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DALLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO SINO AD OGG

1.4.7 Le Direttive 2005/85/CE e 2013/32/UE: le procedure

Un’altra fondamentale direttiva comunitaria è la Direttiva 2005/85/CE “recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato”. Nella CG non si fa cenno alle procedure per riconoscere lo status di rifugiato, essa ha lasciato agli Stati la libertà di applicazione, ma la mancanza di precise regole a livello internazionale sulla procedura amministrativa, ha comportato la creazione di procedure assai difformi tra Stato e Stato. L’obiettivo della Ue di creare un Sistema europeo comune di asilo si è rivelato in questa fase più problematico per la necessità che gli SM modificassero procedure e strumenti in alcuni casi già in atto e consolidati, come le procedure accelerate ed eccezionali, e il concetto di Paese terzo sicuro73 (si citano ad esempio le

contrarietà del Regno Unito). Anche la Direttiva 2005/83 si pose quindi l’obiettivo di stabilire “norme minime” per le procedure da applicare negli SM, un obiettivo quindi di armonizzazione di basso livello, in certe parti si evidenzia addirittura l’assenza di armonizzazione prevedendo moltissime possibilità per esaminare le domande in via prioritaria o accelerata e con procedure specifiche. Le parti sostanziali della Direttiva sono quattro. La prima enuncia i principi e le garanzie che devono essere rispettate dagli SM nell’esaminare le domande, cioè il diritto di presentare domanda di asilo, il diritto di rimanere nello SM durante l’esame, l’obbligo da parte degli SM di esaminare e prendere decisioni in maniera individuale, obiettiva ed imparziale con un colloquio personale, condotto da personale competente in materia con l’ausilio di un interprete; prima della decisione, basata su informazioni aggiornate sullo Stato di origine del richiedente e dei paesi di transito, prevede l’obbligo di fornire tutte le informazioni sulla procedura in una lingua compresa dall’interessato, ma non di fornire informazioni riguardo alle motivazioni nel caso di risposta negativa, né delle procedure per accedere al ricorso. La seconda parte delinea le procedure di primo grado in varie forme: normale, prioritaria, accelerata, specifica, e definisce i concetti di Paese di primo asilo, Paese terzo sicuro e Paese di origine sicuro, al fine di

73 Bruce Leimsidor “The concept of safe third country in asylum legislation, regulation, and practice: political

humanitarian, and practical consideration” in L. Zagato, a cura di, “Verso una politica comune del diritto di asilo” ed. Cedam, Padova 2006

considerare infondata o irricevibile una domanda di asilo. La terza parte delinea le procedure per la revoca dello status, ed infine la quarta parte, che definisce le procedure di impugnazione, delinea vaghe indicazioni lasciando estrema libertà di decisione agli SM, non prevedendo nemmeno che alla presentazione di ricorso si produca l’autorizzazione a rimanere nello SM interessato in attesa di esito.

La Commissione europea nel settembre 2010 evidenziò le carenze della Direttiva 2005/83 segnalando grosse divergenze fra gli SM nell’intera procedura: in merito ai tempi di formalizzazione della domanda, al contenuto delle decisioni e alla qualità della procedura di esame, diversità nell’interpretare il concetto di Paese terzo sicuro, divergenze anche nel riconoscimento di garanzie nemmeno previste dalla Direttiva, come ad esempio la possibilità che l’interprete e l’esaminatore siano dello stesso sesso del richiedente o il riconoscimento del diritto all’assistenza legale a spese dello Stato. In sintesi la Direttiva ha contribuito a sviluppare divergenze fra gli SM, e la Commissione, a prova di uno strumento che non armonizza, evidenziò come un significativo numero di decisioni in prima istanza siano poi ribaltate in fase di ricorso.

Nel 2011 la Commissione ha presentato una proposta di rifusione di questa direttiva a completamento della seconda fase della politica europea di asilo, ma solo nel giugno 2013, dopo l’accordo fra Parlamento e Consiglio europei, è stata approvata una nuova direttiva “procedure” che ha modificato la precedente. Si tratta della Direttiva 2013/32/UE che dovrà essere recepita dagli SM entro il 21 luglio 201574; anch’essa si pone l’obiettivo del miglioramento dell’armonizzazione delle

procedure fra SM e di migliorare le garanzie per i richiedenti protezione. La nuova direttiva estende le norme previste per tutti i richiedenti asilo senza distinzione per tipologia di procedura, specifica anche per le domande presentate nelle acque territoriali, dopo i contestati fatti dei respingimenti in tali situazioni. Prevede altresì l’obbligo di una migliore formazione del personale e di tutte le autorità competenti nell’esame delle richieste. Rimarca la necessità di un accesso più agevole e tempestivo alla procedura di asilo, obbligando a garantire adeguata informazione sulla possibilità di chiedere protezione internazionale in ogni luogo di trattenimento e accoglienza e alle frontiere, prevedendo servizi di interpreti per favorire l’accesso alla procedura. In merito all’esame delle domande chiarisce che in via prioritaria l’esame

74 I tempi di recepimento della Direttiva 2013/32, come per la direttiva 2013/33 relative alle condizioni di

accoglienza, sono parecchio lunghi in quanto comportano profonde modifiche nelle procedure degli SM per il riconoscimento dello status di protezione internazionale.

deve verificare la possibilità di riconoscimento dello status di rifugiato in base alla CG e, in caso negativo, l’ammissibilità alla protezione sussidiaria, precisazione dovuta alla constatazione di una maggior propensione in alcuni SM al riconoscimento dello status di protezione sussidiaria a discapito dello status di rifugiato, riconoscimento che comporta minori garanzie e il godimento di un numero inferiore di diritti, a cui forse alcuni valutatori ricorrono con più frequenza perché nell’esaminare concretamente la situazione individuale tale riconoscimento comporta minor difficoltà nel differenziare in modo puntuale le diverse situazioni di pericolo. Sempre in merito all’esame della domanda la nuova Direttiva prevede l’obbligo di preparare il personale che esamina le richieste, la possibilità di consultare esperti in caso di particolari situazioni e norme relative alla traduzione dei documenti. La nuova Direttiva dettaglia e precisa come debba svolgersi il colloquio personale, con il ricorso a personale competente, che abbia ricevuto una adeguata formazione diretta anche al riconoscimento di sintomi di tortura e altre forme di violenza fisica, sessuale o psicologica, personale scelto anche considerando il genere, l’orientamento sessuale, o la vulnerabilità del richiedente, con l’obbligo inoltre di selezionare un interprete competente e, se richiesto, dello stesso sesso dell’interessato; precisa anche che il colloquio deve essere accuratamente verbalizzato e registrato . E’ previsto il ricorso a visita medica per accertare segni che potrebbero indicare persecuzioni o danni gravi subiti. La Direttiva prevede che la decisione con cui viene respinta una domanda deve essere motivata de jure e de facto e deve contenere per iscritto l’informazione dei mezzi per poter impugnare la decisione. Altre novità sono relative al ritiro o alla rinuncia della domanda; al diritto di rimanere nel territorio dello Stato di accoglienza in attesa dell’esito del ricorso; alla possibilità per gli SM di integrare i concetti di Paese di origine sicuro, Paese terzo sicuro75 e aggiunge il concetto di Paese terzo europeo sicuro, riconoscendo però la necessità di una futura armonizzazione in proposito, in linea con gli orientamenti dati dall’Uesa e dall’Unhcr.

75 Uno Stato è definito paese terzo sicuro se si accerta che in esso il richiedente protezione riceverà un

trattamento che assicura che: “a) non sussistono minacce alla sua vita ed alla sua libertà per ragioni di razza, religione, azionalità, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale; b) non sussiste il rischio di danno grave definito nella direttiva 2011/95/UE; c) è rispettato il principio di «non- refoulement» conformemente alla convenzione di Ginevra; d) è osservato il divieto di allontanamento in violazione del diritto a non subire torture né trattamenti crudeli, disumani o degradanti, sancito dal diritto internazionale; e e) esiste la possibilità di chiedere lo status di rifugiato e, per chi è riconosciuto come rifugiato, ottenere protezione in conformità della convenzione di Ginevra.” Art. 38 Direttiva 2013/32.