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Le presunzioni legali assolute nel diritto tributario.

LE PRESUNZIONI NEL DIRITTO TRIBUTARIO

1. Le presunzioni legali assolute nel diritto tributario.

Alla luce di quanto detto nel precedente capitolo, possiamo azzardare nell’affermare che la disciplina delle presunzioni nel diritto tributario viene ad essere in qualche modo condizionata dalla particolare struttura di uno specifico rapporto, nel quale il fatto destinato ad essere conosciuto in via presuntiva costituisce normalmente il parametro di commisurazione dell’obbligo tributario posto a carico del contribuente63 . Questo fatto, inoltre, si evidenzia nella sfera rispetto alla quale il soggetto interessato al prelievo risulta normalmente estraneo, per cui la relativa dimostrazione può essere condizionata da comportamenti diretti ad occultare la manifestazione di capacità contributiva.

Pertanto uno dei principali problemi riguarda la “rappresentazione giuridica” del fatto fiscalmente rilevante e

                                                                                                               

l’individuazione di strumenti idonei a consentire l’accertamento del fatto.

L’intervento del legislatore sulla disciplina del fatto fiscalmente rilevante può manifestarsi in modo differente. In una prima configurazione può essere diretto alla costruzione di una fattispecie tributaria che, pur considerando un fatto come presupposto d’imposizione, in concreto ne svaluti la rilevanza, presumendone la ricorrenza in presenza di elementi della fattispecie di più facile accertamento. In un’altra configurazione, invece, l’intervento del legislatore ha ad oggetto una particolare disciplina probatoria che agevoli l’accertamento del fatto ignorato.

In entrambe le configurazioni si può parlare di presunzioni tributarie, sottolineando il tratto comune costituito dall’operazione logica diretta all’individuazione del fatto ignorato.

Sulla base di questa premessa l’esame delle presunzioni previste in materia tributaria dovrà essere condotto tenendo separato il riferimento alle presunzioni che si risolvono attraverso strumenti legislativi, finalizzati alla qualificazione di un elemento della fattispecie prescindendo dall’accertamento del fatto (c.d. presunzioni assolute), ed alle presunzioni vere e proprie, le quali hanno lo scopo di accertare un fatto ignoto rilevante ai fini dell’applicazione di una norma tributaria (c.d. presunzioni relative e semplici).

Partendo dalle presunzioni legali assolute è opportuno ricordare che le stesse sono un collegamento tra due fatti imposto dal

legislatore, e non operato dall’ufficio tributario o dal giudice, sulla base di una valutazione affidata alla prudenza.

Caratteristica comune delle presunzioni legali assolute è l’impossibilità di dare una prova contraria ai risultati che si possono ottenere attraverso un ragionamento sillogistico previsto dalla legge. Tuttavia mentre nella definizione data dall’art. 2728 c.c. una prova contraria sarebbe concettualmente irrilevante, nelle presunzioni assoluta in diritto tributario una prova contraria potrebbe, in linea teorica, essere opposta, ma essa non è concretamente esperibile per effetto dell’espressa esclusione normativa.

Alcune ipotesi di presunzioni assolute tributarie sono ravvisabili in materia di imposte sui redditi, ad esempio, nella regola di imputazione dei redditi derivanti dalla partecipazione a società di persone64, secondo cui la percezione del relativo reddito viene ad

essere presunta con esclusione della prova contraria. Le presunzioni assolute risultano ricorrenti nella disciplina dell’imposta di registro; infatti, l’art. 24 del D.P.R. n. 131/1986 con riferimento ai trasferimenti immobiliari afferma che “le pertinenze, le accessione, i frutti pendenti, si presumono trasferiti all’acquirente dell’immobile, a meno che siano esclusi espressamente dalla vendita o si provi, con un atto che abbia acquistato data certa mediante registrazione, che appartengono ad un terzo o sono stati ceduti all’acquirente da un terzo”. Allo                                                                                                                

64 Art. 5, primo comma, t.u.i.r. : ”I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio indipendentemente dalla

percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.”

stesso modo i trasferimenti immobiliari posti in essere fra coniugi o tra parenti in linea retta si presumono donazioni, con esclusione della prova contraria, “se la relativa imposta…risulti dovuta in caso di trasferimento a titolo gratuito” (art. 26, primo comma, D.P.R. n.131/1986).

Il tratto comune delle suddette ipotesi normative di presunzione assoluta è la concreta irrilevanza riconosciuta al fatto oggetto della presunzione, che porta a considerare la presunzione stessa uno strumento di tecnica normativa finalizzato ad agevolare l’applicazione di una fattispecie legale, nell’ipotesi in cui la prova del fatto potrebbe comunque apparire controversa o difficilmente raggiungibile senza indagini di particolare complessità.

Quindi possiamo anzitutto affermare che in ogni settore del diritto la regolamentazione di una determinata fattispecie caratterizzata da un riferimento ad una situazione di fatto vede il legislatore disciplinare tecniche normative che siano tali da eliminare o limitare le difficoltà derivanti dall’accertamento di tale fattispecie, presumendone la sussistenza in presenza di ulteriori fatti, di più semplice constatazione, posti in una relazione logica, in base al già citato id quod plerumque accidit. Nel diritto tributario queste esigenze di semplificazione si uniscono ad altre connesse con l’estrema diffusione del fenomeno tributario, che implicano un controllo amministrativo sulla corretta applicazione di norme in relazione a fatti rilevanti per i soggetti interessati alla luce del prelievo tributario.

Detto questo possiamo affermare che l’effetto concreto della presunzione assoluta nel diritto tributario appare sostanzialmente

simile a quello della definizione legale, specie in considerazione della comune dipendenza dal principio di costituzionale dell’art. 53, primo comma, Cost. in quanto tale forma di presunzione incide sulla rappresentazione giuridica dell’espressione di capacità contributiva fiscalmente rilevante65.

Parlando dell’art. 53 Cost. è doveroso ri-affrontare il tema della legittimità costituzionale delle presunzioni assolute, questa volta in materia tributaria, tema che sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina viene visto, appunto, in rapporto all’art. 53 della Costituzione.

Esso sancisce il principio di capacità contributiva, il quale impone che il prelievo tributario sia correlato a un fatto suscettibile di valutazione economica.

A riguardo la problematica riguarda la compatibilità delle presunzioni con il precetto costituzionale, in quanto le stesse potrebbero condurre alla tassazione di un fatto fittizio, di una manifestazione di capacità contributiva presunta, in contrapposizione con la norma costituzionale che impone di ricollegare il tributo ad una manifestazione effettiva di capacità contributiva.

Con le presunzione assolute, come è stato anticipato, il legislatore impone che, in presenza del fatto X, il giudice (e, prima, l’amministrazione finanziaria, in sede di accertamento, e lo stesso contribuente, in sede di dichiarazione) debba giudicare considerando esistente anche il fatto Y. Ora, se il fatto Y sia un elemento della fattispecie imponibile, equivale ad affermare che                                                                                                                

X produce gli effetti giuridici di Y. Se leggiamo questa disposizione alla luce dell’art. 53 della Costituzione ( ipotizzando che il fatto Y esprima una certa capacità contributiva) due posso essere le giustificazioni.

La prima è che i fatti X e Y siano equivalenti, cioè esprimono un equivalente capacità contributiva. La seconda è che il fatto X implichi necessariamente il fatto Y.

La prima giustificazione impone, dal punto di vista economico, il confronto tra due fatti. Se il confronto è possibile e vi è equivalenza allora la presunzione assoluta è legittima.

Per quanto riguarda la seconda giustificazione, la presunzione assoluta non ha motivo di esistere, perché è molto difficile individuare fatti che si caratterizzano per essere implicati necessariamente l’uno nell’altro al di fuori delle affermazioni vere per definizione, ad esempio “ Fino al giorno precedente il suo decesso ciascun contribuente si presume in vita” 66.

La legittimità costituzionale delle presunzioni assolute tributarie potrebbe essere giustificata riferendosi alle presunzioni stesse in termini probabilistici. Ad esempio, la Corte Costituzionale67 ritenne legittimo l’art. 31., comma 1, R.D. 30 Dicembre 1923, n.327068 per la sua conformità a canoni probabilistici. Affermò che quella presunzione era “ fondata sulla comune esperienza e                                                                                                                

66 A. Marcheselli, Le presunzioni nel diritto tributario: dalle stime agli studi di settore, cit., p. 60

67 Corte Costituzionale., 12 Luglio 1969, n. 109, in E. De Mita, Fisco e Costituzione, cit., p. 253 ss.

68 Antica presunzione di esistenza nell’attivo ereditario di denaro, gioielli e mobilia al fine della imposta di successione.

risponde a principi di logica tanto rilevanti da legittimare la certezza giuridica dell’esistenza dei beni “. Al di là della terminologia utilizzata dalla Corte, è chiaro che in questo caso vi era la probabilità e non la certezza assoluta dell’esistenza dei beni. Inoltre, la Corte, affermò l’irrilevanza della natura assoluta o relativa della presunzione denunciata69.

Questa impostazione suscita qualche dubbio: se, nella realtà dei rapporti, un fatto non ne implica necessariamente un altro, la legge deve tenerne conto, consentendo la prova contraria70. Se si

condivide una simile premessa, una presunzione assoluta non è costituzionalmente legittima. Tale conclusione è stata espressa in dottrina71 ed è stata fatta propria dalla Corte Costituzionale. Essa ha, infatti, sottolineato che le presunzioni fiscali “ per poter essere considerate in armonia con il principio della capacità contributiva sancita dall’art. 53 della Costituzione debbono essere confortate da elementi concretamente positivi che le giustifichino razionalmente ”, è anche vero che “ se è pur lecito formulare previsioni logicamente valide e attendibili, non è peraltro consentito trasformare tali previsioni in certezze

                                                                                                               

69 E. De Mita, Fisco e Costituzione, cit., 887 ss.

70 La Corte, nella sentenza citata, insiste sull’esigenza di

semplificazione e di lotta all’evasione, in una parola, sul c.d. interesse fiscale che analizzeremo subito dopo.

71 E. De Mita, Presunzioni fiscali e Costituzione, in A.A. VV., Le presunzioni fiscali in materia tributaria, cit., p. 24 ss.; A.E. Granelli, Le presunzioni nell’accertamento tributario.

assolute, imperativamente statuite senza la possibilità che si ammetta la prova del contrario72 “.

La bontà della conclusione appena presa risulta, a contrario, dall’analisi dell’opinione contraria.

Giurisprudenza e dottrina in materia assegnano talvolta rilevo a due ulteriori possibili giustificazioni per le presunzioni assolute: la conformità al c.d. interesse fiscale e la sottesa finalità sanzionatoria.

Con l’espressione interesse fiscale si intende alludere al fatto che all’interesse del contribuente è contrapposto l’interesse pubblico alla riscossione del tributo e che quest’ultimo dovrebbe essere preminente in qualche misura, variabile a seconda delle diverse impostazioni.

Un richiamo all’interesse fiscale si trova in alcune sentenze della Corte Costituzionale. Ad esempio, “La prova legale (…) vuole anche proteggere l’interesse generale, alla riscossione dei tributi contro ogni tentativo di evasione, ad evitare la libera scelta dei mezzi di prova o la discrezionale valutazione dei loro risultati in un campo in cui non è consigliabile creare sfere di autonomia dispositiva. Di più, nella materia tributaria la prova legale permette di rendere netta e precisa la consistenza della pretesa pubblica (…) dà al procedimento quella semplicità che è presupposto di una sollecita riscossione dell’imposta, Non si può omettere di ricordare che l’interesse fiscale riceve nella Costituzione una sua particolare tutela ( art.. 53 e 14, comma 2                                                                                                                

72 Corte Costituzionale, sentenza n. 200/ 1976, in E. De Mita, Fisco e Costituzione, cit., 483 ss.

Cost.) (…) essi si configura (…) come un interesse particolarmente differenziato che, attenendo al regolare funzionamento dei servizi necessari alla vita della comunità, ne condiziona l’esistenza”73.

In questa sentenza la Corte mostra di ritenere che il c.d. interesse fiscale, inteso come esigenza di semplicità e come necessità di lotta all’evasione, posso in qualche modo portare a “scavalcare” il principio di capacità contributiva. In questa prospettiva, si valorizza dell’art. 53 Cost. anche i riferimento al dovere di contribuire.

Nella Costituzione si rinverrebbe un conflitto tra interessi e valori, tra cui il legislatore sarebbe chiamato a mediare: l’interesse del contribuente a pagare il minor tributo possibile e quello, pubblico, alla riscossione sicura, rapida ed efficace dei mezzi necessari a finanziare le pubbliche attività74.

Nel disegno della norma fondamentale tra “interesse del contribuente” e interesse fiscale” non c’è spazio per nessun conflitto. Si tratta dello stesso fenomeno riguardato da due punti di vista differenti: quello del contribuente (dovere di contribuire) e quello dell’erario (diritto di percepire i tributi). Entrambi hanno lo stesso fondamento, la stessa causa, lo stesso parametro e oggetto : il “giusto tributo”. Tale è esclusivamente il tributo applicato in ragione della capacità contributiva del soggetto

                                                                                                               

73  Corte  Costituzionale,  sentenza  n.  50/1965  e,  similmente,  Corte   Costituzionale  sentenza  n.  109/1967,  cit.  .  

 

74  A.  Marcheselli,  Le  presunzioni  nel  diritto  tributario,  cit.,  p.  64.    

passivo. Il fabbisogno finanziario dello Stato va soddisfatto secondo i limiti inderogabili dell’art. 53.

Il diritto tributario impone al contribuente molteplici obblighi di collaborazione, prevedendo una serie di reazione per il caso di inottemperanza. Tra di esse, la più naturale è la sanzione

Accanto alle c.d. sanzioni proprie, inoltre, sono spesso previsti altri istituti che aggravano la posizione del contribuente. Essi vengono definiti, significativamente, sanzioni improprie. Si è sottolineato che i piani di intervento , in tale direzione, sono due : quello procedimentale e quello sostanziale.

Quanto al primo, si può forse pensare alle ipotesi in cui si prevede che il soggetto inadempiente soggiaccia a poteri più penetranti della Amministrazione Finanziaria. Ad esempio, le presunzioni prive dei requisiti dell’art. 2729 c.c. (artt. 39, comma 2, 41, comma 2, D.P.R. n. 600/1973).

Quanto al secondo, si utilizza il tributo con fini più o men esplicitamente puntivi. Ciò può farsi, ad esempio, limitando o escludendo deduzioni, detrazioni, aumentando l’imponibile75, ecc.

Entrambe queste forme di sanzioni improprie generano perplessità.

Quelle c.d. procedimentali, in quanto l’attività dell’Amministrazione Finanziaria deve rimanere nei confini dell’accertamento di una capacità contributiva effettiva, con il                                                                                                                

75  Si  veda  l’esempio,  oramai  storicamente  superato,  dell’aumento   del  10%  sul  reddito  dell’anno  precedente  in  caso  di  omessa   dichiarazione  di  cui  all’art.  22,  comma  1,  D.P.R.  5  LUGLIO  1961,  N.   573.  

rispetto del diritto di difesa costituzionalmente garantito, e non degenerare in arbitrio. Ci si occuperemo di questo tema a proposito delle presunzioni semplici prive dei requisiti dell’art. 2729 c.c.

Attenzione va dedicata in questa sede alla giustificazione sanzionatoria delle presunzioni assolute.

In generale, gli istituti tributari e quelli punitivi sono concettualmente autonomi. Del tutto diversi sono i relativi presupposti, principi regolatori e finalità: il tributo si applica a fatti indici di capacità contributiva, è regolato dalle norme degli artt. 23 e 25 Cost. e ha finalità di garantire il finanziamento della spesa pubblica; la sanzione colpisce fatti contrari all’ordinamento, è regolata dall’art. 27 Cost. e ha finalità di ripristinazione dell’ordine violato. Il piano sanzionatorio e quello tributario, anche se posso coesistere in alcune fattispecie, sono del tutto distinti: ciò che è tributo non è sanzione e ciò che è sanzione non è tributo.

Differente questione è se un prelievo di struttura tributaria potrebbe giustificarsi, in assenza di capacità contributiva ma in presenza di una violazione, con la funzione sanzionatoria. Alla risposta affermativa si oppone, innanzitutto, l’aspirazione a che il legislatore mantenga la dovuta corrispondenza tra parole e concetti: è auspicabile che siano inquadrati formalmente come tributi solo quei prelievi che anche sostanzialmente si giustificano come tali.

La conclusione è allora la seguente : un prelievo costruito nelle forme del tributo può avere sostanza di sanzione ( c.d. impropria) purché risultino rispettati i parametri stabiliti dagli artt. 25 e 27

della Costituzione. Quindi la finalità di punire il contribuente può legittimare una presunzione tributaria assoluta? Più di una volta, la Corte Costituzionale si è soffermata sull’inadempimento di obblighi da parte del soggetto passivo, per giustificare norme incidenti sulla quantificazione di tributo. In particolare nella sentenza n. 103/1967 la Corte insiste sulla “ palese posizione antigiuridica “ di chi ha omesso la dichiarazione .

Tale riferimento non deve però essere enfatizzato. Nella medesima sentenza la Corte ha infatti verificato la rispondenza del principio di capacità contributiva della disciplina contestata76. La finalità sanzionatoria, in definitiva, può giustificare delle sanzioni vere e proprie, o istituti giuridici aventi il nomen di tributo ( ma la sostanza di una sanzione), determinato attraverso lo strumento della presunzione, purché essi rispettino i parametri del art.. 25 e 27 Cost.

A fronte di presunzioni assolute, insomma, due sono le possibili giustificazioni: l’equivalenza dei due fatti ( noto e presunto) dal punto di vista della capacità contributiva o l’implicazione necessaria dell’uno nell’altro.

Non convince l’interesse fiscale.

In qualche misura può giustificare simili disposizione la finalità sanzionatoria.

Queste conclusioni non sono condivise da dottrine e giurisprudenza.

                                                                                                               

76  Quella  che  prevedeva,  in  caso  di  omessa  dichiarazione,  la   “conferma”  dei  redditi  dell’anno  precedente.  

Una impostazione da valutare, in particolare, è quella che pur condividendo le premesse generali, ritiene ammissibile una deroga in materia di quantificazione del tributo. Sia pure “con qualche esitazione”, si è ritenuto che, essendo prevalente nella quantificazione dell’imposta la finalità di semplificazione, sarebbero ammissibili presunzioni assolute purché almeno fondate sull’ id quod plerumque accidit77.

                                                                                                               

77  E.  De  Mita,  Presunzioni  fiscali  e  Costituzione,  in  A.A.  VV.,  le   presunzioni  fiscali  in  materi  tributaria,  cit.,  p  35  ss.,  dove  si  dice   “Altrimenti  diventa  incostituzionale  mezzo  sistema  tributario”.