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CAPITOLO II: ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS DI UGO FOSCOLO

2. LE CARATTERISTICHE DEL ROMANZO EPISTOLARE

Fondamentale per comprendere le modalità di sviluppo del romanzo epistolare in

Ultime lettere di Jacopo Ortis, è uno studio di Giuseppe Nicoletti: Il metodo dell’Ortis e altri studi foscoliani, pubblicato nel 1978, così come anche il volume di Matteo

Palumbo: Saggi sulla prosa di Ugo Foscolo, pubblicato nel 1994. Il romanzo epistolare in Italia non ebbe grandissimo successo prima della pubblicazione delle Ultime lettere

di Jacopo Ortis, e lo ribadisce il fatto che nella Notizia bibliografica Foscolo faccia

riferimento, come metro di paragone, a testi di origine europea, nello specifico I dolori

del giovane Werther di Goethe, testo da cui sente la necessità, in parte, di prendere le

distanze, La Nouvelle Heloise di Rousseau, le Liaisons dangereuses di Laclos e la

Clarissa di Richardson. La particolarità che accomuna questi testi è l’essere definiti

romanzi degli “affetti” e non dei “fatti”; lo scarto sensibile rispetto ai romanzi d’azione è che tutta l’attenzione è catalizzata sui sentimenti, gli affanni, i dolori e le passioni dei protagonisti. A tal proposito, Foscolo, nelle considerazioni avanzate nella Notizia

Bibliografica, pone al centro della propria riflessione la parola passione: un termine

dall’etimo incerto che andrebbe inteso come «stato di dolore per un intenso desiderio protratto»5. Dunque la passione, con la connotazione negativa che assume, diventa l’oggetto della rappresentazione; la materia del romanzo non si fonda infatti sulle sorprese della trama ma piuttosto sulle oscillazioni di un’anima, sui suoi turbamenti, i disinganni e i desideri inappagati. La connessione tra Rousseau, Goethe e Foscolo stesso in questo caso è imprescindibile, ed è stato proprio quest’ultimo a mettere in evidenza la portata delle differenze che separano Giulia de La Nuova Eloisa da Werther

5 Ugo Foscolo, Notizia bibliografica, in Ultime lettere di Jacopo Ortis, a cura di Giuseppe Nicoletti, Le Monnier, Firenze, p.279

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e Ortis, accomunati però dalla tipologia specifica di romanzo; gli autori sono infatti riusciti a dare rilievo ai sentimenti rispetto alle azioni, come illustra lo stesso Foscolo:

A chi scrive è più agevole siccome anche più grato a chi legge, il romanzo tessuto di complicate vicende, vario di caratteri e dilettevole per inaspettate catastrofi esposte con brio, con passione e con eleganza […] invece la difficoltà di lasciare da parte le avventure meravigliose e i molti accidenti, e contentarsi di assai pochi e ordinari, a fine di agitare e sviscerare per mezzo di questi un solo carattere umano e di richiamare per tutto il corso d’un volume i lettori sovr’esso, è malagevolissima a sormontarsi. L’autore così non esercita piacevolmente la fantasia di chi legge; la quale per altro essendo prestissima a muoversi, non tarda a stancarsi; ma ove gli riesca bene il suo schietto lavoro, eccita i cuori a osservare commossi in que’ fogli la malattia giornaliera e progressiva d’un altro cuore umano febbricitante di passioni e per cose che tutto dì accadono a tutti. […] la sostanza d’un romanzo, come il Werther e l’Ortis, consistendo tutta di commozioni naturali, penetra le anime.6

In questo modo si dà vita ad una precisa morfologia narrativa per cui il legame con il lettore non avviene sulla base della seduzione dell’intreccio quanto sulla capacità di creare una rappresentazione verosimile basata su fatti quotidiani; dalla lettura e assimilazione dei moti dell’animo di uno o più personaggi deriva un effetto particolarissimo su chi legge, perché questi è profondamente suggestionato dall’esperienza fantastica in cui è coinvolto. Questi scrittori dunque scoprono il potenziale che può derivare da una particolare forma narrativa che agisce profondamente sull’immaginazione e che offre la possibilità di rivivere intensamente delle emozioni veritiere anziché delle divertenti avventure. Nella fattispecie è il romanzo epistolare, appunto, che si presta come la miglior forma per questa strategia; da questo punto di vista è però opportuno specificare le differenze che intercorrono tra i romanzi sopracitati nell’utilizzo della medesima tecnica narrativa. Per quanto riguarda la Nuova Eloisa, Rousseau predilige una soluzione a più voci narrative, che è il paradigma più classico ed antico per il romanzo epistolare, che si basa sulla corrispondenza intrecciata di più personaggi e su un impianto polifonico, che permette dunque di rivivere un medesimo momento da diversi punti di vista; questo approccio

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determina però nel lettore un atteggiamento di distacco, perché costretto continuamente a passare da un punto di vista all’altro, e di riflessione. Egli assiste alla diverse ragioni che vengono messe in campo, preoccupandosi però principalmente del giudizio che assolve o biasima le loro scelte; il romanzo di Rousseau è interamente orientato sui sentimenti, ma dall’impianto centrifugo che costruisce può nascere un interesse solo intellettuale al mutare dei pensieri e dei comportamenti. Ciò che per Rousseau è importante è subordinare i sentimenti al controllo morale, all’ ethos:

Veggonsi infatti in quelle lettere gli affetti dolcissimi, inquieti, profondi; i generosi sensi; gli errori di mente; le ingannevoli illusioni di perpetua felicità e di pura virtù; le colpe e le sciagure e i ravvedimenti, che finalmente si risolvono e si concentrano in un lungo sentimento sublime di passione purificata dalla ragione protratto fino alla morte […] Alla seconda lettura di quelle lettere, massime chi la ripiglia in età matura, ognuno s’accorge che Rousseau non ha colto nel segno appunto perché ha voluto mirarvi un po’troppo. Anzi un uomo di tempra veemente […] raffreddavasi alla lettura della Nuova Eloisa, perché i personaggi volevano a forza sentire più di quel che naturalmente sentivano; ne ha mai potuto finirne un volume. […] Nondimeno è certissimo che le passioni sono nella Nuova Eloisa oratoriamente descritte, come da persone che non ne sono attualmente invasate, ma che con l’immaginazione e con la ragione ritornano a’ tempi passati per esaminare il loro cuore. […]. La virtù dei loro sentimenti, delle loro parole, delle loro azioni non germoglia da’ cuori che la sentono, e che però non possono operare altrimenti; bensì dai sistemi morali.7

Rousseau costruisce in sostanza delle maschere, e questo primato del sistema morale sulla naturalezza delle passioni è la causa prima di quel «romanzesco incredibile»8 che l’autore pensava di aver evitato. In questo caso il termine romanzesco è in aperta antitesi con la definizione di romanzo strettamente legata alla dimensione del vero e della contemporaneità; l’autore della Nuova Eloisa infatti «adesca il lettore alla meraviglia, e lo svia dal cuore dei personaggi; innalza la sua ragione a ideali contemplazioni di perfezione morale, in guisa che benché il libro sia pieno di sentimenti naturali, e di schiette pitture dell’umana società, non trasfondono in chi legge né tanto, né sì profondo, né sì lungo calore da obbligarlo a meditare sovra le

7 Ibidem

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altrui e sovra le proprie passioni»9. In questo caso lo strumento del romanzo epistolare diviene una trappola, perché non registra gli avvenimenti nel momento stesso in cui accadono ma vengono manipolati, così come i personaggi. Da Foscolo questo tipo di procedimento viene definito “fiamma”, a cui si contrappone un’altra qualità, patrimonio degli scrittori primitivi, che è quella a cui lui aspira, e che si fonda sulla restituzione del “senso” che gli oggetti eccitano nell’anima; la rarefazione della “fiamma” si trasforma quindi in “calore”:

e vuolsi distinguere calore da fiamma; il primo è dote di molti antichi scrittori, e di tutti i primitivi come la Bibbia e Omero; e la seconda è dote moderna, per lo più francese, specialmente in questi ultimi anni: onde certi romanzi, e anche le opere storiche uscite recentemente, furono da taluno chiamati: racconti infiammati di metafisica che abbagliano e si risolvono in

fumo.[…] Gli antichi scrivevano le cose come le vedevano; esprimevano il

senso né più né meno che gli oggetti eccitavano nella loro anima; gli abbellivano de’ soli colori che ricavavano dalla propria immaginazione.10

Dunque la rappresentazione sublimata dell’ideale cede il passo all’imitazione della natura nella sua concretezza, inscindibile dalla dimensione dell’esperienza e dal dolore della passione. Per fare questo è necessario modificare in parte la morfologia dello strumento narrativo, e questo porta all’evoluzione del genere riscontrabile nel Werther, ovvero il passaggio da un impianto polifonico allo schema narrativo ad una sola voce; in entrambi i romanzi, a differenza della Nuova Eloisa, questo impianto «è sufficiente al lettore ad affratellarsi con loro, a credere a tutte le loro parole, a compiangerli, a volerli quasi soccorrere, a penetrare nelle loro viscere esulcerate e osservare le piaghe, di cui al lettore non traspare se non l’angoscia»11. E ancora Foscolo sottolinea come:

l’autore tedesco, o per sagace esperienza dell’arte o per ispirazione del genio, aveva trovato un semplicissimo mezzo d’ammaliare i lettori, e senza che mai potessero discoprirlo. Werther soffrendo e spassionandosi sempre egli solo con un solo amico, il lettore non è mai distratto dalla persona ignota ed inoperosa che riceve le lettere; e diventa egli stesso amico del misero giovane: e gli par d’essere suo confidente, e in carteggio con esso,

9 Ivi, p.273

10 Ibidem

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così che ne deriva la più semplice e insieme la più attiva unità che mente umana potesse ideare.12

E ancora:

M’accorsi che la magìa del Werther essendo attinta alla severa unità e dalla intensione de’ lettori sulla sola passione del protagonista, conferiva non poco a questa unità e la perpetua direzione delle lettere ad un amico e quel certo religioso secreto che risultava da quella corrispondenza.13

Foscolo dunque coglie il valore e l’importanza dell’indirizzare le lettere ad un solo destinatario, e ritiene che ogni divergenza da questo sistema comporti una distrazione per il lettore. Alla luce di questa intuizione Foscolo decide di modificare dunque quello che si pensa fosse l’assetto iniziale del romanzo, costituito da più destinatari. Si presume infatti che l’abbozzo Laura,lettere, una sorta di proto Ortis che narra, in un misto di realtà e finzione letteraria, l’amore infelice di una ragazza veneziana e l’emozione indimenticata per la sorte di una giovane morto suicida, e che venne probabilmente ampiamente riutilizzato dal Sassoli nella sua continuazione, fosse costituito da una sorta di frantumazione della corrispondenza: “Angelo S. Al sensibile Lettore”, “Lorenzo F. all’amico Angelo”, le lettere di Jacopo a Teresa, “Lettera di Teresa

a Jacopo”, “Angelo S. ad Enrichetta D.”. Nel compiere questa variazione l’abilità del Foscolo verte su due punti: l’aver

enucleato le novità introdotte da Goethe nel genere del romanzo epistolare e l’aver colto come il grado di trasformazione di una struttura preesistente dà la misura della grandezza espressiva di uno scrittore.