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Affrontare il tema della contestazione con l’ausilio delle fonti orali, ha fatto emergere fin da subito il bisogno di interrogarsi sulla sua provenienza. Rilevato che l’ostilità della comunità locale si manifesta nei confronti, non tanto della base, quanto piuttosto dei pacifisti stessi – che minacciano i rapporti economici che la base ha generato nel tempo -, e che di conseguenza ad Aviano, a parte il partito comunista e le sue derivazioni, non vi sono sedi di movimenti antagonisti particolarmente attivi, era necessario guardare al di fuori dei limiti territoriali del comune.

Individuati i soggetti che, giungendo da fuori comune, ad Aviano si sono distinti in quanto portatori del dissenso, ho creato degli ideali percorsi per ricondurli alla base, partendo da Pordenone, da Trieste, dal Veneto orientale, dal Kurdistan.

I capitoli che seguiranno nella seconda parte della tesi, in cui trovano spazio le narrazioni vere e proprie, sono stati concepiti come una serie di tratti confluenti. Questa individuazione di percorsi diversificati è altresì una implicita rappresentazione dell’ovvia dipendenza delle reazioni di pace registrate ad Aviano dalla storia nazionale e, a sua volta, di una realtà italiana che non può prescindere dagli scenari internazionali. Sono stati gli stessi testimoni all’interno del lavoro a chiarire come, a condizionare le operazioni sul campo siano intervenute influenze originatesi da una serie di strati esterni, dove l’esterno più immediato è la vicina Pordenone, ma poi si arriva a sconfinare in Veneto, e con le Donne in Nero addirittura in Medio Oriente, oltre agli esterni non citati nei titoli dei capitoli e che si chiamano Comiso, Roma, Austria, ex- Jugoslavia, Stati Uniti d’America. Le narrazioni sono state così collegate ad un luogo al di fuori della piccola Aviano, nella misura in cui esse hanno comportato per la dimensione locale della protesta la necessità di riferirsi, più o meno concretamente sia sul piano operativo, sia su quello ideologico, ad una dimensione extra-territoriale.

Ha chiaramente la stessa validità il discorso inverso, per cui gli oppositori da ‘fuori comune’ nel calare le proprie iniziative sul territorio occupato dalla base militare statunitense hanno dovuto e/o voluto confrontarsi con la comunità avianese che la ospita, sia in senso collaborativo, sia sul piano competitivo e

conflittuale. La relazione di congiunzione interno-esterno è resa possibile dalla presenza delle prime due interviste ai “comunisti ad Aviano”. La loro testimonianza di dissenso netto e deciso rappresenta comunque un’eccezione nel piccolo comune dove la popolazione si è dimostrata perlopiù acquiescente verso il co- residente straniero. Il fatto poi che i due narratori, Cescut e De Piante, abbiano anche avuto un ruolo nella gestione della vita politico-amministrativa del comune friulano, ha offerto ulteriori spunti di indagine. Ma i “comunisti ad Aviano”, attraverso l’attività del circolo culturale in età giovanile e l’attività politica in seguito, sono risultati l’anello di congiunzione a livello locale nell’andirivieni delle iniziative contro la base, un collegamento spesso necessario, a volte bypassato, per le altre voci della protesta che volevano farsi sentire ai cancelli dell’aeroporto, ceduto in concessione all’aeronautica militare USA a tempo indeterminato. Anche questo fattore è stato utile in fase di comparazione delle testimonianze.

Le reazioni di pace, oltre ad essere per lo più extra-comunitarie nel loro originarsi, hanno a loro volta una caratteristica di non estraneità, e cioè la contemporaneità. In nessun modo appaiono anacronistiche, tutt’al più, per il fatto di emergere su scenari di provincia, possono registrare lievi slittamenti temporali nel segno del ritardo, ma sono comunque un segno del loro tempo.

Un’ultima considerazione: in funzione di queste diverse provenienze – che a volte divengono destinazioni -, le strategie, il modo di pensare ed agire che ha contraddistinto gli attori del fenomeno pacifista intorno alla base di Aviano, non si sono tradotte in un unico metodo, una tecnica condivisa, una condotta uniforme né tantomeno unanime.

Un confine al confine

Aviano rappresenta una sorta di confine in una terra di confine ed è interessata da una limitazione della sovranità, che ha generato confusioni e conflittualità. L’interesse per la base negli anni, anche prima della concessione agli USA nel 1955, ha dimostrato la sua funzione strategica in termini specialmente geografici. Ma il confine potrebbe essere visto anche come periferia, e quindi godere di una minor visibilità di un’esposizione mediatica più bassa, sottolineata a più riprese nell’intervista ai trozkisti, Vuracchi e Negro, che si chiedono ripetutamente il livello di conoscenza nel resto d’Italia delle questioni avianesi. Se lo chiedeva addirittura un ministro degli Esteri nel 196010 e con questa ridotta esposizione mediatica ha dovuto misurarsi la protesta, almeno fino agli anni che hanno preceduto la globalizzazione.

La zona di Aviano e del pordenonese in generale si distingue in Italia per la sua particolare propensione a «non distinguersi». Di Pordenone si parla generalmente poco, come di tutto il Friuli. La gran parte degli italiani non sa neanche se si deve pronunciare Frìuli o Friùli (…). Nella cultura mediatica, il toponimo Pordenone viene usato raramente e il più delle volte come sinonimo di Canicattì, o meglio come suo sostituto essendo la cittadina sicula assurta ormai ad una certa proverbiale notorietà. Quando la base americana si è insediata nella zona, il cono d’ombra era ancora maggiore.11

Nel confine potrebbe essere cercata la ragione di una più facile assimilazione rispetto all’estraneo. Secondo gli avianesi Cescut e De Piante, è questa la discriminante (non separabile dal fattore economico) per comprendere la favorevole accoglienza nei confronti degli ospiti americani da parte della comunità locale -

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Il caso dell’U-2 e del ministro Segni, citato in più occasioni.

interessata da fenomeni simili sin dagli albori dell’avio-campo, nel 1911/1914, quando a venir ospitati erano i pionieri del volo provenienti da tutta Italia12.

Ma il confine è anche quello che separa, e se tre testimoni hanno voluto sottolineare nel corso delle interviste che “il nemico è sempre venuto da est”13 – non proprio correttamente da un punto di vista storico -, questa forma sapienziale popolare potrebbe in parte giustificare l’accettazione da parte della popolazione locale della base e della militarizzazione di un terzo della regione14. Un azzardo forse, ma sul versante politico e sociale italiano la dottrina della deterrenza, costruita sulla minaccia dell’oltre cortina, ha significato per molti aspetti l’impasse del pacifismo, soprattutto sul fronte cattolico, e la conferma è venuta dalle parole di don Giacomo Tolot15.

Lungo gli invalicabili confini militari, contro i quali si sono verificati i rari episodi terroristici del ’6316, del ’6817 e del ’9318, sfilano i cortei pacifisti; di fronte si organizzano le iniziative della Tenda della Pace, del cimitero di Greenpeace mentre, raccontava il professor Piero Brunello, una videocamera fissa posta all’interno della base riprendeva tutto e tutti19.