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La personalizzazione della competizione

Accountability e sistema politico regionale

4.3 La personalizzazione della competizione

Uno degli scopi della riforma costituzionale che ha introdotto l’elezione diretta del presidente della giunta regionale è stato quello di cercare di mutuare dagli enti locali il meccanismo di personalizzazione del consenso verso il vertice monocratico della istituzione soggetta a ricambio elettorale (l’esempio veniva dalla legge 81/93 sulla elezione diretta del sindaco). Si cercava così, attraverso la presidenzializzazione di dare maggior lustro e prestigio all’istituzione regionale e nel contempo creare le condizioni per un’assonanza politica tra maggioranza popolare, maggioranza consiliare e vertice della giunta. Lo scopo di questo paragrafo è di verificare se ciò è avvenuto e in che misura e di quanto sia stato influenzato questo fattore dalla preesistente personalizzazione nella elezione dei candidati al consiglio regionale. Ci si riferisce al problema del cosiddetto voto di preferenza (D’Amico 1990, Scaramozzino 1995), cioè la possibilità riservata all’elettore di esprimere fino a un massimo di tre preferenze per i candidati in lizza per il Consiglio regionale, almeno per ciò che riguardava la normativa in vigore fino al 1990, successivamente, l’abolizione della preferenza plurima ha condotto all’introduzione della preferenza unica. L’intenzione è quella di rendersi conto di come questi meccanismi abbiano inciso nei primi vent’anni di regionalismo e di quali ripercussioni hanno avuto dal 1995 ad oggi.

In una sintetica rassegna sulla problematica del voto di preferenza (relativo alla elezioni regionali) Bolgherini e Musella (2007) ricordano che fino al 1990 il voto di preferenza seguiva l’alveo del comportamento elettorale così come descritto da Parisi e Pasquino nel 1977. Infatti il voto di appartenenza era associato ad un voto di preferenza direttamente orientato dal partito, che calibrando le preferenze da attribuire a ciascun candidato decideva preventivamente l’andamento della ripartizione dei seggi, il cosiddetto voto blindato. Quanto al voto di opinione, questo si associava ad un voto di preferenza espresso per il capolista, la personalizzazione della competizione passava per la fiducia nel leader della lista. Infine il voto più strettamente di preferenza, cioè il voto di scambio, questo si estrinseca (e tuttora si estrinseca) attraverso il voto dato ad un candidato che contraccambia elargendo vantaggi materiali a favore del proprio elettorato, una volta entrato in possesso delle risorse pubbliche, in

perfetto stile neo-patrimonialista, per dirla in termini weberiani. Questo è il sistema di voto più diffuso (ieri come oggi) al Sud, lo strumento attraverso il quale si attrae più facilmente la preferenza sul proprio nominativo. Con questo sistema all’interno dei partiti di governo della Prima Repubblica (orientati alla clientela) si costruivano e rafforzavano le cosiddette cordate, cioè sequenze di candidati da segnare sulla scheda in ossequio alla possibilità di esprimere molteplici preferenze. Questo sistema riusciva da un lato a garantire la coesione delle varie correnti all’interno del partito, dall’latro era un ottimo mezzo per tenere sotto controllo il consenso, modulando per ciascun procacciatore di voti una differente sequenza di candidati, così che di ogni scheda, in base alla sequenza, si sapeva quale galoppino aveva reperito il consenso (un metodo utilizzato anche dalle organizzazioni criminali per tenere sotto controllo il consenso).

A questo genere di voto si presume si sia aggiunto anche il voto al candidato presidente della giunta, in realtà vedremo più avanti che le cose stanno decisamente in modo diverso. Ma andando con ordine, si riporta nella tabella 4.13 il tasso di preferenza registrato in Calabria e Toscana tra il 1970 e il 2010 (a dire il vero per la Toscana il dato si ferma al 2000, perché dal 2005 sono state introdotte le liste bloccate). Il tasso di preferenza è dato dal rapporto tra preferenze espressi e preferenze esprimibili, in un panorama di preferenza multipla questo tasso tende ad essere indebolito dal fatto che non tutti gli elettori sfruttano appieno il plenum delle preferenze. Difatti la stabilizzazione del sistema partitico e il voto di preferenza unica nel 2000 producono uno straordinario aumento del voto di preferenza anche in contesti tradizionalmente poco avvezzi all’uso di questo strumento.

Tab. 4.13 Elezione dei Consigli regionali di Calabria e Toscana, 1970-2010, tasso di preferenza

Anno Calabria Toscana

1970 48,5 14,1 1975 54,7 14,7 1980 54,9 13,5 1985 58,5 14,7 1990 61,3 13,9 1995 61,5 13,9 2000 79,9 26,9 2005 85,4 0,0 2010 84,1 0,0

n.b. Il tasso di preferenza è dato dal rapporto tra preferenze espresse e preferenze esprimibili.

Dal 1970 al 1990 la fonte è Feltrin (1994, 392), dal 1995 al 2005 la fonte è Vassallo (2005, 1000); il dato del 2010 è desunto da De Luca (2010, 241)

Soffermandosi con più attenzione sulla tabella 4.13 si può subito notare che l’uso del voto di preferenza in Toscana fino al 1995 rimane ad un livello molto basso, in una zona caratterizzata da una profonda cultura politica e da una radicata subcultura politica, il voto ideologico mal si consiglio col voto di preferenza, semplicemente perché l’elettore tende a segnare solo il simbolo del partito, senza preferire alcun candidato in particolare. La circostanza relativa al voto blindato infatti coinvolgeva solo gli aderenti “più fedeli” al partito, lambendo appena il resto dell’elettorato.

Una situazione molto diversa si riscontra in Calabria, dove il livello del voto di preferenza si mantiene elevato fin dal 1970, per poi aumentare costantemente nelle elezioni successive. Una frenata simultanea di questa espressione di voto avviene nelle due regioni nel 1995, quando lo sbandamento relativo al mutato assetto partitico, , impedisce la ricandidatura ad alcuni “campioni delle preferenze” (De Luca 2001) e il mutato assetto elettorale porta l’elettorato a sbagliare nella compilazione della scheda, tutti fattori che incidono sul mancato incremento. Stabilizzate le cose, come detto sopra, nel 2000 il voto di preferenza esplode, in Toscana praticamente raddoppia, in Calabria sfiora l’80%! Dopodiché la Toscana abolisce d’ufficio il problema, introducendo le liste bloccate, invece in Calabria la corsa al voto di preferenza si mantiene irrefrenabile anche nel 2005 e costante nel 2010. Se da un lato il voto di preferenza può favorire l’accountability, dal momento che l’elettore può scegliere di confermare la delega al suo rappresentante, ovvero sollevarlo dall’incarico, d’altro canto, per le forme che ha assunto nel corso degli anni si pone come uno strumento fortemente discorsivo dei meccanismi di accountability, quando non addirittura un mezzo di corruzione della rule of law.

Tab. 4.14 Elezione del Consiglio regionale della Toscana, 1970-2010, indice di personalizzazione e indice di attrazione

Anno personalizzazione attrazione

1995 -2,69 5,25

2000 -1,01 4,49

2005 0,67 15,75

2010 -0,97 14,48

Rielaborazione basata sui dati dell’Archivio Storico delle Elezioni del Ministero degli Interni: <http://elezionistorico.interno.it/> e dell’Archivio Elettorale del Consiglio Regionale della Toscana: <http://www.consiglio.regione.toscana.it/POLITICA/ARCHIVIO-ELETTORALE/DEFAULT.ASP>

n.b. L’indice di personalizzazione è calcolato come la differenza tra la percentuale di voti ottenuta dal candidato alla presidenza risultato vincitore nell’arena maggioritaria e la percentuale complessivamente riscossa dalle sue liste di sostegno nell’arena proporzionale

L’indice di attrazione è dato dal rapporto tra i voti validi ottenuti dal candidato alla presidenza risultato vincitore e i voti validi complessivamente ottenuti dalle liste che lo hanno sostenuto nell’arena proporzionale, cui va sottratto 1, tenendo conto che l’indice è espresso in forma percentuale.

Spostando l’attenzione alla personalizzazione presidenziale (Bolgherini, Musella 2007), nella tabella 4.14 sono stati riassunti, per il contesto toscano, due indici la cui efficacia può essere misurata partendo dal 1995, sebbene l’elezione diretta sia partita solo nel 2000, è altrettanto vero che tutti i capilista dei listini vincenti sono stati poi nominati dal Consiglio presidenti della Giunta, possiamo quindi considerarla una sorta di investitura semi-diretta. I due indicatori presi in considerazione sono quello che abbiamo definito indice di personalizzazione che è dato dalla semplice differenza algebrica tra la percentuale di voti ottenuta dal candidato presidente eletto nell’arena maggioritaria, cui si sottrae il risultato complessivamente ottenuto dalle liste di sostegno nell’arena proporzionale, ciò per raffrontare chi abbia realmente prevalso sull’avversario in ciascuna delle arene. Quanto all’indice di attrazione, questo rappresenta quello che Baldini e Legnante (2000) definiscono l’indice di personalizzazione nella elezione del sindaco, in questo caso però viene adattato ala competizione per la regione e viene espresso in forma percentuale e rappresenta la percentuale di voti che il candidato riesce a guadagnare nell’arena maggioritaria in più delle sue liste di sostegno nel proporzionale, ed è calcolabile come il rapporto tra i voti validi conquistati dal candidato presidente eletto e i voti validi conseguiti dalla somma delle liste collegate, al risultato viene sottratto 1 e moltiplicato per 100, per renderlo in forma percentuale. In ciascuno dei due casi, l’indice viene calcolato solo in base al candidato presidente eletto, scartando gli altri candidati, proprio perché usciti sconfitti, quindi per capire come il voto cosiddetto personalizzato può incidere sulla vittoria.

Nel caso della Toscana (tabella 4.14) si può notare che con la sola eccezione del 2005, quando il presidente uscente si è ricandidato, la performance del candidato presidente nell’arena maggioritaria è sempre stata peggiore rispetto a quella delle liste nell’arena proporzionale, l’indice di personalizzazione si mantiene negativo. Ma se invece si volge lo sguardo alla colonna relativa all’indice di attrazione si può notare che questo si mantiene contenuto nelle prime due competizioni, pur se favorevole comunque al presidente eletto, e si espande fino a triplicarsi nelle elezioni successive, senza nessuna differenza tra Martini che si presentava da uscente e Rossi che tentava per la prima volta. In entrambe le circostanze non si poteva esprimere un voto di preferenza per i candidati al Consiglio regionale.

Tab. 4.15 Elezione del Consiglio regionale della Calabria, 1970-2010, indice di personalizzazione e indice di attrazione

Anno personalizzazione attrazione

1995 -0,79 9,47

2000 -0,22 2,27

2005 -1,73 0,58

2010 0,19 3,72

Rielaborazione basata sui dati dell’Archivio Storico delle Elezioni del Ministero degli Interni: <http://elezionistorico.interno.it/> e del Consiglio Regionale della Calabria: <http://www.consiglioregionale.calabria.it/hp2/Composizione/consiglieri.asp>

n.b. L’indice di personalizzazione è calcolato come la differenza tra la percentuale di voti ottenuta dal candidato alla presidenza risultato vincitore nell’arena maggioritaria e la percentuale complessivamente riscossa dalle sue liste di sostegno nell’arena proporzionale

L’indice di attrazione è dato dal rapporto tra i voti validi ottenuti dal candidato alla presidenza risultato vincitore e i voti validi complessivamente ottenuti dalle liste che lo hanno sostenuto nell’arena proporzionale, cui va sottratto 1, tenendo conto che l’indice è espresso in forma percentuale.

La medesima analisi si può condurre sulla Calabria, nella tabella 4.15 sono esposti gli stessi indici. Anche stavolta in 3 occasioni su quattro il candidato presidente eletto si mostra meno competitivo della coalizione di liste che lo esprime, dal 1995 al 20005 l’indice di personalizzazione si mantiene negativo, nel 2010 è positivo, ma praticamente sovrapponibile al dato delle liste proporzionali. Quanto al grado di attrazione, questo praticamente si annulla nel 2005, mantenendosi a livello molto bassi nel 2000 e nel 2010, per stare ad un livello decisamente più alto nell’unica occasione in cui l’elezione diretta, almeno da un punto di vista formale, non era prevista, cioè nel 1995.

Tab. 4.16 Elezione dei Consigli regionali di Calabria e Toscana, 1970-2010, indice di personalizzazione

Anno Calabria Toscana

1995 -0,79 -2,69

2000 -0,22 -1,01

2005 -1,73 0,67

2010 0,19 -0,97

Rielaborazione basata sui dati dell’Archivio Storico delle Elezioni del Ministero degli Interni: <http://elezionistorico.interno.it/> dell’Archivio Elettorale del Consiglio Regionale della Toscana: <http://www.consiglio.regione.toscana.it/POLITICA/ARCHIVIO-ELETTORALE/DEFAULT.ASP> e del Consiglio Regionale della Calabria: http://www.consiglioregionale.calabria.it/hp2/Composizione/consiglieri.asp

n.b. L’indice di personalizzazione è calcolato come la differenza tra la percentuale di voti ottenuta dal candidato alla presidenza risultato vincitore nell’arena maggioritaria e la percentuale complessivamente riscossa dalle sue liste di sostegno nell’arena proporzionale

Nella tabella 4.16 viene preso in considerazione il solo indice di personalizzazione, confrontando però Calabria e Toscana, l’esito suggerisce sostanzialmente la scarsa competitività dei candidati alla presidenza che quasi mai riescono ad incidere sulla competizione, probabilmente l’unico risultato minimamente è quello di Martini nel 2005, quando si presentava da incumbent, per il resto non si può parlar certo di effetto traino della coalizione da parte del candidato presidente. Facendo queste considerazioni però non bisogna dimenticare che la definizione di personalizzazione per il candidato presidente è piuttosto complessa da

operazionalizzare, tenendo conto che non si hanno strumento per verificare se un voto espresso solo nel maggioritario sia in effetti rivolto al presidente oppure soltanto alla coalizione, né si hanno misure affidabili del voto disgiunto.

Tab. 4.17 Elezione dei Consigli regionali di Calabria e Toscana, 1970-2010, indice di attrazione

Anno Calabria Toscana

1995 9,47 5,25

2000 2,27 4,49

2005 0,58 15,75

2010 3,72 14,48

Rielaborazione basata sui dati dell’Archivio Storico delle Elezioni del Ministero degli Interni: <http://elezionistorico.interno.it/> dell’Archivio Elettorale del Consiglio Regionale della Toscana: <http://www.consiglio.regione.toscana.it/POLITICA/ARCHIVIO-ELETTORALE/DEFAULT.ASP> e del Consiglio Regionale della Calabria: http://www.consiglioregionale.calabria.it/hp2/Composizione/consiglieri.asp

n.b. L’indice di attrazione è dato dal rapporto tra i voti validi ottenuti dal candidato alla presidenza risultato vincitore e i voti validi complessivamente ottenuti dalle liste che lo hanno sostenuto nell’arena proporzionale, cui va sottratto 1, tenendo conto che l’indice è espresso in forma percentuale.

Con la tabella 4.17 si esaurisce la comparazione binaria tra queste due regioni, almeno per ciò che riguarda i candidati alla presidenza eletti, con l’esposizione del riassunto dell’indice di attrazione. Questa misura consente di dare una minima credibilità all’ipotesi di voto di preferenza per i candidati presidenti, collegandola però ad un fattore esterno, il voto di preferenza per i consiglieri. Ebbene indici elevati si registrano in Toscana quando le preferenza per i consiglieri sono state abolite, mentre in Calabria l’indice più alto lo si riscontra nell’unica occasione in cui il voto di preferenza ai consiglieri è aritmeticamente diminuito, in realtà dalle tabelle sappiamo che nel ’95 il tasso di preferenza è leggermente aumentato rispetto al ’90, ma in realtà questa è una misura distorta, infatti nel 1990 vigeva la preferenza multipla e si può immaginare che una quota di coloro i quali esprimevano un voto di preferenza non sfruttassero tutte le possibili preferenze esprimibili, viceversa che esprime la preferenza col nuovo sistema esaurisce immediatamente il novero delle possibilità. Più semplicemente è plausibile pensare che nel caso di preferenza multipla il numeratore sia meno che proporzionale rispetto al denominatore, mentre è contro intuitivo che nel caso di preferenza unica vige una crescita lineare, andando di pari passo numeratore e denominatore. Da qui l’ipotesi che il voto al candidato presidente e il voto di preferenza ai candidati consiglieri possa essere inversamente correlato, ma le evidenze sono troppo deboli per sostenere una tesi del genere.