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Le determinanti della sopravvivenza delle imprese

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 117-131)

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CARATTERISTICHE Tassi di sopravvivenza SETTORI DI ATTIVITÀ

Industria in senso stretto 63,2

Manifattura tradizionale 62,7 Offerta specializzata 66,2 Alta intensità di R&S 62,6 Economie di scala 62,9

Costruzioni 63,0 Commercio 58,6 Alberghi e pubblici esercizi 62,0 Trasporti e comunicazioni 59,3 Credito e assicurazioni 49,3 Servizi alle imprese (a) 60,3 FORME GIURIDICHE

Ditte individuali 58,0 Società di capitale 69,5 Società di persone e altro 63,8 RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE Nord-ovest 61,5 Nord-est 64,1 Centro 59,1 Mezzogiorno 58,1 ALTRE CARATTERISTICHE Con dipendenti 74,6 Senza dipendenti 58,8 Esportatrice 72,1 Non esportatrice 60,0 Distretto 64,7 Non distretto 59,2 Coinvolta in eventi di trasformazione 78,8 Non coinvolta in eventi 60,1

Totale 60,3

Tavola 2.9 - Tassi di sopravvivenza a quattro anni delle imprese nate nel 1999 per alcune caratteristiche - Anni 1999 e 2003

(valori percentuali)

Fonte: Istat, Archivio statistico delle imprese attive; Statistiche del commercio con l’estero

(a) Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e altri servizi alle imprese.

VARIABILI Coefficienti Odds ratio Fatturato 1,17 Dipendenti 1,38 Società di capitale 1,23 Industria 1,10 Distretto 1,20 Nord 1,11 Sud (a) 1,02 Esportatrice (a) 0,98 Evento 2,15

Tavola 2.10 – Stima della probabilità di sopravvi-venza delle imprese a quattro anni dalla nascita - Anni 1999 e 2003

(coefficienti)

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Archivio statistico delle imprese at-tive; Statistiche del commercio con l’estero

2.2.3 Il ruolo delle nuove imprese nella dinamica produttiva del sistema

Nel paragrafo precedente si è osservato come le nuove imprese nate nel 1999 e ancora attive dopo quattro anni abbiano una dinamica occupazionale ed eco-nomica vivace. Allargando il campo di osservazione al complesso della demo-grafia delle imprese nel periodo 1999-2003 è possibile comprendere il contribu-to che le entrate e uscite di imprese danno all’andamencontribu-to della performance complessiva del sistema. Questa dipende, infatti, dal comportamento delle im-prese sempre attive nel periodo, dall’ingresso di nuovi soggetti e dall’uscita di quelli meno redditivi.

La disponibilità di dati individuali sul fatturato delle imprese attive consente di calcolare per ciascuna impresa il fatturato per addetto, che può essere consi-derato, in assenza di altre informazioni, una prima approssimazione della

pro-duttività del lavoro7, variabile cruciale per determinare la competitività del

si-stema produttivo.

Al fine di mettere in luce il ruolo svolto dai movimenti demografici e dalla cre-scita delle nuove imprese sulla dinamica aggregata e settoriale del fatturato per ad-detto, si effettua un’analisi della sua variazione nel periodo 1999-2003, basata su una scomposizione della variazione dell’output unitario in quattro diverse compo-nenti: (a) la dinamica a livello di singola impresa (effetto within), che segnala la ca-pacità delle imprese di conseguire guadagni di performance attraverso un uso più efficiente o intenso dei fattori (lavoro e tecnologie di produzione); (b) la rialloca-zione delle quote di output tra le diverse imprese (effetto between), che in un mer-cato virtuoso dovrebbe premiare le imprese più produttive aumentandone la quo-ta di mercato; (c) l’entraquo-ta sul mercato di nuove imprese; (d) l’usciquo-ta di imprese dal mercato; queste possono avere un fatturato per addetto superiore o inferiore a quello del settore, dando un diverso contributo alla variazione media. Il saldo di queste due ultime componenti indica l’influenza dei movimenti demografici sulla

variazione complessiva dell’output unitario8.

Prima di passare ai risultati della scomposizione è utile soffermarsi su alcuni an-damenti generali. Tra il 1999 e il 2003, per il complesso delle imprese dei settori

considerati, l’output per addetto in termini reali9è rimasto sostanzialmente

stabi-le (Figura 2.15), per effetto di un incremento dell’8,5 per cento della produzione venduta e dell’8,2 per cento del numero di addetti. L’andamento è molto diversi-ficato a livello settoriale. Una diminuzione rilevante dell’output per addetto si re-gistra nel settore alberghiero (-12,0 per cento), nelle costruzioni (-9,8 per cento) e nei comparti della manifattura a offerta specializzata. All’altro estremo, gli incre-menti maggiori sono nei servizi alle imprese (+11,5 per cento) caratterizzati da una crescita degli addetti e del fatturato; nel settore trasporti e comunicazioni (+7,5 per cento), soprattutto per effetto della componente delle telecomunicazioni; nel

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L’andamento del fatturato per addetto riflette quello della produttività del lavoro soltanto se il rapporto tra valore aggiunto e fatturato è stabile nel tempo. Una crescita del fatturato può infatti avve-nire anche in presenza di una variazione contenuta del valore aggiunto. Per questo motivo si richiede particolare cautela nell’interpretazione dei risultati. A titolo di esempio, tra il 1999 e il 2003, sulla base dei dati di contabilità nazionale, nell’industria in senso stretto la produzione a prezzi correnti è aumentata del 14,7 per cento e il valore aggiunto del 7,1 per cento; nel commercio e negli alberghi, la produzione del 22,4 per cento e il valore aggiunto del 16,7 per cento; nei servizi alle imprese, del 33,8 per cento e del 32,9 per cento, rispettivamente.

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L’analisi è stata condotta sul manifatturiero e sui principali settori dei servizi a eccezione dei ser-vizi finanziari, sociali e alla persona. Nell’analisi si è scelto di considerare separatamente il contributo delle imprese coinvolte in eventi di trasformazione (scorpori, fusioni eccetera) perché i valori di fat-turato e di addetti che vengono loro imputati spesso non sono confrontabili tra i due periodi di rife-rimento.

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I valori di fatturato sono espressi a prezzi costanti del 2000 utilizzando il deflatore della produ-zione ai prezzi al produttore.

Fermo il fatturato per addetto ma le differenze settoriali sono rilevanti

commercio (+4,8 per cento), che nella disaggregazione considerata è il settore di gran lunga più importante (circa un terzo del totale in termini di fatturato). Va-riazioni positive di modesta entità si registrano nei comparti tradizionali del ma-nifatturiero (+0,8 per cento) e in quelli a elevate economie di scala (+0,6 per cen-to); la performance migliore della manifattura spetta ai settori ad alta intensità di ricerca e sviluppo (+2,6 per cento) che rappresentano tuttavia solo una piccola quota del fatturato complessivo (2,8 per cento).

In questo contesto le nuove imprese (sopravviventi a quattro anni) mostrano una dinamica più vivace, con una crescita del fatturato per addetto pari al 49,0 per cento, che porta la loro incidenza in termini di fatturato dallo 0,9 per cento nel 1999 all’1,9 per cento nel 2003.

I risultati della scomposizione della variazione di fatturato per addetto mostra-no che nel periodo considerato l’effetto della dinamica individuale di impresa

Totale imprese 4,8 7,5 0,3 0,8 -5,3 2,6 0,6 -9,8 -12,0 11,5 -30 -20 -10 0 10 20 30

Imprese con meno di sei addetti

-4,0 -13,8 -8,1 -4,3 -8,8 6,7 -17,5 8,7 -0,6 -1,3 -30 -20 -10 0 10 20 30 Manifattura tradi zi onal e Offerta

specializzata Alta intensità

di R& S E c onomi e di scala Costruzioni Co mmerc io Alb e rg h i e ri storanti Trasporti e comunicazioni Se rv izi a lle im prese (a) Total e

Intra-impresa Riallocazione Entrate Uscite Eventi Totale

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Archivio statistico delle imprese attive (a) Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese.

Figura 2.15 - Fatturato per addetto per settore di attività economica - Anni 1999-2003 (variazioni percentuali e contributi alle variazioni percentuali)

(within), è negativo in quasi tutti i settori (-5,6 punti percentuali a livello aggrega-to): in particolare, è sempre negativo nella manifattura (tra i 3 e i 7 punti, a ecce-zione del settore delle economie di scala dove l’effetto è praticamente nullo), nelle costruzioni (-8,2 punti percentuali), nel commercio (-7,6 punti percentuali) e per gli alberghi e ristoranti, dove questa componente fa scendere le vendite per addet-to di 17 punti in quattro anni. Gli unici setaddet-tori in cui si registra un effetaddet-to within positivo sono i trasporti e comunicazioni e gli altri servizi alle imprese, che incre-mentano di 4 punti il loro livello di fatturato per addetto. Questo generale calo dell’output unitario per ogni impresa viene parzialmente bilanciato da effetti di riallocazione occupazionale positivi (+4,3 punti per il complesso dei settori): ciò significa che le imprese con un fatturato per addetto superiore alla media hanno incrementato il loro peso in termini di addetti rispetto alle altre del settore. Nella manifattura, l’effetto di ricomposizione è più rilevante nei settori tradizionali e in quelli a offerta specializzata, dove però non riesce a compensare l’andamento ne-gativo della componente individuale. Nei servizi il contributo maggiore si ha nel commercio (+7,6 per cento), a parziale compensazione dell’effetto within negati-vo. Nei trasporti e comunicazioni un effetto di ricomposizione positivo ed elevato si aggiunge al contributo positivo della componente individuale.

Passando ora a valutare l’effetto delle imprese che entrano sul mercato e di quelle che ne escono, il contributo netto a livello aggregato è positivo (+0,7 punti percentuali). Infatti, le imprese che escono sono meno produttive della media e offrono quindi un contributo positivo e pari a cinque punti percentuali alla variazione complessiva del fatturato per addetto. Anche le imprese che en-trano hanno una produttività inferiore a quella media e quindi il loro contri-buto è negativo, ma di entità inferiore (-4,3 punti percentuali). A livello setto-riale il segno dei contributi delle imprese entrate e di quelle uscite è uniforme, anche se va segnalato che nei servizi alle imprese il contributo negativo delle nuove imprese è quasi nullo. La selezione più rilevante di imprese poco pro-duttive si è avuta nei comparti tradizionali del manifatturiero e nel commercio. Nei comparti a più elevata produttività della manifattura, ovvero quelli non tradizionali, il contributo netto degli eventi demografici è moderatamente po-sitivo. Costruzioni e alberghi presentano un contributo netto negativo degli eventi demografici, cui si accompagna il contributo positivo delle nascite più basso. Il contributo netto degli eventi demografici è pressoché nullo nei tra-sporti e comunicazioni.

Il contributo delle nuove imprese è sempre negativo: si tratta per lo più di im-prese di piccolissime dimensioni caratterizzate da livelli di fatturato per addetto inferiori a quelli medi. Per analizzare in maggiore dettaglio questo aspetto è stata

condotta un’analisi specifica sulle imprese con meno di sei addetti10. Questo

sot-toinsieme rappresenta nel complesso il 91 per cento delle imprese, ma il 40 per cento degli addetti e il 24 per cento del fatturato. Nel loro insieme queste impre-se registrano una diminuzione del fatturato per addetto in termini reali dell’1,3 per cento, a fronte della crescita dello 0,3 per cento per il complesso delle impre-se (Figura 2.15).

Anche in questo caso le differenze settoriali sono rilevanti. In quasi tutti i set-tori si registra una riduzione del fatturato per addetto superiore al 4 per cento, con massimi nel settore degli alberghi (-17,5 per cento) e nelle manifatture a of-ferta specializzata (-13,8 per cento). Relativamente migliore, invece, è la perfor-mance delle microimprese del commercio (6,7 per cento) e dei trasporti e comu-nicazioni (8,7 per cento), mentre si registra un lieve calo anche nei servizi alle im-prese (-0,6 per cento).

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Come riferimento è stato preso il numero medio di addetti nel periodo.

Effetti positivi dalla redistribuzione dell’occupazione e dalla demografia di impresa

Guardando ai risultati della scomposizione, complessivamente il calo è dovuto per otto punti percentuali all’effetto within, ovvero la riduzione del fatturato per addetto a livello di impresa, che ora risulta negativo in tutti i settori, e particolar-mente elevato nei comparti del manifatturiero e nell’alberghiero. L’effetto between, per contro, contribuisce positivamente nella misura di 2,4 punti percentuali, ma risulta generalmente più contenuto rispetto a quanto avveniva per la totalità delle imprese e praticamente trascurabile nelle costruzioni e nei servizi alle imprese. I contributi delle nuove imprese, nell’ambito di questo sottoinsieme, si distinguono in misura più evidente. Questo a testimonianza di un livello di produttività delle nuove imprese più elevato rispetto alle imprese di analoga dimensione già presen-ti nei mercapresen-ti. Complessivamente il contributo delle nuove imprese con meno di sei addetti è pari a +0,7 punti percentuali ed è più elevato nei trasporti e comuni-cazioni, nei comparti della manifattura ad alta intensità di ricerca e sviluppo e nel commercio. Significativo nel complesso è anche il contributo delle imprese uscite (+3,1 punti percentuali). Il turnover ha un effetto positivo e quindi limita come atteso la riduzione del fatturato per addetto, in particolare nei settori del commer-cio e dei trasporti e telecomunicazioni.

2.3 La performance delle imprese

2.3.1 I fattori della performance

Alla luce delle analisi effettuate nei paragrafi precedenti, la performance com-parativamente meno brillante del sistema delle imprese italiane rispetto alle altre grandi economie europee non trova spiegazione prevalente nella dinamica demo-grafica. Anche gli effetti di ricomposizione occupazionale all’interno dei diversi settori hanno nel complesso un impatto positivo sulla performance, a testimo-nianza degli effetti virtuosi della selezione operata dai meccanismi di mercato. I problemi maggiori risiedono, dunque, nel declino dell’output unitario imputabi-le alimputabi-le dinamiche individuali delimputabi-le imprese attive.

I livelli medi e gli andamenti aggregati della produttività, d’altro canto, na-scondono ampi differenziali tra singole imprese anche a parità di settore, area geo-grafica e dimensione. Nel seguito si esamina la performance delle imprese in rela-zione a diversi elementi strutturali e comportamentali. A tal fine si utilizzano le informazioni dei bilanci civilistici delle società di capitale relativi al periodo 1999-2004, integrate con dati provenienti dall’archivio statistico delle imprese attive e dalle statistiche del commercio con l’estero.

Per saperne di più

Bartelsman Eric, Stefano Scarpetta, e Fabiano Schivardi. Comparative analysis of firm demographics and survival: micro-level evidence for the Oecd countries. Paris: Oecd, 2003. (Oecd working paper, ECO/WKP n.3). Eurostat. Business demography in Europe: data 1997-2001. Luxembourg: Eurostat, 2004. (Detailed tables: industry, trade and services).

Eurostat. Business demography in Europe: results from 1997 to 2002. Luxembourg: Eurostat, 2005. (Statistics in focus: industry, trade and services).

Griliches Zvi, e Haim Regev. “Productivity and Firm Turnover in Israeli Industry: 1979-1988”. Journal of Econometrics 65, n.1 (1995): 175-203. Istat. La demografia d’impresa: anni 1999-2003. (Statistiche in breve, 29 dicembre 2005. http://www.istat.it.

L’integrazione ha portato all’individuazione di un insieme di 233 mila società di capitale della manifattura, delle costruzioni e dei servizi (esclusi quelli finan-ziari, sociali e alle persone) sempre attive nel periodo di osservazione (di cui 223 mila non coinvolte in eventi di trasformazione). Esse rappresentano il 6,3 per cento delle imprese esistenti nei settori osservati al 2003, ma il 30 per cento de-gli addetti (con una dimensione media di circa 18 unità), il 37 per cento del va-lore aggiunto e il 45 per cento del fatturato.

La figura 2.16 riporta l’andamento del valore aggiunto per addetto e di altre variabili che caratterizzano il comportamento delle imprese per cinque aggrega-ti settoriali: manifattura tradizionale, altri comparaggrega-ti della manifattura (offerta specializzata, alta intensità di R&S ed elevate economie di scala), costruzioni, servizi tradizionali (ovvero commercio e alberghi e ristoranti) e altri servizi (tra-sporti e comunicazioni e servizi alle imprese).

Valore aggiunto per addetto

30.000 50.000 70.000

1999 2000 2001 2002 2003 2004

Capitale per addetto 150.000 250.000 350.000 40.000 70.000 100.000 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Rapporto di indebitamento 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 1999 2000 2001 2002 2003 2004

Redditività degli investimenti

5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Manif. trad. Altra manif. Costruzioni

Altri servizi (a) Serv. tradiz. (b)

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Archivio statistico delle imprese attive; dati amministrativi

(a) Trasporti e comunicazioni; Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e altri servizi alle imprese. (b) Commercio, alberghi e pubblici esercizi.

Figura 2.16 - Indicatori di performance delle imprese per settore di attività economica - Anni 1999-2004

Per quanto riguarda la produttività del lavoro, si osserva per molti settori una prima fase di crescita fino al 2002 seguita da una brusca riduzione nel 2003; nel-le altre manifatture e nei servizi tradizionali l’andamento negativo parte dal 2001. Nel 2004 i livelli di produttività sono stazionari o in lieve ripresa in tutti settori. L’intensità di capitale mostra complessivamente una dinamica piuttosto contenuta nella manifattura e nelle costruzioni e più vivace negli altri servizi. In tutti i settori è in calo la redditività, misurata dal rapporto percentuale tra risul-tato operativo e totale degli impieghi (Roi), che nei comparti tradizionali della manifattura e dei servizi scende al di sotto del 10 per cento.

Anche il rapporto di indebitamento delle imprese diminuisce in tutti i setto-ri, indicando una minore dipendenza da fonti di finanziamento esterne, che nel-la manifattura tradizionale appare associabile alnel-la frenata degli investimenti, e

Altri servizi (b): produttività per area geografica

20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 50.000 55.000 60.000 65.000 70.000 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Nord Centro Mezzogiorno

Servizi tradizionali (c): produttività per area geografica 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 50.000 55.000 60.000 65.000 70.000 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Nord Centro Mezzogiorno Manifatturiera tradizionale: produttività per

dimensione 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 50.000 55.000 60.000 65.000 70.000 1999 2000 2001 2002 2003 2004 1-9 addetti 10-49 addetti 50-249 addetti 250 e oltre

Costruzioni: produttività per età dell'impresa

20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 50.000 55.000 60.000 65.000 70.000 1999 2000 2001 2002 2003 2004 1-5 anni 6-15 anni 16-30 anni 30 anni e oltre

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Archivio statistico delle imprese attive; dati amministrativi (a) Valore aggiunto per addetto.

(b) Trasporti e comunicazioni; Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e altri servizi alle imprese. (c) Commercio, alberghi e pubblici esercizi.

Figura 2.17 - Produttività (a)delle imprese per settore e alcune caratteristiche delle imprese - Anni 1999-2004 (valori assoluti)

Il calo di redditività degli impieghi coinvolge tutti i settori

negli altri settori a una effettiva ricomposizione delle fonti di finanziamento a favore del capitale proprio.

L’associazione di altre variabili di analisi con i livelli medi di produttività settoriale consente di individuare alcune relazioni interessanti (Figura 2.17). L’analisi per area geografica mostra come nei servizi, contrariamente a quanto accade nell’industria, la produttività media delle imprese del Mezzogiorno si attesti ai livelli delle imprese del Centro (ma inferiori a quelli del Nord). La re-lazione tra dimensioni delle aziende e andamenti della produttività mostra che nella manifattura tradizionale il calo di produttività è determinato essenzial-mente dalla cattiva performance delle microimprese (1-9 addetti), il cui peso in questi settori è relativamente maggiore. Infine, l’esame dell’andamento della produttività per classe di età delle imprese dà risultati interessanti con riferi-mento alle costruzioni, dove le imprese più giovani (1-5 anni) hanno una performance migliore rispetto alle altre, e alla fine del periodo recuperano gran parte del gap di produttività rispetto alle imprese più mature.

Per avere una lettura sintetica della relazione tra caratteristiche comporta-mentali e strutturali delle imprese e loro performance in termini di produttività è indispensabile ricorrere a strumenti di analisi più sofisticati. Con finalità esplorative, per i macrosettori esaminati è stato stimato un modello di regres-sione che mette in relazione la produttività del lavoro, calcolata come rapporto tra valore aggiunto e addetti, con variabili che rappresentano strategie e carat-teristiche strutturali dell’impresa e del contesto in cui opera. In particolare, per caratterizzare le strategie d’impresa sono stati utilizzati lo stock di capitale, le

spese per servizi, le immobilizzazioni immateriali11e le esportazioni, tutte

rap-portate agli addetti; per descrivere la situazione finanziaria dell’impresa è stato utilizzato il rapporto di indebitamento; con variabili di tipo dummy si rappre-sentano caratteristiche strutturali quali le dimensione dell’impresa (con quattro classi dimensionali) e l’appartenenza a un distretto, cui si aggiunge l’età del-l’impresa espressa in anni. Infine, grazie all’utilizzo di dati longitudinali è pos-sibile introdurre delle dummy di calendario per i sei anni osservati, che consen-tono di tenere conto degli andamenti della produttività nel tempo.

I risultati delle stime12mostrano una sostanziale uniformità per i vari

setto-ri (Tavola 2.11). L’intensità di capitale e l’incidenza delle spese per servizi han-no un impatto positivo sulla produttività. Nel primo caso la stima indica che a una variazione di un punto percentuale del capitale per addetto corrisponde una variazione di poco superiore a 0,2 punti della produttività, con valori leg-germente più elevati nei servizi e nelle costruzioni. Più elevato è l’impatto di una variazione dell’intensità delle spese per servizi, nell’ordine di 0,4 punti per-centuali per la manifattura, 0,38 e 0,35 punti rispettivamente nelle costruzioni e nei servizi tradizionali, solo 0,21 punti negli altri servizi. Questo risultato po-trebbe indicare sia una maggiore produttività delle imprese manifatturiere che mettono in atto strategie di outsourcing di alcune funzioni aziendali, sia un maggiore ricorso al lavoro interinale (quindi maggiore flessibilità nell’utilizzo del fattore lavoro). L’appartenenza a un’area distrettuale è negativamente corre-lata alla produttività delle altre manifatture e positivamente a quella degli altri servizi, mentre non risulta significativa negli altri casi.

11

Nel capitale immateriale rientrano le spese pluriennali per brevetti, software, ricerca e sviluppo.

12

La specificazione utilizzata, che rapporta i valori di input e di output alle quantità del fattore lavoro, rappresenta una modificazione del modello di funzione di produzione Cobb-Douglas con l’in-serimento di variabili che tengono conto della struttura finanziaria, dell’apertura sui mercati interna-zionali e di contesto. L’outsourcing spinge in alto la produttività delle imprese manifatturiere

Di segno negativo, invece, è la relazione tra produttività e rapporto di inde-bitamento: ciò si spiega con il fatto che il sistema capitalistico italiano è carat-terizzato da un basso ricorso a fonti di finanziamento esterne; perciò una mag-giore esposizione debitoria delle imprese è indice di fragilità che si associa an-che a performance produttive peggiori. I comparti an-che mostrano una maggiore sensibilità a variazioni del rapporto di indebitamento sono quelli dei servizi tra-dizionali.

Le dummy relative agli anni confermano come il 2002 sia un anno di svolta (da un andamento positivo a uno negativo) per quasi tutti i settori, a eccezione dei servizi alle imprese, dove l’inversione di tendenza si ha successivamente: dunque gli andamenti sfavorevoli della produttività sono stati condizionati da una componente ciclica negativa anche legata al rallentamento dell’economia internazionale.

Le dummy dimensionali mostrano come, anche a parità di altri fattori, la di-mensione di impresa influisca positivamente sui livelli di produttività: la rela-zione è particolarmente forte nella manifattura tradizionale e più debole, inve-ce, nelle costruzioni.

Infine, la metodologia di stima utilizzata consente di tenere conto

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 117-131)