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EUTANASIA E SUICIDIO ASSISTITO: UNA PROSPETTIVA DE IURE CONDENDO

4.1 LE PRATICHE EUTANASICHE: RIFLESSIONI PREMINAR

In diversi passaggi di questa tesi è stato sottolineato come il progresso biomedico permetta ormai la cura di un crescente spettro di patologie e, di conseguenza, garantisca un allungamento della vita che spesso va ben oltre quello che l’individuo considera desiderabile. Le scelte di fine vita, pertanto, devono essere Si veda, in particolare, Adamo, U. (2018). Costituzione e fine vita. Disposizioni anticipate di trattamento

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sempre più frequentemente prese in condizioni in cui il soggetto non riesce più ad attribuire un senso alla vita stessa.

In particolare, abbiamo insistito su quelle situazioni estreme in cui il paziente (incapace a porre fine alla sua vita mediante suicidio perché ad, esempio, costretto alla paralisi totale) debba avvalersi dell’aiuto al suicidio. Questa fattispecie, ovvero l’eutanasia “attiva volontaria” (ovvero omicidio del consenziente) è in tali casi l’unica pratica che possa dar corso ai desiderata del paziente.

In termini più generali, va sottolineato che, nonostante esistano diverse ed eterogenee definizioni di eutanasia, tutte sono concordi nell’evidenziare due caratteristiche essenziali della richiesta eutanasica: (i) il malato esprime un desiderio cosciente ed una libera autodeterminazione nell’ambito di un principio personalista; (ii) il paziente si trova in una condizione grave ed irreversibile che rende il vivere non più accettabile. Detto con le parole di Demetrio Neri, la richiesta di eutanasia si basa sul desiderio di una «morte benefica procurata da altri a chi sia affetto da malattia inguaribile a esito letale, su richiesta valida di questi, per porre fine a uno stato di sofferenza considerato dal paziente inutile e intollerabile» .98

In questa sezione, ci concentreremo pertanto sull’eutanasia volontaria attiva. Non verranno presi, cioè, in considerazione quei casi in cui l’eutanasia non è richiesta, ma procurata a fini altruistici, perché per esempio il soggetto non è in

Neri, D. (2001). “Eutanasia: le ragioni del sì”. In Gensabella Furnari, M. (a cura di), Alle frontiere della

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grado, e non lo sarebbe stato in passato attraverso le DAT, di formularla — si pensi ad esempio a neonati affetti da gravi patologie.

Abbiamo anche discusso (si veda in particolare il capitolo 2) di come le pratiche eutanasiche vengano inquadrate nel nostro ordinamento, soffermandoci sui casi in cui sia presente una richiesta di facere che un individuo può porre in essere allo scopo di mettere fine alla sua vita mediante un nesso causale. Per tali situazioni, come è stato già argomentato, non esiste una specifica disciplina normativa nel nostro ordinamento. Pertanto, chiunque aiuti un terzo a mettere fine alle sue sofferenze si trova a sottostare all’articolato del Codice relativo alle figure generali dei delitti contro la vita (per esempio l’art 579 Codice Penale, che disciplina l’omicidio del consenziente).

Ciò premesso, molteplici sono stati gli auspici affinché il legislatore ordinario mettesse in atto un duplice intervento riformatore. Da un lato, si dovrebbe intervenire a riguardo dell’omicidio del consenziente; dall’altro si dovrebbe normare in tema di suicidio assistito. Non prendere in considerazione l’ipotesi di eutanasia “attiva volontaria” significherebbe infatti non dare una risposta a chi è affetto da malattie gravemente invalidanti.

Alcune considerazioni sono però opportune. In primo luogo, come già discusso

supra nella sezione 4 del capitolo 2, l’ordinanza n. 207/2018 Corte costituzionale

contiene già un monito al legislatore, articolato in quattro punti, di cui un eventuale intervento riformatore in tema di suicidio assistito non può non tener conto.

In secondo luogo, in altri ordinamenti (al di fuori del nostro Paese) viene tipicamente legalizzato il suicidio assistito, ma non anche l’omicidio del consenziente. Ciò al fine di minimizzare il rischio del c.d. “pendio scivoloso”, argomento di cui ci occuperemo criticamente ed in maniera più diffusa infra . 99

In terzo luogo, è d’uopo sottolineare che la legislazione vigente è stata scritta in un periodo storico in cui gli avanzamenti della tecnica biomedica, cui abbiamo accennato più volte in questo elaborato, erano addirittura impensabili. Pertanto, riflettere sul ribilanciamento tra qualità e sacralità della vita diventa oggi ancora più urgente. D’altra parte, sebbene sembri assodato che esistano posizioni favorevoli alla legalizzazione del suicidio assistito nella società civile italiana, non è facile misurare quanto diffuse siano in realtà tali istanze. In ogni caso, rilevare che esse esistono potrebbe essere una condizione sufficiente per spingere il Parlamento a cercare di darvi una risposta.

Anche sulla base di queste considerazioni, in ciò che segue verranno analizzate le tesi favorevoli e contrarie al riconoscimento del diritto all’eutanasia come nuovo diritto. In una prospettiva de iure condendo, cioè, si ragionerà sulla legittimità o meno di una legge che depenalizzi ovvero legalizzi 1’eutanasia, ed alle caratteristiche che essa dovrebbe avere.

La materia è senz’altro complessa, se è vero che anche in un’ottica di diritto comparato è difficile individuare un punto di incontro nel momento in cui ci si interroga su questioni relative a quando e come morire. Inoltre, la possibilità di riconoscere il diritto all’eutanasia in modo implicito (per esempio mediante Per “pendio scivoloso” (in inglese slippery slope) si intende la situazione in cui la concessione di qualcosa

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di desiderabile o moralmente accettabile per i più, comporta poi lo scivolamento verso uno stato di cose in cui si possa concedere qualcos’altro, che invece non è generalmente desiderabile o socialmente accettabile.

un’interpretazione della Costituzione100) non è esente da elementi problematici. Infatti, occorre preliminarmente comprendere sino a che punto le motivazioni sottostanti la scelta di disciplinare gli atti eutanasici all’interno del Codice Penale siano proporzionali al fine che questa scelta si pone — cioè quello di tutelare il “bene vita” dal suo stesso titolare e da terzi — e se le limitazioni assolute che vengono imposte all’autodeterminazione degli individui possano essere desunte e giustificate dai dettami costituzionali.

4.2 LA PRESUNTA INCOSTITUZIONALITÀ DELLE PRATICHE