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Le normative elettorali regionali: Calabria e Toscana

Accountability elettorale e struttura della competizione

3.1 I sistemi elettoral

3.1.4 Le normative elettorali regionali: Calabria e Toscana

Entrambe le regioni oggetto di analisi hanno provveduto ad incidere sulla disciplina elettorale, nel tentativo di perfezionare il modello normativo previsto dalla legislazione statale (Morelli 2005). In particolare la Calabria ha provveduto con leggi regionali a novellare le normative nazionali (l. 108/68 e l. 43/95) apportando delle sostanziali modifiche. Innanzitutto, la legge regionale 1 del 2005, conformemente al dettato del nuovo statuto della regione, incrementa il numero di consiglieri da quaranta (in forza della legge elettorale divenuti 42 nel 1955 e 43 nel 2000) a cinquanta, prevedendo la presenza in lista di candidati di entrambi i sessi (limitandosi ad adeguarsi alla previgente normativa in materia), e infine, stabilisce per tutte le liste provinciali una soglia di sbarramento posta al 4% (siano esse incluse in coalizione o meno), vale a dire che la somma delle cifre elettorali delle liste delle circoscrizioni provinciali deve superare un venticinquesimo dei voti validamente espressi a livello regionale per la sola arena proporzionale(Pacini 2007). Questo tipo di decisione normativa aveva quale scopo precipuo di ridurre la frammentazione in seno al consiglio, che vedeva alla costituzione della settima consiliatura nel 2000 ben 17 gruppi consiliari, ulteriormente incrementati a 23 (De Luca 2010) poco prima dello scioglimento del 200515, intento ulteriormente perfezionato dalla novellazione dell’art. 27 dello statuto regionale che prevede che i gruppi consiliari possano essere regolarmente costituiti solo a patto che siano composti da almeno tre membri, o in alternativa due, ma solo a patto ch questi siano stati eletti in una lista che abbia per lo meno varcato la soglia di sbarramento su scala regionale del quattro per cento. Una successiva modifica alla legge elettorale è stata portata a compimento con la legge 4 del 2010, che prevede l’abolizione del listino regionale, infatti, pur prevedendo il mantenimento della lista regionale come elemento di raccordo della coalizione, questa non è più capeggiata, bensì ha quale suo unico componente il candidato alla presidenza della regione, ciò comporta che la normazione sui quattro quinti dei seggi da assegnare con metodo proporzionale resta invariata, ma la restante quota del 20% (10 consiglieri)

viene assegnata con altro criterio, infatti due posti in consiglio spettano al candidato presidente vincitore e al candidato presidente che abbia preso più voti tra i candidati alla presidenza sconfitti, i restanti otto seggi sono assegnati seguendo le regole canoniche di assegnazione del premio di maggioranza, quindi su base regionale, ma con lo svuotamento del listino, i consiglieri da eleggere sono “reperiti” nelle liste che hanno affrontato la competizione nell’arena proporzionale delle circoscrizioni provinciali (De Luca 2010).

Se in Calabria si è provveduto solo a modificare in qualche passaggio la normativa nazionale, in Toscana invece si è proceduto ad un riordino più complessivo della materia elettorale, approvando una disciplina organica di razionalizzazione della normativa preesistente (Pacini 2007, 84). Con sola eccezione dell’elezione diretta del Presidente della Giunta, del formato della scheda da sottoporre all’elettore (prevedendo ancora un doppio voto per il presidente e per le liste) e della definizione delle circoscrizioni elettorali sub-regionali (che restano provinciali con un numero di posti in lista proporzionale rispetto alla popolazione residente), per il resto la normativa è stata riformata pressoché in toto.

Andando con ordine, la legge regionale 25 del 2004 prevede sia un aumento dei consiglieri da 50 a 65 sia la completa abolizione del listino, gli unici candidati ad essere eletti consiglieri in forza del risultato conseguito dalla lista regionale di coalizione sono i candidati alla presidenza delle due coalizioni che hanno ottenuto più voti (quindi il presidente eletto e il suo “più credibile” sfidante). L’assegnazione dei seggi avviene esclusivamente su base regionale, considerando la somma delle cifre elettorali delle liste circoscrizionali, le quali per poter partecipare alla competizione devono presentarsi in almeno la metà più uno dei collegi provinciali. Inoltre il criterio di ripartizione e puramente proporzionale, il correttivo maggioritario interviene solo in un secondo momento. Ciascuna lista proporzionale concorre alla distribuzione dei seggi solo nella misura in cui abbia superato la soglia del 4% dei voti validi nel caso in cui il candidato alla presidenza abbia conseguito meno del 5% dei consensi, invece qualora lo sbarramento del 5% per il candidato alla presidenza sia superato, la soglia per le liste in coalizione scende all’1,5%.

Viene inserita una soglia di garanzia per le opposizioni e un premio di maggioranza variabile per le liste a sostegno del presidente eletto. In dettaglio, si procede prima alla proclamazione del presidente eletto, poi ad individuare la cifra elettorale regionale di tutte le liste in competizione, se queste hanno superato la soglia di sbarramento, a ciascuna di queste viene assegnato un consigliere, successivamente i residui seggi da assegnare sono ripartiti con formula proporzionale, sfruttando il metodo dei divisori d’Hondt. Una volta conclusa la ripartizione dei seggi, se le liste a sostegno del candidato vincitore hanno conseguito tra il 60 e il 65% dei seggi, allora la ripartizione si conclude; se hanno superato il 65% dei seggi, allora interviene una forma di tutela a garanzia delle minoranze, che complessivamente si vedranno assegnare il 35% dei seggi, con lo stesso metodo sopra descritto, il restante 65% dei seggi resta in capo alla coalizione vincente. Se invece le liste collegate al presidente eletto restano al di sotto del 60% dei seggi allora scatta il premio di maggioranza, che prevede il 60% dei seggi per le liste collegate solo se il presidente sia stato eletto grazie ad una percentuale di voti validi superiore al 45%, se invece il presidente eletto ha ricevuto meno del 45%, allora le liste collegate si vedranno assegnare solo il 55% dei seggi in consiglio.

Un cambiamento sostanziale verte sul voto di preferenza, che viene cancellato, la ripartizione dei seggi tra partiti vedrà eletti i candidati secondo l’ordine di collocazione nella lista bloccata. In più per ogni lista che partecipa alla competizione per i seggi in consiglio si conferisce la possibilità di candidare uno o due (a seconda dell’ampiezza della circoscrizione) eligendi regionali per circoscrizione provinciale, in pratica i candidati regionali hanno la precedenza rispetto ai candidati provinciali, dal momento che la lista si vede assegnare la quota di seggi spettanti saranno eletti prima i candidati regionali, in subordine i candidati provinciali. Una volta proclamati eletti consiglieri sia i due “migliori” candidati alla presidenza, sia i candidati regionali, allora comincia la ripartizione dei seggi per le liste provinciali, «L’assegnazione dei seggi alle province avviene sulla base di un quoziente elettorale di gruppo (metodo Hare)» (Pacini 2007, 87). Nel caso in cui, a conclusione dell’assegnazione dei seggi provinciali, esistono province rimaste prive di rappresentanza, allora in questi contesti si assegnerà un seggio alla lista che, dopo aver superato la soglia di sbarramento

regionale, risulterà aver ottenuto la migliore cifra elettorale provinciale, ovviamente il seggio così ottenuto non sarà aggiuntivo per la lista, ma sarà semplicemente defalcato dal computo dei seggi assegnati alla lista considerata, sottraendolo ad un’altra provincia che si era vista già attribuire il seggio. Per ciò che riguarda le candidature, in ogni lista non possono essere presenti più di due terzi di candidati dello stesso genere, inoltre è previsto che la medesima candidatura regionale non possa essere presente in più di due circoscrizioni, invece le candidature provinciali non possono presentarsi in più di tre circoscrizioni.

La legge elettorale così definita è stata ulteriormente perfezionata dalla legge regionale 74 del 2004 che ha delineato la normativa sul procedimento elettorale. Dopo la deliberazione di questa corposa legislazione in materia, si è provveduto ad attuare una mini-riforma, avvenuta con l’approvazione della legge regionale 50 del 2009, che incide non poco su alcuni punti cardine del sistema elettorale toscano. Innanzitutto il numero di consiglieri scende da 65 a 55, stabilendo la totale incompatibilità tra l’incarico di consigliere e quello di assessore regionale (i membri dell’assemblea che accettino la nomina ad assessore, decadono dall’incarico di consigliere), inoltre i candidati regionali per ciascuna lista non possono essere più di cinque (e appartenenti ad entrambi i generi) fermo restando che in ogni circoscrizione provinciale potranno capeggiare la lista 1 o 2 di questi candidati, in ogni scheda dovranno essere chiaramente distinti di fianco al simbolo della lista i candidati regionali da quelli provinciali. Quanto alla possibilità di accesso all’assemblea questa viene garantita a tutte le liste che abbiano superato il 4% su scala regionale, a patto che il candidato presidente collegato abbia pure lui superato la stessa soglia, mutando anche il tipo di traduzione dei voti in seggi. Scompare infatti la formula Adams, secondo la quale ogni lista che abbia superato lo sbarramento si vede attribuire almeno un seggio, questa parte della norma viene abrogata, rimanendo in vigore la ripartizione dei seggi con metodo dei divisori d’Hondt, operato tra le liste che hanno superato lo sbarramento del 4% su scala regionale.