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Il principale portavoce nelle strade e nelle piazze di questi due slogan simbolo della protesta contro il ‘problema della guerra’, è il movimento dei Partigiani della Pace, quello che racchiude e sintetizza maggiormente le aspirazioni e i sentimenti pacifisti che attraversano la società civile italiana (ed internazionale) di quegli anni, dopo essere stato praticamente inesistente e inattivo durante il secondo conflitto mondiale.

Il clamore delle bombe atomiche ha modificato i termini della battaglia per la pace e il capitolo fondamentale di questa sfida diventa il disarmo, in modo particolare quello nucleare. L’obiettivo dei pacifisti è quello di allontanare il rischio di una terza guerra mondiale che può condurre all’annientamento dell’umanità. La caratterizzazione è quindi quella di un pacifismo antinuclearista – appoggiato dai partiti del movimento operaio e dai sindacati – ma con un’altissima partecipazione intellettuale.71

Si tratta comunque di un pacifismo molto diverso da quello odierno. Il tema della nonviolenza è del tutto secondario, debolissimo. I temi prevalenti sono il rifiuto della guerra, l’antimilitarismo, la battaglia per il disarmo, anche in Italia, dove le sinistre, come pure i democristiani, escono da una sanguinosa lotta resistenziale combattuta con le armi in mano. La guerra ha avuto conseguenze devastanti. È ovvio che il valore della nonviolenza sia un valore quasi improponibile. Il valore della pace invece è immenso.72

Nel frattempo, nell’ambito delle relazioni internazionali sta faticosamente iniziando ad operare l’ONU, la neonata organizzazione che nella dichiarazione di principio indica scopi e motivi per i quali è stata concepita:

“Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità, a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’uguaglianza degli uomini e delle donne delle nazioni grandi e piccole […] abbiamo deciso di unire i nostri sforzi per il raggiungimento di tali fini”73.

69Ivi, p. 124, seduta pomeridiana di martedì 15 marzo 1949. 70

A. Marrone, P. Sansonetti, Né un uomo, né un soldo : una cronaca del pacifismo italiano del Novecento, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2003, p. 77.

71Ivi, p. 72. 72

Ivi, pp. 77-78.

73

Carta delle Nazioni Unite, firmata da 51 membri originari a San Francisco il 26 giugno 1945, ratificata dall’Italia nel 1957.

Lo stesso spirito sembra ispirare i costituenti italiani che nella stesura della legge fondamentale dello Stato, nell’enunciazione dei diritti irrinunciabili, all’art.11 scrivono: “l’Italia ripudia la guerra quale strumento per risolvere le controversie internazionali”.

Queste due dichiarazioni ad altissimo contenuto morale e spirituale, dalle quali discende l’idea fondamentale che la pace è possibile solo nella giustizia sociale e in un sistema equo di distribuzione delle risorse, della libertà e dei poteri, purtroppo verranno puntualmente disattese già nei primi anni.

Il movimento internazionale dei Partigiani della Pace, nasce in questo clima. Nel 1948 a Wroclaw, in Polonia c’è il primo incontro internazionale, al quale partecipano tra gli altri Pablo Picasso, Bertolt Brecht, Albert Einstein e l’anno successivo a Parigi c’è il primo congresso. Vi aderiscono intellettuali di tutto il mondo (Willy Brandt, ma anche Pier Paolo Pasolini, per citare un friulano), molte personalità con posizioni tutt’altro che comuniste (liberali, socialdemocratici, cattolici, persino sacerdoti e vescovi), ma sarà ugualmente accusato di essere stato solo una emanazione di Mosca e di Stalin.

Il movimento ha il merito comunque di porre in modo chiaro e forte la questione del pericolo nucleare, di farne conoscere la potenzialità distruttiva a tutta l’umanità, impedendo che la corsa al riarmo avvenga in un ambiente positivo e di entusiasmo; riesce così, se non ad imporre, quantomeno a diffondere l’idea che l’arma atomica non può essere usata.

I Partigiani della Pace rivendicano la libertà di coscienza e aprono agli intellettuali impegnati sul piano politico e sociale uno spazio che permetta loro di non essere schiacciati dalla potenza quasi militare che avevano allora i partiti politici. Oltre alla richiesta di interdizione dell’arma atomica e di tutti i mezzi di distruzione di massa, gli altri punti fondamentali del loro manifesto sono: la riduzione delle spese militari, la limitazione delle forze armate delle grandi potenze, l’opposizione al riarmo di Germania e Giappone, il diritto dei popoli all’indipendenza nazionale, la difesa delle libertà democratiche, la condanna dell’isteria bellicista, dell’odio razziale e il boicottaggio degli organi di stampa che propagandino la guerra, la lotta contro la guerra fredda74.

Nel 1952 l’appello di Berlino dei Partigiani della Pace per un ritiro degli eserciti dalla Corea e una soluzione pacifica del conflitto, raccoglie 600 milioni di firme. In Italia sono più di 16 milioni, più del doppio dei voti presi da socialisti e comunisti messi insieme, a dimostrazione del fatto che si tratta di un movimento con un’influenza che oltrepassa i confini della sinistra. La sua espansione nel mondo cattolico è evidenziata dalla partecipazione di sacerdoti quali don Mazzolari e don Gaggero, e addirittura vescovi come monsignor Ficcara, nonostante la dura opposizione della Chiesa di Pio XII. Il PCI, che l’anno precedente aveva percorso la via dell’apertura, cambia direzione e lavora per evitare un allargamento esagerato dei Partigiani, ma non riesce a respingere le firme di Saragat e Valletta, a testimonianza ulteriore di questa trasversalità dei Partigiani.75

Il movimento cresce fino al 1956, l’anno della crisi dovuta a diversi fattori: la crescita nucleare sovietica e l’instaurarsi del clima del terrore; la crisi del comunismo con la scoperta dei crimini di Stalin e l’invasione dell’Ungheria. Pur non essendo il movimento legato esclusivamente ai partiti comunisti, la loro componente era decisamente importante, e il crollo dell’immagine stessa del comunismo in Occidente favorirà la nascita di nuove matrici pacifiste e il lento declino dei Partigiani della Pace.76

74 Ivi, pp. 82-83. 75 Ivi, p. 86. 76Ivi, p. 87.

Le proteste dei Partigiani della Pace in Italia

Il ruolo dei Partigiani della Pace si affianca, specie in Italia, la lotta contro la NATO, e lo scontro epico tra sinistre e DC visto nel precedente paragrafo, fuori dal Parlamento si traduce in numerose manifestazioni in tutto il paese: il 23 marzo del ’49 la polizia spara a Terni, davanti alle acciaierie, per reprimere una protesta anti-NATO, e uccide il giovane operaio Luigi Trastulli, ma non sarà purtroppo l’unica vittima.

Nel 1951 sono quattro i cittadini italiani a perdere la vita in occasione di un’altra ondata di dissenso che attraversa la penisola in concomitanza con una delle visite di Eisenhower77 per la dura repressione delle forze di polizia, impegnate a contenere le reazioni pacifiste contro lo ‘sbarco’ del generale ‘borghese’, futuro 34.o presidente USA, organizzate dalla CGIL, dai partiti della sinistra e appunto dai Partigiani della Pace. La Direzione del PCI, plaudendo alle forze della pace delle masse popolari e cogliendo il disagio che “serpeggia anche fra coloro che pur avendo dato la loro adesione al Patto Atlantico, ne temono i minacciosi sviluppi”, in occasione della celebrazione del XXX Anniversario della fondazione del Partito, auspica l’allargamento della protesta:

“[…] invita tutte le organizzazioni e tutti i compagni ad intensificare la loro azione di propaganda e di persuasione e a rafforzare il grande movimento dei Partigiani della pace. Essa - riafferma che i comunisti sono pronti ad esaminare con tutti gli italiani onesti ogni possibilità di salvare il Paese dal pericolo della guerra e da nuovi impegni che possono aggravare tale pericolo, sempre disposti a collaborare per ogni soluzione che appaia utile alla pace”78

A ricostruire il clima di altissima tensione di quel gennaio 1951 è sufficiente la prima pagina de L’Unità di venerdì 19 che titola a nove colonne: “Tutta l’Italia si è levata contro la guerra - 4 cittadini uccisi dai servi di Eisenhower”. L’occhiello recita invece “Nemmeno il sangue è riuscito a fermare il grande movimento di popolo per la pace”, mentre gli articoli di spalla e di fondo che completano la prima pagina sono un coro di approvazione per l’onda di dissenso e di durissime critiche all’operato del governo: “Le prime vittime di Eisenhower”, “L’infame eccidio denunciato alla Camera - La maggioranza sfugge al dibattito”, “Roma con una possente manifestazione ha imposto il suo diritto di difendere la pace - Di Vittorio invita tutti gli onesti a unirsi nella richiesta del disarmo generale – Il canto ‘va fuori d’Italia’, echeggia per tutto il pomeriggio nel cuore della Capitale”, “Tutta la penisola percorsa da una grande ondata di protesta”.

Le argomentazioni contenute in questi articoli con cui si apre l’edizione del quotidiano comunista sono una perfetta sintesi di quel particolare momento storico e meriterebbero di essere citate quasi integralmente. Di qui la scelta di mettere in appendice al presente capitolo lunghi stralci dell’editoriale firmato da Davide Lajolo, proprio allo scopo di far respirare in queste pagine l’aria che stava imperversando sul panorama nazionale, visto dalla sinistra dell’emiciclo. C’è il riferimento alla visita del generale straniero venuto a “contare i soldati italiani”, la repressione violenta della polizia contro il popolo che manifesta “la sua volontà di pace”, il governo ‘servile’ che promette le basi militari e la CGIL impegnata in una manifestazione nazionale pacifista e anticapitalista il cui successo sarà messo in discussione sulla stampa diocesana pordenonese.79

77 Tutta l’Italia si è levata contro la guerra. Quattro italiani uccisi dai servi di Eisenhower, “L’Unità” 19 gennaio 1951.

78

Comunicato della Direzione del PCI, tratto da http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=

ebook&file=/archivio/uni_1951_01/19510119_0001.pdf&query=EISENHOWER consultato il 17/11/2015. 79

I Partigiani della Pace in Friuli

Le vicende friulane dei Partigiani della Pace, ricostruite e descritte dal Paolo Michelutti nella sua tesi di dottorato “La militarizzazione del Friuli Venezia Giulia nel secondo dopoguerra 1949-1989” riportano anch’esse gli echi di un’opposizione di identico segno. Michelutti si sofferma in particolare sulle reazioni di protesta all’invio nel 1951 di centomila cartoline di preavviso ai militari in congedo (le cosiddette cartoline rose), provando a ricollegarle alle iniziative nei confronti delle ripetute visite dei generali USA (Eisenhower in primis) intenti a passare in rassegna le strutture militari e a preparare il terreno ai futuri insediamenti delle basi. La repressione delle manifestazioni contro questo appoggio incondizionato da parte del governo italiano alla “preparazione di una nuova guerra americana”, animate anche qui dal movimento dei Partigiani della Pace con l’appoggio delle organizzazioni sindacali e dei partiti della sinistra, si traduce in una lunga serie di arresti, condanne e persecuzioni a vari livelli. Il dissenso è chiaramente rivolto contro la nuova ondata di militarizzazione e riarmo della regione non ancora ripresasi dallo choc del tremendo conflitto appena concluso e alle prese con enormi problemi di riassetto economico e sociale (povertà ed emigrazione i segnali più evidenti). Gli scioperi e le manifestazioni di piazza rivendicano un’attenzione ai problemi reali del territorio per affrontare i quali è centrale, secondo chi protesta, l’esigenza di una politica di pace e neutralismo. Le cartoline vengono più o meno pubblicamente “respinte” al mittente scatenando la reazione dei tribunali militari, dei questori e dei prefetti che vietano cortei e manifestazioni dei pacifisti, e che vanno a perseguire in maniera specifica gli organizzatori. C’è, secondo la ricostruzione di Michelutti, attraverso questo attacco governativo diretto agli esponenti dei Partigiani della Pace, specialmente nel Friuli e in Veneto, un tentativo di fiaccare la forza dei manifestanti in quelli che sono i luoghi maggiormente interessati dalle “ricognizioni” dei vertici militari statunitensi.

Perché mai […] proprio in queste zone gli arresti illegali hanno assunto un carattere di massa? Perché proprio qui si è dato a questi arresti un carattere così aspramente intimidatorio verso le popolazioni, giungendo fino all’impiego di ingenti forze di polizia motorizzate e armate fino ai denti che hanno invaso paesi interi alle prime luci dell’alba penetrando poi nelle case con mitra spianati, alla ricerca dei ‘criminali’, secondo le belle tradizioni delle SS germaniche?

Oggi tutti questi perché hanno ricevuto una risposta: doveva venire nel Friuli il gauleiter straniero, bisognava dunque preparargli il terreno terrorizzando le popolazioni, reprimendo il movimento dei partigiani della pace, tentando di soffocare ogni protesta contro la politica di guerra di cui Eisenhower è un altissimo esponente.

Ora sappiamo perché il questore di Udine ha […] vietato la manifestazione giovanile per la pace indetta domenica scorsa a Sacile.80

Eisenhower, in Italia già a gennaio 1951 (come visto poc’anzi), ritorna in Friuli proprio il 25 aprile e questo ai militanti del partito comunista e socialista sembra un insulto. Ma lo “sfregio” continua, come ben raccontato nella tesi citata, con Ike che, passando in rassegna un reparto della divisione “Julia” si permette

di correggere e umiliare alcuni ufficiali italiani rei di non aver assunto, a suo modo di vedere, le giuste posizioni marziali.81

La presenza di Eisenhower, oltre che per la ricorrenza del 25 aprile, è avvertita inopportuna in chiave “balcanica”. Il comitato provinciale dei Partigiani della Pace di Gorizia tenta di diramare il seguente appello il giorno prima della visita:

Il generale […] ispezionerà le truppe dislocate nella nostra terra. Egli viene per realizzare i piani atlantici che prevedono schierate le truppe titiste sui nostri monti. La sua visita non è fatta per ricercare un’intesa di pace fra le nazioni ma per coordinare sotto il suo comando il collegamento dell’esercito italiano con quello di Tito contro gli interessi di tutti i popoli, contro la pace. Secondo questo piano la nostra regione, insieme a Trieste, sta diventando bivacco di truppe straniere. Per questo il comitato […] chiama tutti gli italiani e gli sloveni a protestare contro il generale straniero ed a manifestare contro i suoi piani di guerra. Per salvare la pace nella nostra terra manifestiamo la nostra possente volontà di pace.82

Bloccato dal questore di Gorizia, sarà pubblicato nelle pagine de L’Unità, mentre la solidarietà ai Partigiani pacifisti friulani arriva da Venezia dove l’appello viene citato all’interno di un altro manifesto a firma FGCI, Movimento Giovanile Socialista, Università Nuova e rappresentanti dell’Anpi in cui si legge “l’indignata protesta per la nuova violazione del territorio nazionale da parte di quest’uomo dell’imperialismo aggressivo americano che viene in Italia per tentare di reclutare carne da cannone per la sua guerra”83. Ad un anno di distanza, sotto il titolo ‘Assurdi Divieti’, un articolo del giornale del PCI, riporta il clima di repressione ancora in atto in quella parte d’Italia, dove le proibizioni di cui si racconta hanno il sapore di un regime in cui le più scontate libertà di espressione e di opinione vengono subordinate in forza di un bene superiore, chiamato sicurezza nazionale/internazionale:

Già da prima che iniziassero ufficialmente le manovre, il Friuli è diventato una terra senza legge, dove l'autorità dell'appuntato dei carabinieri può sostituirsi al presidente della Repubblica per privare il cittadino dei suoi diritti costituzionali. A Caneva per esempio, dove era già stata proibita la commemorazione dell'8 settembre, il maresciallo dei carabinieri, qualche giorno fa, ha interrotto bruscamente la concertazione di un gruppetto di clienti in un caffè, intimando poi al gestore di intervenire per soffocare sul nascere ogni discussione a sfondo politico, se non voleva correre il rischio di vedersi chiudere il locale. Intransigenza di un agente troppo zelante dell’Arma? No, ordini precisi provenienti dall’alto, se è vero che anche a Sacile, ad Aviano, a Cordenons, a Montereale ed in non so quali altri posti ancora i carabinieri hanno costretto gli esercenti dei pubblici ritrovi a firmare una dichiarazione con la quale s'impegnavano — pena la chiusura dell'esercizio — ad impedire qualsiasi discussione o conversazione fra i frequentatori, riguardante sia pure vagamente la politica. Da parte sua il signor prefetto di Udine ha emanato una disposizione con cui vieta tutte le manifestazioni in luoghi aperti al pubblico e — udite! — persino le riunioni private che possano provocare comunque una straordinaria affluenza di persone.84

81

Per l’autore di questa ricerca, questo particolare sulla precisione millimetrica da tenere nelle posture militari da parte dei comandanti di quel reparto acquista un significato eloquente rispetto all’esperienza del servizio militare prestato alla “Julia”.

82

P. Michelutti, op. cit., p. 33.

83

Ivi, pp. 32-33.

Ma siamo in un dopoguerra che ricorda in un qualche modo la consuetudine ancora in atto oggi, dell’occupazione di un territorio sconfitto militarmente (Irak, Afghanistan per citarne alcuni). E siamo in una logica atlantista, in cui appunto gli accordi bilaterali cominciano a passare dall’ideazione alla concreta attuazione (individuazione di basi militari, concessione di facilities, dislocazione di truppe). Contro questi delicati passaggi politico-militari non sono tollerate interferenze da parte della popolazione che sembra non possa nemmeno informarsi o discutere in merito ad essi.

E’ ancora “L’Unità”, come già visto in occasione della vicenda dell’U-2 , a raccogliere la sfida della controinformazione. In “Gli americani distruggono a cannonate interi boschi di pini e abeti nel Friuli” un altro articolo del settembre del 1952 a firma di Guido Nozzoli, in ambito squisitamente friulano, viene utilizzato il richiamo a valori etici e morali, condito con una buona dose di sarcasmo, per condannare la violenza delle operazioni militari di matrice NATO in corso, che secondo i governi sono un segno di “difesa della civiltà occidentale”. Oltre alle manovre delle esercitazioni vere e proprie e il conseguente sterminio di “migliaia di pini e abeti, unica fonte di ricchezza di quelle montagne”, la cronaca si sofferma sulle procedure seguite sul campo nell’individuazione delle strutture e dei luoghi da destinare all’esercito a stelle e strisce a discapito di “altri 200 campi di terra fertilissima” colpiti da esproprio. È il preambolo della nascita della base di Aviano, per cui si è ritenuto anche qui di citarlo quasi integralmente in appendice, non fosse anche per la sua portata di sintesi rispetto agli argomenti affrontati in questo e nel capitolo precedente.

Diametralmente opposte le cronache del settimanale diocesano di Pordenone “Il Popolo” rispetto all’arrivo di Eisenhower e alle proteste dei Partigiani della Pace. La preparazione militare dell’Occidente rientra nella politica di contenimento dell’espansionismo sovietico con la differenza che l’ingerenza statunitense rispetto a quella dell’Armata Rossa, sempre secondo il settimanale cattolico, è il simbolo vivo dell’avversione alla guerra, ma anche dell’insofferenza alla schiavitù. Per dimostrare quanto concreta fosse la fase della riorganizzazione difensiva europea, dentro la quale si inserisce il viaggio in Europa di Eisenhower, Il Popolo è chiaramente portavoce del pensiero di Pio XII quando scrive che fa più effetto, rispetto ai tentativi di pace a parole, “sapere che l’attrezzatura industriale americana permette una produzione annua di 50.000 aerei e 25.000 carri armati e alcune centinaia di atomiche”85.

Secondo la stampa diocesana quindi, la linea politica atlantica va vista come politica di sicurezza, legittimando così l’operato del governo De Gasperi che all’opinione pubblica faceva sapere di voler difendere con tutti i mezzi la libertà e la pace, sia all’interno che all’esterno.

Il contrasto tra la fonte cattolica e l’organo di informazione del PCI è ancora più evidente nell’articolo apparso su “Il Popolo” del 28 gennaio 1951 dove, non a caso, nella ricostruzione di uno sciopero generale convocato dalla CGIL, viene usato l’avverbio “viceversa” per sconfessare le tesi de “L’Unità” (contenute nell’articolo riportato in appendice, infra) e l’accusa di servilismo politico, che la sinistra presenta al governo italiano, viene rinfacciata agli avversari politici.

Incurante delle accuse di servilismo politico che le potevano essere mosse […] la CGIL ha messo in movimento tutto il suo apparato per inscenare una “spontanea” manifestazione di protesta dei lavoratori.

La manifestazione doveva svolgersi in tre tempi: affissione dei manifesti, invasione di scritte murali e truculenti editoriali su quotidiani per la preparazione psicologica; una serie di agitazioni, scioperi, e non

collaborazioni, per galvanizzare le masse; oceanici comizi per “dimostrare” ai padroni del Cremlino che le azioni russe, in Italia, sarebbero tutt’altro che in ribasso.

Viceversa è andata così. Alla battaglia cartacea la cittadinanza e la stampa democratica hanno reagito