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CAPITOLO II: ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS DI UGO FOSCOLO

5. LA VARIAZIONE NEL PERSONAGGIO DI ODOARDO

Nonostante le limitazioni che Foscolo impone al suo romanzo nel passaggio dal primo, ovvero l’edizione del 1798 pubblicata a Bologna, al secondo Ortis, l’edizione milanese del 1802, si assiste ad un’elaborazione e variazione di alcuni personaggi nella direzione della maggiore immedesimazione con il protagonista e nell’esaltazione delle passioni come forza motrice dell’universo: il caso più eclatante riguarda le modifiche apportate al personaggio di Odoardo, promesso sposo di Teresa. Di fondamentale importanza per comprendere le oscillazioni a cui viene sottoposto questo personaggio è lo studio di Carlo Grabher: La figura di Odoardo e un motivo fondamentale dell’Ortis, contenuto nel volume Interpretazioni foscoliane e pubblicato nel 1948. Nel secondo Ortis Odoardo è presentato come la perfetta antitesi di Jacopo-Foscolo, in quanto negazione assoluta della passione-vita, della passione come valore morale; nella prima stesura invece Odoardo era presentato in modo completamente diverso, con caratteri umani e

con una simpatia che lo avvicinava maggiormente all’Alberto del Werther. Quest’ ultimo, agli occhi di Werther, è un uomo tranquillo ma con molto sentimento, e

questa sua tranquillità, che cozza con il carattere acceso di Werther, non è mai considerata freddezza o indifferenza. Addirittura Werther lo stima e pensa sinceramente che Carlotta sia felice con lui. Gli stessi principi valgono per la descrizione di Odoardo nella prima edizione dell’Ortis; è il primo personaggio che si incontra nel testo ed è presentato subito come animo nobile ed elevato:

Giunto appena al laghetto, mi pare di scorgere sul pendio della montagnetta una persona che meditava… I solitari, simili agli infelici, s’amano scambievolmente.27

Si vede come fin da subito il sentimento che anima Jacopo è quello di un affetto quasi fraterno, dato dalla meditazione, dal solitario raccoglimento che richiama un cuore sensibile all’infelicità. Oltretutto, avvicinandosi durante il loro primo incontro, Jacopo scopre che Odoardo è un artista, e questo non fa altro che essere un valore aggiunto

alla stima che il protagonista sente di provare per quello sconosciuto.

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Il giorno seguente, mentre Jacopo è in attesa di recarsi alla villa di Teresa, incontra nuovamente Odoardo e gli si fa incontro abbracciandolo, come se lo conoscesse da molto tempo. Al di là dello spirito fraterno che pare legare i due personaggi si aggiunge anche il fatto che Teresa, nella prima stesura, pare amare il suo promesso sposo in modo sincero, ed avere nei suoi confronti un affetto particolare, dato anche dal fatto di avere la responsabilità di averlo fatto tornare sulla via dell’arte, dopo che lui se ne stava allontanando. Per ribadire ulteriormente quanto fossero profondi i legami tra i due promessi sposi nella prima stesura, si fanno accenni anche al fatto che i due giovani si amavano fin dai primi anni della giovinezza, ma che poi Teresa fu costretta a sposare un altro uomo per volontà del padre morente; dopo essere rimasta vedova, dunque, il riavvicinamento tra i due non è altro che la conferma di un vincolo che non si era mai spezzato. Il momento della partenza di Odoardo viene descritto con dei toni di patetismo quasi eccessivi, sia da parte di Jacopo e Teresa che da parte dello stesso

Odoardo, che tocca picchi di sensibilità che arrivano fino alle lacrime. Il mutamento della figura di Odoardo nel secondo Ortis è dovuto alla necessità di porre

Teresa di fronte ad uno sposo che non avesse alcuna affinità con lei e che essa accetti come puro sacrificio e poter in questo modo rendere ancora più profondo e straziante il legame con Jacopo, per acuire il furore della passione e rendere inevitabile il suicidio del protagonista. Nel creare la figura di questo nuovo Odoardo, Foscolo delinea un personaggio che è l’esatta antitesi del protagonista e mette in luce soprattutto la sua gelida indifferenza e mancanza di passione, che nel pensiero foscoliano è forse la maggiore mancanza di profondità spirituale e morale. La presentazione del giovane, che appare sulla scena con il Signor T***, padre di Teresa, è completamente diversa da quella vista precedentemente:

Ha un tratto cortese, fisionomia liberale e parla col cuore. [parlando del

Signor T***] V’era con lui un tale; credo lo sposo promesso di sua figlia.

Sarà forse un bravo e buono giovine; ma la sua faccia non dice nulla.28

Ora Odoardo è semplicemente definito “un tale” e traspare fin dalla prima descrizione l’antipatia che il protagonista prova nei suoi confronti; l’unica caratteristica che rileva

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dal suo primo incontro è una forma di apatia e indifferenza, tratti che in effetti connoteranno il personaggio per il resto del romanzo. Parte della descrizione positiva della prima stesura viene ora riversata sul Signor T***, che è definito “liberale”, così come lo era stato Odoardo. Leggendo la descrizione completa di Odoardo traspare chiaramente il sentimento di astio che ora anima il protagonista nei suoi confronti:

Se nondimeno non vi fosse quello sposo! Perché davvero… io non odio persona del mondo, ma vi sono certi uomini ch’io ho bisogno di vedere soltanto da lontano. Su suocero me n’andava tessendo ier sera un lungo elogio in forma di commendatizia: - Buono, esatto, paziente! – E niente altro? Possedesse queste doti con angelica perfezione, s’egli avrà il cuore sempre così morto e quella faccia magistrale, non animata mai da nessun sorriso dell’allegria, né dal dolce raggio della pietà, sarà per me un di que’ rosai senza fiori, che mi fanno temere le spine. Cos’è l’uomo, se tu lo lasci alla sola ragione fredda, calcolatrice? Scellerato, e scellerato bassamente.29

È chiara la connotazione negativa che assume la descrizione di Odoardo nella seconda stesura, nella quale è rappresentato con le fattezze di un automa privo di «un cuore che lo animi»; per Jacopo-Foscolo le passioni assumono un’importanza tale che Odoardo viene definito addirittura uno scellerato. Oltretutto:

Odoardo sa di musica; giuoca bene a scacchi; mangia, legge, dorme, passeggia, e tutto coll’oriuolo alla mano; e non parla con enfasi se non per magnificare sempre la sua ricca e scelta biblioteca. Ma quand’egli mi va ripetendo con quella sua voce cattedratica “ricca, scelta”, io sto lì lì per dargli una solenne mentita.30

Anche in questo caso si assiste ad una variazione rispetto alla versione originale, poiché nella prima stesura Odoardo nacque pittore mentre il secondo “sa di musica” e tutto il suo background culturale è creato e orientato solo per ostentare la propria origine nobiliare; egli infatti parla per farsi vanto della sua biblioteca e con «voce cattedratica» scandisce delle azioni vitali che compie, prive di fuoco vitale, come fosse senz’anima. Un altro episodio in cui emerge chiaramente la distanza abissale tra i due personaggi è l’occasione della visita ad Arquà, dove Jacopo e Teresa, che condividono

29 Ivi, p.15

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gli stessi slanci di un’anima sensibile, sono rapiti dalla magia del luogo dove visse e morì Petrarca, mentre Odoardo rimane totalmente estraneo:

In tanta piena di affetti, le anime si schiudono per versarle nell’altrui petto: ed ella si volgeva ad Odoardo. Eterno Iddio! Parea ch’egli andasse tentone fra le tenebre della notte o ne’ deserti abbandonati dal sorriso della natura. […] Non sono felice! Mi disse Teresa; e con questa parola mi strappò il cuore.31

Questo episodio è cruciale in quanto è espressa chiaramente l’infelicità di Teresa dovuta alla sua relazione insoddisfacente con un uomo che non condivide le sue passioni; questo stesso passaggio nella prima stesura ribadiva invece la connessione sentimentale e mentale tra i due promessi sposi e nello stesso tempo il legame spirituale con Jacopo. In entrambe le stesure Odoardo è costretto ad allontanarsi per un periodo dai Colli Euganei e in questa occasione Jacopo, come sempre animato da slanci appassionati, non può fare altro che gettarsi al collo di Odoardo; le due versioni sono quasi identiche senonché nella prima si fa riferimento alla «placida indifferenza» del promesso sposo, mentre nel secondo solo all’ «indifferenza». È una sfumatura lievissima, che però rende l’idea del labor limae attuato da Foscolo per ribadire in ogni circostanza l’apatia del suo personaggio e il profondo divario con il protagonista. Diventa dunque fondamentale l’antitesi tra passione e saggezza, più volte ribadita dallo stesso Jacopo in lunghi monologhi appassionati, come il seguente:

O Ulissi! Eccomi ad obbedire alla vostra saviezza, a patti ch’io, quando vi veggo dissimulatori, agghiacciatori, incapaci di soccorrere alla povertà senza insultarla, e il difendere il debole dalla ingiustizia; quando vi veggo, per isfamare le vostre plebee passioncelle, prostrati appié del potente che odiate e che vi disprezza, allora io posso trasfondere in voi una stilla di quella mia fervida bile che pure armò spesso la mia voce e il mio braccio contro la prepotenza; che non mi lascia mai gli occhi asciutti né chiusa la mano alla vista della miseria; e che mi salverà sempre dalla bassezza. Voi vi credete saggi, e il mondo vi predica onesti: ma toglietevi la paura… Non vi affannate dunque: le parti sono pari: Dio vi preservi dalle mie “pazzie”, ed io lo prego con tutta l’espansione dell’anima perché mi preservi dalla vostra “saviezza”. E s’io scorgo costoro anche quando passano senza

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vedermi, io corro subitamente a cercare rifugio nel tuo petto, o Lorenzo. Tu rispetti amorosamente le mie passioni…32

Quindi è evidente anche in questo caso come Jacopo-Foscolo tenda a ribadire quasi ossessivamente il valore pedagogico e morale della passione contro la freddezza

calcolatrice della ragione, incarnata in questo caso da Odoardo. La questione della centralità della passione è ribadita nella Notizia Bibliografica, che

anche in questa circostanza risulta essere uno strumento prezioso per interpretare al meglio il romanzo. Rispetto a questa tematica, infatti, lo stesso autore dichiara che anche i personaggi corollari del romanzo si muovono in una dinamica dialettica tra passione e ragione:

i personaggi accessori parlano e agiscono quanto basta all’intento… ; di que’ personaggi i caratteri sono distinti in guisa che si può non solo discernere da quali interessi ciascuno è mosso, ma con che indole d’animo, e con quanto calcolo, e con quanta passione. Il Signor T***, benché sia ingiustamente severo con la sua figlia, muove a stimarlo e ad averne pietà, sì per le sue circostanze domestiche e i pericoli politici, che lo costringono ad imparentarsi ad un uomo potente, e sì per l’amorosa compassione ch’egli ha per Teresa e per la leale fiducia con la quale ha sempre trattato l’Ortis. Odoardo non commette ingiustizia veruna, e dovrebbe ispirarci pietà, perché si direbbe ch’ei, senza averla mai meritata, abbia contro di sé l’avversione di tutti; e nondimeno ci muove a sdegno per la fredda inflessibilità con che persiste ad ammogliarsi a una fanciulla che non pare creata per lui33

Pare evidente dunque come per Foscolo la passione, anche se limitata e mutata in compassione, possa essere sufficiente per redimere un personaggio che altrimenti non avrebbe avuto sfumature positive; il Signor T*** è infatti un personaggio molto complesso, poiché in modo del tutto consapevole costringe la figlia ad un destino infelice con un uomo di origine nobile solo per questioni utilitaristiche ed economiche, oltre ad aver allontanato anche la moglie, che si opponeva a questa scelta di comodo. Sembra dunque ancora più spietato di Odoardo, se non fosse appunto che la compassione che sente per Teresa e Jacopo, che sono proprio le sue vittime, basta a redimerlo da queste sue colpe; per Foscolo è infatti la compassione la sola virtù

32 Ivi., p.138