizzazione, che il tempo dedicato a questa parte dell’attività è stato usato in modo sapiente: non ho visto, in genere, perdite di tempo da parte dei ragazzi, che hanno lavorato con ordine e metodo.

Capitolo 6

Risultati e riflessioni

Per concludere di questo percorso di tesi, in questo capitolo viene fatta una riflessione sulla sperimentazione fatta. Avendo dedicato il capitolo precedente al confronto tra prove in ingresso e in uscita e il capitolo 5 al commento delle attività svolte in classe con proposte di modifica per livelli scolastici diversi da quello dove è avvenuta la sperimentazione, inserisco anche qualche riflessione personale sul tirocinio e sulla progettazione delle attività.

In generale, progettare e realizzare le attività è stato divertente, anche perché ha permesso a me, in primo luogo, di mettermi alla prova e di inserirmi in livelli scolari che forse non sperimenterò di nuovo. D’altra parte, è stato comunque difficile trasporre le attività scelte per adattarle al livello scolastico prescelto e al contesto, sempre unico, della classe di riferimento.

Chi pensa un’attività per un certo livello scolare, infatti, spesso sa quello che gli studenti dovrebbero sapere e saper fare in un determinato periodo e prevede, in relazione a questi standard, un ben determinato intervallo di tempo per predisporre il materiale e gestire l’esplorazione. In genere, però, non tiene conto (perché ignora il contesto specifico della singola classse) dello specifico ambiente in cui quest’attività andrà a essere installata. Può accadere che non bastino le ore previste e che quindi l’insegnante debba fare degli aggiustamenti, può darsi che ci siano perdite di tempo dovute a un’errata interpretazione dell’ambiente di laboratorio da parte della classe ma può anche darsi che la classe accolga bene il nuovo ambiente e utilizzi il tempo previsto in modo ottimale.

Nel corso della sperimentazione, ho avuto modo di notare in prima persona come, in fase attuativa, l’attività venga modificata rispetto al progetto: in classi particolarmente turbolente, come la terza della sperimentazione, può essere particolarmente difficile gestire la messa in pratica perché gli studenti, o per scarsa abitudine o per motivi di comportamento, magari interpretano l’ambiente come ludico e quindi non portano a termine l’attività con serietà; invece, in classi, come la seconda, particolarmente abituate allo svolgimento di attività laboratoriali e poco turbolente, mettere in pratica l’attività e gestirla diventa molto semplice e può portare a dover diminuire le ore. Le modifiche possono essere sia a livello di tempistiche che di contenuto, per esempio modificando il numero delle ore previste o tagliando alcune parti dell’esperienza (come è successo in prima).

D’altra parte, una stessa attività può avere valenze diverse se fatta in diversi periodi o effetti diversi se attuata in diverse classi di pari livello. È quindi

opportuno cercare, se possibile, di ripetere su diversi livelli scolari una stessa attività per concentrarsi su significati e aspetti diversi. Ci sono delle attività che sono previste per essere riprese su diversl livelli scolari, utilizzando strumenti diversi e con scopi differenti dagli altri livelli. La stessa cosa, con opportuni accorgimenti, si può ripetere per le attività oggetto della sperimentazione. Non mi dilungherò qui nel ripetere le possibili variazioni e i possibili accorgimenti per adattare le attività utilizzate ad altri contesti, in quanto vi ho già dedicato un intero paragrafo.

Per quanto riguarda l’impatto dei laboratori sui risultati del test, di certo posso concludere che, all’interno del (seppur piccolo) campione di studenti testato, la sperimentazione non ha avuto gli effetti desiderati, nel senso che non emerge, in generale, un sensibile miglioramento delle competenze che talvolta invece sembrano peggiorare, così come delle abilità di problem solving. Tuttavia, in casi sporadici si notano progressi in tale senso e, in una delle tre classi, i casi di progresso sono la maggioranza. gli altri sono stazionari o, se presentano dei risultati di regresso, sono di lieve entità. Ovviamente, questi risultati non permettono di generalizzare e non contraddicono gli studi di carattere pedagogico su questi argomenti, ma sono solo indice del fatto che, in questo caso, gli esiti non sono quelli sperati.

Questo può essere dovuto al fatto che manchi l’abitudine, da parte dei ragazzi, a un contesto di apprendimento laboratoriale. In prima molti studenti sono di provenienza straniera e hanno fatto parte dei livelli scolastici inferiori in Paesi con tradizioni didattiche differenti; in particolare, una delle allieve di prima è arrivata in Italia poco prima dell’inizio dell’anno scolastico e quindi ha anche notevoli difficoltà con l’uso della lingua, che quindi inibiscono l’efficacia del laboratorio nel suo percorso. Inoltre, non è detto che gli insegnanti delle primarie si attengano alle indicazioni, assegnando la giusta importanza al laboratorio. In seconda, invece, probabilmente gli studenti avevano una maggiore abitudine a gestire momenti di laboratorio e questo si è riflesso sia nella gestione dell’attività sia nell’analisi dei test; anzi, gli studenti hanno mostrato anche maggiore rispetto reciproco rispetto ai colleghi di prima. In terza, la composizione della classe rende di suo difficile organizzare un’attività laboratoriale: tanti studenti con difficoltà linguistiche, uno studente con DSA, due con handicap e due con BES sono notevolmente penalizzati dai momenti di confronto richiesti da un tale tipo di didattica e ciò non fa che amplificare eventuali loro insicurezze. Inoltre, il fatto che la classe non contenga studenti con competenze di livello intermedio rende molto difficile una divisione in gruppi che non metta nessuno a disagio, di conseguenza eventuali attività di laboratorio si concentrano più sull’introduzione di un nuovo concetto che sullo sviluppo di capacità di argomentazione ad esso collegate. Ciò porta i ragazzi (e l’insegnante) a sottovalutare l’esperienza in questo contesto di apprendimento e a vederlo quasi come uno spazio di gioco, limitandone le potenzialità.

Un’altra possibilità è invece legata al tempo: una didattica di tipo labora- toriale non è adatta alle restrizioni temporali, ma ha tempi lunghi; pertanto è possibile che i risultati non si possano apprezzare all’interno di un lasso temporale come quello in cui ha avuto luogo la sperimentazione ma che emergano dopo un intervallo di tempo maggiore o, addirittura, in livelli scolastici superiori. Inoltre, come già è stato detto, la sperimentazione si è svolta nel giro di un quadrimestre, considerando anche la progettazione, e le ore dedicate ad essa in classe sono state abbastanza distanziate, anche per garantire alle docenti di poter svolgere le

lezioni programmate su argomenti esterni a quelli oggetto dell’attività e per dare modo agli studenti di interiorizzare quanto avessero visto durante il laboratorio con riflessioni personali e tramite il confronto tra di loro e con la docente, ma ciò non è stato sufficiente. Secondo me, anche se può essere conseguenza di un’eccessiva idealizzazione delle classi in fase di progettazione dell’attività, è più probabile che la causa dell’inadeguatezza risieda anche in una mancanza di riflessione personale da parte degli studenti: infatti, la qualità delle relazioni personali chieste ai ragazzi fa pensare a compiti tirati via, piuttosto che al frutto di un ripensamento alle esperienze.

Il laboratorio è un ambiente in cui si può imparare divertendosi, giocando e sperimentando ma non ha funzioni di ludoteca didattica, perciò sottovalutarne l’efficacia vedendolo come uno spazio di gioco ne inibisce fortemente la validità e può compromettere un effettivo e consapevole apprendimento. In effetti, un am- biente di laboratorio comporta dei compiti per l’insegnante, che deve progettare un ambiente di apprendimento e ne deve gestire luoghi, tempi, modalità tenendo sempre presenti le necessità della classe, gli scopi intorno ai quali costruire le attività, e per l’allievo, che deve assumersi la responsabilità di assumere un atteggiamento corretto nei confronti dell’ambiente che, nonostante sia progettato per fare esperienza, non è necessariamente uno spazio di gioco. L’allievo ha anche il dovere implicito di ripensare alle esperienze per costruire i significati e ciò può accadere solo se i momenti di esperienza sono affiancati da momenti di riflessione sia personale che condivisa. Se questo viene a mancare, l’ambiente perde di efficacia, sia perché non è più in grado di garantire che avvenga un processo di apprendimento significativo, sia perché comporta un successo inferiore alle attese e, quindi, perde di credibilità, correndo il rischio che il laboratorio venga percepito come momento di gioco.

Il laboratorio, inoltre, non deve essere fine a sé stesso ma deve inserirsi in un progetto didattico di ampio respiro, anche nell’ottica di ricercare una continuità verticale all’interno del curricolo, fenomeno che è fortemente incoraggiato anche nel testo delle indicazioni nazionali che individuano nel laboratorio l’elemento fondante dell’insegnamento-apprendimento delle scienze e della matematica a tutti i livelli scolastici.

In conclusione, una didattica di tipo laboratoriale ha un impatto positivo sull’apprendimento. Secondo me, però, i risultati in termini di competenze raggiunte dagli studenti non migliorano automaticamente. Per ottenere un progresso, occorre una perfetta integrazione di una didattica di questo tipo con l’intero percorso didattico dello studente.

Bibliografia

[1] la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, dispo- nibile al sito https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri= celex%3A32006H0962;

[2] le Indicazioni Nazionali 2012 per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo d’istruzione, disponibili al sito http://www.indicazioninazionali.it/ wp-content/uploads/2018/08/Indicazioni_Annali_Definitivo.pdf; [3] i documenti Matematica 2001 e Matematica 2003 del curricolo UMI-CIIM

"la matematica per il cittadino", disponibili sul sito https://www.umi-ciim. it/materiali-umi-ciim/ dell’UMI-CIIM;

[4] l’articolo Nascita e sviluppi dell’Officina matematica di Emma Castelnuovo nella Casa-laboratorio di Cenci di F. Lorenzoni, disponibile sul sito http: //www.cencicasalab.it/node/23;

[5] Il laboratorio di matematica: storia e osservazioni di M. Bartolini Bussi, 2007, reperibile a pagina 7 di http://kids.bo.cnr.it/irrsaeer/rivista/ innoegionale8-06.pdf;

[6] L’emergere dell’idea di laboratrorio di Matematica agli inizi del Novecento di L. Giacardi, 2011, disponibile al sito http://www.umi-ciim.it/wp-content/ uploads/2013/11/P03_GiacardiDIFIMACORRlivia.pdf;

[7] Il laboratorio come "ambiente" per l’insegnamento-apprendimento della matematica: riflessioni di M. Reggiani, 2008, reperibile al sito https://www. formazionescienzesociali.unisalento.it/c/document_library/get_ file?uuid=4e512670-d57c-479e-b9cf-6fb60b2d9996&groupId=886128; [8] Laboratorio di Matematica e Tecnologia di G. Chiappini, 2003, reperi-

bile al sito https://www.dm.uniba.it/Members/efaggiano/didattica/ Sem_Did/ischiatti_chiappini.pdf;

[9] Toward a didactic practice based on mathematics laboratory ac- tivities di G. Chiappini e M. Reggiani, 2003, reperibile su https://www.researchgate.net/publication/237588896_TOWARD_A_ DIDACTIC_PRACTICE_BASED_ON_MATHEMATICS_LABORATORY_ACTIVITIES; [10] Il laboratorio didattico di matematica: riferimenti teorici per la sua costru-

zione di G. Chiappini, 2007, reperibile a pagina 8 di http://kids.bo.cnr. it/irrsaeer/rivista/innoegionale8-06.pdf;

[11] Costruire e usare macchine matematiche in laboratorio di S. Barbieri, M. Maschietto, M. S. Mazzamurro, F. Scorcioni e R. Serravall, 2017, re- peribile su https://iris.unimore.it/retrieve/handle/11380/1151059/ 177588/Maschietto2017_Atti_DiFiMa2015.pdf;

[12] La ricerca in Didattica della Matematica come epistemologia dell’appren- dimento della Matematica di B. D’Amore, 2002, reperibile online al sito http://www.dm.unibo.it/rsddm/it/articoli/damore/438%20ricerca% 20in%20didmat%20come%20epistemologia%20apprendimento.pdf; [13] Il sapere matematico di D. Paola, 2008, reperibile online al

sito http://www.domingopaola.altervista.org/paoladomingo/assets/ files/curriculum/Il_sapere_matematico_Paola.pdf;

[14] Il laboratorio per l’insegnamento-apprendimento della matematica: le pro- poste rivisitate della commissione UMI di D. Paola, 2008, reperibile online al sito http://www.matematica.it/paola/DomingoPaderno.doc;

[15] Dal laboratorio al testo: la matematica si può e si deve ca- pire sempre di D. Paola, 2011, reperibile online al sito http: //www.domingopaola.altervista.org/paoladomingo/assets/files/ curriculum/Dal_laboratorio_al_testo_bis.pdf;

[16] Didattica laboratoriale e costruzione di competenze nell’insegnamen- to/apprendimento della Matematica di M. Polo, 2017, reperibile al sito http://annali.unife.it/adfd/article/view/1575;

[17] I suggerimenti della ricerca in didattica della matematica per la pratica sco- lastica, appunti scritti dalla docente per corso di Didattica della Matematica dell’Università di Pavia tenuto da A. Pesci dell’anno accademico 2013/2014, capitoli I e V, reperibile su http://www-dimat.unipv.it/pesci/Dispense_ Didattica_2013.pdf;

[18] Musei e mostre per la matematica: tra divulgazione e didattica di A. Fioc- ca, 2015, reperibile sul sito http://annali.unife.it/adfd/article/view/ 1091;

[19] Macchine matematiche e laboratorio di M. Maschietto, 2007, re- peribile a pagina 21 di http://kids.bo.cnr.it/irrsaeer/rivista/ innoegionale8-06.pdf.

Grazie a...

• ...ai professori che mi hanno seguito in questo percorso di tesi, che può sembrare banale ma in realtà è molto affascinante e ricco di particolari non facili da gestire;

• ...alle professoresse Giulia Menconi, Ornella Sebellin e Rosellina Bausani dei Laboratori Franco Conti che mi hanno dato spunti per l’attività svolta in classe permettendomi di portare a termine l’attività;

• ...alle professoresse Egidia Fusani e Laura Salaro dell’associazione "Mate- matica in gioco" che hanno acconsentito a farmi fare il tirocinio nelle loro classi (seppure io miri ad un livello scolastico leggermente differente); • ...agli alunni delle classi in cui ho svolto il tirocinio legato a quella tesi, che

hanno mostrato una collaborazione totalmente inaspettata;

• ...alle professoresse Patrizia Curetti e Antonella Nicelli grazie alle quali ho mosso i primi passi (bellissimi) in classe;

• ...alla mia famiglia che mi ha spinto a seguire le mie passioni e ad amarle ancora di più;

• ...a tutti coloro che hanno avuto occasione di conoscermi e apprezzarmi già prima dell’università, che siano stati compagni di asilo, elementari, medie o liceo oppure miei compari nelle avventure musicali e che non hanno abbandonato questo povero pazzoide durante questi anni;

• ...alle amicizie fatte durante la laurea triennale, persone che hanno reso quegli anni un percorso speciale, anche solo per poco tempo;

• ...a tutti le persone con cui ho stretto rapporto durante la magistrale, sia in università che fuori.