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DEMOCRATIZZAZIONE: DUE MODELLI TEORICI A CONFRONTO

2.1 TEORIE DELLA TRANSIZIONE DEMOCRATICA

1.2.2 LE DIMENSIONI “CLASSICHE” DELLA TRANSIZIONE

106

Le progressive ondate di democratizzazione evidenziate in molteplici aree, a partire dalla fine degli anni ’70 fino al termine degli anni ‘80, dalle ultime esperienze di decolonizzazione, alle transizioni in Europa Meridionale e America Latina al crollo dei regimi ex-sovietici hanno stimolato un’ampia riflessione nella letteratura politologica. Le diverse analisi intendevano plasmare teorie sufficientemente predittive per quelle aree.

Come messo in evidenza da Huntington, “gli scienziati sociali si sono quindi concentrati sulle condizioni necessarie alla democratizzazione, sui processi attraverso i quali si manifesta e sui problemi connessi al suo consolidamento”107.

Le transizioni democratiche hanno contribuito ad una ventata di ottimismo a metà degli anni ’80 che spiazzava e aveva maggiore fondamento rispetto al pessimismo del 1975108. Huntington distingue tra le prime tre ondate di democratizzazione dove per la prima s’intende quella che trova le sue radici nella Rivoluzione Inglese, Francese e Americana e si concretizza nella prima metà dell’Ottocento, per la seconda quel breve periodo successivo alla seconda Guerra Mondiale mentre per la terza il periodo a partire dalla metà degli anni ’70 che si estingue alla fine degli anni ’80.

Questa terza ondata aveva sollevato un acceso dibattito sulla democrazia politica ed il suo sviluppo storico: ovvero sulla estensione della democrazia e la sua capacità di resistere. Huntington s’interrogava se, da un lato, potesse esistere una tendenza generale, irreversibile e di lungo termine verso la diffusione del sistema democratico nel mondo, come

107

S. P. HUNTINGTON, La Terza Ondata, Bologna, Il Mulino, 1995, p.49

108

F. FUKUYAMA, “The End of History?”, in The National Interest, 16 (1989), p.3; C:

KRAUTHAMMER, “Democracy has won”, in Washington Post National Weekly Edition, 3-9 Aprile 1989, p.24

sostenevano Toqueville e Bryce109 oppure se la democrazia politica si connotasse come un governo limitato alle società più ricche e occidentali110. Come evidenziato da Huntington stesso, in uno dei libri di politica comparata di maggiore successo (come definito da lui stesso), “la differenza più rilevante fra i vari paesi non riguarda forme di governo ma il livello di governabilità”111. La forma di governo non è quindi l’unico dato importante ma va associato ad altre dimensioni come il rapporto tra ordine e anarchia. In ogni caso la distinzione tra democrazia e dittatura mantiene un certo rilievo per almeno diversi ordini di ragioni: la democrazia politica si associa strettamente alla libertà individuale, la stabilità politica e la forma di governo sono due variabili distinte ma interrelate (le democrazie tendono ad essere meno soggette alla violenza civile e dall’altro ricorrono alla violenza contro i loro cittadini meno dei regimi autoritari), la diffusione della democrazia ha conseguenze per le relazioni internazionali. Se tuttavia Huntington si occupa comunque di una particolare e limitata ondata di democratizzazione ed offre soluzioni che calzano soltanto parzialmente con l’oggetto di questa ricerca alcune sue tipizzazioni possono essere molto utili allo studio del delicato passaggio dall’accordo di pace all’instaurazione di regime democratico. I percorsi dei cambiamenti sono stati diversi e così pure le persone che li hanno seguiti, i punti di partenza e di arrivo dei processi. Ovviamente esistono differenze fra i vari regimi democratici: dai presidenziali, ai parlamentari, passando per combinazioni tra i due su un ipotetico continuum, altri sono bipartitici o multipartitici e esistono anche

109

A. de TOQUEVILLE, De la démocratie en Amérique, Paris, Flammarion, 1981 e J. BRYCE,

Modern Democracies, New York, Macmillan, 1921, p. 24

110

S. P. HUNTINGTON, La Terza Ondata, Bologna, Il Mulino, 1995, p.50

111

S. P. HUNTINGTON, Political Order in Changing Societies, New Haven, Yale University Press, 1968, traduzione italiana Ordinamento politico e mutamento sociale, Milano, Angeli, 1975

differenze nel peso e nella natura dei partiti. Tutte queste differenze sono di rilievo per la stabilità del sistema democratico, ma molto meno per il processo che porta alla sua formazione112. Si evidenzia in tal modo l’importanza che può essere attribuita alle modalità di transizione. Da un punto di vista storico, i regimi hanno assunto un’ampia gamma di forme: i regimi che hanno subito la democratizzazione nel corso della prima ondata si collocavano per lo più nell’area delle monarchie assolute, delle aristocrazie feudali e degli imperi continentali; quelli che hanno subito la seconda abbandonavano i fascismi e le dittature militari di tipo personalistico oppure erano ex colonie; quelli della terza ondata rientravano, invece, in tre gruppi, i sistemi monopartitici, i regimi militari e le dittature personali. Tutti e tre questi ultimi modelli sono accomunati dalla soppressione delle forme di competizione e partecipazione. Soltanto il Sudafrica si è differenziato da questi sistemi in quanto oligarchia razziale che escludeva più del 70% della popolazione, ma all’interno della maggioranza di razza bianca si svolgeva un’intensa competizione politica. Se è vero quanto afferma Dahl, cioè che l’esperienza storica insegna che la democratizzazione viene facilitata se si espande prima la competizione rispetto alla partecipazione113, le prospettive di una transizione democratica di successo erano maggiori in Sudafrica che in altri Paesi. Tuttavia, sistemi gerarchici di comunità sono sempre apparsi più resistenti da un punto di vista storico al cambiamento pacifico114. Quindi, da un lato, se la competizione interna all’oligarchia ha favorito la democratizzazione del

112

G. BINGHAM POWELL jr, Contemporary Democracies: Participation, Stability and Violence, cap.5 e J. K. LINZ, “Perils of Presidentialism”, in Journal of Democracy, 1 (1990), pp.51-69

113

R. DAHL, Polyarchy: Participation and Opposition New Haven, Yale University Press, 1971, traduzione italiana Poliarchia, Partecipazione e opposizione, Milano, Angeli, 1980, p. 62

114

Sudafrica, dall’altro lato, la connotazione fortemente razziale ha dato adito ad ulteriori e numerosi problemi nel Paese. Alcuni regimi non possono essere collocati con precisione in determinate categorie. Un altro elemento rilevante è che, mentre durante la seconda ondata la democratizzazione si è realizzata soprattutto grazie a imposizioni dall’esterno ed alla decolonizzazione, nella terza ondata questi due fattori hanno avuto un peso minore, essendo confinati ai casi di Panama, Grenada e altre isole dell’area caraibica. Se le influenze esterne si possono annoverare fra le maggiori cause della terza ondata di democratizzazione, i processi di per se stessi sono stati nella stragrande maggioranza endogeni.

Tali processi possono essere collocati lungo un continuum in termini di relativa importanza del governo e delle forze di opposizione come fonti di democratizzazione. Gli autori ormai classici delle teorie della transizioni distinguono il processo di transizione in momenti diversi: Linz identifica la “riforma” e la “rottura”115, Share e Mainwaring identificano invece tre momenti, “transazione”, “crollo/collasso”, “liberazione”116 mentre

Huntington rintraccia “trasformazione”, sostituzione”, “transostituzione”117.

Si noti come questi momenti siano sia fasi del conflitto, ma talvolta alternativi l’uno all’altro. Infatti, la trasformazione si produce quando le élite al potere decidono di iniziare una transizione democratica, il rovesciamento avviene quando è l’opposizione a guidare il processo ed il regime precedente

115

Linz utilizza le espressioni “reforma” e “ruptura” in J. J. LINZ, “Crisis, Breakdown, and Reequilibration”, in J. J. LINZ e A. STEPAN, The Breakdown of Democratic Regimes”, Johns Hopkins University Press, 1978, p.35

116

Share e Mainwaring utilizzano “transaction”,”breakdown/collapse”,”extrication” in D. SHARE e S. MAINWARING, “Transitions Through Transactions: Democratization in Brazil and Spain”, in W. A. SELCHER (a cura di), Political Liberalization in Brazil: Dynamics, Dilemmas, and Future

Prospects, Boulder, Colorado, Westview Press, 1986, p.177

117

Huntington utilizza le seguenti espressioni: “transformation”,” replacement” e “transplacement” in S. P. HUNTINGTON, La terza ondata, Bologna, Il Mulino, 1995, p.137

viene scalzato. Infine, esiste una terza ipotesi, la transostituzione, una

ruptforma che si produce dall’azione comune di governo e opposizione. In

questi casi entrambi i gruppi giocano un ruolo forte ma queste categorie permettono di valutarne il peso specifico in questa situazione. Questa riflessione può essere estremamente utile nel lavoro empirico che si intraprenderà nella seconda parte. Proprio perché queste categorie sono state tipizzate in studi che prendevano in considerazione una dimensione temporale contigua a quella sarà presa in considerazione e in minima parte coincidente (Huntington si spinge al 1990, mentre il campo d’indagine considerato sarà dal 1989), è probabile che i fenomeni a cui fanno riferimento questi autori possano essere rintracciati nuovamente. Se anche dovessero essere variati, essi costituiscono comunque una direzione di ricerca estremamente interessante.

Un ultimo aspetto che preme mettere in rilievo è il generale basso livello di violenza che ha caratterizzato la terza ondata. Per quanto sia imperfetto tentare di misurare il livello di violenza politica, attraverso ad esempio il computo delle morti violente in un determinato periodo o in relazione ad un evento particolare, si può tentare, in generale, di valutare la maggiore o minore intensità di violenza legata alla terza ondata. In effetti, in un numero ristretto di Paesi la transizione si è accompagnata da un forte grado di violenza. In Guatemala, Salvador, Filippine e Perù, i movimenti che si richiamavano al marxismo-leninismo hanno condotto guerre insurrezionali contro regimi autoritari. In Guatemala e in Salvador i decessi causati da queste insurrezioni hanno raggiunto un numero considerevole: nel primo caso si pensa che siano state uccise dalle 40.000 alle 100.000 persone tra il 1978 e le elezioni di Vinicio Cerezo nel 1985 mentre i delitti

politici in Salvador fra il golpe riformatore del 1978 e la salita al potere di Duarte nel 1984, ammontano ad una cifra oscillante tra i 30.000 e 45.000. Il Nicaragua è rimasto coinvolto in una guerra civile sanguinosa che lo colloca al primo posto per le morti avvenute nel processo di transizione (23.000), mentre il Sudafrica occupa probabilmente il secondo posto nel periodo compreso tra il 1974 ed il 1990. Incidenti o azioni singole hanno prodotto anche in altri paesi un numero molto consistente di morti, come a Grenada o Panama o in Corea. L’incidenza dell’alto numero di morti dipende naturalmente dalla numerosità della popolazione nel Paese. In generale, si può tuttavia affermare che nella gran parte dei Paesi coinvolti dalla terza ondata il livello generale di violenza si è stabilizzato su valori piuttosto bassi, si pensi ad esempio alle transizioni avvenute in Europa meridionale. Questo aspetto è particolarmente rilevante nel nostro caso. Se bassi livelli di violenza hanno dato origine ad una certa tipologia di transizione, ci si chiede quali siano le caratteristiche di questa, con intensità più elevate di violenza. Occupandoci in questa sede di transizioni con livelli medio-alti di violenza, la prima questione che sorge è se al variare dei livelli di violenza si prospettano anche tipologie diverse di transizione. Se cioè la transizione possa essere analizzata in maniera soddisfacente utilizzando i tre modelli di transizione: trasformazione, rovesciamento ovvero transostituzione. Questi tre aspetti saranno presi in considerazione nell’analisi empirica di questo lavoro.

La letteratura classica è stata perciò fondamentale nel rintracciare dimensioni di riferimento, eppure occorre prendere in considerazione gli scenari geograficamente poco rilevanti nel corso della terza ondata, ma che sono tra i protagonisti del campo d’indagine prescelto.

1.2.3 INNOVATIVE DIMENSIONI PER LA TRANSIZIONE: