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Nella seconda metà degli anni Sessanta i movimenti collettivi irrompono come nuovi soggetti politici e civili nel mondo occidentale e quindi anche nel nostro paese. Le forme della protesta, dalla contestazione studentesca a quella più operaista e sociale, abbracciano e si intrecciano ai temi della cultura giovanile, della liberazione della donna, della difesa delle minoranze etniche, della protezione dell’ambiente, della pace. La famiglia dei movimenti sociali della “sinistra libertaria” è un concetto che il politologo tedesco Herbert Kitschelt ha provato per la prima volta nel 1990 a definire così:

Sono di “sinistra” perché condividono con il socialismo tradizionale la sfiducia nel mercato, nell’investimento privato, e nell’etica del successo, insieme alla fiducia nella redistribuzione egualitaria. Sono “libertari” perché si oppongono al controllo delle burocrazie pubbliche e private sulle condotte individuali e collettive. Essi, invece, auspicano una democrazia partecipatoria e sostengono il diritto dei

94 FM, b. 25, fasc. 2, relazione dattiloscritta di Aldo Capitini al Convegno nazionale sui problemi del disarmo, Firenze,

26-27 maggio 1962, cit. in A. Martellini, op. cit., p. 132.

95

A. Martellini, op. cit., p. 133.

singoli e dei gruppi a definire autonomamente le istituzioni economiche, politiche e culturali, sottraendole ai dictat di burocrazie e mercati.97

Mentre all’interno della Consulta si registra lo scontro tra gli “integralisti”, che vogliono mantenere intatta la purezza elitaria del pensiero nonviolento e i radicali impegnati ad aprirsi una finestra nell’arena politica, il pacifismo si è autonomamente ‘messo in marcia’ riproponendo le sue iniziative con cadenza regolare e con il coinvolgimento trasversale di cittadini, associazioni, politici, intellettuali e amministrazioni pubbliche. La generazione figlia del boom economico si dimostra attenta e sensibile all’etica dell’utile e comincia a percepire l’incombenza di nuovi problemi sociali. In questo senso il tempo e il denaro assumono un’importanza diversa nella scala dei valori; il tempo del servizio militare o i soldi spesi negli armamenti sono ‘sprecati’ e stridono con i problemi collettivi della povertà, della fame e della sofferenza del Terzo Mondo. Nell’agenda pacifista divengono perciò centrali temi prima più marginali, come l’obiezione di coscienza e la riduzione delle spese militari. I bersagli della protesta divengono anche le celebrazioni del 4 novembre, contro la quali pare esemplare il manifesto che nel 1969 viene affisso a Sulmona fuori da una caserma, che riporta le frasi di Don Milani, di Bertolt Brecht, oltre a quella provocatoria di Federico II di Prussia: “Se i miei soldati cominciassero a pensare, nemmeno uno di essi resterebbe nel mio esercito”98. È questo un segno della creatività che caratterizzata questa nuova stagione dei movimenti dove anche i cattolici, che hanno ricevuto un’esortazione ad essere “costruttori di pace” da Papa Giovanni XXIII già nel 1962 nell’apertura del Concilio Vaticano II, iniziano a mescolarsi più massicciamente. La protesta pacifista trova un referente nuovo nell’industria discografica che presta attenzione a un mercato fatto di canzoni e inni ispirati da autori di diversi generi musicali (non esclusivamente comunisti), altro segnale di novità di questi movimenti collettivi che appaiono

segmentati, con differenti cellule che crescono e muoiono in un breve volgere di tempo; policefali, con numerosi leader che controllano comunque solo piccole frazioni dei movimenti nel loro insieme; reticolari, cioè basati su legami multipli tra cellule autonome che costruiscono delle reti dai confini indefiniti.99

L’arrivo di queste forme originali e plurime nel panorama pacifista mettono in crisi, oltre agli schieramenti tradizionali sui quali si erano contrapposti i pro e i contro, il riferimento lessicale, se è vero che dalle pagine di “Mondo Beat”, una delle voci della controcultura giovanile underground più diffuse tra cappelloni e contestatori, quello che prima era un pacifismo ‘assoluto’ (alla Capitini), ora si è trasformato in pacifismo ‘generico’

Noi siamo contro la guerra come METODO di risoluzione nelle controversie internazionali, lottiamo contro l’aggressione, dovunque si presenti. Se siamo accusati di pacifismo generico perché siamo contro l’aggressione americana nel Vietnam, ma siamo anche contro l’aggressione sovietica in Ungheria, perché siamo anche contro l’aggressione cinese in Tibet […] allora siamo d’accordo.100

Da qui in avanti, la platea dei movimenti pacifisti diverrà lentamente, un fenomeno multicolore e trasversale in grado di coinvolgere e coordinare forze di ispirazioni anche contrapposte, con riferimenti ideologici dei più diversi. In qualche modo la parte della presente ricerca dedicata alle interviste vorrebbe e potrebbe esserne la riprova. Non va dimenticata nell’analisi che segue un’altra caratteristica essenziale dei

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cit. in Donatella Della Porta, Movimenti collettivi e sistema politico in Italia. 1960-1995, Laterza, Bari, 1996, p. 7.

98 In principio era il vilipendio, in “Il Ponte”, XXVI, aprile-maggio 1970, 4-5, pp. 495-506, cit. in A. Martellini, op. cit., p.

169.

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D. Della Porta, op. cit., p. 9.

movimenti collettivi a cui si riferisce, e cioè la loro intermittenza e la loro dipendenza da cause endogene ed esogene che Donatella Della Porta nel suo saggio definisce così

[…] come per altri attori sociali, la forza di un movimento collettivo può essere analizzata in relazione a diversi indicatori quali il numero di aderenti delle organizzazioni che a esso fanno riferimento, la partecipazione alle varie azioni di protesta, e il sostegno dell’opinione pubblica. […] A ciò va aggiunto il fatto che i movimenti collettivi non sempre assumono forme visibili: anzi, [...] oscillano tra fasi di visibilità caratterizzate da mobilitazioni di massa, e fasi di latenza, cioè di sopravvivenza all’interno di specifiche subculture.101

Appendice

Editoriale a firma di Davide Lajolo, a cui si riferisce il paragrafo su “Le proteste dei Partigiani della Pace in Italia”:

Il governo De Gasperi era tanto convinto che il popolo italiano, il quale aveva scritto nella sua Costituzione il ripudio della guerra, non avrebbe gradito la visita del generale straniero venuto a contare i soldati italiani per comandarli alla morte, che ha ritenuto opportuno, fin dalla vigilia, di far ordinare dal consiglio dei ministri una specie di stato d'assedio in tutto il Paese.

Gli ordini partiti dal ministero degli interni per le questure e per i comandi dei carabinieri, hanno superato ogni precedente in drasticità e violenza. Si voleva negare, a tutti i costi, ai cittadini, la più elementare delle libertà, il più sacrosanto dei diritti, quello cioè di protestare contro chi apertamente vuole preparare la guerra.

Il popolo italiano è stato più forte delle menzogne e dei soprusi, ha dimostrato quale è la sua volontà di pace e la sua coscienza nazionale levando alta, da un capo all'altro, la protesta unanime, valendosi dei diritti stabiliti dalla Costituzione per far sentire al generale americano, al governo della guerra, e a tutto il mondo che esso vuole e sa difendere il bene supremo.

[…] la protesta è stata la più imponente manifestazione per la pace verificatasi finora. E proprio a Roma, mentre il generale era ospite dei ministri asserviti, il popolo romano ha imposto la sua voce combattiva nel grande comizio del Colle Oppio partecipando in gran folla alla manifestazione in cui il segretario della CGIL ha espresso, a nome di tutti i lavoratori italiani, la virile protesta e la più larga, sacrosanta volontà di pace del popolo.

Per questa unanime volontà di pace espressa da tutto il Paese il livore governativo non ha più avuto ritegno. Ancora una volta la politica dell'odio e della paura ha dato i suoi frutti. Servile nel modo più spregevole verso lo straniero il governo e ricorso alle armi ed ha sparato sugli italiani cospargendo ancora una volta di sangue le piazze della Patria.

Ancora una volta, il governo che dà piombo a chi ha fame e piombo a chi vuole la pace, ha sparato addosso ai lavoratori più affamati […]

Mentre i ministri battono il tacco dinanzi al «gauleiter» del patto atlantico, promettendo divisioni da far massacrare, e basi militari per trasformare il nostro Paese in un campo di battaglia e di devastazioni, i suoi poliziotti sparano e uccidono secondo gli ordini contro chiunque non accetti la legge del fascismo e dello straniero. […] I lavoratori sentono che questi morti sono le prime vittime dell'esercito atlantico e pesano sulla coscienza del generale straniero e del governo De Gasperi al servizio dello straniero. Questi morti chiedono a tutti di stringersi più compatti in difesa dell'indipendenza e della pace. Chiamano ad intervenire, a discutere, ad allargare le intese e i dibattiti per trovare assieme la via per salvare la pace, anche coloro che finora hanno potuto rimanerne assenti. Questi morti accusano il governo, che ha

dichiarato guerra agli italiani e già usa le armi per lo straniero: proprio questi delitti lo condannano per sempre di fronte agli italiani, confermando al tempo stesso che già oggi nel nostro Paese le forze della pace sono più forti di quelle della guerra […], tratto da Tutta l’Italia si è levata contro la guerra.

“L’Unità”, 19 gennaio 1951.

Articolo a firma di Guido Nozzoli, a cui si riferisce il paragrafo su “I Partigiani della Pace in Friuli”:

Vaste superfici di colture sono già state sacrificate per «superiori esigenze militari» ad Aviano e nella bassa valle del Tagliamento; e giusto questa sera sono stati colpiti da esproprio altri 200 campi di terra fertilissima nei pressi di Codroipo, ove le escavatrici sono immediatamente entrate in azione per preparare il fondo alle colate di cemento delle piste di lancio.

Di pari passo con gli espropri vanno facendosi sempre più numerose le visite riservatissime di americani che, in coppie o piccoli gruppi, in divisa od in borghese, vengono a controllare l'andamento dei lavori. Di quando in quando, poi, fanno la loro comparsa reparti dell'esercito USA, che passano con le loro autocolonne, si accantonano qua e là per qualche giorno, poi ripartono per altra destinazione. Qualche settimana fa giungevano a Val Saisera numerosi soldati statunitensi, presumibilmente provenienti da Trieste. Là si lasciò circolare la voce che si trattasse di militari in convalescenza, bisognosi di respirare l'aria balsamica alpina prima di riprendere la vita del reggimento. a un bel giorno i «convalescenti» piazzarono nella valle dei vistosissimi cannoni e cominciarono lunghissime esercitazioni di tiro, che sterminarono migliaia di pini e abeti, unica fonte di ricchezza di quelle montagne. I valligiani avevano ripetutamente chiesto al governo opere di migliorie fondiarie: quella era la risposta. Compiuta la quotidiana ecatombe di alberi, i soldati scendevano a darsi bel tempo nei paesi vicini: a Ugovizza, Camporosso, Vallebruna. Violenti, volgari, arroganti, sempre in vena di intrecciare avventure amorose, questi baldi campioni della democrazia USA si può dire non lasciassero passare una serata senza menare le mani e provocare incidenti. Ed è con un senso di sollievo che in questi giorni gli abitanti di quei paesi salutano la partenza degli ultimi contingenti di truppe rimasti a contemplare i frutti della loro distruzione.

Durante la sua fulminea ispezione compiuta nell'Udinese al principio dell'estate, Ridgway disse ai generali ed ai giornalisti: «ci troviamo qui per svolgere il compito che ci è stato affidato dai nostri governi per la difesa della civiltà occidentale... ». Ora, quei governi — il nostro ed il suo, che sono poi la stessa cosa — non compiono un atto che non sia dettato dal proposito di accelerare l tempi dell'aggressione e le manovre che si svolgono contemporaneamente nel Friuli come in tutti i paesi atlantici non sono che un collaudo delle forze di primo impiego degli eserciti scelti per l'aggressione. I giornali governativi italiani — secondo le indicazioni degli uffici stampa militari — cercano ogni giorno di porre l'accento sul carattere difensivo delle manovre, ma l'attenzione dei comandi operativi si concentra assai più insistentemente sulla riuscita delle manovre offensive dei reparti azzurri, a cui è affidato il ruolo che dovrebbero sostenere domani gli eserciti della «civiltà occidentale ».

A rendere più verosimile, con la creazione di un vero e proprio stato d'assedio, questo carattere di «prova generale» della guerra, concorrono, con crescente zelo, funzionari della Questura e della Prefettura, il cui ideale più ambito sembra sia diventato ormai quello di guadagnarsi la palma di campioni dell'illegalismo.

Vietata la festa dell'Unità ad Udine, vietata la serata di danze per l'elezione di Miss Vie Nuove, a San Daniele del Friuli, vietata persino l'assemblea del soci delle latterie cooperative di cui dicevo ieri”, in Gli americani distruggono a cannonate interi boschi di pini e abeti nel Friuli.